Sentenza n. 241 del 2021

SENTENZA N. 241

ANNO 2021

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge della Regione Campania 3 agosto 2020, n. 35, recante «Istituzione del servizio di Psicologia di base e modifiche delle leggi regionali 7 agosto 2017, n. 25 (Istituzione del Garante regionale dei diritti delle persone con disabilità) e 6 maggio 2013, n. 5 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Campania - legge finanziaria regionale 2013)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 2-8 ottobre 2020, depositato in cancelleria il 5 ottobre 2020, iscritto al n. 91 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visto l’atto di costituzione della Regione Campania;

udito nell’udienza pubblica del 19 ottobre 2021 il Giudice relatore Maria Rosaria San Giorgio;

uditi l’avvocato dello Stato Francesco Sclafani per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Almerina Bove per la Regione Campania;

deliberato nella camera di consiglio del 20 ottobre 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 2-8 ottobre 2020 e depositato il 5 ottobre 2020, iscritto al n. 91 del reg. ric. del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge della Regione Campania 3 agosto 2020, n. 35, recante «Istituzione del servizio di Psicologia di base e modifiche delle leggi regionali 7 agosto 2017, n. 25 (Istituzione del Garante regionale dei diritti delle persone con disabilità) e 6 maggio 2013, n. 5 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Campania - legge finanziaria regionale 2013)», in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, in relazione all’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e 3 della Costituzione.

1.1.– La legge regionale impugnata istituisce il servizio di psicologia di base e la figura dello psicologo delle cure primarie o psicologo di base, disciplinando le finalità, i compiti, l’organizzazione delle attività, la verifica e monitoraggio dell’assistenza prestata, l’istituzione di uno specifico organismo indipendente con funzioni di osservatorio, nonché le risorse finanziarie per la sua attuazione, aspetto, quest’ultimo, non specificamente censurato dal ricorrente.

1.2.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, attraverso tali disposizioni, la Regione affiderebbe il neoistituito servizio di psicologia di base ad uno psicologo in rapporto convenzionale con il Servizio sanitario regionale, mentre la normativa statale ammette un rapporto di convenzione unicamente per le figure del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta.

Ne discenderebbe la violazione del divieto di istituire nuove tipologie di rapporti convenzionali con il Servizio sanitario nazionale (SSN) per garantire un’attività ordinaria, in assenza di norme statali di riferimento, essendo i rapporti delle pubbliche amministrazioni con i professionisti regolati da norme speciali valide sull’intero territorio nazionale.

Rileva, sul punto, la difesa erariale che i professionisti che operano in convenzione con il SSN sarebbero esclusivamente il medico di medicina generale, il pediatra di libera scelta e gli specialisti ambulatoriali, il cui rapporto con il SSN è disciplinato da accordi collettivi nazionali di settore, di durata triennale.

Inoltre, sostiene il Presidente del Consiglio dei ministri, la sentenza di questa Corte n. 186 del 2016 avrebbe affermato che il rapporto di lavoro dei medici in convenzione, nonostante la particolarità della disciplina e il concetto di parasubordinazione, nell’elaborazione giurisprudenziale non presenta differenze apprezzabili rispetto al rapporto di lavoro contrattualizzato. Con l’effetto che nella materia dell’ordinamento civile rientrerebbe, oltre alla disciplina del rapporto di impiego dei dipendenti pubblici contrattualizzati, anche quella relativa al rapporto dei medici convenzionati, ascrivibile al novero di quelli parasubordinati.

1.3.– Il ricorrente, quindi, evidenzia che l’art. 1 della legge regionale impugnata, laddove istituisce nuovi rapporti di lavoro in convenzione con il SSN, in assenza di una previsione statale – e conseguentemente gli artt. 2, 3, 4, 5 e 6 della stessa legge regionale, allorché si riferiscono ai predetti psicologi di base in rapporto convenzionale con il SSN – sarebbero in contrasto con l’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992 e violerebbero la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

Sarebbe altresì leso l’art. 3 Cost., in quanto il principio di uguaglianza imporrebbe di garantire l’uniformità sul territorio nazionale delle regole fondamentali che disciplinano i rapporti in questione, volte ad assicurare la massima efficienza e funzionalità operativa al SSN per la tutela della salute di tutti.

1.4.– In via subordinata, l’Avvocatura generale dello Stato lamenta che la legge regionale censurata, dettando disposizioni nella materia concorrente delle professioni, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992.

E tanto perché, nell’istituire la figura dello psicologo di base, il legislatore della Regione Campania richiama espressamente il citato d.lgs. n. 502 del 1992, il quale tuttavia non prevederebbe tale figura professionale, limitandosi ad indicare, quale principio-guida per l’accordo collettivo nazionale che disciplina i rapporti tra il SSN e i medici convenzionati (medici di medicina generale e pediatri di libera scelta), la facoltà di un incremento del numero di assistiti, laddove nell’ambito dei relativi studi sia prevista anche la presenza dello psicologo.

Aggiunge la difesa dello Stato che l’art. 8, comma 1, lettera b-quinquies), del d.lgs. n. 502 del 1992, riconoscerebbe ai predetti medici convenzionati la possibilità di aumentare il numero massimo di assistiti qualora, nell’ambito dei modelli organizzativi multi-professionali, dispongano, oltreché di personale di studio e infermieristico, anche di uno psicologo, con oneri a proprio carico. Con la conseguenza che non sarebbe contemplata una specifica figura professionale di psicologo di base, non presente neanche nelle altre realtà regionali.

1.4.1.– Un ulteriore profilo di contrasto con la legge statale si evincerebbe dal fatto che dalla disciplina regionale impugnata non si ricaverebbe se il titolo di laurea, indicato quale requisito di accesso agli elenchi regionali, debba essere riferito alla laurea magistrale ovvero a quella triennale oppure anche alla laurea prevista dal previgente ordinamento.

1.4.2.– Sussisterebbe altresì la violazione dell’art. 3 Cost., stante l’esigenza di garantire l’uniformità sul territorio regionale delle regole fondamentali che disciplinano i rapporti di cui si tratta.

2.– Si è costituita in giudizio la Regione Campania, chiedendo che il ricorso sia dichiarato non fondato.

3.– Con successiva memoria illustrativa depositata il 27 settembre 2021, la Regione Campania deduce, per la prima volta, le ragioni poste a sostegno della non fondatezza delle questioni sollevate.

3.1.– Al riguardo, la difesa regionale osserva che le norme censurate si porrebbero in perfetta armonia con l’intero contesto positivo vigente al livello nazionale: sia in quanto assolutamente compatibili con la misura prevista dall’art. 8, comma 1, lettera b-quinquies), del d.lgs. n. 502 del 1992, sia in quanto attuative del quadro delineato sul piano nazionale dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 13 giugno 2006 (Criteri di massima sugli interventi psico-sociali da attuare nelle catastrofi) nonché dall’art. 20-bis del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176.

3.1.1.– Segnatamente, attraverso la legge regionale impugnata, il servizio di psicologia di base sarebbe introdotto nell’ambito dello stesso Servizio sanitario regionale a supporto e in raccordo con i medici di base, i pediatri di libera scelta e gli specialisti ambulatoriali, incentivando la diffusione e l’operatività delle relative prestazioni professionali, come definite su scala statale.

3.1.2.– Prospetta, altresì, la Regione che l’organizzazione del servizio, a cura della legge regionale impugnata, sarebbe del tutto in linea con le modalità e gli strumenti di applicazione e di disciplina dell’omologo servizio in ambito statale, ivi compresa la regolamentazione del rapporto tra il professionista e il Servizio sanitario regionale sub specie di convenzionamento.

3.2.– In ragione di tali premesse, la Regione esclude che l’intervento normativo denunciato rientri nella materia dell’ordinamento civile, poiché non sarebbe introdotta né modificata la fisionomia tipica di un istituto civilistico; piuttosto sarebbe prevista una disciplina sanitaria, attraverso l’istituzione e l’organizzazione di un nuovo servizio, operativo nel contesto di un rapporto di convenzionamento già esistente.

3.3.– Rileva, poi, che non sarebbe individuata una nuova professione sanitaria, ma sarebbe istituito un servizio nell’àmbito dell’organizzazione sanitaria regionale, al fine di soddisfare i bisogni di salute emergenti sul territorio della Regione, da parte di una figura già contemplata dall’ordinamento.

3.3.1.– La Regione precisa poi che il titolo di laurea, indicato come uno dei requisiti per l’iscrizione negli elenchi, si riferirebbe al titolo prescritto dalla legislazione nazionale per l’esercizio della professione di psicologo, come emergerebbe dalla previsione dell’ulteriore requisito dell’iscrizione nell’albo degli psicologi.

4.– Con memoria illustrativa depositata il 28 settembre 2021 il Presidente del Consiglio dei ministri ribadisce gli argomenti già svolti.

4.1.– In specie, espone che la stessa contrattazione collettiva nazionale in materia di personale sanitario a rapporto convenzionale sarebbe parte dell’ordinamento civile, in quanto si inserirebbe «nel peculiare sistema integrato delle fonti cui la legge statale pone un forte presidio per garantirne la necessaria uniformità sul territorio nazionale».

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, con il ricorso indicato in epigrafe, gli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge della Regione Campania 3 agosto 2020, n. 35, recante «Istituzione del servizio di Psicologia di base e modifiche delle leggi regionali 7 agosto 2017, n. 25 (Istituzione del Garante regionale dei diritti delle persone con disabilità) e 6 maggio 2013, n. 5 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Campania - legge finanziaria regionale 2013)», nella parte in cui affidano il neoistituito servizio di psicologia di base ad uno psicologo in rapporto convenzionale con il Servizio sanitario regionale, mentre la normativa statale consente un rapporto di convenzione con il Servizio sanitario nazionale (SSN) unicamente per le figure del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta.

In particolare, l’art. 1 della predetta legge regionale prevede l’istituzione del servizio di psicologia di base, a sostegno dei bisogni assistenziali emersi a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, individuando le finalità del servizio stesso e stabilendo che esso sia svolto da psicologi liberi professionisti in rapporto convenzionale.

L’art. 2 disciplina i compiti attribuiti allo psicologo di base, al fine di garantire la riduzione del rischio di disagio psichico, la prevenzione dei disturbi psicologici e la promozione della salute.

L’art. 3 istituisce gli elenchi degli psicologi di base, individuando, al comma 2, i requisiti di iscrizione.

L’art. 4 regola l’organizzazione delle attività dei servizi di psicologia di base.

Ancora, l’art. 5 detta disposizioni sull’attività di verifica, monitoraggio e controllo della qualità dell’assistenza psicologica da parte dei competenti organi del Servizio sanitario regionale.

Infine, l’art. 6 prevede l’istituzione di un organismo indipendente con funzioni di osservatorio, che provvede al controllo, programmazione e indirizzo delle attività svolte dallo psicologo di base.

Le disposizioni regionali impugnate, nell’istituire nuovi rapporti di lavoro in convenzione con il SSN, in assenza di una previsione statale, violerebbero la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in relazione all’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).

Sarebbe altresì leso l’art. 3 Cost., in quanto il principio di uguaglianza imporrebbe di garantire l’uniformità sul territorio nazionale delle regole fondamentali che disciplinano i rapporti in questione, volte ad assicurare la massima efficienza e funzionalità operativa al SSN per la tutela della salute collettiva.

In via subordinata, il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta che la legge regionale censurata, dettando disposizioni nella materia concorrente delle professioni, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992. E tanto perché, nel contemplare la figura dello psicologo di base, il legislatore regionale creerebbe una nuova professione, non prevista dallo stesso decreto legislativo, nei rapporti convenzionati con il SSN.

L’art. 8, comma 1, lettera b-quinquies), del d.lgs. n. 502 del 1992 si limita a riconoscere ai medici convenzionati la possibilità di aumentare il numero massimo di assistiti qualora, nell’ambito dei modelli organizzativi multi-professionali, dispongano, oltreché di personale di studio e infermieristico, anche di uno psicologo, con oneri a proprio carico. Con la conseguenza che non sarebbe regolata una specifica figura professionale di psicologo di base.

Inoltre, dalla disciplina regionale impugnata non si ricaverebbe se il titolo di laurea, indicato quale requisito di accesso agli elenchi regionali, debba essere riferito alla laurea magistrale ovvero a quella triennale oppure ancora alla laurea prevista dal previgente ordinamento.

Sarebbe, inoltre, violato l’art. 3 Cost. per le medesime ragioni poste a fondamento della stessa censura sollevata in via principale.

2.– La Regione Campania, tempestivamente costituita, deduce le ragioni della non fondatezza delle questioni sollevate nella successiva memoria illustrativa, in cui rappresenta che il rapporto in convenzione con il servizio di psicologia di base sarebbe conforme ai precetti della legge statale e non comporterebbe la creazione di una nuova figura professionale. In questa prospettiva, la legge reg. Campania n. 35 del 2020 si limiterebbe a istituire e organizzare un nuovo servizio, operativo nel contesto di un rapporto di convenzionamento già esistente, senza mutare la disciplina di alcun istituto civilistico.

Sicché non vi sarebbe alcuna invasione della competenza esclusiva del legislatore statale in materia di ordinamento civile, né sarebbero violati i principi fondamentali nella materia legislativa concorrente delle professioni.

Sul punto, la Regione specifica che la dislocazione territoriale del servizio non è contemplata presso gli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, ma nell’àmbito dei distretti sanitari di ciascuna azienda sanitaria locale, sebbene gli psicologi delle cure primarie operino in raccordo e in collaborazione con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, sostenendone e integrandone l’azione nell’intercettare e rispondere ai bisogni assistenziali di base dei cittadini campani.

3.– In via preliminare, occorre delineare la collocazione sistematica del rapporto di convenzionamento presso il servizio sanitario, anche alla luce dei più recenti interventi normativi.

3.1.– L’art. 25, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) stabilisce che «[l]’assistenza medico-generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato operante nelle unità sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino» e il comma 4 stabilisce che tra questi debba avvenire la scelta del «medico di fiducia». Assume così rilievo la figura del «medico convenzionato» di cui si occupa specificamente il successivo art. 48, comma 1, il quale demanda la disciplina dei rapporti convenzionali, a fini di uniformità di trattamento economico e normativo su tutto il territorio nazionale, ad accordi collettivi nazionali stipulati tra il Governo, le Regioni, l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale di ciascuna categoria, resi operativi con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri.

Sulla base di tali convenzioni nazionali possono altresì instaurarsi rapporti tra aziende sanitarie e medici specialisti liberi professionisti, al fine di assicurare agli utenti del servizio sanitario le prestazioni mediche indicate nell’art. 25.

Quanto alla natura del «rapporto convenzionale», la giurisprudenza della Corte di legittimità è ormai concorde nel ritenere che si tratti di un rapporto il quale, pur se costituito in vista dello scopo di soddisfare le finalità istituzionali del SSN, atte a tutelare la salute pubblica, ossia per un interesse pubblico, e pur implicando una continua verifica di idoneità della prestazione sanitaria che il soggetto convenzionato è tenuto a fornire, «integra un rapporto d’opera professionale di natura privatistica [...] concretantesi nella prestazione di un’opera continuativa e coordinata prevalentemente personale, riconducibile allo schema della parasubordinazione (art. 409, n. 3 c.p.c.)». Ne consegue che le posizioni soggettive maturate nell’ambito di tale rapporto sono di diritto soggettivo e, quindi, non suscettibili di affievolimento per determinazione unilaterale della pubblica amministrazione, cosicché le relative controversie spettano al giudice ordinario (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenze 22 novembre 1999, n. 813 e 8 agosto 2001, n. 10960).

Il concetto di parasubordinazione evidenzia, dunque, una compresenza di aspetti pubblici e privati: se, da un lato, il rapporto convenzionale esula dal rapporto di impiego (pubblico), proprio dei medici dipendenti – che il legislatore del 1978, del resto, ha voluto espressamente tenere distinto, dettando la relativa disciplina all’art. 47 –, dall’altro, l’amministrazione mantiene compiti di direttiva e di controllo, onde assicurare che l’attività medico-professionale esercitata da soggetti privati, non inseriti nell’ambito organizzativo del SSN, venga esercitata nel pieno rispetto, e per l’effettivo soddisfacimento, dell’interesse pubblico alla salvaguardia della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, come espresso dall’art. 1, comma 3, della legge di riforma del 1978.

Sulla base di – ed in conformità con – questi criteri deve essere poi stipulata la convenzione, che il legislatore ha considerato lo strumento più idoneo mediante il quale realizzare la collaborazione tra pubblico e privato, ovvero il collegamento tra attività libero-professionale e cura dell’interesse generale.

L’assetto dei rapporti tra strutture sanitarie pubbliche e private è mutato in seguito all’attuazione della delega conferita al Governo, per la razionalizzazione e la revisione della disciplina in materia sanitaria, con la legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale). La delega è stata attuata con il d.lgs. n. 502 del 1992.

3.2.– L’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, con le successive modifiche, anzitutto prevede esclusivamente con riguardo all’assistenza medico-generica e pediatrica di base che essa continui ad essere assicurata da medici convenzionati, retribuiti con un compenso capitario per assistito. Per il resto, ai cittadini viene assicurata l’erogazione di prestazioni specialistiche, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio ed ospedaliere, secondo gli indirizzi della programmazione, attraverso strutture e presìdi pubblici nonché operatori e strutture privati, con i quali l’unione sanitari italiani intrattiene appositi rapporti fondati sulla corresponsione di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione resa.

L’accesso alle convenzioni è consentito ai medici forniti dei requisiti prescritti, e spetta agli accordi collettivi disciplinarne le modalità e determinare – con il concorso anche delle organizzazioni sindacali delle categorie di guardia medica e dei medici di medicina dei servizi – le prestazioni da garantire in base ad un compenso capitario per assistito, nonché quelle da assicurare con pagamento in funzione delle prestazioni stesse. In questo disegno, volto a garantire maggiore qualità e migliore organizzazione dell’attività professionale, si inseriscono altresì quelle disposizioni, di carattere particolarmente innovativo, dirette a rafforzare il ruolo del medico convenzionato.

Nell’àmbito del SSN i medici generici o di medicina generale e i pediatri di libera scelta costituiscono figure imprescindibili in ogni distretto sanitario e sono, accanto ai medici di guardia ed ai pronto soccorso, il primo, più diretto e basilare punto di riferimento per i cittadini che necessitano di assistenza medica.

3.3.– Il sistema delle cure primarie è stato ulteriormente riordinato con il decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189. Oltre a riformare lo status dei medici di medicina generale, il citato decreto-legge si sofferma sui modelli organizzativi per lo svolgimento dell’assistenza territoriale.

Quanto al primo profilo, l’art. 1, comma 3, del d.l. n. 158 del 2012, come convertito, istituisce il ruolo unico per i medici di medicina generale, riunendo in un’unica figura professionale il medico di base e il medico di guardia, ai quali sono affiancati i pediatri di libera scelta e gli specialisti ambulatoriali. La modifica è propedeutica alla realizzazione dell’assistenza continuativa su tutto il territorio.

Per quanto riguarda l’altro aspetto innanzi menzionato, l’art. 1, comma 1, del d.l. n. 158 del 2012 riordina le attività dei soggetti convenzionati citati, richiedendo che esse siano svolte nell’ambito di strutture organizzative monoprofessionali e multiprofessionali. Le prime sono aggregazioni funzionali territoriali che condividono, in forma strutturata, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi. Le seconde costituiscono unità complesse di cure primarie, all’interno delle quali si realizzano «il coordinamento e l’integrazione dei medici, delle altre professionalità convenzionate con il SSN, degli infermieri, della professionalità ostetrica, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e del sociale a rilevanza sanitaria».

3.4.– A questa logica risponde, da ultimo, l’intervento, di cui all’art. 12, comma 6, lettera a), del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, che ha modificato l’art. 8, comma 1, lettera b-quinquies), del d.lgs. n. 502 del 1992, prevedendo che le convenzioni che disciplinano il rapporto tra il SSN, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta regolano le condizioni, i requisiti e le modalità con cui le regioni provvedono alla dotazione strutturale, strumentale e di servizi delle forme organizzative di cui alla lettera b-bis) sulla base di accordi regionali o aziendali, «potendo prevedere un incremento del numero massimo di assistiti in carico ad ogni medico di medicina generale nell’ambito dei modelli organizzativi multi professionali nei quali è prevista la presenza oltre che del collaboratore di studio, anche di personale infermieristico e dello psicologo, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica».

Le soluzioni proposte e l’impostazione organizzativa prescelta rispondono all’esigenza di ridimensionare le prestazioni offerte dalle strutture ospedaliere in riferimento ad alcune emergenze di minore entità. In questa ottica si incentivano interventi atti a favorire la medicina territoriale e di comunità e la “de-ospedalizzazione”.

4.– Così delineato il quadro normativo in materia, può passarsi all’esame delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge reg. Campania n. 35 del 2020, promosse in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

Le questioni non sono fondate.

L’analisi della trama normativa dell’istituito servizio di psicologia di base consente di escludere che la relativa disciplina interferisca con la materia dell’ordinamento civile, non essendo stato regolato alcun istituto di matrice civilistica.

La disciplina regionale impugnata è piuttosto riconducibile alla competenza concorrente nella materia della tutela della salute, in quanto costituisce un riflesso del sistema organizzativo e funzionale adottato dalla Regione per adempiere alle esigenze del SSN, e segnatamente per rendere possibile, a seguito dell’emergenza da COVID-19, il supporto e il raccordo tra medici di medicina generale – o pediatri di libera scelta – e psicologi.

L’art. 8, comma 1, lettera b-quinquies), del d.lgs. n. 502 del 1992, modificato dall’art. 12, comma 6, lettera a), del d.l. n. 35 del 2019, come convertito – norma, quest’ultima, espressamente richiamata dall’art. 1 della legge regionale Campania n. 35 del 2020 –, prevede la possibilità che i medici di medicina generale o i pediatri di libera scelta aderiscano ai modelli organizzativi multi-professionali, nei quali sia presente, tra l’altro, anche la figura dello psicologo.

A fronte di questo dato, la particolarità che connota la legge regionale impugnata si sostanzia nella circostanza che, con riferimento al territorio campano, la struttura della psicologia di base opera presso i distretti del Servizio sanitario regionale e non si radica nell’organizzazione interna dei medici di base, pur essendo espressamente contemplata la collaborazione – evidentemente esterna – con questi ultimi.

La normativa contestata risponde all’obiettivo perseguito dall’art. 20-bis del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, secondo cui, «[a]l fine di garantire la salute e il benessere psicologico individuale e collettivo nell’eccezionale situazione causata dall’epidemia da COVID-19 e di assicurare le prestazioni psicologiche, anche domiciliari, ai cittadini e agli operatori sanitari, di ottimizzare e razionalizzare le risorse professionali degli psicologi dipendenti e convenzionati nonché di garantire le attività previste dai livelli essenziali di assistenza (LEA) ai fini dell’applicazione della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 giugno 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 200 del 29 agosto 2006, le aziende sanitarie e gli altri enti del Servizio sanitario nazionale possono organizzare l’attività degli psicologi in un’unica funzione aziendale».

4.1.– Pertanto, la regolamentazione di tale disciplina non presenta alcun collegamento con la materia dell’ordinamento civile, posto che essa non definisce diritti e obblighi di un rapporto di lavoro già sorto, ma si colloca in una fase organizzativa, antecedente allo stesso (sentenze n. 36 del 2021, n. 77 del 2020 e n. 20 del 2020).

Le disposizioni interessate dall’impugnazione non regolano, infatti, il rapporto convenzionato né il correlato rapporto di lavoro parasubordinato.

Esse istituiscono il servizio di psicologia di base, disciplinano i compiti attribuiti agli psicologi di base, ne prevedono gli elenchi, individuando i requisiti di iscrizione, dettano l’organizzazione delle attività dei servizi di psicologia di base e di verifica, monitoraggio e controllo della qualità dell’assistenza psicologica, e creano un organismo indipendente con funzioni di osservatorio: tutto ciò nella cornice di un convenzionamento non espressamente regolato dalla legge regionale.

La normativa in esame non interviene sullo strumento di regolamentazione del trattamento economico degli psicologi di base in rapporto convenzionato, affidata alla contrattazione collettiva, e non si sostituisce alla negoziazione fra le parti, che rappresenta la fonte di disciplina del rapporto di lavoro (sentenze n. 20 del 2021 e n. 53 del 2020).

Ed, infatti, è l’accordo collettivo nazionale a disciplinare, oltre ai rapporti con i medici specialisti ambulatoriali, anche quelli con altre professionalità sanitarie ambulatoriali e segnatamente con biologi, chimici e psicologi (Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con gli specialisti ambulatoriali interni, veterinari ed altre professionalità sanitarie – biologi, chimici, psicologi – ambulatoriali ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni – triennio 2016-2018).

Sulla scorta di tali considerazioni deve escludersi che la legge reg. Campania n. 35 del 2020 disciplini il rapporto di lavoro con la neoistituita figura dello psicologo di base.

Le norme impugnate, facendo inequivoco rinvio alla disciplina statale vigente in materia, non regolamentano istituti tipici riconducibili alla materia dell’ordinamento civile, limitandosi ad istituire un nuovo servizio sociale regionale (sentenza n. 147 del 2018).

4.2.– In base ai rilievi che precedono non sono fondate neanche le doglianze sollevate in ordine alla violazione dell’art. 3 Cost.

Al riguardo, il vulnus al principio di uguaglianza non può essere desunto apoditticamente dalla valorizzazione dell’esigenza di garantire l’uniformità sul territorio nazionale della disciplina del servizio di psicologia di base.

La potestà legislativa regionale concorrente nella materia della salute consente infatti alla Regione di dettagliare in modo autonomo i relativi istituti compatibilmente con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato (sentenze n. 87 del 2019, n. 190 del 2017 e n. 181 del 2006). E nella fattispecie l’istituzione del servizio di psicologia di base presso le articolazioni territoriali del Servizio sanitario regionale non si pone in antitesi con la disciplina statale che incentiva il ricorso alle professionalità dello psicologo nell’odierna crisi pandemica.

5.– Del pari non fondato è il motivo subordinato di censura relativo alla violazione, ad opera dei medesimi artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge reg. Campania n. 35 del 2020, dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992.

Non è infatti incisa la materia, di competenza concorrente, delle professioni, in quanto la figura dello psicologo di base, a sostegno – ovvero in affiancamento e collaborazione esterna – dell’operato del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, è riconducibile alla professione già contemplata dalla legge statale dello psicologo (sentenze n. 88 del 2021, n. 209 del 2020 e n. 172 del 2018).

5.1.– Per orientamento costante della giurisprudenza costituzionale, la potestà legislativa regionale in tale materia deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.

Tale principio si configura quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale, da ciò derivando che non è nei poteri delle Regioni dar vita a nuove figure professionali (sentenze n. 98 del 2013, n. 77 del 2011 e n. 300 del 2007).

In adesione a queste linee direttrici, la regolamentazione del servizio di psicologia di base, all’interno del Servizio sanitario regionale campano, non innova in ordine al riconoscimento statale della professione di psicologo, di cui, da ultimo, all’art. 9, comma 4, della legge 11 gennaio 2018, n. 3 (Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute).

E questa conclusione è corroborata dal fatto che l’art. 3, comma 2, lettera b), della legge regionale impugnata limita la possibilità di iscriversi agli elenchi provinciali ai soli iscritti nell’albo degli psicologi, professione già riconosciuta dall’ordinamento statale.

Anche il titolo di laurea, indicato come uno dei requisiti per l’iscrizione negli elenchi provinciali, richiama quello prescritto dalla legislazione nazionale per l’esercizio della professione di psicologo.

6.– In base ai rilievi che precedono non sono fondate neanche le doglianze sollevate in ordine alla violazione dell’art. 3 Cost., per le medesime considerazioni svolte al punto 4.2.

7.− Devono, conclusivamente, essere dichiarate non fondate tutte le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge reg. Campania n. 35 del 2020, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in ordine ai parametri evocati.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge della Regione Campania 3 agosto 2020, n. 35, recante «Istituzione del servizio di Psicologia di base e modifiche delle leggi regionali 7 agosto 2017, n. 25 (Istituzione del Garante regionale dei diritti delle persone con disabilità) e 6 maggio 2013, n. 5 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Campania - legge finanziaria regionale 2013)», promosse, in riferimento agli artt. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, in relazione all’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e 3 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 ottobre 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 dicembre 2021.