Sentenza n. 20 del 2020

CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 20

 

ANNO 2020

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Aldo CAROSI;

 

Giudici: Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera b), della legge della Regione Lazio 2 maggio 2017, n. 4 (Disposizioni in materia di assunzione di personale nelle aziende e negli enti del servizio sanitario regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 30 giugno-3 luglio 2017, depositato in cancelleria il 7 luglio 2017, iscritto al n. 49 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale, dell’anno 2017.

 

Visto l’atto di costituzione della Regione Lazio;

 

udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 2019 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

 

udito l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri;

 

deliberato nella camera di consiglio del 5 novembre 2019.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Con ricorso notificato il 30 giugno-3 luglio 2017 e depositato il 7 luglio 2017 (reg. ric. n. 49 del 2017), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. l, comma 1, lettera b), della legge della Regione Lazio 2 maggio 2017, n. 4 (Disposizioni in materia di assunzione di personale nelle aziende e negli enti del servizio sanitario regionale), in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, relativamente alla materia «tutela della salute».

 

1.1.– Espone il ricorrente che l’art. 1, comma 1, della citata legge reg. Lazio n. 4 del 2017 prevede: «Ferme restando le competenze attribuite al Commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione: a) ai fini dell’applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 marzo 2015 (Disciplina delle procedure concorsuali riservate per l’assunzione di personale precario del comparto sanità) e dall’articolo l, comma 543, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, relativo alle procedure concorsuali straordinarie per l’assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, si considera, per il personale in possesso dei requisiti ivi richiesti, il servizio svolto, anche in deroga alle procedure previste dalla normativa regionale; b) al personale che non rientra nelle fattispecie di cui alla lettera a), impiegato in forme riconducibili a processi di esternalizzazione nell’assistenza diretta o indiretta ai pazienti nelle aziende e negli enti del servizio sanitario regionale, sarà riconosciuto, nelle procedure concorsuali, un punteggio nell’ambito del curriculum formativo e professionale in relazione agli anni di lavoro svolto».

 

1.2.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione contenuta nella riportata lettera b) dell’art. 1, comma 1, della legge reg. Lazio n. 4 del 2017, nell’imporre alla commissione esaminatrice di assegnare uno specifico punteggio, in relazione agli anni di lavoro svolto, unicamente al personale che sia stato impiegato nelle aziende sanitarie regionali attraverso processi di esternalizzazione, contrasta con i criteri di valutazione dei titoli stabiliti nell’ambito della disciplina concorsuale del personale del Servizio sanitario dall’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 2001, n. 220 (Regolamento recante disciplina concorsuale del personale non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale) e dall’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale), emanati in attuazione dell’art. 18, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).

 

Tali disposizioni statali distinguono i criteri di valutazione dei titoli in tre categorie (carriera, titoli accademici e di studio, curriculum formativo e professionale) e stabiliscono che il punteggio attribuibile dalla commissione per il curriculum formativo e professionale è «globale», in quanto sono valutate le attività professionali e di studio, formalmente documentate, non riferibili ai titoli già valutati nelle precedenti categorie, idonee ad evidenziare, ulteriormente, il livello di qualificazione professionale acquisito nell’arco della intera carriera e specifiche rispetto alla posizione funzionale da conferire, nonché gli incarichi di insegnamento conferiti da enti pubblici.

 

Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, l’attribuzione di tale punteggio globale da parte della commissione esaminatrice, che dovrà essere adeguatamente motivato con riguardo ai singoli elementi documentali che hanno contribuito a determinarlo, «mira a garantire un certo margine di discrezionalità riconosciuta alla Commissione stessa, al fine di valutare gli elementi del curriculum ritenuti qualificanti rispetto all’incarico da ricoprire». La disposizione regionale impugnata, nell’imporre invece un obbligo alla commissione esaminatrice di assegnare un distinto, specifico «punteggio nell’ambito del curriculum formativo e professionale» per l’attività svolta attraverso processi di esternalizzazione, lederebbe il carattere «globale», previsto dalle disposizioni statali, del punteggio attribuibile per tale curriculum.

 

Il ricorrente ritiene pertanto che l’intervento normativo regionale «modifica ed integra la griglia recante i criteri di valutazione dei titoli stabilita dalla disciplina statale sopra menzionata, incidendo altresì sulla discrezionalità attribuita alla commissione da detta disciplina statale». In tal modo esso comporta la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., ponendosi in contrasto con i principi fondamentali in materia di «tutela della salute» contenuti nella disciplina statale sopra citata costituente parametro interposto.

 

In proposito, la difesa statale rappresenta che «[l]a Corte Costituzionale ha infatti affermato in varie occasioni (sent. nn. 422/2006; 295/2009; 181/2006; 251/2016) che i rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni sanitarie essendo strumentali alla prestazione del servizio, e incidendo sulle condizioni di fruizione delle prestazioni rese all’utenza, condizionate dalla capacità e professionalità di tutti i sanitari addetti al servizio, attengono alla potestà legislativa regionale in materia concorrente di tutela della salute. Ne consegue il doveroso rispetto dei principi fondamentali dettati dalla legge statale, tra cui devono annoverarsi quei principi, dati con riferimento alle modalità e ai requisiti di accesso, che si collocano in una prospettiva di miglioramento del “rendimento” del servizio offerto e dunque di garanzia, oltre che del buon andamento dell’amministrazione e della qualità dell’attività assistenziale erogata».

 

1.3.– Il ricorrente afferma poi che la disposizione regionale, nel riconoscere «l’assegnazione di “un punteggio nell’ambito del curriculum formativo e professionale in relazione agli anni di lavoro svolto...” solo ai soggetti impiegati nelle aziende sanitarie regionali attraverso processi di esternalizzazione […], rischia di privilegiare tale categoria di concorrenti rispetto ad altri concorrenti che, partecipando alle procedure concorsuali straordinarie previste dalla menzionata l. n. 208 del 2015 per l’assunzione a tempo indeterminato, siano stati già assunti a tempo determinato nell’ambito del servizio sanitario regionale attraverso procedure selettive ad evidenza pubblica».

 

2.– La Regione Lazio si è costituita con atto depositato il 10 agosto 2017, riservandosi di presentare memoria difensiva.

 

3.– Successivamente alla presentazione del ricorso la disposizione impugnata è stata modificata dall’art. 17, comma 92, della legge della Regione Lazio 14 agosto 2017, n. 9 (Misure integrative, correttive e di coordinamento in materia di finanza pubblica regionale. Disposizioni varie), a decorrere dal 17 agosto 2017, nei seguenti termini: «[a]lla lettera b) del comma 1 dell’articolo 1 della legge regionale 2 maggio 2017, n. 4 (Disposizioni in materia di assunzione di personale nelle aziende e negli enti del servizio sanitario regionale) sono apportate le seguenti modifiche: a) le parole: “al personale che non rientra nella fattispecie di cui alla lettera a),” sono sostituite dalle seguenti: “esaurite le procedure concorsuali straordinarie di cui alla lettera a), al personale non rientrante nelle fattispecie ivi previste”; b) le parole: “sarà riconosciuto, nelle procedure concorsuali,” sono sostituite dalle seguenti: “viene riconosciuto, nelle procedure concorsuali successive”».

 

4.– In prossimità dell’udienza di discussione, originariamente fissata per il 17 aprile 2018, la Regione Lazio ha depositato memoria, deducendo che la disposizione impugnata non comporta alcuna lesione della normativa statale e nemmeno dell’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento ai principi in materia di «tutela della salute», poiché essa costituisce espressione della potestà legislativa concorrente della Regione, specificando «quale attività professionale può essere considerata nell’attribuzione del punteggio al curriculum».

 

Nel sostenere che la intervenuta modifica normativa chiarisce che la disposizione «si applica alle procedure concorsuali ordinarie eventualmente bandite dopo l’espletamento delle procedure concorsuali straordinarie di cui al DPCM 6 marzo 2015 e all’articolo 1 comma 543 L. 208/2015», la Regione assume che in tal modo, per i soggetti che partecipano alle procedure concorsuali ordinarie, l’attività sanitaria svolta in forma esternalizzata o interinale, «non potendo esser valutata come servizio prestato, viene valutata in misura minima nell’ambito del curriculum, quale “attività professionale idonea ad evidenziare ulteriormente il livello di qualificazione personale acquisito”, così come previsto dall’art. 11 comma 1 lett. c), del DPR 483/1997 e art. 11 comma 1 n. 4 lett. a) DPR 220/2001».

 

La resistente ritiene che «[c]ontrariamente a quanto sostiene la difesa erariale la commissione non è obbligata ad assegnare un punteggio ai concorrenti, integrando in tal modo la griglia di valutazione prevista dalla normativa statale», limitandosi la norma «ad indicare un elemento da considerare (l’attività sanitaria svolta) nell’ambito della valutazione del curriculum, il quale rimane titolo valutabile nel suo insieme».

 

Nel contestare l’interpretazione della norma fornita dal ricorrente e gli effetti che ne farebbe discendere, la difesa regionale sostiene che «i lavoratori già assunti con contratti a tempo determinato da enti sanitari possono partecipare alle procedure di assunzione straordinarie disciplinate dalla legge 208/2015, mentre i lavoratori impiegati nelle aziende sanitarie con processi di esternalizzazione possono partecipare solo alle procedure concorsuali ordinarie», ed afferma che, in riferimento invece alle procedure ordinarie cui possono partecipare entrambe le categorie di lavoratori, per coloro che hanno prestato lavoro alle dipendenze degli enti sanitari, il servizio svolto sarà valutato come titolo di carriera in modo più incisivo, mentre per i soggetti che hanno prestato attività interinale o come dipendenti di cooperative per aziende sanitarie, l’attività espletata verrà considerata per la valutazione del curriculum.

 

La Regione assume che tale portata della previsione normativa in esame era già sufficientemente chiara nella formulazione originaria della disposizione, ancorché precisata dalla sua intervenuta modifica, e conclude chiedendo di dichiarare inammissibile e comunque non fondata la questione di legittimità.

 

4.1.– Anche il ricorrente, in prossimità dell’udienza originariamente fissata, ha presentato memoria deducendo la irrilevanza, ai fini del giudizio di costituzionalità, della modifica così apportata dall’art. 17, comma 92, della legge reg. Lazio n. 9 del 2017 alla disposizione impugnata.

 

Secondo la difesa statale la novella non modifica sostanzialmente i profili di illegittimità già ravvisati nella disposizione impugnata, mentre, a sua volta, è «censurabile per gli stessi motivi in quanto lascia invariato l’obbligo imposto alla commissione esaminatrice di assegnare uno specifico punteggio, in relazione agli anni di lavoro svolto, unicamente al personale sanitario che sia stato impiegato nelle aziende sanitarie regionali attraverso processi di esternalizzazione».

 

Confermata pertanto l’impugnativa promossa avverso la disposizione regionale in oggetto, il ricorrente, rappresentando che era nel frattempo emersa la possibilità di un intervento normativo da parte della Regione Lazio, inteso a modificare l’art. 17, comma 92, della legge regionale n. 9 del 2017, per superare le perduranti criticità recate dalla disposizione impugnata, chiedeva il rinvio a nuovo ruolo per consentire di definire l’iter normativo.

 

5.– In assenza di un tale nuovo intervento normativo ad opera della Regione Lazio, la questione è pervenuta all’udienza per la discussione.

 

Considerato in diritto

 

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. l, comma 1, lettera b), della legge della Regione Lazio 2 maggio 2017, n. 4 (Disposizioni in materia di assunzione di personale nelle aziende e negli enti del servizio sanitario regionale), in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, relativamente alla materia «tutela della salute».

 

1.1.– La disposizione impugnata stabilisce: «b) al personale che non rientra nelle fattispecie di cui alla lettera a), impiegato in forme riconducibili a processi di esternalizzazione nell’assistenza diretta o indiretta ai pazienti nelle aziende e negli enti del servizio sanitario regionale, sarà riconosciuto, nelle procedure concorsuali, un punteggio nell’ambito del curriculum formativo e professionale in relazione agli anni di lavoro svolto».

 

1.2.– Secondo il ricorrente la disposizione regionale violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., ledendo i principi fondamentali in materia di «tutela della salute» configurati dalle disposizioni in materia di criteri di valutazione dei titoli nell’ambito della disciplina concorsuale del personale del Servizio sanitario, dettate dagli artt. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 2001, n. 220 (Regolamento recante disciplina concorsuale del personale non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale) e 11 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale), emanati in attuazione dell’art. 18, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).

 

In particolare la difesa statale assume che la disposizione regionale contrasterebbe con i criteri di valutazione del curriculum professionale e formativo, stabiliti dalla normativa statale, in quanto modifica e integra la griglia recante i criteri di valutazione dei titoli, e incide altresì sulla discrezionalità attribuita alla commissione, laddove le impone di assegnare uno specifico punteggio, in relazione agli anni di lavoro svolto, unicamente al personale sanitario che sia stato impiegato nelle aziende sanitarie regionali attraverso processi di esternalizzazione.

 

Inoltre, la disposizione regionale impugnata, nel riconoscere l’assegnazione del predetto punteggio solo ai soggetti impiegati nelle aziende sanitarie regionali attraverso processi di esternalizzazione, rischierebbe di privilegiare tale categoria di concorrenti rispetto ad altri concorrenti che, partecipando alle procedure concorsuali straordinarie previste dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», per l’assunzione a tempo indeterminato, siano stati già assunti a tempo determinato nell’ambito del Servizio sanitario regionale attraverso procedure selettive ad evidenza pubblica.

 

Infine, il ricorrente assume che la sopravvenuta modifica della disposizione in esame ad opera dell’art. 17, comma 92, della legge della Regione Lazio 14 agosto 2017, n. 9 (Misure integrative, correttive e di coordinamento in materia di finanza pubblica regionale. Disposizioni varie), a decorrere dal 17 agosto 2017, non incide sui prospettati termini della questione, lasciando inalterati i profili di illegittimità riscontrati nella disposizione regionale.

 

2.– In via preliminare, occorre verificare se la novella recata dall’art. 17, comma 92, della legge reg. Lazio n. 9 del 2017, non oggetto di autonoma impugnativa, esplichi effetti sul presente giudizio, avendo il ricorrente sostenuto la sua irrilevanza in quanto non avrebbe modificato il contenuto sostanziale della disposizione impugnata.

 

2.1.– L’art. 17, comma 92, lettere a) e b), della legge reg. Lazio n. 9 del 2017 dispone, con decorrenza dal 17 agosto 2017: «[a]lla lettera b) del comma 1 dell’articolo 1 della legge regionale 2 maggio 2017, n. 4 (Disposizioni in materia di assunzione di personale nelle aziende e negli enti del servizio sanitario regionale) sono apportate le seguenti modifiche: a) le parole: “al personale che non rientra nella fattispecie di cui alla lettera a),” sono sostituite dalle seguenti: “esaurite le procedure concorsuali straordinarie di cui alla lettera a), al personale non rientrante nelle fattispecie ivi previste”; b) le parole: “sarà riconosciuto, nelle procedure concorsuali,” sono sostituite dalle seguenti: “viene riconosciuto, nelle procedure concorsuali successive”».

 

2.2.– Risulta evidente che tali modifiche lasciano intatto il nucleo precettivo dell’originaria versione della disposizione regionale contestato dal ricorrente.

 

Conseguentemente lo ius superveniens non incide sul contenuto essenziale della questione, costituito dalla asserita impossibilità per il legislatore regionale di disporre in ordine ai criteri di valutazione dei titoli come stabiliti dalla normativa statale, in quanto integranti un principio fondamentale da essa posto nella materia «tutela della salute».

 

Pertanto, in forza del principio di effettività della tutela delle parti nei giudizi in via di azione più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 87 del 2014, n. 193 e n. 159 del 2012), l’odierna questione va estesa alla intervenuta modifica normativa della disposizione in esame, non rilevando che tale modifica non sia stata oggetto di autonoma impugnativa.

 

3.– Nel merito la questione non è fondata.

 

3.1.– La disposizione regionale in esame inerisce al sistema di valutazione del curriculum formativo e professionale come delineato dalle ricordate disposizioni statali, prevedendo l’attribuzione nel suo ambito di un punteggio al personale impegnato in forme esternalizzate di assistenza ai pazienti nelle aziende e negli enti del Servizio sanitario regionale.

 

Il thema decidendum del presente giudizio è dunque costituito dalla prospettata lesione, ad opera del legislatore regionale, dei principi fondamentali in materia di «tutela della salute» che, ad avviso del ricorrente, sono configurati dalle ricordate disposizioni statali in materia di criteri di valutazione dei titoli nell’ambito della disciplina concorsuale per l’assunzione del personale del Servizio sanitario nazionale.

 

3.2.– La Regione Lazio non contesta la riconducibilità dell’intervento normativo alla materia «tutela della salute», ma afferma che esso costituisce legittima espressione della sua competenza concorrente nella materia stessa, in quanto specifica «quale attività professionale può essere considerata nell’attribuzione del punteggio al curriculum».

 

3.3.– La causa et ratio dell’intervento normativo in oggetto sono, con ogni evidenza, individuabili nella esigenza avvertita dal legislatore regionale di integrare il risalente sistema di valutazione dei titoli ai fini del curriculum formativo e professionale configurato dalle previsioni statali, allo scopo di tener conto della evoluzione del sistema organizzativo e funzionale adottato dalla Regione Lazio per adempiere alle esigenze del Servizio sanitario nazionale in esito alle profonde innovazioni dell’assetto organizzativo del settore intervenute dopo la riforma operata dal d.lgs. n. 502 del 1992.

 

Occorre difatti rilevare che, anche a seguito degli interventi statali adottati, in particolare a partire dalla fine del primo decennio del secolo, per contenere la spesa pubblica nel settore sanitario attraverso la riduzione dei costi per il personale e il prolungato blocco del turnover, la Regione Lazio si è avvalsa, per l’assistenza diretta o indiretta ai pazienti nelle aziende e negli enti del Servizio sanitario regionale, di forme esternalizzate di impiego, ossia di prestazioni lavorative svolte da dipendenti di cooperative e di società di somministrazione (già di lavoro interinale).

 

Al contempo, il ricorso alle predette modalità di assistenza diretta e indiretta ai pazienti è stato reso possibile anche dalle profonde innovazioni della disciplina in materia di lavoro e, segnatamente, di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, con applicazione ad esso delle forme di lavoro flessibile previste dalle leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa.

 

Pur non avendo avuto un “rapporto diretto” con il datore di lavoro pubblico, i lavoratori impiegati in forme riconducibili a processi di esternalizzazione hanno comunque prestato assistenza diretta o indiretta ai pazienti nelle aziende e negli enti del Servizio sanitario regionale, così contribuendo a garantire i livelli essenziali delle prestazioni nell’ambito del Servizio sanitario.

 

La Regione Lazio, pertanto, ritiene legittimo, ai fini delle procedure di assunzione del personale nel Servizio sanitario regionale, riconoscere, nell’ambito del curriculum formativo e professionale, l’esperienza in tal modo acquisita dai predetti lavoratori nello specifico settore per il quale è indetta la procedura ordinaria di reclutamento, attesa la congruità di una tale esperienza con gli impieghi oggetto della procedura stessa.

 

Diversamente, accedendo ad interpretazione rigorosa dei termini «servizio reso» e «carriera» presenti nelle ricordate disposizioni statali, in assenza della previsione regionale in esame la commissione non potrebbe operare autonomamente la valutazione di tali esperienze, sicché i lavoratori interessati, pur avendo acquisito specifica esperienza nel settore sanitario, sarebbero equiparati ad aspiranti all’impiego presso il Servizio sanitario regionale privi di specifiche conoscenze.

 

4.– Alla stregua delle considerazioni svolte, la disposizione regionale in esame deve ritenersi legittima espressione della competenza regionale concorrente in materia di «tutela della salute», in quanto apporta una integrazione al sistema configurato dall’ordinamento statale per profili non da esso considerati, ma pur sempre coerente con l’assetto e le finalità del sistema valutativo dei titoli da esso contemplato.

 

4.1.– Con riguardo alla fattispecie in esame, la previsione regionale non risulta violare alcun principio fondamentale rinvenibile nella disciplina statale in materia.

 

Nel rispetto dell’impianto generale configurato dal legislatore statale, la Regione Lazio ha assunto, nell’esercizio della competenza concorrente in materia di «tutela della salute», una misura che risulta oggettivamente e ragionevolmente conseguente e funzionale alla concreta struttura organizzativa e gestionale da essa adottata per assicurare il Servizio sanitario, nonché il portato delle esperienze maturate nello specifico ambito territoriale per effetto delle tipologie di prestazioni lavorative di cui si è avvalsa la Regione stessa nell’esercizio della sua competenza in materia di «organizzazione amministrativa».

 

In tal senso la disposizione regionale in oggetto risulta pienamente coerente con l’assetto costituzionale e ordinamentale nello specifico settore di attività in esame: se la Regione può assicurare i servizi di assistenza sanitaria tramite forme esternalizzate nell’esercizio della sua competenza residuale in materia di «organizzazione amministrativa» e, al contempo, di quella concorrente in materia di «tutela della salute», può altresì, avvalendosi di questa stessa competenza concorrente, prevedere una misura intesa a riconoscere, nell’ambito del curriculum formativo e professionale, l’esperienza maturata dai soggetti impiegati nel settore sanitario attraverso forme esternalizzate che intendano concorrere per l’assunzione nel Servizio sanitario regionale.

 

4.2.– Non ostano all’affermata conclusione le considerazioni svolte dal ricorrente in ordine al carattere necessariamente «globale» del punteggio attribuibile per il curriculum formativo e professionale, imposto dalle norme statali evocate come norme interposte.

 

Difatti, se letta in coerenza con il complessivo sistema di valutazione del curriculum formativo e professionale dettato dalle ricordate previsioni statali, la disposizione regionale deve essere intesa nel senso di prevedere che, nell’ambito del punteggio globale stabilito per il curriculum formativo e professionale, la commissione è tenuta a enucleare e valutare specificamente quale elemento curriculare l’esperienza lavorativa prestata dal candidato in forme esternalizzate.

 

Parimenti non è ravvisabile una lesione ad opera della disposizione regionale in esame della sfera di discrezionalità che il sistema delineato dalle disposizioni statali attribuirebbe alla commissione di concorso.

 

La discrezionalità, difatti, rimane integra con riguardo alla valutazione della concreta incidenza delle predette specifiche esperienze lavorative nella determinazione del punteggio globale attribuibile al curriculum formativo e professionale, ovvero in che termini e in che misura essa concorre all’attribuzione del punteggio globale, rimanendo affidato alla commissione il compito di operare la concreta “pesatura” di tale esperienza lavorativa nell’ambito del curriculum formativo e professionale.

 

Inoltre, la disposizione regionale prevede che la valutazione operi, genericamente, in relazione agli «anni di lavoro svolto» e dunque lascia alla commissione amplissimi margini decisionali.

 

4.3.– La considerazione consente anche di superare la ricordata obiezione sollevata dalla difesa statale, secondo cui la disposizione censurata comporterebbe il rischio di favorire i soggetti impiegati attraverso processi di esternalizzazione «rispetto ad altri concorrenti che, partecipando alle procedure concorsuali straordinarie previste dalla menzionata L. 208 del 2015 per l’assunzione a tempo indeterminato, siano stati già assunti a tempo determinato nell’ambito del servizio sanitario regionale attraverso procedure selettive ad evidenza pubblica».

 

Il rischio così paventato dal ricorrente non è configurabile.

 

Già si è evidenziato che la disposizione impugnata opera al di fuori delle procedure concorsuali straordinarie previste dalla ricordata normativa statale.

 

D’altro canto l’attività svolta in forma diretta presso il Servizio sanitario regionale è valutabile, ove ne ricorrano i requisiti previsti dalla legge per l’accesso alla professione sanitaria cui inerisce il concorso, nell’ambito di altre categorie di titoli contemplate dalle disposizioni statali.

 

Inoltre, alla commissione compete comunque operare una ponderata e motivata differenziazione fra la valutazione dell’attività espletata in forma diretta e la valutazione di quella svolta tramite processi di esternalizzazione, in considerazione della diversa natura delle rispettive tipologie di rapporto di lavoro, laddove poi, naturalmente, l’operato della commissione rimane soggetto al sindacato di legittimità in ordine al corretto uso dei poteri discrezionali.

 

5.– In conclusione, deve ritenersi che la disposizione regionale impugnata, interpretata nel senso innanzi chiarito, nel costituire esercizio della competenza concorrente regionale in materia di «tutela della salute», non viola alcun principio fondamentale della legislazione statale in materia.

 

Ne consegue la declaratoria di non fondatezza della questione promossa con il ricorso in esame.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera b), della legge della Regione Lazio 2 maggio 2017, n. 4 (Disposizioni in materia di assunzione di personale nelle aziende e negli enti del servizio sanitario regionale), nel testo originario e in quello modificato dall’art. 17, comma 92, della legge della Regione Lazio 14 agosto 2017, n. 9 (Misure integrative, correttive e di coordinamento in materia di finanza pubblica regionale. Disposizioni varie) promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2019.

 

F.to:

 

Aldo CAROSI, Presidente

 

Giulio PROSPERETTI, Redattore

 

Roberto MILANA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2020.