SENTENZA N. 118
ANNO 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 1, lettere a), b) e c), e 42, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2020, n. 3, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio di previsione finanziario 2020-2022 della Regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2020)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 30-31 marzo 2020, depositato in cancelleria il 7 aprile 2020, iscritto al n. 39 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;
udito nell’udienza pubblica del 27 aprile 2021 il Giudice relatore Francesco Viganò;
udito l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 28 aprile 2021.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 30-31 marzo 2020 e depositato il 7 aprile 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato – tra gli altri – gli artt. 10, comma 1, lettere a), b) e c), e 42, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2020, n. 3, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio di previsione finanziario 2020-2022 della Regione Abruzzo (legge di stabilità regionale 2020)», per contrasto complessivamente con gli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
1.1.– Il ricorrente ritiene che le disposizioni di cui all’art. 10, comma 1, lettere a), b) e c) – che modificano l’art. 1 della legge della Regione Abruzzo 18 aprile 2011, n. 10 (Norme sull’attività edilizia nella Regione Abruzzo) – contrastino con i principi di ragionevolezza e di buon andamento dell’amministrazione, di cui agli 3 e 97 Cost., e risultino altresì lesive della competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
1.1.1.– Più in particolare, le disposizioni di cui all’art. 10, comma 1, lettere a), b) e c), modificano la previgente legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011, contenente norme sul recupero dei sottotetti di immobili esistenti alla data di entrata in vigore della stessa legge regionale n. 10 del 2011, estendendo le previsioni ivi contenute ai sottotetti esistenti alla data del 31 dicembre 2019, e consentendo che ciò avvenga anche «in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ed adottati e ai regolamenti edilizi vigenti».
Secondo il ricorrente, si tratterebbe di norme che «potrebbero rendere legittime condotte che, non considerate tali al momento della loro realizzazione (perché non conformi ai limiti e prescrizioni edilizie degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali), lo divengono per effetto dell’intervento successivo del legislatore»; con l’ulteriore conseguenza di «consentire la regolarizzazione ex post di opere che – al momento della loro realizzazione – erano in contrasto con detti limiti e prescrizioni di riferimento, dando corpo a un intervento che esula dalle competenze regionali».
Richiamandosi alla sentenza n. 73 del 2017 di questa Corte, il ricorrente assume che tali disposizioni regionali violino l’art. 3 Cost. nella misura in cui riconoscono retroattivamente la legittimità di comportamenti vietati al momento della loro realizzazione, con ciò ponendo a rischio il valore della certezza del diritto e sacrificando, nei rapporti tra privati, «le posizioni soggettive dei potenziali controinteressati che facevano affidamento sulla stabilità dell’assetto normativo vigente all’epoca delle singole condotte».
Oltre a ciò, tale disciplina regionale finirebbe per sovrapporsi a quella di cui alla legge della Regione Abruzzo 1° agosto 2017, n. 40 (Disposizioni per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Destinazioni d’uso e contenimento dell’uso del suolo, modifiche alla L.R. 96/2000 ed ulteriori disposizioni); disciplina che conterrebbe «misure derogatorie in relazione a finalità analoghe a quelle della legge regionale n. 10 del 2011». Dalla coesistenza di tali disposizioni regionali «dal contenuto sostanzialmente simile» potrebbero derivare, secondo il ricorrente, «ambiguità circa le disposizioni applicabili in concreto» da parte delle amministrazioni comunali, «le quali potrebbero […] non trovarsi nelle condizioni di verificare effettivamente […] ciò che è stato realizzato (o proseguito, o completato) in base alla legge regionale n. 10 del 2011 e in base alla legge regionale n. 40 del 2017».
Di qui il contrasto, oltre che con il principio di ragionevolezza, anche con quello del buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.
1.1.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta, inoltre, l’invasione della competenza legislativa statale esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., stante il contrasto tra l’art. 10, comma 1, lettere a), b) e c), della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020 e gli artt. 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).
Consentendo, infatti, interventi di recupero anche su immobili sottoposti a tutela paesaggistica senza prevedere il rispetto del piano paesaggistico di cui agli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali, e anzi consentendo espressamente la deroga alla disciplina urbanistica, le disposizioni regionali impugnate violerebbero la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente.
Quanto al rispetto del regime di tutela per i beni culturali di cui alla Parte II del codice dei beni culturali e del paesaggio, la disciplina regionale sul recupero dei sottotetti si limiterebbe genericamente a richiamare «il “rispetto dei vincoli imposti all’edificio” esclusivamente quanto all’apertura di porte, finestre e lucernai, e non anche con riferimento alle altre possibili modalità di intervento sul bene tutelato».
1.2.– Il ricorrente impugna, inoltre, l’art. 42, comma 4, della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020, rubricato «Norme a tutela dei coniugi separati o divorziati, in condizione di disagio, in particolare con figli minori», il quale esclude «dai benefici abitativi e di sostegno economico […] i soggetti condannati con sentenza passata in giudicato per reati contro la persona, tra cui gli atti persecutori di cui al decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori) convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, nonché per i delitti di cui agli articoli 570, 570-bis e 572 del codice penale».
Accomunando fattispecie di reato di gravità estremamente diversa, fra l’altro connesse a fatti che ben possono essere maturati all’esterno dell’ambito familiare, la disposizione in questione finirebbe «per riservare il medesimo trattamento giuridico a fattispecie di reato eterogenee, che il legislatore nazionale ha inteso caratterizzare e graduare, prevedendo anche rilevanti differenze di pena». Pertanto, «l’esclusione di potenziali fruitori dai benefici in questione» sarebbe evidentemente lesiva dei «principi di eguaglianza e di ragionevolezza espressi dall’art. 3 della Carta costituzionale italiana, ai sensi dei quali una legge deve regolare in maniera eguale situazioni eguali, ma trattare in maniera diversa situazioni difformi».
2.– Con memoria depositata via posta elettronica certificata (PEC) l’8 maggio 2020 si è costituita in giudizio la Regione Abruzzo.
2.1.– La resistente, innanzitutto, ricorda che, con riguardo all’impugnato art. 10, comma 1, lettere a), b) e c), la legge regionale impugnata è stata preceduta da un’interlocuzione con il Dipartimento degli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri, nella quale lo stesso Presidente del Consiglio regionale si era assunto l’impegno formale a modificare le disposizioni in esame, al fine di recepire «i suggerimenti avanzati al riguardo dagli Uffici legislativi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, nell’ottica di una reciproca e fattiva collaborazione ed al fine di evitare il contenzioso costituzionale».
Si trattava, in particolare, dell’esigenza di allineare il termine temporale riferito agli immobili esistenti su cui operare gli interventi di recupero a quello di cui alla legge reg. Abruzzo n. 40 del 2017, come successivamente modificata, anch’essa dedicata a interventi edilizi su fabbricati preesistenti; oltre a ciò, si trattava dell’impegno a specificare che gli strumenti urbanistici derogabili dagli interventi di recupero dei sottotetti erano solo quelli di livello comunale e a «ribadire meglio il rispetto delle norme in materia ambientale e paesaggistica».
Tale proposta di modifica dell’intervento legislativo regionale, poi sfociato nelle disposizioni impugnate, sarebbe, però, «rimasta priva di riscontro da parte degli uffici ministeriali».
2.2.– Nel merito, la difesa regionale sostiene l’infondatezza delle censure relative all’impugnato art. 10, comma 1, lettere a), b) e c).
Ratio della modifica della previgente disciplina del recupero dei sottotetti sarebbe quella di semplificazione della materia, stante la contemporanea vigenza della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011, che era rimasta ferma al recupero dei sottotetti esistenti alla data del 19 maggio 2011 e che non consentiva la deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi comunali, e della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 15, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)». Quest’ultima, all’art. 85, consentiva il recupero dei sottotetti esistenti alla data del 31 dicembre 2018, «anche in deroga alla legislazione urbanistica statale e regionale vigente in materia, oltre che agli strumenti urbanistici comunali vigenti o in itinere ed ai regolamenti edilizi vigenti».
L’art. 10 della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020, al suo comma 2, opera proprio l’abrogazione di tale art. 85 della legge reg. Abruzzo n. 15 del 2004, con ciò rendendo necessaria l’introduzione delle disposizioni oggetto di odierna impugnazione. Sarebbe, infatti, risultato «[i]rragionevole, oltre che discriminatorio, […] non contemplare la possibilità di recuperare a fini abitativi sottotetti sino ad allora suscettibili di recupero in forza dell’abrogato art. 85 della L.R. n. 15/04».
A fronte di tale esigenza di semplificazione, non sussisterebbe quel carattere innovativo delle norme regionali impugnate lamentato dal ricorrente, posto che esse avrebbero semplicemente esteso il periodo di «ammissibilità al beneficio del recupero dei sottotetti per i fabbricati esistenti alla data del 31.12.2019». Dal che deriverebbe l’infondatezza della censura di irragionevolezza incentrata sulla natura «innovativa e retroattiva» delle disposizioni impugnate, assieme con la inconferenza della giurisprudenza costituzionale richiamata dall’Avvocatura generale dello Stato (sentenza n. 73 del 2017). A supporto di tali affermazioni, la difesa regionale cita la sentenza di questa Corte n. 208 del 2019, che ha ritenuto infondate le censure mosse contro altra normativa regionale sul recupero abitativo dei sottotetti.
Quanto alla censura incentrata sulla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la difesa regionale rileva che la disciplina regionale impugnata si limiterebbe a consentire la deroga ai soli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, «con ciò intendendo, naturalmente, quelli comunali».
In riferimento ad omologhi interventi edilizi di recupero dei vani seminterrati disciplinati dalla citata legge reg. Abruzzo n. 40 del 2017, la sentenza n. 245 del 2018 di questa Corte avrebbe d’altronde ritenuto infondata analoga censura sulla scorta di osservazioni estensibili al caso odierno. Come allora riconosciuto, anche gli interventi edilizi disciplinati dalle disposizioni impugnate non potrebbero «produrre un possibile impatto sull’ambiente e sul paesaggio», trattandosi di mero recupero di locali esistenti che non alterano le altezze esterne e la sagoma del fabbricato.
2.3.– La difesa regionale assume, infine, l’infondatezza anche della censura relativa all’art. 42, comma 4, della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020, per violazione dell’art. 3 Cost.
La censura presupporrebbe erroneamente che la misura regionale dell’esclusione dai benefici dei soggetti condannati per reati contro la persona abbia la natura di «pena accessoria», con ciò implicando una sorta di «“integrazione” del codice penale». In realtà, essa sarebbe «ispirata unicamente alla erogazione di benefici economici ed abitativi in favore dei coniugi separati o divorziati», risultando pertanto «riconducibile ad una precisa scelta discrezionale dello stesso legislatore la individuazione della platea degli aventi diritto e la connessa esclusione dell’ammissibilità ai benefici in esame nei confronti dei soggetti condannati per reati contro la persona per il solo fatto di averli commessi, a prescindere dalla relativa gravità».
Non essendo, né potendo essere, la finalità della legge regionale quella di graduare la concessione o l’esclusione dai benefici in relazione alla maggiore o minore gravità del reato commesso dai soggetti richiedenti, la disposizione regionale opererebbe un identico trattamento per tutti coloro che hanno commesso un reato contro la persona.
A conforto di tale assunto, la difesa regionale cita una serie di leggi di altre Regioni – mai impugnate dal Governo – contenenti identica norma di esclusione, a carico di chi abbia subito condanne per reati contro la persona, dai benefici abitativi e di sostegno economico a coniugi separati o divorziati.
3.– Con memoria illustrativa depositata il 2 aprile 2021, la Regione Abruzzo, rispetto alle questioni esaminate in questa sede, ha chiesto la cessazione della materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse, alla stregua dello ius superveniens di cui alla legge della Regione Abruzzo 16 giugno 2020, n. 14 (Disposizioni contabili per la gestione del bilancio 2020/2022, modifiche ed integrazioni a leggi regionali ed ulteriori disposizioni urgenti ed indifferibili), nella quale il legislatore regionale avrebbe recepito «i suggerimenti avanzati […] dagli Uffici legislativi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali».
La difesa regionale precisa, inoltre, che nel periodo di vigenza anteriore a tali modifiche le disposizioni impugnate relative agli interventi di recupero dei sottotetti, pur esulando dalla competenza attuativa regionale in quanto rimesse all’autonomia comunale, non avrebbero trovato attuazione, «considerato il termine assai ristretto di relativa efficacia» in relazione alla «generale durata delle pertinenti procedure».
4.– Con atto di rinuncia parziale depositato via PEC il 22 aprile 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato alla censura dell’art. 10, comma 1, lettera c), della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020, a seguito delle modifiche apportate a tale comma dall’art. 19, comma 1, lettera d), della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2020.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato – tra gli altri – gli artt. 10, comma 1, lettere a), b) e c), e 42, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2020, n. 3, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio di previsione finanziario 2020-2022 della Regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2020)», per contrasto complessivamente con gli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
1.1.– La decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con lo stesso ricorso resta riservata a separata pronuncia.
2.– L’art. 10, comma 1, della legge regionale impugnata modifica l’art. 1 della legge della Regione Abruzzo 18 aprile 2011, n. 10 (Norme sull’attività edilizia nella Regione Abruzzo), rubricato «Recupero ai fini residenziali dei sottotetti esistenti».
In forza delle modifiche apportate dall’art. 10, comma 1, lettera a), della legge regionale impugnata, il recupero dei sottotetti – in precedenza consentito dalla legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011 soltanto limitatamente a quelli esistenti alla data di entrata in vigore della legge stessa – è ora consentito con riferimento a quelli esistenti alla data del 31 dicembre 2019.
La successiva lettera b) dell’art. 10, comma 1, citato si limita a sopprimere dal comma 3 dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011, che detta le condizioni alle quali il recupero è consentito, l’inciso «per i fabbricati esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge», consentendo così di riferire tali condizioni alle opere di recupero effettuate su immobili esistenti, appunto, alla data del 31 dicembre 2019, indicata dal nuovo comma 1 dell’art. 1 della legge regionale modificata.
Infine, la lettera c) dell’art. 10, comma 1, della legge regionale impugnata aggiunge all’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011 un nuovo comma 4-bis, a tenore del quale «[i]l recupero abitativo dei sottotetti esistenti alla data di cui al comma 1 è consentito anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti ed adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti».
3.– Il ricorrente assume anzitutto la contrarietà all’art. 3 Cost. delle modifiche introdotte dalle lettere a) e b) dell’art. 10, comma 1, le quali – consentendo interventi di recupero dei sottotetti esistenti alla data del 31 dicembre 2019, anziché a quella della data di entrata in vigore della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011 – avrebbero in sostanza efficacia retroattiva, consentendo la regolarizzazione ex post anche di opere che – al momento della loro realizzazione – erano in contrasto con gli strumenti urbanistici ed edilizi comunali, con conseguente pregiudizio della certezza del diritto e dell’affidamento di potenziali controinteressati.
In secondo luogo, tali modifiche si sovrapporrebbero ad altre discipline preesistenti in materia di recupero del patrimonio edilizio esistente, creando ambiguità circa le disposizioni applicabili in concreto da parte delle amministrazioni comunali, con conseguente pregiudizio al principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.
Il ricorrente svolge, altresì, censure relative al contrasto tra l’art. 10, comma 1, lettere a), b) e c), della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020 e l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Dal tenore delle stesse risulta, tuttavia, evidente, il loro riferimento esclusivo alla disposizione di cui alla lettera c) dell’art 10, comma 1, di cui si dirà a breve.
3.1.– L’art. 1, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011, come modificato dalla lettera a) dell’art. 10, comma 1, della legge regionale impugnata, è stato – nelle more della decisione di questo ricorso – ulteriormente modificato dall’art. 19, comma 1, lettera a), della legge della Regione Abruzzo 16 giugno 2020, n. 14 (Disposizioni contabili per la gestione del bilancio 2020/2022, modifiche ed integrazioni a leggi regionali ed ulteriori disposizioni urgenti ed indifferibili), che ha ora indicato nel 30 giugno 2019 la data entro cui devono risultare esistenti gli immobili oggetto di recupero. Ciò al fine, esplicitato nei lavori preparatori, di omologare tale termine a quello stabilito dalla legge della Regione Abruzzo 1° agosto 2017, n. 40 (Disposizioni per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Destinazioni d’uso e contenimento dell’uso del suolo, modifiche alla L.R. 96/2000 ed ulteriori disposizioni), sul recupero dei locali accessori e seminterrati.
Non incidendo, tuttavia, la modifica sui profili di illegittimità costituzionale allegati nel ricorso, le doglianze del Presidente del Consiglio dei ministri debbono comunque essere decise nel merito.
3.2.– La censura di illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lettere a) e b), della legge impugnata non è fondata in riferimento all’art. 3 Cost., mentre è inammissibile in riferimento all’art. 97 Cost.
3.2.1.– Quanto alla doglianza relativa all’art. 3 Cost., il ricorrente assume erroneamente che le disposizioni di cui all’art. 10, comma 1, lettere a) e b), abbiano effetto retroattivo, e come tali siano idonee a pregiudicare la certezza del diritto e l’affidamento di eventuali controinteressati. In realtà, esse si limitano a consentire – evidentemente con efficacia pro futuro – interventi di recupero di sottotetti in immobili già esistenti alla data del 31 dicembre 2019 (data poi anticipata al 30 giugno dello stesso anno per effetto della citata disposizione della legge regionale Abruzzo n. 14 del 2020): nessun dato testuale, in particolare, induce a ritenere che esse intendano regolarizzare abusi già compiuti.
Dal che l’infondatezza di questa prima censura.
3.2.2.– Quanto invece alla doglianza relativa all’art. 97 Cost., la sovrapposizione tra le disposizioni impugnate e le normative preesistenti, foriera ad avviso del ricorrente di ambiguità applicative, è soltanto enunciata ma non motivata in alcun modo, non essendo stato chiarito – in particolare – a quali difficoltà applicative l’asserita sovrapposizione delle due discipline regionali dia luogo, e per quali motivi, comunque, una simile situazione – assai diffusa in ogni settore del diritto – possa assurgere addirittura a vizio di illegittimità costituzionale, anziché limitarsi a dar luogo a ordinarie questioni di interpretazione della legge regionale, la cui soluzione, in caso di contenzioso, spetta alla giurisdizione comune.
Dalla pressoché totale carenza di motivazione sul punto non può che discendere l’inammissibilità di questa seconda censura.
4.– Il ricorrente impugna poi l’art. 10, comma 1, lettere a), b) e c), della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020 sotto il distinto profilo della violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Come si evince dal tenore complessivo della motivazione del ricorso, questa censura deve in realtà intendersi riferita alla sola disposizione di cui alla lettera c), che consente il recupero abitativo dei sottotetti «anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti»: ciò che permetterebbe in particolare, secondo il ricorrente, il compimento di interventi di recupero difformi da quanto stabilito nel piano paesaggistico di cui agli artt. 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).
4.1.– Nelle more del giudizio, la già menzionata legge reg. Abruzzo n. 14 del 2020 ha modificato la disposizione impugnata, precisando che la deroga è possibile solo con riguardo agli «strumenti urbanistici comunali» vigenti ed adottati, oltre che ai regolamenti edilizi vigenti, e chiarendo espressamente la necessità del rispetto delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio nonché del piano paesaggistico, ovvero della disciplina d’uso dei beni paesaggistici di cui al medesimo codice, o ancora «nei casi e limiti individuati mediante apposito accordo stipulato tra la Regione e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, destinato a confluire nel piano paesaggistico».
Considerando satisfattiva tale modifica, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, rinuncia all’impugnativa in parte qua.
Non constando l’accettazione, da parte della Regione Abruzzo, di detta rinuncia, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere relativamente alla doglianza in esame (ex plurimis, sentenze n. 286 e n. 171 del 2019, n. 234 del 2017).
5.– È infine impugnato l’art. 42, comma 4, della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020, che esclude da una serie di benefici abitativi e di sostegno economico chi sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per reati contro la persona, tra i quali i delitti di atti persecutori, di violazione degli obblighi di assistenza familiare e di maltrattamenti in famiglia. Secondo il ricorrente, la disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., accomunando irragionevolmente sotto un’unica disciplina situazioni del tutto differenti, come quelle disciplinate dalle norme che prevedono i reati contro la persona: reati di diverso disvalore, e caratterizzati da trattamenti sanzionatori affatto eterogenei.
5.1.– Anche questa disposizione è stata medio tempore modificata dalla legge reg. Abruzzo n. 14 del 2020, il cui art. 13, comma 1, ha soppresso il generico riferimento ai reati contro la persona, conservando l’esclusione dai benefici per i soli delitti di atti persecutori, nonché per i delitti di cui agli artt. 570, 570-bis e 572 del codice penale.
Poiché lo ius superveniens, per le ragioni di seguito illustrate, non ha carattere satisfattivo, non può essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.
5.2.– La questione è fondata.
5.2.1.– L’art. 42, comma 4, impugnato è parte di un’articolata disciplina volta a sostenere, come precisato dal precedente comma 2, i «coniugi separati o divorziati, in condizioni di disagio sociale ed economico, in particolare con figli minori o con figli maggiorenni portatori di handicap ai sensi della legge 104/1992, residenti in Abruzzo e destinatari di provvedimenti, anche provvisori e urgenti, emessi dall’Autorità giudiziaria che ne disciplinano gli impegni economici o patrimoniali».
Più nel dettaglio, gli interventi di sostegno abitativo disciplinati dall’art. 42 sono previsti in favore dei coniugi che sono «obbligati al versamento dell’assegno di mantenimento dei figli e non sono assegnatari o comunque non hanno la disponibilità della casa familiare in cui risiedono i figli, anche se di proprietà dei medesimi coniugi o ex coniugi» (comma 10). Tali interventi consistono, tra l’altro, nella «promozione di protocolli d’intesa con gli enti locali e gli enti pubblici e privati per la concessione di alloggi a canone agevolato in prossimità del luogo di residenza dei figli o comunque nelle immediate vicinanze, al fine di facilitare le relazioni tra genitori e figli minori» (comma 11, lettera a), nonché nella «promozione di idonee forme di locazione agevolata e temporanea con gli enti pubblici e privati» (comma 11, lettera b) in favore degli stessi genitori che si trovino in possesso dei menzionati requisiti. I commi successivi disciplinano, poi, ulteriori misure di sostegno economico nei confronti dei medesimi beneficiari.
Il comma 3 esclude dai benefici abitativi e di sostegno economico disciplinati dai commi successivi i «coniugi separati o divorziati che vengano meno ai loro doveri di cura e mantenimento dei figli», mentre il comma 4 – in questa sede impugnato – dispone tale esclusione a carico dei genitori condannati per la generalità dei reati contro la persona, «tra cui» i delitti di atti persecutori, di violazione degli obblighi di assistenza familiare e di maltrattamenti in famiglia.
5.2.2.– Come esattamente rileva il ricorrente, una tale indifferenziata esclusione non appare ragionevolmente correlabile alla ratio che sorregge le misure in questione, finalizzate a rispondere a situazioni di bisogno economico e abitativo spesso conseguenti a una separazione o a un divorzio, e al tempo stesso a consentire al genitore non assegnatario dell’abitazione in precedenza condivisa di continuare ad accudire i figli, assicurandogli una collocazione abitativa nelle vicinanze. Tale ratio opera, all’evidenza, anche nei confronti del genitore che abbia subito in passato condanne per reati contro la persona, il quale resta cionondimeno titolare del diritto, e prima ancora del dovere, di esercitare la propria responsabilità genitoriale nei confronti dei figli (sulla necessità di una ragionevole correlazione tra clausole di esclusione da particolari prestazioni sociali e la finalità di soddisfare bisogni primari della persona, in particolare in materia abitativa, perseguita dalle leggi che prevedono tali prestazioni, si vedano, ex plurimis, le sentenze n. 9 del 2021 e n. 44 del 2020).
5.2.3.– La legge reg. Abruzzo n. 14 del 2020, intervenuta medio tempore, ha circoscritto l’esclusione dalle misure di sostegno a chi sia stato condannato in via definitiva per i soli delitti di atti persecutori, di violazione degli obblighi di assistenza familiare e di maltrattamenti in famiglia. Tale intervento non vale, tuttavia, a eliminare il vulnus all’art. 3 Cost. lamentato dal ricorrente.
Le residue ipotesi di esclusione accomunano infatti, in maniera indifferenziata, i casi in cui la condanna sia stata pronunciata per fatti commessi a danno dei figli, nel cui interesse i benefici sono previsti dal legislatore regionale, e quelli in cui, invece, il reato sia stato commesso a danno di terze persone, senza che dal reato consegua l’inidoneità di chi abbia subito la condanna a esercitare la responsabilità genitoriale nei confronti dei propri figli.
Irragionevole appare, altresì, la natura assoluta della preclusione, a prescindere dal tempo della commissione del reato per il quale sia intervenuta condanna definitiva: tempo che potrebbe essere anche molto risalente, e non incidere quindi in alcun modo sull’interesse dei figli a mantenere stretti contatti con il genitore.
Né, ancora, l’esclusione dal beneficio potrebbe trovare spiegazione in una finalità in senso lato sanzionatoria nei confronti di chi abbia commesso uno dei reati indicati dalla disposizione, dal momento che una simile finalità esulerebbe, all’evidenza, dalle competenze regionali.
5.2.4.– Da tutto ciò deriva l’incompatibilità della disposizione impugnata con l’art. 3 Cost.
Resta conseguentemente privo di oggetto l’art. 13, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2020.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe;
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2020, n. 3, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio di previsione finanziario 2020-2022 della Regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2020)»;
2) dichiara l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lettere a) e b), della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020, promosse, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lettere a) e b), della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020, promosse, in riferimento all’art. 97 Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lettera c), della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2020, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 aprile 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Francesco VIGANÒ, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2021.