SENTENZA N. 62
ANNO 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giorgio LATTANZI;
Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge della Provincia autonoma di Trento 29 dicembre 2017, n. 18 (Legge di stabilità provinciale 2018), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 23 febbraio-9 marzo 2018, depositato in cancelleria il 2 marzo 2018, iscritto al n. 20 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;
udito nella udienza pubblica del 5 febbraio 2019 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
uditi l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Franco Mastragostino per la Provincia autonoma di Trento.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 2 marzo 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge della Provincia autonoma di Trento 29 dicembre 2017, n. 18 (Legge di stabilità provinciale 2018), per violazione dei «principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica», nonché degli artt. 3, 81, 117, secondo comma, lettere l) e o), e 117, terzo comma, della Costituzione.
2.– Rappresenta il ricorrente che l’art. 17 della legge prov. Trento n. 18 del 2017, rubricato «Interventi per la riduzione dell’età media del personale provinciale e per l’assunzione di giovani», promuove un incentivo all’esodo dal lavoro del personale a tempo indeterminato, che si dimette dal servizio in via anticipata rispetto al termine per il conseguimento del diritto alla pensione, al fine di favorire il ricambio generazionale dell’organico della Provincia autonoma, di quello degli enti strumentali pubblici, degli enti locali e delle aziende pubbliche di servizi alla persona.
L’incentivo è disposto in misura percentuale della retribuzione lorda annua che sarebbe spettata dalla data di cessazione alla data di maturazione del primo requisito di pensione e l’art. 17 della stessa legge provinciale trentina demanda a successivi provvedimenti legislativi la definizione delle condizioni, delle modalità e dei criteri di attuazione della misura, previa valutazione dei connessi impatti organizzativi e finanziari e previe rilevazioni volte a verificare la potenziale adesione dei dipendenti interessati.
3.– Il ricorrente espone che il predetto intervento normativo della Provincia autonoma di Trento da un lato contrasta con i principi generali dell’ordinamento giuridico in materia di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, dall’altro, incentivando l’esodo del personale impiegato, è suscettibile di determinare maggiori oneri previdenziali per anticipo di trattamento di fine servizio, non quantificati né aventi copertura; con conseguente aggravio sulla finanza pubblica, in violazione dei principi di cui all’art. 81 Cost., in tema di equilibrio di bilancio e di mancata previsione di entrate idonee a far fronte ai maggiori oneri provocati.
Rileva, altresì, il ricorrente che, poiché l’art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) attribuisce alla Regione, nelle materie concernenti la previdenza e le assicurazioni sociali, la sola facoltà di emanare norme legislative allo scopo di integrare le disposizioni delle leggi dello Stato, la disposizione scrutinata violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost., che devolve alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «previdenza sociale».
Secondo il ricorrente, la previsione in oggetto, del resto, «comporta impatti significativi sul meccanismo di accesso al trattamento di quiescenza non preventivati dal legislatore nazionale al momento della riforma del sistema pensionistico. Tale disposizione, oltre a potere produrre eventuali futuri effetti emulativi, contrasta con l’art. 3 della Costituzione, per violazione del principio di uguaglianza; ciò in quanto il personale di tutte le amministrazioni pubbliche e private si troverebbe di fronte ad una diversità di trattamento».
Sotto tale profilo, peraltro, ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata, nel disciplinare in modo difforme rispetto alla normativa nazionale la materia della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che devolve alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile per evitare ingiustificate disparità di trattamento tra i dipendenti di diversi soggetti pubblici datoriali.
In proposito, il ricorrente deduce che «[a] tale esigenza di uniformità si ispira evidentemente la espressa previsione contenuta nell’art. 1 comma 3 del D. Lgs. 30.03.2001, n. 165 secondo la quale i principi desumibili dalla legge di delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale (L. 23.10.1992, n. 421, art. 2, comma 1 lett. d) e comma 2) “costituiscono [...], per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica”».
Ciò posto, secondo il ricorrente, l’art. 17 della legge prov. Trento n. 18 del 2017, nel regolare lo scioglimento del rapporto lavorativo, si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento e le menzionate «norme fondamentali».
Sotto altro profilo, la previsione in esame violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di «coordinamento della finanza pubblica», trattandosi di materia di legislazione concorrente, in relazione alla quale è sempre riservata alla legislazione dello Stato la determinazione dei principi fondamentali e comportando le dimissioni anticipate del lavoratore, nel caso in cui il soggetto attenda l’accesso alla pensione di vecchiaia, minori entrate per l’ente previdenziale con effetti negativi sulla finanza pubblica.
4.– La Provincia autonoma di Trento si è costituita in giudizio con atto depositato in data 6 aprile 2018. Nel riservare a una successiva memoria difensiva l’illustrazione dei motivi a sostegno dell’infondatezza del ricorso, la Provincia ne chiedeva il rigetto «siccome inammissibile ed infondato, per insussistenza delle lamentate violazioni degli artt. 117, comma 2, lettera o) e lettera l), 81, 3, 117, comma 3, Cost., nonché dell’art. 6 dello Statuto Speciale».
Con successiva memoria la Provincia rappresenta di aver adottato la norma al dichiarato fine di favorire il ricambio generazionale dei propri dipendenti, che, attualmente, superano in gran numero i cinquanta anni di età.
Secondo la Provincia, la norma impugnata sarebbe esente dai vizi di legittimità costituzionale prospettati dalla difesa dello Stato, poiché trattasi di una norma programmatica, che introduce una misura sperimentale – valida fino al 2020 – per la cui applicazione sono necessari ulteriori atti normativi, la cui adozione è subordinata ad una rilevazione, effettuata settore per settore, per verificare la potenziale adesione dei dipendenti interessati e per valutare la sostenibilità degli oneri finanziari conseguenti.
In ragione della sua natura di principio e delle valutazioni di impatto finanziario a cui è subordinata la sua attuazione, la norma non comporterebbe alcuna conseguenza sui presupposti della contribuzione ovvero della maturazione dei requisiti di accesso alla pensione e non avrebbe alcun effetto pregiudizievole per l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e per i saldi di finanza pubblica.
In punto di fatto la Provincia rappresenta che, nelle more della presentazione del ricorso, sono state effettuate le rilevazioni, da cui è emerso che solo l’8 per cento del personale dipendente delle autonomie locali è realmente interessato all’esodo anticipato, che la misura non è applicabile al personale sanitario e a quello scolastico, comportando costi per l’amministrazione superiori a quelli ideati, e che intende attribuire un incentivo all’esodo inferiore al costo del personale qualora rimanesse in servizio, pari al 40 per cento della retribuzione lorda percepita, così da realizzare risparmi di spesa per assumere lavoratori giovani.
Con specifico riferimento ai singoli parametri evocati dal ricorrente, la Provincia autonoma prosegue deducendo che dall’applicazione della norma impugnata non deriverà aggravio per la finanza pubblica poiché le maggiori spese derivanti dall’anticipazione del trattamento di fine servizio saranno compensate dalla sua misura inferiore, in ragione del minor periodo posto a base del calcolo – così che l’erogazione anticipata si tradurrà in un risparmio per l’ente pubblico –, mentre le minori entrate per l’INPS saranno compensate dalla prestazione previdenziale erogata al momento del pensionamento, il cui importo sarà rapportato ad una minore anzianità di servizio e ad un incremento inferiore della retribuzione del lavoratore, determinati dall’esodo anticipato.
Peraltro, la norma impugnata sarebbe espressione della competenza statutaria «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto» (di cui all’art. 8, numero 1, dello statuto reg. Trentino-Alto Adige), perseguiti attraverso l’utilizzo di un istituto civilistico, le dimissioni volontarie, che l’incentivo promuove, senza incidere sulla disciplina del pubblico impiego e senza determinare alcuna disparità di trattamento o invasione della sfera di competenza del legislatore nazionale in materia di «ordinamento civile».
Neppure vi sarebbe l’invasione della competenza del legislatore nazionale in materia di «previdenza sociale», restando ferma la disciplina statale in ordine alla maturazione dei requisiti pensionistici.
5.– La difesa dello Stato ha depositato a sua volta memoria con cui ribadisce le censure di incostituzionalità, deducendo che le misure adottate per incentivare l’esodo anticipato dal lavoro del personale a tempo indeterminato della Provincia incidono sulla risoluzione del rapporto di lavoro e quindi sulla disciplina del lavoro pubblico, con conseguente invasione della sfera di competenza del legislatore nazionale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri insiste, inoltre, sulla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost. e dell’art. 3 Cost., poiché la misura regionale involve profili previdenziali e determina una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici, non giustificabile neppure in relazione alla sua natura sperimentale e transitoria; insiste sulla violazione dell’art. 81 Cost., non essendo stati quantificati e coperti i maggiori oneri derivanti dall’anticipo dell’erogazione del trattamento di fine servizio, per cui non potrebbe farsi luogo a compensazione; e insiste, infine, sulla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto della norma regionale con i principi che presidiano il controllo della spesa pubblica.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge della Provincia autonoma di Trento 29 dicembre 2017, n. 18 (Legge di stabilità provinciale 2018), che, al fine di favorire il ricambio generazionale dei dipendenti della stessa Provincia autonoma, degli enti strumentali pubblici, degli enti locali e delle aziende pubbliche di servizi alla persona, prevede un incentivo all’esodo del personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che si dimetta anticipatamente dal servizio.
La norma prevede che l’incentivo sia calcolato in misura percentuale della retribuzione lorda annua che sarebbe spettata dalla data di cessazione alla data di maturazione del primo requisito di pensione e demanda a successivi provvedimenti legislativi la determinazione delle modalità di attuazione della misura.
La questione è stata promossa in riferimento ai principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica, che costituiscono limiti da osservare nell’esercizio delle competenze statutarie, nonché agli artt. 3, 81, 117, secondo comma, lettera l), quest’ultima in relazione al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), 117, secondo comma, lettera o), e 117, terzo comma, della Costituzione.
2.– Con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. la questione è fondata.
Va innanzitutto disattesa la difesa della Provincia che ascrive la norma, oggetto di impugnazione, alla propria competenza in materia di ordinamento degli uffici e del personale, giacché vanno distinti i profili normativi relativi al rapporto di lavoro da quelli organizzativi.
Parimenti non è condivisibile l’argomento con il quale si rivendica alla Provincia una competenza negoziale in ordine alla gestione dei rapporti di lavoro del proprio personale, dovendosi distinguere eventuali provvedimenti riferiti a singoli dipendenti da una disciplina normativa, quale quella, di interesse collettivo, oggetto della norma impugnata, riferibile a tutti i rapporti di lavoro privatizzato, che necessita di una disciplina uniforme sul territorio nazionale.
La materia è, dunque, attratta dall’ordinamento civile e, in ragione delle disposizioni di cui all’art. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, dalle quali si ricava il principio, deve trovare la propria sede nella contrattazione sindacale tra l’Agenzia provinciale per la rappresentanza negoziale (A.P.Ra.N.) e le organizzazioni sindacali, al fine di realizzare gli specifici obiettivi, pur meritevoli di apprezzamento, relativi al ricambio generazionale, da definire, però, non con una previa normativa, ma con una disciplina collettiva.
Va, pertanto, accolta la censura relativa al contrasto della normativa in questione con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., stante l’evidente riconducibilità della disciplina del lavoro pubblico contrattualizzato all’ordinamento civile e alla norma di cui al d.lgs. n. 165 del 2001 che, a propria volta, rinvia alla contrattazione collettiva (sentenze n. 172 del 2018, n. 160 e n. 32 del 2017, n. 251 del 2016).
Conseguentemente la previsione normativa oggetto di impugnazione che stabilisce, al comma 1, sia pure in maniera programmatica e non autoapplicativa, la possibilità di incentivi all’esodo, andava rimessa alla contrattazione collettiva propria del pubblico impiego privatizzato.
L’art. 17, comma 2, della legge prov. Trento n. 18 del 2017 è parimenti incostituzionale poiché impone rilevazioni tecniche volte a verificare la potenziale adesione dei dipendenti interessati in diretta correlazione alla previsione normativa del comma 1.
L’art. 17, comma 3, che demanda a future specifiche disposizioni legislative i criteri di attuazione della adozione degli esodi incentivati, contrasta palesemente con la riserva posta dal d.lgs. n. 165 del 2001 alla contrattazione collettiva in tale materia.
Resta assorbita ogni altra censura.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 della legge della Provincia autonoma di Trento 29 dicembre 2017, n. 18 (Legge di stabilità provinciale 2018).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2019.