SENTENZA N. 187
ANNO 2016
Commento alla
decisione di
Roberta Calvano
per g.c. della Rivista AIC
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 11, della legge
3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico),
promossi dal Tribunale ordinario di Roma, con due ordinanze del 2 maggio 2012 e
dal Tribunale ordinario di Lamezia Terme, con due ordinanze del 30 maggio 2012,
rispettivamente iscritte
ai nn. 143, 144, 248 e 249 del
registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 33 e 44, prima serie speciale,
dell’anno 2012.
Visti gli atti di costituzione di C.D.,
di Z.G., nonché gli atti di intervento della Federazione Lavoratori della
Conoscenza-CGIL e della Confederazione generale italiana del lavoro-CGIL, del
CODACONS ed altra, della Federazione GILDA-UNAMS, tutti fuori termine, e del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17
maggio 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi gli avvocati Sergio Galleano per C.D. e Z.G., Vittorio Angiolini per
Federazione Lavoratori della Conoscenza-CGIL e per Confederazione generale
italiana del lavoro-CGIL, Marco Ramadori per il
CODACONS ed altra, Tommaso de Grandis per la
Federazione GILDA-UNAMS e l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
1.− Nel corso di una controversia
promossa da alcuni docenti nei confronti del Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca (MIUR), il Tribunale ordinario di Roma, con
ordinanza del 2 maggio 2012 (iscritta al n. 143 del reg. ord. 2012), ha
sollevato – in riferimento all’art. 117, primo comma,
della Costituzione, in relazione alla clausola 5, punto 1, dell’accordo
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva
28 giugno 1999, n. 1999/70/CE (Direttiva del Consiglio relativa all’accordo
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato) – questione di
legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 3 maggio 1999, n.
124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico).
2.− Premette in punto di fatto il
giudice a quo che i ricorrenti, avendo svolto attività di docente in base a
plurimi contratti a termine, avevano agito per l’accertamento
dell’illegittimità delle clausole di apposizione del termine e per la
conseguente condanna dell’amministrazione, in via principale, a convertire il
rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, a far data dal primo contratto, e a corrispondere le relative
differenze retributive; in subordine, a risarcire il danno cagionato in misura
proporzionata ed efficacemente dissuasiva.
Con distinto ricorso veniva proposta
ulteriore domanda avente ad oggetto l’accertamento del diritto alla
progressione professionale retributiva con la conseguente condanna
dell’amministrazione a corrispondere le differenze stipendiali maturate in
ragione dell’anzianità di servizio.
3.− Ciò posto, il rimettente
osserva che la disciplina legislativa delle assunzioni a termine nel settore
pubblico della scuola si rinviene nell’art. 4 della legge n. 124 del 1999 che,
in particolare, al comma 1 sancisce: «Alla copertura delle cattedre e dei posti
di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data
del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno
scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di
ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l’utilizzazione del
personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non sia stato già
assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il
conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure
concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo».
4.− In ragione di alcuni
interventi legislativi – fra i quali l’art. 1, comma 1, del decreto-legge 25
settembre del 2009, n. 134 (Disposizioni urgenti per garantire la continuità
del servizio scolastico ed educativo per l’anno 2009-2010), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2009, n. 167, nonché l’art. 9,
comma 18, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo −
Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 106 – trova conferma che i
contratti stipulati a tempo determinato con i docenti per la copertura di
supplenze annuali non possono convertirsi in contratti a tempo indeterminato.
Ricorda il giudice a quo che il decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE
relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE,
dal CEEP e dal CES), mira ad evitare l’abusivo ricorso al contratto a tempo
determinato, fissando nel periodo massimo di trentasei mesi il tempo nel quale
un lavoratore può essere impiegato con successivi contratti, e prevedendo, in
caso di violazione, la conversione del rapporto di lavoro in rapporto di lavoro
a tempo indeterminato.
Tuttavia, per le pubbliche
amministrazioni, l’art. 36, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), prevede che la violazione di norme imperative non
può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con
le medesime pubbliche amministrazioni, fermo il risarcimento del danno.
5.− Espone il rimettente che il
reclutamento del personale scolastico è regolato da un sistema di norme che
costituiscono un insieme compiuto, specifico e doppiamente speciale; in base ad
esso, le autorità scolastiche devono, al fine di coprire i posti vacanti e
disponibili entro il 31 dicembre e che rimangono presumibilmente tali per tutto
l’anno scolastico (supplenze annuali o su organico di diritto), ovvero posti
non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al
termine dell’anno scolastico (supplenze temporanee fino al termine dell’anno
scolastico o su organico di fatto), o ancora posti scoperti per ogni altra
contingente ragione (supplenze meramente temporanee), assumere un medesimo
lavoratore, da un anno all’altro, senza soluzione di continuità, senza
l’indicazione delle specifiche ragioni a giustificazione del termine, per il
solo fatto che vi è un posto vacante che sarà coperto in un momento futuro
indeterminato, ossia in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali,
ovvero perché persistono stabilmente esigenze di copertura di posti di fatto
liberi.
6.− Per il settore pubblico della
scuola non valgono pertanto, in base al diritto interno, le norme limitative
dettate al fine di dare attuazione alla direttiva europea.
Tale conclusione, secondo il Tribunale
ordinario di Roma, non è compatibile con il diritto dell’Unione europea, che
fissa puntuali condizioni affinché siano tutelati gli interessi ed i diritti
dei lavoratori assunti con contratti a termine.
7.− L’accordo quadro CES, UNICE e
CEEP del 28 giugno 1999 sul lavoro a tempo determinato, cui ha dato attuazione
la direttiva n. 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, stabilisce,
infatti, che gli Stati membri sono tenuti ad introdurre nelle rispettive
legislazioni nazionali norme idonee a prevenire ed a sanzionare l’abuso
costituito dalla successione nel tempo di tali tipi di contratto. La clausola
5, punto 1, di tale accordo quadro prevede: «Per prevenire gli abusi derivanti
dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo
determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma
delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali, e/o le parti
sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la
prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori
e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a: a) ragioni
obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo
determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o
rapporti».
8.− Il rimettente rileva che la
Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che la direttiva si applica
a tutti i lavoratori indistintamente, sia pubblici che privati (sentenza
4 luglio 2006, in causa C-212/04, Adeneler).
Quanto alle condizioni di cui alla citata clausola 5, il Tribunale ordinario di
Roma rileva che la legislazione italiana di settore non contiene né una durata
massima dei contratti di lavoro a tempo determinato, né l’indicazione del
numero massimo di rinnovi possibili. Occorre verificare, quindi, se la
legislazione nazionale contenga almeno quelle «ragioni obiettive» che, ai sensi
della menzionata clausola, possono giustificare il ricorso senza limiti al
contratto a tempo determinato (Corte
di giustizia, sentenza 23 aprile 2009, nelle cause riunite da C-378/07 a
C-380/07, Angelidaki ed altri).
9.− Ora, quanto meno per le supplenze
annuali per far fronte a stabili vacanze di organico, possono delinearsi
ragioni di risparmio delle risorse pubbliche, obiettivo che risponde ad
interessi generali, ma che non riguarda il solo sistema scolastico e non può
costituire "finalità di politica sociale” il cui perseguimento giustifica –
secondo la giurisprudenza della Corte di Lussemburgo – l’utilizzo di contratti
di lavoro a tempo determinato; né, d’altra parte, sembra che il legislatore
italiano abbia dato seguito all’impegno preso negli anni 2009 e 2011 di
implementare le assunzioni mediante piani triennali da adottare all’esito di
specifica sessione negoziale.
10.− Infine, il rimettente ricorda
che l’accordo quadro, nel "considerando” n. 10, facendo riferimento alla
circostanza che ciascuno Stato tenga conto di circostanze relative a
particolari settori di occupazione, lascia margini a discipline ragionevolmente
derogatorie rispetto ai suoi stessi principi se giustificate da effettive
peculiarità. La Corte di giustizia, con la sentenza
7 settembre 2006, in causa C-53/04 Marrosu e Sardino, ha tuttavia precisato che la citata clausola
5, punto 1, dell’accordo quadro, impone, comunque, agli Stati membri di
introdurre nel loro ordinamento giuridico almeno una delle misure elencate nel
detto punto 1, lettere a) − c), qualora non siano già in vigore nello
Stato membro interessato disposizioni normative equivalenti, volte a prevenire
in modo effettivo l’utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro
a tempo determinato.
Il Tribunale ordinario di Roma ritiene,
quindi, che la disposizione impugnata – consentendo "l’indiscriminato e reiterato
rinnovo di contratti a tempo determinato” – sia difforme rispetto al diritto
dell’Unione europea.
11.− Osserva il giudice a quo che
il contrasto non è risolubile con la disapplicazione della normativa interna
incompatibile con quella europea.
Affinché ciò avvenga, infatti, è
necessario che la disciplina europea sia direttamente applicabile,
incondizionata e sufficientemente precisa. Nella specie, al contrario, la
stessa Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito (sentenza
15 aprile 2008, in causa C-268/06, Impact, nonché la citata sentenza
Angelidaki) che la clausola 5, punto 1, del
citato accordo quadro non è incondizionata né sufficientemente precisa per
poter essere invocata da un singolo dinanzi ad un giudice nazionale, perché la
disposizione stessa è formulata in modo da consentire agli Stati membri la
scelta fra diversi modi di attuazione della direttiva n. 1999/70/CE.
Non potendosi disapplicare la norma
interna, andrebbe sperimentata la via dell’interpretazione adeguatrice che,
nella specie, neppure è proponibile, stante il carattere chiuso della
disciplina relativa al reclutamento dei docenti.
12.− La questione è rilevante,
perché i ricorrenti risultano essere stati assunti con contratti a termine
stipulati nel rispetto dell’art. 4, comma 1, della legge n. 124 del 1999, con
la conseguenza che la declaratoria di illegittimità costituzionale sarebbe
l’unico modo per rendere la legislazione italiana conforme a quella europea.
Il rimettente precisa che l’eventuale
pronuncia di accoglimento non potrebbe comunque implicare la costituzione di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato, stante il menzionato divieto di cui
all’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, ma che la questione sarebbe,
in particolare, pur sempre rilevante perché consentirebbe ai ricorrenti di
agire per il risarcimento del danno.
D’altra parte – osserva il giudice
rimettente – la Corte di Lussemburgo ha chiarito con la citata sentenza
Adeneler che non è vietato agli Stati membri
escludere l’effetto della conversione del contratto, purché gli stessi adottino
misure concrete, proporzionate ed effettive, volte a contrastare il fenomeno
del ricorso abusivo alle assunzioni a termine.
13.− Il Tribunale ordinario di
Roma, quindi, solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 4,
comma 1, della legge n. 124 del 1999 «nella parte in cui […] consente la
copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento, che risultino
effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano
prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, mediante il conferimento di
supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per
l’assunzione di personale docente di ruolo, così da determinare una successione
potenzialmente illimitata di contratti a tempo determinato, e comunque
svincolata dall’indicazione di ragioni obiettive e/o dalla predeterminazione di
una durata massima o di un numero certo di rinnovi» e ciò per contrasto con
l’art. 117, primo comma, Cost., in riferimento alla clausola 5, punto 1,
dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato
alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE, del Consiglio.
14.− Nel corso di una controversia
promossa da un collaboratore scolastico nei confronti del MIUR, il Tribunale
ordinario di Roma, con ordinanza 2 maggio 2012, iscritta al n. 144 del registro
ordinanze 2012, ha sollevato – in riferimento ai medesimi parametri
costituzionali − questione di legittimità costituzionale dell’art. 4,
commi 1 e 11, della legge n. 124 del 1999.
15.− Premette in punto di fatto il
giudice a quo che il ricorrente ha svolto l’attività di collaboratore
scolastico – personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) − in
base a plurimi contratti a termine, ed ha agito per sentire dichiarare
l’illegittimità delle clausole di apposizione del termine stesso e per la
conseguente condanna dell’amministrazione a convertire il rapporto di lavoro a
tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dalla
stipula del primo contratto, nonché a corrispondergli le conseguenti differenze
retributive, ovvero, in subordine, a risarcire il danno cagionato in misura
proporzionata ed efficacemente dissuasiva.
16.− Ciò posto il Tribunale – con
motivazione analoga a quella della precedente ordinanza – ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dei commi 1 e 11 del citato art. 4
«nella parte in cui […] consentono la copertura dei posti riservati al
personale ATA, che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data
del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno
scolastico, mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa
dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di
ruolo, così da determinare una successione potenzialmente illimitata di
contratti a tempo determinato, e comunque svincolata dall’indicazione di
ragioni obiettive e/o dalla predeterminazione di una durata massima o di un
certo numero di rinnovi».
17.− Nel corso di due controversie
promosse da due docenti nei confronti del MIUR, il Tribunale ordinario di
Lamezia Terme, con due ordinanze di analogo contenuto, del 30 maggio 2012
(iscritte ai nn. 248 e 249 del registro ordinanze
2012), ha sollevato – in riferimento all’art. 117, primo comma,
Cost., nonché alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro CES, UNICE e
CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva
28 giugno 1999, n. 1999/70/CE del Consiglio – questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge n. 124 del 1999, negli stessi
termini di cui alle ordinanze del Tribunale ordinario di Roma, sopra riportate.
Il Tribunale premette, in punto di
fatto, che le ricorrenti hanno chiesto che fosse accertato il proprio diritto
alla trasformazione del contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di
lavoro a tempo indeterminato, nonché il diritto alla progressione stipendiale,
al recupero retributivo e contributivo per i mesi di luglio ed agosto di
ciascun anno, ed al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 18 della legge 20
maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori,
della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme
sul collocamento).
Ciò premesso, il giudice a quo chiarisce
che, in base all’art. 4 della legge n. 124 del 1999, possono essere stipulati,
tra l’amministrazione e i docenti, diverse tipologie di contratti a tempo
determinato: supplenze annuali su organico "di diritto”, riguardanti posti
disponibili e vacanti, con scadenza al termine dell’anno scolastico (31
agosto); supplenze temporanee su organico "di fatto”, relative a posti non
vacanti ma comunque disponibili, con scadenza al termine delle attività
didattiche (30 giugno); e, infine, le cosiddette supplenze temporanee, per le
ipotesi residuali, destinate a durare fino alla cessazione delle esigenze per
le quali sono state disposte. Peraltro, poiché il reclutamento dei docenti è,
in sostanza, bloccato da anni e poiché il sistema non consente la conversione
dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, si è creata una
situazione che si pone in contrasto con norme imperative.
In particolare, il Tribunale ordinario
di Lamezia Terme ritiene che il sistema di reclutamento dei docenti costituisce
un sistema speciale, sia rispetto a quello delle assunzioni nel pubblico
impiego, sia rispetto alla disciplina generale dei contratti a termine. La
normativa nazionale non contiene, sul punto, adeguate limitazioni alla
possibilità di stipulare contratti a tempo determinato per il personale
docente, così come dovrebbe avvenire sulla base della normativa europea. Di conseguenza,
esiste un contrasto tra la normativa comunitaria e quella interna, non
risolubile né con la disapplicazione del diritto interno, né tentando
un’interpretazione adeguatrice. Pertanto, il rimettente ritiene necessario
sollevare questione di legittimità costituzionale della normativa interna,
rilevante in quanto una pronuncia di accoglimento aprirebbe alle ricorrenti la
possibilità di agire per il risarcimento dei danni.
18.− Sulla base di tali
osservazioni, le due ordinanze del Tribunale ordinario di Lamezia Terme, con un
percorso motivazionale simile a quello delle ordinanze del Tribunale ordinario
di Roma, sollevano la questione di legittimità costituzionale nei medesimi
termini.
19.− In tutti i giudizi è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo – con atti di analogo contenuto
– che le questioni siano dichiarate inammissibili o non fondate.
20.− La questione sarebbe
inammissibile perché, stante il pacifico primato del diritto comunitario
rispetto al diritto interno, la normativa interna confliggente con quella
comunitaria dovrebbe essere automaticamente disapplicata; ove vi fossero dei
possibili contrasti di interpretazione, la questione sarebbe inammissibile per mancato
esperimento del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, ai sensi
dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione.
L’inammissibilità, inoltre, deriverebbe
dal fatto che, anche qualora la questione fosse accolta, la pronuncia non sarebbe
di alcuna utilità per i ricorrenti, in quanto gli interessati non
acquisterebbero lo status di insegnanti di ruolo.
La questione, nel merito, sarebbe
infondata, atteso che, come la Corte di giustizia ha affermato in numerose
pronunce, la direttiva 1999/70CE non si applica in relazione a qualsiasi
fattispecie di contratto di lavoro a tempo determinato. A questo proposito, le
«ragioni obiettive» alle quali fa riferimento la clausola 5, punto 1, lettera
a), dell’accordo quadro, costituiscono una chiave di lettura della norma:
l’esistenza di dette ragioni è un modo di prevenire gli abusi. Pertanto, il
vaglio di costituzionalità dovrebbe essere compiuto alla luce della specifica
collocazione del settore scolastico nell’ambito generale del pubblico impiego,
tenendo presente che già l’art. 6 del d.lgs. n. 165 del 2001 ha rinviato, per
detto personale, alla specifica normativa.
L’Avvocatura generale dello Stato ha
rilevato che il settore scolastico presenta una connotazione del tutto
particolare, anche in considerazione della variabilità della platea scolastica,
sia sotto il profilo numerico, che con riguardo alla presenza sul territorio
nazionale. Da tanto consegue, in modo coerente, che anche il reclutamento del
personale scolastico è regolato da una disciplina peculiare. Nel caso dei
docenti, il rapporto di lavoro temporaneo trova giustificazione nella necessità
di garantire, comunque, il servizio pubblico dell’istruzione allo scopo di
tutelare, in favore di tutti i cittadini, il diritto all’istruzione di cui agli
artt. 33 e 34 Cost., organizzando una struttura che permetta di assicurare
sempre e comunque una continuità nell’erogazione delle prestazioni che
costituiscono il cardine fondamentale del servizio stesso.
Il ricorso alla nomina dei supplenti,
pertanto, ha natura residuale obbligatoria, nel senso che non dipende da una
scelta discrezionale della pubblica amministrazione, bensì da esigenze
obiettive, il che induce a ritenere che l’istituto trovi la sua giustificazione
in una legittima finalità di politica sociale.
21.− Il Presidente del Consiglio
dei ministri depositava in tutti i giudizi, in prossimità dell’udienza pubblica
del 27 marzo 2013, memoria con la quale ribadiva le conclusioni già rassegnate.
22.− In esito alla trattazione,
all’udienza pubblica del 27 marzo 2013, questa Corte, con l’ordinanza n. 207
del 2013, ha sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in via
pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea, le seguenti questioni di interpretazione
della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a
tempo determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE:
– se la clausola 5, punto 1,
dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato
alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE debba essere
interpretata nel senso che osta all’applicazione dell’art. 4, commi 1, ultima
proposizione, e 11, della legge n. 124 del 1999 – i quali, dopo aver
disciplinato il conferimento di supplenze annuali su posti «che risultino
effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre», dispongono
che si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, «in attesa
dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale
docente di ruolo» – disposizione la quale consente che si faccia ricorso a
contratti a tempo determinato senza indicare tempi certi per l’espletamento dei
concorsi e in una condizione che non prevede il diritto al risarcimento del
danno;
– se costituiscano ragioni obiettive, ai
sensi della clausola 5, punto 1, della direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE,
le esigenze di organizzazione del sistema scolastico italiano come sopra
delineato, tali da rendere compatibile con il diritto dell’Unione europea una
normativa come quella italiana che per l’assunzione del personale scolastico a
tempo determinato non prevede il diritto al risarcimento del danno.
23.− La Corte di giustizia, terza
sezione, si è pronunciata con la sentenza
del 26 novembre 2014, nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e
C-418/13, Mascolo ed altri, sancendo: «La clausola 5, punto 1, dell’accordo
quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura
nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999,
relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato,
deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale
quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa
dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di
ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo
determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché
di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi
per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi
possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento
del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta,
infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei
giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e
trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda
effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo
perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra
misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione
di contratti di lavoro a tempo determinato».
24.− Con decreto del 26 gennaio
2015 la trattazione dei giudizi incidentali veniva fissata per l’udienza
pubblica del 23 maggio 2015.
25.− In data 4 febbraio 2015 si è
costituita C.D., parte ricorrente nel giudizio a quo (reg. ord. n. 248 del
2012), già costituitasi dinanzi alla Corte di giustizia, che ha chiesto
accogliersi la questione, anche in ragione della sentenza
Mascolo.
26.− In data 5 febbraio 2015 si è
costituita Z.G., parte ricorrente nel giudizio a quo (reg. ord. n. 249 del
2012), già costituitasi dinanzi alla Corte di giustizia, chiedendo anch’essa di
accogliere la questione, anche in ragione della sentenza
Mascolo.
27.− In data 14 maggio 2015 ha
depositato atto di intervento, in tutti i giudizi, la Federazione Lavoratori
della Conoscenza-CGIL, già intervenuta nel giudizio dinanzi alla Corte di
giustizia (parte nel giudizio principale in cui il Tribunale ordinario di
Napoli disponeva il rinvio pregiudiziale deciso dalla Corte di giustizia,
insieme a quello disposto da questa Corte, con la sentenza
Mascolo) che, preliminarmente, ha prospettato l’ammissibilità del proprio
intervento e, dopo aver illustrato i contenuti della sentenza
Mascolo, ha chiesto l’accoglimento della questione di costituzionalità.
28.− In data 19 maggio 2015 ha
depositato atto d’intervento, in tutti i giudizi, la Confederazione generale
italiana del lavoro-CGIL già intervenuta nel giudizio dinanzi alla Corte di
giustizia (anch’essa parte nel giudizio principale in cui il Tribunale
ordinario di Napoli disponeva il rinvio pregiudiziale deciso dalla Corte di
giustizia, insieme a quello disposto da questa Corte, con la sentenza
Mascolo).
La Confederazione ha prospettato
l’ammissibilità del proprio intervento, e ha prospettato la fondatezza della
questione.
29.− Il Presidente del Consiglio
dei ministri, in data 28 maggio 2015, ha depositato memoria con la quale, dopo
aver richiamato l’ordinanza
n. 207 del 2013, ripercorre il decisum della sentenza
della Corte di giustizia del 26 novembre 2014.
Prospetta, quindi, l’inammissibilità
della questione, in quanto il riscontro di compatibilità dell’attuazione in
concreto della disciplina statale spetta al giudice di merito. Né potrebbe la
Corte, in ragione della pluralità di soluzioni possibili, sostituirsi al
legislatore per adottare soluzioni conformi all’ordinamento comunitario.
Richiama infine il disegno di legge, atto Camera n. 2294, sulla riforma del
sistema nazionale di istruzione.
30.− In prossimità dell’udienza
pubblica fissata per il 23 giugno 2015, la trattazione delle questioni veniva
rinviata, e poi fissata all’udienza pubblica del 17 maggio 2016.
31.− In tutti i giudizi hanno
depositato atto di costituzione, in data 23 ottobre 2015, il CODACONS e
l’Associazione per la difesa dei diritti civili della scuola.
Assumono a sostegno della
legittimazione, i propri compiti e finalità, come stabiliti dai rispettivi
statuti.
L’art. 2 dello statuto del CODACONS, in
particolare, afferma che la esclusiva finalità è quella di tutelare con ogni
mezzo legittimo, ivi compreso il ricorso allo strumento giudiziario, i diritti
e gli interessi dei consumatori ed utenti, categoria socialmente debole.
A sua volta, l’art. 2 dello statuto
dell’Associazione per la difesa dei diritti civili della scuola, stabilisce che
la medesima ha come fine l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà
sociale, tutela dei diritti civili, e tutela dello stato giuridico ed economico
degli addetti alla formazione.
Peraltro, prospettano che il principio
per cui è inammissibile l’intervento di coloro che non sono parti nel giudizio
a quo, incontra una deroga nel caso in cui il giudizio medesimo incide sulle
posizioni giuridiche soggettive di quanti hanno spiegato intervento.
Nel merito, dopo aver ricordato il
contenuto delle ordinanze di rimessione e la sentenza della Corte di giustizia,
sostengono l’illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate, come
prospettato dai rimettenti.
32.− Il Presidente del Consiglio
dei ministri ha depositato memoria unica, in relazione a tutti i giudizi,
insistendo nel rigetto delle questioni.
Assume che, nelle more, dopo la sentenza
della Corte di giustizia, è intervenuta la legge 13 luglio 2015, n. 107
(Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il
riordino delle disposizioni legislative vigenti), che contempla una serie di
misure volte a superare il ricorso alle supplenze, quali modalità di
reclutamento in ambito scolastico, ed il conseguente abuso nella stipulazione
dei contratti a termine. Il MIUR, infatti, è stato autorizzato ad un piano
straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per le
istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado, per la copertura di
tutti i posti vacanti e disponibili dell’organico di diritto, rimasti tali
all’esito delle operazioni di immissioni in ruolo effettuate per il medesimo
anno scolastico, ai sensi dell’art. 399 del decreto legislativo 16 aprile 1994,
n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in
materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado).
Il piano straordinario di assunzioni,
che si è articolato in tre fasi, secondo quanto stabilito all’art. 1, comma 98,
della legge n. 107 del 2015, ha consentito di stabilizzare un elevatissimo
numero di personale destinatario di supplenze per oltre 36 mesi su posti
vacanti e disponibili.
Inoltre, l’art. 1, comma 110, della
legge n. 107 del 2015 ha previsto l’espletamento di una nuova procedura
concorsuale per l’anno 2016, procedura che il MIUR ha realizzato ai sensi del
successivo comma 111 del medesimo art. 1, con l’adozione di tre bandi.
Peraltro l’art. 1, comma 113, della
legge n. 107 del 2015, ha novellato l’art. 400 del d.lgs. n. 297 del 1994,
comma 01, primo periodo, prevedendo, tra l’altro, che «I concorsi per titoli ed
esami sono nazionali e sono indetti su base regionale, con cadenza triennale,
per tutti i posti vacanti e disponibili, nei limiti delle risorse finanziarie
disponibili, nonché per i posti che si rendano tali nel triennio».
La difesa dello Stato richiama la
giurisprudenza di merito che ha affermato come tale assunzione vale a
compensare il pregiudizio verificatosi.
33.− La CGIL, in data 26 aprile
2016, ha depositato memoria, insistendo nell’accoglimento delle questioni.
Anche la Federazione Lavoratori della Conoscenza-CGIL ha depositato memoria il
26 aprile 2016.
34.− La Federazione GILDA-UNAMS si
è costituita con atto del 26 aprile 2016 (reg. ord. n. 249 del 2012). Anch’essa
ha affermato la propria legittimazione a partecipare al giudizio incidentale
anche se non costituita nel giudizio a quo, attesa l’incidenza dello stesso
sulla propria posizione giuridica soggettiva, nonché in ragione dell’art. 64,
comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Nel merito anche alla luce della
giurisprudenza della Corte di Giustizia, ha chiesto accogliersi la questione
con estensione della pronuncia di illegittimità costituzionale ad altre
disposizioni.
35.− In data 26 aprile 2016 ha
depositato memoria Z.G.
1.− Il Tribunale ordinario di Roma
e il Tribunale ordinario di Lamezia Terme, in più giudizi promossi da docenti e
personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), che hanno svolto la
propria attività in favore del Ministero dell’istruzione, dell’università e
della ricerca (MIUR) in ragione di successivi contratti a tempo determinato,
con distinte ordinanze, iscritte ai nn. 143, 144, 248
e 249 del registro ordinanze 2012, hanno sollevato, nel complesso, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio
1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), in
riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione alla
clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo
determinato, allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE (Direttiva
del Consiglio relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo
determinato).
2.− La disposizione di cui
all’art. 4, comma 1, è censurata dai rimettenti nella parte in cui consente la copertura
delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti
e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente
tali per l’intero anno scolastico, mediante il conferimento di supplenze
annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per
l’assunzione di personale docente di ruolo, così da determinare una successione
potenzialmente illimitata di contratti a tempo determinato, e comunque
svincolata dall’indicazione di ragioni obiettive e/o dalla predeterminazione di
una durata massima o di un certo numero di rinnovi.
Il comma 11 del medesimo art. 4 estende
l’applicazione del comma 1 al personale ATA.
I giudici a quibus
si sono adeguati al principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 348 del
2007), secondo cui il parametro costituito dall’art. 117, primo comma,
Cost., diventa concretamente operativo solo se vengono determinati gli
"obblighi internazionali” che vincolano la potestà legislativa dello Stato e
delle Regioni.
3.− Questa Corte, con l’ordinanza n. 207
del 2013, ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, per
chiarire la portata del parametro comunitario interposto, fermo lo scrutinio di
costituzionalità della norma interna, necessario proprio in ragione della
mancanza di effetto diretto della disposizione dell’accordo quadro che viene in
rilievo (ordinanza
n. 207 del 2013).
La Corte, ha così ritenuto di avere
legittimazione a disporre il rinvio pregiudiziale sull’interpretazione del diritto
comunitario, anche nei giudizi incidentali, in relazione a norme prive di
efficacia diretta (nell’ordinanza n. 103
del 2008 aveva già affermata la sussistenza delle condizioni perché, quale
giurisdizione nazionale, potesse effettuare il rinvio pregiudiziale).
4.− La Corte di giustizia, con la sentenza
26 novembre 2014 resa nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e
C-418/13, Mascolo ed altri, anche sul rinvio pregiudiziale effettuato dalla
Corte costituzionale, ha statuito: «La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro
sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura
nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999,
relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato,
deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale
quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa
dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di
ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo
determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché
di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi
per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi
possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento
del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo».
La Corte di giustizia ha di seguito
rilevato che «Risulta, infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie
verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire
criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali
contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire
l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede
nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad
una successione di contratti di lavoro a tempo determinato».
5.− Alla sentenza della Corte di
giustizia europea interpretativa del diritto dell’Unione deve seguire quella di
questa Corte, che ha effettuato il rinvio pregiudiziale; né è di impedimento
alla pronuncia la legislazione sopravvenuta [legge 13 luglio 2015, n. 107
(Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il
riordino delle disposizioni legislative vigenti)], atteso che tale normativa,
pur rilevante ad altri effetti – come si vedrà – non esclude che la norma da
applicare nei giudizi a quibus rimanga quella oggetto
della questione di costituzionalità.
6.− I giudizi possono essere
riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia, data l’identità delle
questioni.
7.− In via preliminare, va
ricordato che, con ordinanza
dibattimentale del 17 maggio 2016, che si allega, sono state dichiarate
inammissibili, in quanto tardive, le costituzioni in giudizio di C.D. e Z.G.,
parti nei giudizi a quibus.
Con la medesima ordinanza, sono stati
dichiarati tardivi anche gli interventi della Federazione Lavoratori della
Conoscenza-CGIL e della Confederazione generale italiana del lavoro-CGIL, del
CODACONS e dell’Associazione per la difesa dei diritti civili della scuola, e
della Federazione GILDA-UNAMS, comunque non parti nei giudizi a quibus e che risultano privi di un interesse qualificato.
8.− Nel merito la questione è
fondata nei sensi e nei limiti che saranno di seguito precisati.
9.− Il giudizio va condotto alla
stregua del parametro costituzionale come integrato dall’accordo quadro, e in
particolare della clausola 5, punto 1, del medesimo, secondo l’interpretazione
data dalla Corte di giustizia con la sentenza
26 novembre 2014, nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13,
Mascolo ed altri.
La questione di pregiudizialità
comunitaria è oggetto di specifico esame nei paragrafi 72 e seguenti della
motivazione della sentenza
Mascolo, a conclusione dei quali, premesso che è compito esclusivo del
giudice del rinvio pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del
diritto interno, si forniscono precisazioni dirette a orientare il giudice
nazionale nella sua valutazione della disciplina dei contratti di lavoro a
tempo determinato alla luce del diritto europeo (paragrafi 84-113).
La Corte di giustizia afferma che le
esigenze di continuità didattica che inducono ad assunzioni temporanee di
dipendenti nel comparto scuola possono costituire una ragione obiettiva ai
sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, che giustifica
sia la durata determinata dei contratti conclusi con il personale supplente,
sia il rinnovo di tali contratti in funzione delle esigenze di continuità
didattica, fatto salvo il rispetto dei requisiti fissati al riguardo
dall’accordo quadro.
Tuttavia ritiene che nel caso in esame
il rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato al fine di
soddisfare queste esigenze abbia, di fatto, un carattere non provvisorio, ma,
al contrario, permanente e durevole, e non sia giustificato ai sensi della
lettera a), del punto 1, della clausola citata.
Conclusivamente, la Corte di giustizia
afferma che la disciplina in esame, sebbene limiti formalmente il ricorso ai
contratti di lavoro a tempo determinato per provvedere a supplenze annuali per
posti vacanti e disponibili nelle scuole statali solo per un periodo temporaneo
fino all’espletamento delle procedure concorsuali, non consente di garantire
che l’applicazione concreta di tale ragione obiettiva, in considerazione delle
particolarità dell’attività di cui trattasi e delle condizioni del suo
esercizio, sia conforme ai requisiti dell’accordo quadro.
10.− La pronuncia della Corte di
giustizia sul punto è univoca: da ciò consegue la illegittimità costituzionale,
dell’art. 4, commi 1 e 11, della legge n. 124 del 1999, per violazione
dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione alla clausola 5, comma 1,
dell’accordo quadro più volte citato, nella parte in cui autorizza, in mancanza
di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi,
il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato
per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale
amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo
giustifichino.
11.− La questione di legittimità
costituzionale non si esaurisce, tuttavia, in quella oggetto del rinvio
pregiudiziale.
Il primato del diritto comunitario e la
esclusività della giurisdizione costituzionale nazionale, in un sistema
accentrato di controllo di costituzionalità, impongono delicati equilibri,
evidenziati anche nell’ordinanza del rinvio pregiudiziale, in cui questa Corte
ha posto in evidenza i principi costituzionali che vengono in rilievo nella
materia in esame, e cioè l’accesso mediante pubblico concorso agli impieghi
pubblici (art. 97, quarto comma, Cost.), e il diritto all’istruzione (art. 34
Cost.).
Al riguardo, la disciplina comunitaria
in questione non si pone in contrasto con nessuno dei due principi, e la
statuizione della Corte del Lussemburgo, al contrario, appare rispettosa delle
competenze degli Stati membri, cui riconosce espressamente spazi di autonomia.
12.− Tali spazi riguardano in
particolare le ricadute sanzionatorie dell’illecito.
Anche di tali ricadute si è occupata la
Corte di giustizia, ma la pronuncia a questo proposito dà atto che la normativa
comunitaria in materia non prevede misure specifiche, rimettendone
l’individuazione alle autorità nazionali e limitandosi a definirne i caratteri
essenziali (dissuasività, proporzionalità,
effettività).
Molto chiari, al riguardo, i paragrafi
77 e 79 della sentenza
Mascolo. Nel primo in particolare si legge: «[…] quando, come nel caso di
specie, il diritto dell’Unione non prevede sanzioni specifiche nell’ipotesi in
cui vengano nondimeno accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare
misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma anche
sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle
norme adottate in applicazione dell’accordo quadro […]».
La sentenza, dunque, anche se ritiene di
precisare alcune delle misure che possono essere adottate (procedure di
assunzione certe, anche nel tempo, e risarcimento del danno), non ne esclude
altre purché rispondenti ai requisiti ricordati. In tal modo, tuttavia, essa
non dà risposta alla questione della necessità o meno del riconoscimento del diritto
al risarcimento in capo ai soggetti che abbiano subito un danno a seguito
dell’inadempimento dello Stato italiano, questione che costituisce l’oggetto
reale dei giudizi a quibus.
12.1.− Sull’esercizio di tale
discrezionalità s’impone una integrazione del dictum
del giudice comunitario, che non può che competere a questa Corte.
13.− La questione, se esaminata
alla luce della sola normativa vigente all’epoca della sua sollevazione,
dovrebbe essere risolta in senso positivo; sennonché viene a questo punto in
rilievo la normativa sopravvenuta prima ricordata, con le misure che il
legislatore ha inteso adottare con l’evidente finalità di garantire la corretta
applicazione dell’accordo quadro.
La verifica della incidenza della nuova
disciplina sulla questione in esame, diversamente da quanto avviene nei giudizi
di costituzionalità meramente interni, in cui è necessario il rinvio al giudice
a quo per una sua ulteriore delibazione, costituisce parte integrante della
pronuncia di questa Corte.
Difatti, le misure in questione, oltre a
svolgere la funzione tipica preventiva-punitiva delle sanzioni,
nell’interpretazione del Giudice dell’Unione rifluiscono sull’illecito
"cancellandolo” (paragrafo 79), attesa la loro natura riparatoria. Nella prospettiva
dell’ordinamento comunitario quel che conta è che di fatto ne possano
beneficiare i soggetti lesi: è dunque indubbia la rilevanza di misure anche
sopravvenute.
14.− Venendo all’esame della legge
n. 107 del 2015, le sue finalità sono chiaramente indicate con riguardo alla
disposizione che, nell’originario disegno di legge (Atto Camera 2994, XVII
legislatura), prevedeva la durata dei contratti di lavoro a tempo determinato
della scuola (art. 12 del citato d.d.l.). Nella relazione illustrativa si precisava,
infatti, che: «La disposizione intende adeguare la normativa nazionale a quella
europea, al fine di evitare l’abuso nella successione dei contratti di lavoro a
tempo determinato per il personale docente e non docente della scuola pubblica.
Ciò a seguito della pronuncia
della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 novembre 2014 […]. In
proposito la Corte di giustizia dell’Unione europea nella citata sentenza ha
evidenziato il contrasto delle norme italiane in materia di contratti a tempo
determinato nel settore scolastico con quanto previsto dalla clausola 5 della
direttiva 1999/70/CE. Si introduce il limite temporale di trentasei mesi come
durata massima per i rapporti di lavoro a tempo determinato del personale
scolastico (docente, educativo, amministrativo tecnico e ausiliario) per la
copertura di posti vacanti e disponibili presso le istituzioni scolastiche ed
educative statali da considerarsi complessivamente, anche non continuativi».
14.1.− La disposizione è stata poi
trasfusa nel comma 131 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015, secondo cui «A
decorrere dal 1º settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato
stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e
ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la
copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata
complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi».
14.2.− La durata complessiva dei
contratti a termine è poi assunta dal legislatore quale parametro di
operatività del fondo istituito dal successivo comma 132 dell’art. 1 della
legge n. 107 del 2015.
Tale ultima disposizione, infatti,
stabilisce che nello stato di previsione del MIUR è istituito un fondo per i
pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il
risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per
una durata complessiva superiore a trentasei mesi, anche non continuativi, su
posti vacanti e disponibili, con la dotazione di euro 10 milioni per ciascuno
degli anni 2015 e 2016.
14.3.− La medesima legge, all’art.
1, comma 113, ha modificato l’art. 400 del decreto legislativo 16 aprile 1994,
n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in
materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), norma che
regola il reclutamento del personale docente ed educativo, e concorre a
comporre la disciplina delle procedure concorsuali, richiamata, sia pure senza
espresso riferimento normativo, nell’art. 4, comma 1, della legge n. 124 del
1999, norma impugnata.
Si prevede, tra l’altro, modificandosi
il primo periodo del comma 01 dell’art. 400 del d.lgs. n. 297 del 1994, che «I
concorsi per titoli ed esami sono nazionali e sono indetti su base regionale,
con cadenza triennale, per tutti i posti vacanti e disponibili, nei limiti
delle risorse finanziarie disponibili, nonché per i posti che si rendano tali
nel triennio. Le relative graduatorie hanno validità triennale a decorrere
dall’anno scolastico successivo a quello di approvazione delle stesse e perdono
efficacia con la pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo e
comunque alla scadenza del predetto triennio».
La nuova normativa ha dunque confermato
la cadenza triennale dei concorsi, già prevista dal testo previgente.
Infine, ai sensi del comma 109 dell’art.
1 della legge n. 107 del 2015, l’accesso ai ruoli a tempo indeterminato del
personale docente educativo della scuola statale, fermo il piano straordinario
di assunzioni, avverrà mediante concorsi pubblici nazionali su base regionale
per titoli ed esami, ai sensi del suddetto art. 400 del d.lgs. n. 297 del 1994,
come modificato.
14.4.− A tale normativa a regime
si aggiungono rilevanti disposizioni transitorie.
È infatti stabilito (art. 1, comma 95,
della stessa legge) che: «Per l’anno scolastico 2015/2016, il Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca è autorizzato ad attuare un
piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente
per le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado, per la copertura
di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, rimasti vacanti
e disponibili all’esito delle operazioni di immissione in ruolo effettuate per
il medesimo anno scolastico ai sensi dell’articolo 399 del testo unico di cui
al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, al termine delle quali sono
soppresse le graduatorie dei concorsi per titoli ed esami banditi anteriormente
al 2012».
È poi previsto, sempre dal comma 109,
lettera c), della citata legge n. 107 del 2015, che l’art. 399, del d.lgs. n.
297 del 1994, secondo cui l’accesso ai ruoli ha luogo anche attingendo alle
graduatorie permanenti, continua ad applicarsi fino a totale scorrimento delle
relative graduatorie ad esaurimento.
15.− Ebbene, si è già detto della
pluralità delle misure autorizzate dalla normativa comunitaria che qui viene in
rilievo; occorre ora precisare che tali misure sono fra loro alternative e che
quindi si deve ritenere sufficiente l’applicazione di una sola di esse.
Ciò si desume in particolare al
paragrafo 79 della motivazione, secondo cui «quando si è verificato un ricorso
abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo
determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive
ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale
abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione»:
dunque, è solo una la misura da applicare, purché presenti garanzie effettive
ed equivalenti di tutela.
Nello stesso senso sono i precedenti
della Corte di giustizia che, sempre a proposito della clausola 5, punto 1,
dell’accordo quadro, affermano che rientra nel potere discrezionale degli Stati
membri ricorrere, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di contratti di
lavoro a tempo determinato, ad una o più tra le misure enunciate in tale clausola
o, ancora, a norme equivalenti in vigore, purché tengano conto delle esigenze
di settori e/o di categorie specifici di lavoratori (sentenza
15 aprile 2008, nella causa C-268/06, Impact; sentenza
23 aprile 2009, nelle cause riunite da C-378/07 a C-380/07, Angelidaki
ed altri).
L’alternatività è del resto implicita
nell’identica efficacia delle due misure espressamente individuate dalla Corte,
entrambe idonee «a cancellare le conseguenze della violazione» (sempre nel
paragrafo 79).
Tale efficacia è indubbiamente tipica
della sanzione generale del risarcimento, desunta dai principi della normativa
comunitaria e non richiede approfondimenti; non diversa, tuttavia, è
l’efficacia dell’altra misura, che sostanzialmente costituisce anch’essa un
risarcimento, ma in forma specifica. Ciò sarebbe ancor più evidente se la
sanzione alternativa consistesse nella trasformazione del rapporto di lavoro a
tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato, ma la Corte di giustizia
dell’Unione europea, prendendo atto del principio del concorso pubblico,
ricordato anche nell’ordinanza n. 207
del 2013, ritiene sufficiente una disciplina che garantisca serie chances
di stabilizzazione del rapporto.
16.− Ebbene, dalla combinazione
dei vari interventi, sia a regime che transitori, effettuati dal legislatore
nel 2015, emerge l’esistenza in tutti i casi che vengono in rilievo di una
delle misure rispondenti ai requisiti richiesti dalla Corte di giustizia.
E tale conclusione trova una indiretta
ma autorevole conferma in quella cui è pervenuta la Commissione U.E. a
proposito della procedura di infrazione aperta nei confronti del nostro Paese
per la violazione della stessa normativa dell’Unione: essa è stata archiviata
senza sanzioni a seguito della difesa dell’Italia, argomentata con riferimento
alla normativa sopravvenuta.
17.− Viene anzitutto introdotto un
termine effettivo di durata dei contratti a tempo determinato, il cui rispetto
è garantito dal risarcimento del danno. E questo, configura quella sanzione
dissuasiva che la normativa comunitaria ritiene indispensabile.
18.− Quanto alle situazioni
pregresse, occorre distinguere a seconda del personale interessato.
18.1.− Per i docenti, si è scelta
la strada della loro stabilizzazione con il piano straordinario destinato alla
«copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto».
Esso è volto a garantire all’intera
massa di docenti precari la possibilità di fruire di un accesso privilegiato al
pubblico impiego fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento,
secondo quanto previsto dal comma 109 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015,
permettendo loro di ottenere la stabilizzazione grazie o a meri automatismi (le
graduatorie) ovvero a selezioni blande (concorsi riservati).
In tal modo vengono attribuite serie e
indiscutibili chances di immissione in ruolo a tutto il personale interessato,
secondo una delle alternative espressamente prese in considerazione dalla Corte
di giustizia.
La scelta è più lungimirante rispetto a
quella del risarcimento, che avrebbe lasciato il sistema scolastico
nell’attuale incertezza organizzativa e il personale in uno stato di
provvisorietà perenne; una scelta che – va sottolineato – richiede uno sforzo
organizzativo e finanziario estremamente impegnativo e che comporta
un’attuazione invero peculiare di un principio basilare del pubblico impiego
(l’accesso con concorso pubblico), volto a garantire non solo l’imparzialità ma
anche l’efficienza dell’amministrazione (art. 97 Cost.).
18.2.− Per il personale ATA,
invece, non è previsto alcun piano straordinario di assunzione e pertanto nei
suoi confronti deve trovare applicazione la misura ordinaria del risarcimento
del danno, misura del resto prevista – lo si è più volte ricordato – dal comma
132 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015, che quindi anche per questo
aspetto deve ritenersi in linea con la normativa comunitaria.
19.− Si deve pertanto concludere
nel senso che lo Stato italiano si è reso responsabile della violazione del
diritto dell’U.E., ma anche che il conseguente illecito è stato "cancellato”
con la previsione di adeguati ristori al personale interessato.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale,
nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, dell’art. 4, commi 1 e 11, della
legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale
scolastico), nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla
durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo
potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la
copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo,
tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 luglio
2016.
Allegato: