ORDINANZA N. 103
ANNO 2008
Commenti alla decisione di
I. Luciana Pesole, La
Corte Costituzionale ricorre per la prima volta al rinvio pregiudiziale. Spunti
di riflessione sull'ordinanza n.103 del 2008 (per
gentile concessione della Rivista telematica Federalismi.it)
II. Irene Spigno, La
Corte Costituzionale e la vexata questio del rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia, (per gentile concessione della
Rivista telematica Osservatorio
sulle fonti)
III. Sergio Bartole,
Pregiudiziale comunitaria ed " integrazione " di ordinamenti, (per gentile concessione
del Forum
dei Quaderni Costituzionali)
IV. Tommaso Giovannetti,
L’ultimo passo del "cammino comunitario”
conduce la Corte a Lussemburgo, (per gentile concessione del
sito dell’AIC – Associazione Italiana dei
Costituzionalisti)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
-
Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco
AMIRANTE "
- Ugo DE
SIERVO "
- Alfio
FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – Legge finanziaria 2007), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 2 agosto 2007, depositato in cancelleria il 7 agosto successivo ed iscritto al n. 36 del registro ricorsi 2007.
Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 12 febbraio 2008 il giudice relatore Franco Gallo;
uditi l’avvocato dello Stato
Glauco Nori per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati
Graziano Campus e Paolo Carrozza per
Ritenuto che, con i ricorsi n. 91 del 2006 e n. 36 del 2007, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, nei confronti della Regione Sardegna, questioni di legittimità costituzionale: a) degli artt. 2, 3 e 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), sia nel testo originario sia nel testo sostituito, rispettivamente, dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 3 della legge reg. 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – Legge finanziaria 2007); b) dell’art. 5 della citata legge reg. n. 2 del 2007;
che ciascuno degli articoli denunciati stabilisce e disciplina un particolare tributo regionale;
che i giudizi promossi con i suddetti ricorsi sono stati riuniti per essere congiuntamente trattati e decisi;
che, per quanto qui rileva, con il ricorso n. 36 del 2007 è stato censurato l’art. 4 della legge reg. n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge reg. n. 2 del 2007, istitutivo dell’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto;
che tale censura, relativa alle imprese, è stata sollevata con
riferimento a diversi parametri
costituzionali e, in particolare, all’art. 117, primo comma, della
Costituzione, per violazione delle norme del Trattato CE relative alla tutela della libera prestazione dei servizi
(art. 49), alla tutela della
concorrenza (art. 81 «coordinato con gli art. 3, lett. g) e 10»), e al divieto
di aiuti di Stato (art. 87);
che il ricorrente richiede, in
proposito, che sia effettuato il rinvio pregiudiziale di cui all’art. 234 del
Trattato CE;
che, con sentenza n. 102 del
2008, depositata in data odierna nei due giudizi riuniti, questa Corte ha
deciso le questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso n. 91
del 2006 e parte di quelle promosse con il ricorso n. 36 del 2007;
che, in particolare, quanto all’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto denunciata con quest’ultimo ricorso, con la indicata sentenza sono state dichiarate inammissibili o non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento a parametri costituzionali diversi dal primo comma dell’art. 117 Cost.;
che, con la stessa sentenza, è
stata altresí disposta la separazione del
giudizio concernente la questione di legittimità costituzionale della suddetta
imposta regionale sullo scalo turistico promossa
con riferimento al primo comma dell’art. 117 Cost. e relativa all’assoggettamento
a tassazione delle imprese esercenti aeromobili o unità da diporto.
Considerato che,
nell’àmbito del giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Presidente
del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 36 del 2007, quale separato con la
menzionata sentenza di questa Corte depositata in data odierna, si pongono in
via pregiudiziale dubbi di interpretazione della normativa comunitaria evocata
dal ricorrente come elemento integrativo del parametro di cui al primo comma
dell’art. 117 della Costituzione;
che, al riguardo, è opportuno
tratteggiare preliminarmente il quadro normativo utile per una migliore
comprensione dei suddetti problemi interpretativi;
che, quanto al quadro normativo interno:
– 1) l’art. 11 Cost. cosí dispone:
«L’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.»;
– 2) l’art. 117, primo comma, Cost., evocato quale parametro di costituzionalità, cosí dispone:
«La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.»;
– 3) l’art. 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale della Regione Sardegna), nel testo modificato dal comma 834 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, cosí dispone:
«Le entrate della regione sono costituite:
a) dai sette decimi del gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche riscosse nel territorio della regione;
b) dai nove decimi del gettito delle imposte sul bollo, di registro, ipotecarie, sul consumo dell’energia elettrica e delle tasse sulle concessioni governative percette nel territorio della regione;
c) dai cinque decimi delle imposte sulle successioni e donazioni riscosse nel territorio della regione;
d) dai nove decimi dell’imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta nel territorio della regione;
e) dai nove decimi della quota fiscale dell’imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella regione;
f) dai nove decimi del gettito dell’imposta sul valore aggiunto generata sul territorio regionale da determinare sulla base dei consumi regionali delle famiglie rilevati annualmente dall’ISTAT;
g) dai canoni per le concessioni idroelettriche;
h) da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri che la regione ha facoltà di istituire con legge in armonia con i princípi del sistema tributario dello Stato;
i) dai redditi derivanti dal proprio patrimonio e dal proprio demanio;
l) da contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria;
m) dai sette decimi di tutte le entrate erariali, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici.
Nelle entrate spettanti alla regione sono comprese anche quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell’ambito regionale, affluiscono, in attuazione di disposizioni legislative o per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori del territorio della regione.»;
– 4) il censurato art. 4 della legge reg. n. 4 del 2006, quale sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge reg. n. 2 del 2007, cosí dispone:
«(Imposta regionale sullo scalo turistico degli
aeromobili e delle unità da diporto)
2. Presupposto dell’imposta sono:
a) lo scalo negli aerodromi del territorio regionale degli aeromobili dell’aviazione generale di cui all’articolo 743 e seguenti del Codice della navigazione adibiti al trasporto privato di persone nel periodo compreso dal 1° giugno al 30 settembre;
b) lo scalo nei porti, negli approdi e nei punti di ormeggio
ubicati nel territorio regionale e nei campi di ormeggio attrezzati ubicati nel
mare territoriale lungo le coste della Sardegna delle unità da diporto di cui
al decreto legislativo 18 luglio 2005,
n. 171 (Codice della nautica da diporto) o comunque delle unità
utilizzate a scopo di diporto, di lunghezza superiore ai
3. Soggetto passivo dell’imposta è la persona fisica o giuridica avente domicilio fiscale fuori dal territorio regionale che assume l’esercizio dell’aeromobile ai sensi degli articoli 874 e seguenti del Codice della navigazione, o che assume l’esercizio dell’unità da diporto ai sensi degli articoli 265 e seguenti del Codice della navigazione.
4. L’imposta regionale di cui al comma 2, lettera a) è dovuta per ogni scalo, quella di cui al comma 2, lettera b) è dovuta annualmente.
5. L’imposta è stabilita nella seguente misura:
a) euro 150 per gli aeromobili abilitati fino al trasporto di quattro passeggeri;
b) euro 400 per gli aeromobili abilitati al trasporto da cinque a dodici passeggeri;
c) euro 1.000 per gli aeromobili abilitati al trasporto di oltre dodici passeggeri;
d) euro 1.000 per le imbarcazioni di lunghezza compresa tra
14 e
e) euro 2.000 per le imbarcazioni di lunghezza compresa tra
16 e
f) euro 3.000 per le imbarcazioni di lunghezza compresa tra
20 e
g) euro 5.000 per le navi di lunghezza compresa tra 24 e
h) euro 10.000 per le navi di lunghezza compresa tra 30 e
i) euro 15.000 per le navi di lunghezza superiore ai
Per le unità a vela con motore ausiliario e per i motorsailer l’imposta è ridotta del 50 per cento.
6. Sono esenti dall’imposta:
a) le imbarcazioni che fanno scalo per partecipare a regate di carattere sportivo, a raduni di barche d’epoca, di barche monotipo ed a manifestazioni veliche, anche non agonistiche, il cui evento sia stato preventivamente comunicato all’Autorità marittima da parte degli organizzatori; dell’avvenuta comunicazione deve essere data notizia all’ARASE, prima dell’approdo;
b) le unità da diporto che sostano tutto l’anno nelle strutture portuali regionali;
c) la sosta tecnica, limitatamente al tempo necessario per l’effettuazione della stessa.
Con specifico provvedimento dell’ARASE sono indicate le modalità di certificazione delle cause di esenzione.
7. L’imposta è versata:
a) all’atto dello scalo per gli aeromobili di cui al comma 2, lettera a);
b) entro 24 ore dall’arrivo delle unità da diporto nei porti, negli approdi, nei punti e nei campi d’ormeggio ubicati lungo le coste della Sardegna;
mediante modalità da stabilirsi con provvedimento dell’ARASE.
8. La riscossione del tributo può essere affidata dall’ARASE mediante:
a) stipula di apposite convenzioni con soggetti terzi;
b) stipula di apposite convenzioni a soggetti che gestiscono gli aeroporti, i porti, gli approdi, i punti e i campi di ormeggio ubicati lungo le coste regionali, con riconoscimento di un aggio pari al 5 per cento dell’imposta riscossa.
9. I soggetti gestori di cui al comma 8 che accedono alla convenzione di riscossione provvedono, con le modalità previste dal provvedimento dell’ARASE, al riversamento alla Tesoreria regionale del tributo percetto, al netto degli eventuali aggi ad essi spettanti. Con il predetto provvedimento sono altresí disciplinate le caratteristiche degli eventuali moduli e precisati i dati che negli stessi devono essere riportati per individuare le unità da diporto.
10. I soggetti gestori delle strutture portuali ed aeroportuali che accedono alle convenzioni di cui al comma 8 sono obbligati a verificare il corretto adempimento dell’obbligazione tributaria. Entro il 31 ottobre di ciascun anno sono obbligati a presentare all’Assessorato regionale competente in materia di entrate un rendiconto amministrativo delle somme incassate secondo le modalità previste con deliberazione della Giunta regionale.
11. I soggetti che gestiscono gli aeroporti, i porti, gli approdi, i punti e i campi di ormeggio ubicati lungo le coste regionali sono tenuti a comunicare all’Assessorato regionale del turismo, artigianato e commercio, a fini statistici, i movimenti registrati nelle strutture di rispettiva pertinenza. Con successivo provvedimento dell’Assessore regionale del turismo, artigianato e commercio, sono disciplinate le modalità di trasmissione degli elementi conoscitivi necessari alle indagini statistiche.»;
– 5) gli artt. 265, 266, da
«Art. 265
(Dichiarazione di
armatore)
Chi assume
l’esercizio di una nave deve preventivamente fare dichiarazione di armatore
all’ufficio di iscrizione della nave o del galleggiante.
Quando l’esercizio
non è assunto dal proprietario, se l’armatore non vi provvede, la dichiarazione
può essere fatta dal proprietario.
Quando l’esercizio è
assunto dai comproprietari mediante costituzione di società di armamento, le formalità,
di cui agli articoli 279, 282 secondo comma, tengono luogo della dichiarazione
di armatore.»;
«Art. 266
(Dichiarazione di
armatore per le navi addette alla navigazione interna)
Per l’esercizio delle
navi addette alla navigazione interna, l’annotazione dell’atto di concessione o
di autorizzazione per il servizio di trasporto o di rimorchio, nei registri
d’iscrizione della nave, tiene luogo della dichiarazione di armatore.»;
«Art. 272
(Presunzione di
armatore)
In mancanza della
dichiarazione di armatore debitamente resa pubblica, armatore si presume il
proprietario fino a prova contraria.»;
«Art. 273
(Nomina di comandante
della nave)
L’armatore nomina il
comandante della nave e può in ogni momento dispensarlo dal comando.»;
«Art. 274
(Responsabilità
dell’armatore)
L’armatore è
responsabile dei fatti dell’equipaggio e delle obbligazioni contratte dal
comandante della nave per quanto riguarda la nave e la spedizione.
Tuttavia l’armatore
non risponde dell’adempimento da parte del comandante degli obblighi di
assistenza e salvataggio previsti dagli articoli 489, 490, né degli altri
obblighi che la legge impone al comandante quale capo della spedizione.»;
«Art. 743
(Nozione di
aeromobile)
Per aeromobile si
intende ogni macchina destinata al trasporto per aria di persone o cose.
Sono altresí considerati aeromobili i mezzi aerei a pilotaggio
remoto, definiti come tali dalle leggi speciali, dai regolamenti dell’ENAC e,
per quelli militari, dai decreti del Ministero della difesa.
Le distinzioni degli
aeromobili, secondo le loro caratteristiche tecniche, e secondo il loro
impiego, sono dall’ENAC con propri regolamenti e, comunque, dalla normativa
speciale in materia.
Agli apparecchi
costruiti per il volo da diporto o sportivo, compresi nei limiti indicati
nell’allegato annesso alla legge 25 marzo 1985, n. 106, non si applicano le
disposizioni del libro primo della parte seconda del presente codice.»;
«Art. 744
(Aeromobili di Stato
e aeromobili privati)
Sono aeromobili di
Stato gli aeromobili militari e quelli, di proprietà dello Stato, impiegati in
servizi istituzionali delle Forze di polizia dello Stato, della Dogana, del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Dipartimento della protezione civile
o in altro servizio di Stato.
Tutti gli altri
aeromobili sono considerati privati.
Salvo che non sia
diversamente stabilito da convenzioni internazionali, agli effetti della
navigazione aerea internazionale sono considerati privati anche gli aeromobili
di Stato, ad eccezione di quelli militari, di dogana, di polizia e del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco.
Sono equiparati agli
aeromobili di Stato gli aeromobili utilizzati da soggetti pubblici o privati,
anche occasionalmente, per attività dirette alla tutela della sicurezza
nazionale.»;
«Art. 745
(Aeromobili militari)
Sono militari gli
aeromobili considerati tali dalle leggi speciali e comunque quelli, progettati
dai costruttori secondo caratteristiche costruttive di tipo militare, destinati
ad usi militari.
Gli aeromobili militari
sono ammessi alla navigazione, certificati ed immatricolati nei registri degli
aeromobili militari dal Ministero della difesa.»;
«Art. 746
(Aeromobili
equiparati a quelli di Stato)
Salvo quanto disposto
dell’ articolo 744, quarto comma, il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti può, con proprio provvedimento, equiparare agli aeromobili di Stato
quegli aeromobili che, pur appartenendo a privati ed essendo da questi
esercitati, siano adibiti a un servizio di Stato di carattere non commerciale.
Il provvedimento
stabilisce limiti e modalità dell’equiparazione ed indica la categoria di
aeromobile di Stato cui essa si riferisce.
L’equiparazione rende
applicabili le disposizioni relative alla categoria cui essa si riferisce e le
altre disposizioni indicate nel provvedimento.
Con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri sono stabiliti i criteri e le modalità
per l’attribuzione della qualifica di volo e di Stato all’attività di volo
esercitata nell’interesse delle autorità e delle istituzioni pubbliche.»;
«Art. 874
(Dichiarazione di
esercente)
Chi assume
l’esercizio di un aeromobile deve preventivamente farne dichiarazione all’Enac,
nelle forme e con le modalità prescritte negli articoli
Quando l’esercizio
non è assunto dal proprietario, se l’esercente non provvede, la dichiarazione
può essere fatta dal proprietario.»;
«Art. 875
(Pubblicità della
dichiarazione)
La dichiarazione di
esercente deve essere trascritta nel registro aeronautico nazionale ed annotata
sul certificato di immatricolazione.
L’annotazione sul
certificato di immatricolazione è fatta dall’autorità competente del luogo nel
quale l’aeromobile si trova o verso il quale è diretto, previa comunicazione da
parte dell’ufficio che tiene il registro aeronautico nazionale.
In caso di
discordanza fra la trascrizione nel registro l’annotazione sul certificato di
immatricolazione, prevalgono le risultanze del registro.»;
«Art. 876
(Presunzione di
esercente)
In mancanza della
dichiarazione di esercente, debitamente resa pubblica, esercente si presume il
proprietario fino a prova contraria.»;
– 6) gli artt. 58 e
59 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni
comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), cosí dispongono:
«Art. 58
(Domicilio fiscale)
Agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi ogni soggetto si intende domiciliato in un comune dello Stato, giusta le disposizioni seguenti.
Le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune della cui anagrafe sono iscritte. Quelle non residenti hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito o, se il reddito è prodotto in più comuni, nel comune in cui si è prodotto il reddito più elevato. I cittadini italiani, che risiedono all’estero in forza di un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione nonché quelli considerati residenti ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, hanno il domicilio fiscale nel comune di ultima residenza nello Stato.
I soggetti diversi dalle persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la loro sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa; se anche questa manchi, essi hanno il domicilio fiscale nel comune ove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione e in mancanza nel comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività.
In tutti gli atti, contratti, denunzie e dichiarazioni che vengono presentati agli uffici finanziari deve essere indicato il comune di domicilio fiscale delle parti, con la precisazione dell’indirizzo.
Le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate.»;
«Art. 59
(Domicilio fiscale stabilito dall’amministrazione)
L’amministrazione finanziaria può stabilire il domicilio fiscale del soggetto, in deroga alle disposizioni dell’articolo precedente, nel comune dove il soggetto stesso svolge in modo continuativo la principale attività ovvero, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, nel comune in cui è stabilita la sede amministrativa.
Quando concorrono particolari circostanze la amministrazione finanziaria può consentire al contribuente, che ne faccia motivata istanza, che il suo domicilio fiscale sia stabilito in un comune diverso da quello previsto dall’articolo precedente.
Competente all’esercizio delle facoltà indicate nei precedenti commi è l’intendente di finanza o il Ministro per le finanze a seconda che il provvedimento importi lo spostamento del domicilio fiscale nell’ambito della stessa provincia o in altra provincia.
Il provvedimento è in ogni caso definitivo, deve essere motivato e notificato all’interessato ed ha effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stato notificato.»;
– 7) gli artt. 1, 2 e 3 del d.lgs. 18 luglio 2005, n. 171 (Codice della nautica da diporto ed attuazione della direttiva 2003/44/CE, a norma dell’articolo 6 della legge 8 luglio 2003, n. 172), cosí dispongono:
«Art.
1
(Finalità
e àmbito di applicazione)
1. Le disposizioni del presente decreto legislativo si applicano alla navigazione da diporto.
2. Ai fini del presente codice si intende per navigazione da diporto quella effettuata in acque marittime ed interne a scopi sportivi o ricreativi e senza fine di lucro.
3. Per quanto non previsto dal presente codice, in materia di navigazione da diporto si applicano le leggi, i regolamenti e gli usi di riferimento ovvero, in mancanza, le disposizioni del codice della navigazione, approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, e le relative norme attuative. Ai fini dell’applicazione delle norme del codice della navigazione, le imbarcazioni da diporto sono equiparate alle navi ed ai galleggianti di stazza lorda non superiore alle dieci tonnellate, se a propulsione meccanica, ed alle venticinque tonnellate, in ogni altro caso, anche se l’imbarcazione supera detta stazza, fino al limite di ventiquattro metri.»;
«Art.
2
(Uso
commerciale delle unità da diporto)
1. L’unità da diporto è utilizzata a fini commerciali quando:
a) è oggetto di contratti di locazione e di noleggio;
b) è utilizzata per l’insegnamento professionale della navigazione da diporto;
c) è utilizzata da centri di immersione e di addestramento subacqueo come unità di appoggio per i praticanti immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo.
2. L’utilizzazione a fini commerciali delle imbarcazioni e navi da diporto è annotata nei relativi registri di iscrizione, con l’indicazione delle attività svolte e dei proprietari o armatori delle unità, imprese individuali o società, esercenti le suddette attività commerciali e degli estremi della loro iscrizione, nel registro delle imprese della competente camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura. Gli estremi dell’annotazione sono riportati sulla licenza di navigazione.
3. Qualora le attività di cui al comma 1 siano svolte con unità da diporto battenti bandiera di uno dei Paesi dell’Unione europea, l’esercente presenta all’autorità marittima o della navigazione interna con giurisdizione sul luogo in cui l’unità abitualmente staziona una dichiarazione contenente le caratteristiche dell’unità, il titolo che attribuisce la disponibilità della stessa, nonché gli estremi della polizza assicurativa a garanzia delle persone imbarcate e di responsabilità civile verso terzi e della certificazione di sicurezza in possesso. Copia della dichiarazione, timbrata e vistata dalla predetta autorità, deve essere mantenuta a bordo.
4. Le unità da diporto di cui al comma 1, lettera a), possono essere utilizzate esclusivamente per le attività a cui sono adibite.»;
«Art.
3
(Unità da diporto)
1. Le costruzioni destinate alla navigazione da diporto sono denominate:
a) unità da diporto: si intende ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto;
b) nave da diporto: si intende ogni unità con scafo di lunghezza superiore a ventiquattro metri, misurata secondo le norme armonizzate EN/ISO/DIS 8666 per la misurazione dei natanti e delle imbarcazioni da diporto;
c) imbarcazione da diporto: si intende ogni unità con scafo di lunghezza superiore a dieci metri e fino a ventiquattro metri, misurata secondo le norme armonizzate di cui alla lettera b);
d) natante da diporto: si intende ogni unità da diporto a remi, o con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri, misurata secondo le norme armonizzate di cui alla lettera b).»;
che, quanto al quadro normativo comunitario, oltre alle norme del Trattato CE evocate dal ricorrente:
– 1) l’art. 2 del Regolamento (CE) n. 2096/2005 della Commissione del 20 dicembre 2005, che stabilisce requisiti comuni per la fornitura di servizi di navigazione aerea, cosí dispone:
«(Definizioni)
1. Ai fini del
presente regolamento si applicano le definizioni di cui al regolamento (CE) n.
549/2004.
a) "lavoro aereo”:
l’operazione di un aeromobile utilizzato per servizi specialistici, quali ad
esempio servizi connessi con l’agricoltura, la costruzione, la fotografia, i
rilevamenti topografici, le ricognizioni nonché le attività di pattugliamento,
ricerca e salvataggio, o servizi di pubblicità aerea;
b) "trasporto aereo
commerciale”: qualsiasi operazione di un aeromobile che comporta il trasporto
di passeggeri, merci e posta effettuata dietro compenso o mediante noleggio;
[…]
d) "aviazione
generale”: tutte le operazioni di un aeromobile nel settore dell’aviazione
civile diverse dal trasporto aereo commerciale e dal lavoro aereo; […].»;
– 2) il numero 11)
dell’allegato al Regolamento
(CE) n. 2320/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002,
che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile, contiene la
seguente definizione:
«11) "Aviazione generale”: l’attività di volo di linea o non di linea non offerta o messa a disposizione del pubblico.»;
– 3) l’art. 2, lettera l), del Regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità, contiene la seguente definizione:
«l) "aviazione d’affari”, il settore dell’aviazione generale che concerne l’esercizio o l’impiego di aeromobili da parte di imprese per il trasporto di passeggeri o merci a titolo ausiliario all’esercizio della loro attività, a fini che in genere non rientrano nelle attività di pubblico noleggio, e pilotati da persone che sono quantomeno titolari di una licenza valida di pilota commerciale con un’abilitazione al volo strumentale.»;
che, quanto all’ammissibilità dell’evocazione, nei giudizi promossi in via principale davanti a questa Corte sulla legittimità costituzionale di leggi regionali, di norme comunitarie quali elementi integrativi del parametro di costituzionalità di cui all’art. 117, primo comma, Cost., va rilevato che l’ammissibilità consegue alla particolare natura di tali giudizi;
che, al riguardo, va premesso che, ratificando i Trattati comunitari, l’Italia è entrata a far parte dell’ordinamento comunitario, e cioè di un ordinamento giuridico autonomo, integrato e coordinato con quello interno, ed ha contestualmente trasferito, in base all’art. 11 Cost., l’esercizio di poteri anche normativi (statali, regionali o delle Province autonome) nei settori definiti dai Trattati medesimi;
che le norme dell’ordinamento comunitario vincolano in vario modo il legislatore interno, con il solo limite dell’intangibilità dei princípi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e dei diritti inviolabili dell’uomo garantiti dalla Costituzione (ex multis, sentenze nn. 349, 348 e 284 del 2007; n. 170 del 1984);
che, nei giudizi davanti ai giudici italiani, tale vincolo opera con diverse modalità, a seconda che il giudizio penda davanti al giudice comune ovvero davanti alla Corte costituzionale a séguito di ricorso proposto in via principale;
che, nel caso di giudizio pendente davanti al giudice comune, a quest’ultimo è precluso di applicare le leggi nazionali (comprese le leggi regionali), ove le ritenga non compatibili con norme comunitarie aventi efficacia diretta;
che detto giudice, al fine dell’interpretazione delle pertinenti norme comunitarie, necessaria per l’accertamento della conformità della norme interne con l’ordinamento comunitario, si avvale, all’occorrenza, del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia CE di cui all’art. 234 del Trattato CE;
che nel caso, come quello di specie, in cui il giudizio pende davanti alla Corte costituzionale a séguito di ricorso proposto in via principale dallo Stato e ha ad oggetto la legittimità costituzionale di una norma regionale per incompatibilità con le norme comunitarie, queste ultime «fungono da norme interposte atte ad integrare il parametro per la valutazione di conformità della normativa regionale all’art. 117, primo comma, Cost.» (sentenze n. 129 del 2006; n. 406 del 2005; n. 166 e n. 7 del 2004) o, più precisamente, rendono concretamente operativo il parametro costituito dall’art. 117, primo comma, Cost. (come chiarito, in generale, dalla sentenza n. 348 del 2007), con conseguente declaratoria di illegittimità costituzionale della norma regionale giudicata incompatibile con tali norme comunitarie;
che, in relazione alle leggi regionali, questi due diversi modi di
operare delle norme comunitarie corrispondono alle diverse caratteristiche dei
giudizi: davanti al giudice comune deve applicarsi la legge la cui conformità
all’ordinamento comunitario deve essere da lui preliminarmente valutata;
davanti alla Corte costituzionale adíta in via
principale, invece, la valutazione di detta conformità si risolve, per il
tramite dell’art. 117, primo comma, Cost., in un giudizio di legittimità
costituzionale, con la conseguenza che, in caso di riscontrata difformità,
che, pertanto, l’assunzione della normativa comunitaria quale elemento integrante il parametro di costituzionalità costituisce la precondizione necessaria per instaurare, in via di azione, il giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale che si assume essere in contrasto con l’ordinamento comunitario;
che, dunque, la censura in esame è ammissibile, perché le norme comunitarie sono state evocate nel presente giudizio di legittimità costituzionale quale elemento integrante il parametro di costituzionalità costituito dall’art. 117, primo comma, Cost.;
che, quanto ai limiti entro cui il diritto comunitario può essere preso in
considerazione come elemento integrativo del parametro costituzionale evocato
nel presente giudizio, va osservato che, in forza del combinato disposto
degli artt. 23, 27 e 34 della legge 11 marzo 1953, n. 87 – secondo cui, nei
giudizi in via principale,
che, quanto all’applicabilità della norma censurata alle imprese, va
premesso che l’art. 4 della legge reg. n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3,
comma 3, della legge reg. n. 2 del 2007 (con effetto dal 31 maggio 2007, ai
sensi dell’art. 37 di quest’ultima legge), istituisce, a decorrere dall’anno 2006, l’«imposta regionale
sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto», applicabile, nel
periodo dal 1° giugno al 30 settembre, alle persone fisiche o giuridiche
aventi domicilio fiscale fuori dal territorio regionale
che assumono l’esercizio dell’aeromobile o dell’unità da diporto (con
l’esenzione dall’imposta: a. delle imbarcazioni che vengono in Sardegna per
partecipare a regate di carattere sportivo, a
raduni di barche d’epoca, di barche monotipo ed a manifestazioni veliche, anche
non agonistiche, il cui evento sia stato preventivamente comunicato
all’Autorità marittima da parte degli organizzatori; b. per la sosta tecnica
degli aeromobili e delle imbarcazioni, limitatamente al tempo necessario per
l’effettuazione della stessa; c. per le unità da
diporto che sostano tutto l’anno nelle strutture portuali regionali);
che, in forza dello stesso articolo, l’imposta
è dovuta: 1) per ogni scalo negli aerodromi del territorio regionale degli
aeromobili dell’aviazione generale adibiti al trasporto privato di persone, per
classi determinate in relazione al numero dei passeggeri che tali aeromobili
sono abilitati a trasportare; 2) annualmente, per lo scalo nei porti, negli
approdi e nei punti di ormeggio ubicati nel territorio regionale e nei campi
d’ormeggio attrezzati ubicati nel mare territoriale lungo le coste della
Sardegna delle unità da diporto di cui al codice della nautica da diporto
(decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171) e, comunque, delle unità utilizzate
a scopo di diporto, per classi di lunghezza, a partire da
che, pertanto, la suddetta imposta regionale
sullo scalo si applica anche alle
imprese esercenti unità da diporto (o,
comunque, utilizzate a scopo di diporto) non fiscalmente domiciliate in Sardegna e, in particolare, alle imprese
la cui attività imprenditoriale consiste nel mettere dette unità a disposizione
di terzi;
che l’imposta si applica, altresí,
alle imprese esercenti «aeromobili dell’aviazione generale […] adibiti
al trasporto privato di persone», cioè (come rilevato
nella citata sentenza di questa Corte, depositata in data odierna) alle
imprese che effettuano operazioni di trasporto aereo (diverse dal «lavoro
aereo»), senza compenso, e, quindi, nell’àmbito della cosiddetta "aviazione generale di affari”, definita dal
menzionato art. 2, lettera l), del
Regolamento (CEE) n. 95/93, come attività di aviazione generale effettuata
dall’esercente con trasporto senza remunerazione per motivi attinenti alla
propria attività di impresa;
che, quanto alle prospettate questioni pregiudiziali di interpretazione del
diritto comunitario, questa Corte ritiene opportuno sollevare questioni
pregiudiziali davanti alla Corte di giustizia CE ai sensi dell’art. 234 del
Trattato CE esclusivamente con riguardo alle violazioni degli artt. 49 e 87 del
Trattato CE, riservando al prosieguo del giudizio ogni decisione sull’asserita
violazione dell’ art. 81 «coordinato con gli art. 3, lett. g) e 10»;
che, quanto alla non manifesta infondatezza delle suddette questioni
pregiudiziali con riferimento all’applicazione dell’imposta regionale sullo
scalo turistico alle imprese non aventi domicilio fiscale in Sardegna, la
denunciata norma, nell’assoggettare a tassazione le imprese non aventi
domicilio fiscale in Sardegna, sembra creare una discriminazione rispetto alle
imprese che, pur svolgendo la stessa attività, non sono tenute al pagamento del
tributo per il solo fatto di avere domicilio fiscale nella Regione;
che, infatti, per le imprese non
aventi domicilio fiscale in Sardegna – con riguardo tanto all’ampio mercato
dell’utilizzazione commerciale delle unità da diporto, quanto al più ristretto
mercato delle imprese che effettuano direttamente trasporti aerei aziendali di
persone senza remunerazione – può ipotizzarsi che l’applicazione della
censurata imposta regionale dia luogo a un aggravio selettivo del costo dei
servizi resi, che assume rilevanza per l’ordinamento comunitario sia come
restrizione alla libera prestazione dei servizi (art. 49 del Trattato CE), sia come
aiuto di Stato alle imprese con domicilio fiscale in Sardegna (art. 87 del
Trattato CE), con effetti discriminatori e distorsivi della concorrenza;
che, tuttavia, potrebbe in
contrario addursi – come fa
che, secondo la stessa Regione,
questa giustificazione del prelievo regionale sarebbe rafforzata da quella
fondata sulla necessità di compensare, attraverso la tassazione delle imprese
fiscalmente non domiciliate in Sardegna, i maggiori costi sostenuti dalle
imprese ivi domiciliate, in ragione delle peculiarità geografiche ed economiche
legate al carattere insulare della Regione stessa;
che le due suddette
giustificazioni traggono fondamento da circostanze attinenti alla sostenibilità
dello sviluppo turistico regionale e dall’esigenza di riequilibrare la
situazione economica dei soggetti "non residenti” rispetto a quella dei
soggetti "residenti”;
che, secondo questa Corte, le
medesime giustificazioni non tengono, tuttavia, conto né del fatto che
l’insularità non appare, di per sé, un elemento idoneo a incrementare i costi
sostenuti dalle imprese con riferimento allo scalo turistico, né soprattutto
del fatto che la circostanza di far partecipare – attraverso l’applicazione
dell’imposta oggetto di censura – l’imprenditore non avente domicilio fiscale
in Sardegna ai costi aggiuntivi determinati dal turismo potrebbe non essere
sufficiente a rendere inoperante, nella specie, il principio comunitario di non
discriminazione e, conseguentemente, inapplicabili le connesse disposizioni del
Trattato CE sulla libertà di prestazione di servizi e sul divieto di aiuti di
Stato;
che tale principio è, infatti, di
generale applicazione nell’ordinamento interno e fornisce una tutela delle
imprese "non residenti” – sotto il profilo della concorrenza e delle libertà
economiche fondamentali –, la cui delimitazione è rimessa non a regole di diritto
interno, ma al diritto comunitario, quale interpretato dalla Corte di giustizia
CE anche con riferimento ad "enti infrastatali” che,
come
che
che, tuttavia, i casi esaminati
dalla Corte di giustizia non sono esattamente corrispondenti a quello oggetto
del presente giudizio, perché attengono a tributi che discriminano tra voli
nazionali e voli internazionali o tra voli aventi percorrenza superiore e
inferiore ad una determinata distanza o, ancora, tra trasporti infranazionali ed internazionali, e, pertanto, non viene
direttamente in rilievo, in tali pronunce, una possibile discriminazione – pur
astrattamente rilevante per il diritto comunitario – tra imprese aventi o no
domicilio fiscale in una regione di uno Stato membro;
che, per quanto attiene, poi,
alla dedotta violazione dell’art. 87 del Trattato CE, si pone anche il problema
se il vantaggio economico concorrenziale derivante alle suddette imprese
"residenti” in Sardegna dal loro non assoggettamento all’imposta regionale
sullo scalo rientri nella nozione di aiuto di Stato, considerato che detto
vantaggio deriva non dalla concessione di una agevolazione fiscale, ma
indirettamente dal minor costo da esse sopportato rispetto alle imprese "non
residenti” (analogamente alla fattispecie, per alcuni versi simile, esaminata
dalla Corte di giustizia CE con la sentenza del 22 novembre 2001, C-53/00, Ferring SA);
che il suddetto problema
interpretativo prescinde, ovviamente, dalla valutazione della compatibilità
della misura di aiuto con il mercato comune, spettante alla competenza
esclusiva della Commissione CE, che agisce sotto il controllo dei giudici comunitari;
che sussiste, pertanto, un dubbio circa la corretta interpretazione – tra quelle possibili – delle evocate disposizioni comunitarie, tale da rendere necessario procedere al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE, perché questa accerti: a) se l’art. 49 del Trattato debba essere interpretato nel senso che osti all’applicazione della norma censurata alle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti aeromobili da loro stesse utilizzati per il trasporto di persone nello svolgimento di attività di "aviazione generale d’affari” (cioè trasporto senza remunerazione per motivi attinenti alla propria attività d’impresa); b) se la norma censurata, nel prevedere che l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti aeromobili da esse stesse utilizzati per il trasporto di persone nello svolgimento di attività di aviazione generale d’affari, configuri – ai sensi dell’art. 87 del Trattato – un aiuto di Stato alle imprese che svolgono la stessa attività con domicilio fiscale nel territorio della Regione Sardegna; c) se l’art. 49 del Trattato debba essere interpretato nel senso che osti all’applicazione della norma censurata alle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti unità da diporto la cui attività imprenditoriale consiste nel mettere a disposizione di terzi tali unità; d) se la norma censurata, nel prevedere che l’imposta regionale sullo scalo turistico delle unità da diporto grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti unità da diporto la cui attività imprenditoriale consiste nel mettere a disposizione di terzi tali unità, configuri – ai sensi dell’art. 87 del Trattato – un aiuto di Stato alle imprese che svolgono la stessa attività con domicilio fiscale nel territorio della Regione Sardegna;
che, quanto alla rilevanza delle questioni interpretative pregiudiziali, essa sussiste, perché: a) l’interpretazione richiesta alla Corte di giustizia è necessaria per pronunciare la sentenza di questa Corte, essendo le indicate questioni interpretative ricomprese nell’oggetto del giudizio di legittimità costituzionale proposto in via principale; b) la fondatezza dei profili di illegittimità costituzionale dedotti dal ricorrente con riferimento a questioni diverse da quelle oggetto della presente ordinanza è stata già esclusa da questa Corte per le ragioni esposte nella sentenza n. 102 del 2008, depositata in data odierna, e, quindi, la legittimità costituzionale della norma censurata non può essere scrutinata, in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., senza che si proceda alla valutazione della sua conformità al diritto comunitario;
che, quanto alla sussistenza delle
condizioni perché questa Corte sollevi davanti alla Corte di giustizia CE
questione pregiudiziale sull’interpretazione del diritto comunitario, va
osservato che
che, in tali giudizi di legittimità costituzionale, a differenza di quelli promossi in via incidentale, questa Corte è l’unico giudice chiamato a pronunciarsi sulla controversia;
che conseguentemente, ove nei giudizi di legittimità costituzionale promossi in via principale non fosse possibile effettuare il rinvio pregiudiziale di cui all’art. 234 del Trattato CE, risulterebbe leso il generale interesse alla uniforme applicazione del diritto comunitario, quale interpretato dalla Corte di giustizia CE.
Vista la sentenza n. 102 del 2008 di questa Corte, depositata in data odierna, con la quale, nell’àmbito del giudizio introdotto con il suddetto ricorso n. 36 del 2007, è stata disposta la separazione del giudizio riguardante la questione concernente l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto – disciplinata dall’art. 4 della legge reg. n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge reg. n. 2 del 2007 – e relativa all’assoggettamento a tassazione delle imprese esercenti aeromobili od unità da diporto.
Visti gli artt. 234 del Trattato CE e 3 della legge 13 marzo 1958, n. 204.
per questi motivi
dispone di sottoporre alla Corte di giustizia CE, in via pregiudiziale, le seguenti questioni di interpretazione degli artt. 49 e 87 del Trattato CE:
a) se l’art. 49 del Trattato debba essere interpretato nel senso che osti
all’applicazione di una norma, quale quella prevista dall’art. 4 della legge della Regione Sardegna 11
maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione
della spesa, politiche sociali e di sviluppo), nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della
legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – Legge finanziaria
2007), secondo la quale l’imposta regionale sullo scalo turistico degli
aeromobili grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti
aeromobili da esse stesse utilizzati per il trasporto di persone nello
svolgimento di attività di aviazione
generale d’affari;
b) se lo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4
del 2006, nel testo sostituito
dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007,
nel prevedere che l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili
grava sulle sole imprese che hanno domicilio
fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti aeromobili
da esse stesse utilizzati per il trasporto di persone nello svolgimento di attività di aviazione generale d’affari,
configuri – ai sensi dell’art. 87 del Trattato – un aiuto di Stato alle imprese
che svolgono la stessa attività con domicilio fiscale nel territorio della
Regione Sardegna;
c) se l’art. 49 del Trattato debba essere interpretato nel senso che osti
all’applicazione di una norma, quale quella prevista dallo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4
del 2006, nel testo sostituito
dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007,
secondo la quale l’imposta regionale sullo scalo turistico delle unità da diporto grava sulle sole
imprese che hanno domicilio fiscale
fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti unità da diporto la cui
attività imprenditoriale consiste nel mettere a disposizione di terzi tali
unità;
d) se lo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4
del 2006, nel testo sostituito
dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007,
nel prevedere che l’imposta regionale sullo scalo turistico delle unità da diporto grava sulle sole
imprese che hanno domicilio fiscale
fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti unità da diporto la cui
attività imprenditoriale consiste nel mettere a disposizione di terzi tali
unità, configuri – ai sensi dell’art. 87 del Trattato – un aiuto di Stato alle
imprese che svolgono la stessa attività con domicilio fiscale nel territorio
della Regione Sardegna;
sospende il presente giudizio sino alla definizione delle suddette questioni pregiudiziali;
ordina l’immediata trasmissione di copia della presente ordinanza, unitamente agli atti del giudizio, alla cancelleria della Corte di giustizia CE.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 13 febbraio 2008.
F.to:
Depositata
in