ORDINANZA N. 33
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Marta CARTABIA Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge della Regione Veneto 24 febbraio 2012, n. 11 (Modifiche alla legge regionale 16 aprile 1985, n. 33 “Norme per la tutela dell’ambiente” e successive modificazioni), sostitutivo dell’art. 65-bis, comma 1, della legge della Regione Veneto 16 aprile 1985, n. 33 (Norme per la tutela dell’ambiente), promosso dal Tribunale ordinario di Verona nel procedimento vertente tra la Garda Uno Spa e la Provincia di Verona con ordinanza del 24 febbraio 2014, iscritta al n. 101 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visto l’atto di intervento della Regione Veneto.
Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 2016 il Giudice relatore Marta Cartabia.
Ritenuto che il Tribunale ordinario di Verona, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge della Regione Veneto 24 febbraio 2012, n. 11 (Modifiche alla legge regionale 16 aprile 1985, n. 33 “Norme per la tutela dell’ambiente” e successive modificazioni), nella parte in cui attribuisce alle Province il compito di irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie di competenza della Regione, previste dall’art. 133 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale);
che il giudice rimettente ritiene la questione di legittimità costituzionale rilevante, in quanto la determinazione circa la legittimità costituzionale delle disposizioni che attribuiscono alle Provincie ordinarie il potere di irrogare siffatte sanzioni amministrative sarebbe pregiudiziale alla decisione nel merito, concernente l’impugnazione di un’ordinanza di ingiunzione emanata dalla Provincia di Verona;
che, secondo il rimettente, la disposizione censurata invaderebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» e di «giurisdizione e norme processuali», determinando una violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere s) ed l), della Costituzione;
che, secondo il rimettente, anche a voler ricondurre la norma regionale censurata nell’ambito di una materia legislativa concorrente, trattandosi di determinazione dei principi fondamentali della materia, vi sarebbe comunque violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. e dei relativi principi fondamentali della materia;
che, con atto depositato in data 22 aprile 2015, è intervenuta la Regione Veneto, contestando l’ammissibilità e comunque argomentando per la manifesta infondatezza delle censure promosse dal giudice rimettente;
che la Regione interveniente, richiamando la giurisprudenza costituzionale e in particolare la sentenza n. 259 del 2004, afferma che, al fine di valutare la legittimità costituzionale di una norma, statale o regionale, attributiva di una competenza amministrativa, il parametro di riferimento è rinvenibile non tanto nell’art. 117 Cost., che attiene alla ripartizione della competenza legislativa, quanto nell’art. 118 Cost., e nel principio di sussidiarietà ivi enunciato;
che, secondo la Regione, le sanzioni amministrative, ancorché misure afflittive, devono essere distinte dalla sanzione penale (o civile), con la conseguenza che le prime non sono dunque riconducibili all’esercizio di una potestà giurisdizionale;
che, infine, sempre ad avviso dell’interveniente, il giudice ha omesso di indicare l’ambito materiale di legislazione concorrente a cui sarebbe da ascrivere la legge regionale impugnata, nonché il principio fondamentale della legislazione statale che la legge regionale avrebbe, in ipotesi, violato.
Considerato che il Tribunale ordinario di Verona dubita della legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge della Regione Veneto 24 febbraio 2012, n. 11 (Modifiche alla legge regionale 16 aprile 1985, n. 33 “Norme per la tutela dell’ambiente”, e successive modificazioni), che attribuisce alle Province ordinarie il compito di irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie di competenza della Regione, previste dall’art. 133 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere s) ed l), e terzo comma della Costituzione;
che, nei termini in cui è stata formulata, la questione presenta plurimi e insuperabili profili di inammissibilità, data, anzitutto, la evidente inconferenza del riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere s) ed l), Cost., che attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato funzioni legislative in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» e di «giurisdizione e norme processuali»;
che, in riferimento ai medesimi parametri, l’ordinanza è del tutto priva di argomentazioni che illustrino le ragioni di contrasto tra la disposizione censurata e gli invocati parametri costituzionali, ciò che, per costante giurisprudenza di questa Corte, integra a sua volta un’insuperabile ragione di inammissibilità, non essendo sufficiente l’indicazione delle norme da raffrontare, per valutare la compatibilità dell’una rispetto al contenuto precettivo dell’altra (ex plurimis, sentenze n. 120 del 2015 e n. 236 del 2011; ordinanze n. 26 del 2012, n. 321 del 2010 e n. 181 del 2009);
che analoghe carenze argomentative sono riscontrabili anche in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dato che l’ordinanza non individua la materia di legislazione concorrente che si reputa violata, né adduce motivazioni sufficienti a chiarire le ragioni per cui la disposizione censurata comporterebbe la violazione del parametro invocato;
che, rispetto al medesimo art. 117, terzo comma, Cost., l’ordinanza risulta anche carente sotto il profilo della ricostruzione del quadro normativo di riferimento (tra le tante, ordinanze n. 209 e n. 115 del 2015), con conseguente compromissione dell’«iter logico argomentativo posto a fondamento della sollevata censura» (sentenza n. 18 del 2015), ricostruzione tanto più necessaria in casi, come quello all’esame della Corte, in cui il giudizio di legittimità costituzionale non può risolversi in un mero confronto binario, dato che la legge statale (art. 135, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006), modificando il regime previgente, non prevede più esplicitamente, come invece disponeva esplicitamente l’art. 56 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), il potere delle Regioni e delle Province autonome, soggetti titolari della potestà di irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie, di delegarne l’esercizio alle Province ordinarie;
che tale omissione risulta ancora più evidente se si considera che la giurisprudenza di merito, chiamata a interpretare il citato art. 135 del d.lgs. n. 152 del 2006 nel confronto con il previgente art. 56 del d.lgs. n. 152 del 1999, esprime orientamenti giurisprudenziali contrapposti, taluni favorevoli e altri contrari al riconoscimento della facoltà di delegare alle Province il potere sanzionatorio in questione;
che, dunque, alla luce della incompleta ricostruzione normativa e del contrasto giurisprudenziale in atto, il presente giudizio appare impropriamente diretto a ottenere da questa Corte un avallo della interpretazione già ritenuta incostituzionale dal giudice rimettente (ex plurimis, ordinanze n. 198 del 2013 e n. 322 del 2010);
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente e Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 febbraio 2016.