ORDINANZA N. 163
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo GROSSI Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, lettera c), 2, punti 1-bis) e 1-ter), e 3, del disegno di legge 12 agosto 2013, n. 51-38-bis – Norme stralciate I stralcio (Norme in materia di ineleggibilità dei deputati regionali e di incompatibilità con la carica di deputato regionale e di componente della Giunta regionale), approvato dall’Assemblea regionale siciliana il 12 agosto 2013, promosso dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana, con ricorso notificato il 19 agosto 2013, depositato in cancelleria il 26 agosto 2013 ed iscritto al registro ricorsi n. 83 del 2013.
Udito nella camera di consiglio del 24 giugno 2015 il Giudice relatore Aldo Carosi.
Ritenuto che, con il ricorso in epigrafe, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, lettera c), 2, punti 1-bis e 1-ter, e 3 del disegno di legge 12 agosto 2013, n. 51-38 bis – Norme stralciate I stralcio (Norme in materia di ineleggibilità dei deputati regionali e di incompatibilità con la carica di deputato regionale e di componente della Giunta regionale), approvato dall’Assemblea regionale siciliana il 12 agosto 2013, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione;
che le disposizioni impugnate modificano gli artt. 10 e 10-ter della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea regionale siciliana), estendendo i casi di ineleggibilità e di incompabilità alla carica di deputato dell’Assemblea regionale siciliana a «funzionari», «soci», «dipendenti», anche di «enti di diritto privato», ai quali la Regione partecipa;
che, secondo il ricorrente, le citate disposizioni violerebbero gli artt. 3 e 51 Cost., poiché – alla luce del consolidato orientamento di questa Corte in materia di diritto all’elettorato passivo, annoverato tra i diritti fondamentali di cui all’art. 2 Cost., rispetto al quale le cause di ineleggibilità costituiscono un’eccezione da indicare in modo determinato e tassativo – l’estensione delle cause di ineleggibilità a soggetti privi di poteri significativi all’interno e/o all’esterno dell’ente di diritto privato, al quale la Regione partecipa, non rispetterebbe il principio di razionalità e di tassatività, stante l’estrema genericità delle dizioni «funzionari», «soci», «dipendenti», anche di «enti di diritto privato», ai quali la Regione partecipa;
che, sempre secondo il ricorrente, la menzionata estensione delle cause di ineleggibilità contrasterebbe altresì con gli artt. 3 e 97 Cost., poiché disciplinerebbe in maniera uniforme varie ipotesi rispondenti a diversi obiettivi di tutela delle elezioni, ignorando la distinta ratio ispiratrice delle medesime;
che la Regione siciliana non si è costituita in giudizio;
che, in sede di promulgazione del suddetto disegno di legge con la legge della Regione siciliana 15 gennaio 2014, n. 4 (Norme in materia di illegittimità dei deputati regionali ed incompatibilità con la carica di deputato regionale e di componente della Giunta regionale), sono state omesse le disposizioni oggetto della presente impugnazione;
che, successivamente alla proposizione del ricorso, è, peraltro, intervenuta la sentenza di questa Corte n. 255 del 2014 (pronunciata a seguito di autorimessione), che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), l’art. 31, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), come sostituito dall’art. 9, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), limitatamente alle parole «Ferma restando la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della Regione siciliana».
Considerato che, con la sopravvenuta citata sentenza n. 255 del 2014, questa Corte − sulla premessa che «il peculiare controllo di costituzionalità delle leggi […] della Regione siciliana − strutturalmente preventivo − è caratterizzato da un minor grado di garanzia dell’autonomia rispetto a quello previsto dall’art. 127 Cost.», ed in applicazione dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che introduce la «clausola di maggior favore» ai fini della più compiuta garanzia delle autonomie speciali – ha affermato che «deve […] estendersi anche alla Regione siciliana il sistema di impugnativa [successiva] delle leggi regionali, previsto dal riformato art. 127 Cost.»;
che, a tal fine, la citata sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in parte qua, della norma − ostativa a siffatta estensione − di cui all’art. 31, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), come sostituito dall’art. 9, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3);
che, in conseguenza dell’eliminazione del frammento normativo che manteneva fermo il particolare sistema di controllo delle leggi siciliane, risultano ora «non più operanti le norme statutarie relative alle competenze del Commissario dello Stato nel controllo delle leggi siciliane, alla stessa stregua di quanto affermato da questa Corte con riguardo a quelle dell’Alta Corte per la Regione siciliana (sentenza n. 38 del 1957), nonché con riferimento al potere del Commissario dello Stato circa l’impugnazione delle leggi e dei regolamenti statali (sentenza n. 545 del 1989)» (sentenza n. 255 del 2014);
che, pertanto, gli artt. 27 (sulla competenza del Commissario dello Stato ad impugnare le delibere legislative dell’Assemblea regionale siciliana), 28, 29 e 30 dello statuto di autonomia non trovano più applicazione, per effetto dell’estensione alla Regione siciliana del controllo successivo previsto dagli artt. 127 Cost. e 31 della legge n. 87 del 1953 per le Regioni a statuto ordinario, secondo quanto già affermato dalla richiamata giurisprudenza di questa Corte per le altre Regioni ad autonomia differenziata e per le Province autonome;
che ciò impedisce che il presente giudizio possa avere seguito (anche agli effetti, quindi, di una pronuncia di cessazione della materia del contendere per mancata promulgazione delle disposizioni impugnate, circostanza quest’ultima che preclude anche la concessione di un’eventuale rimessione in termini in favore della Presidenza del Consiglio dei ministri) e comporta che debba dichiararsi in limine l’improcedibilità del ricorso (sentenza n. 17 del 2002 ed ordinanze n. 228, n. 182 e n. 65 del 2002).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara improcedibile il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2015.