Ordinanza n. 12 del 2015

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ORDINANZA N. 12 *

ANNO 2015

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                  Presidente

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                 Giudice

-           Giuseppe                     FRIGO                                                      ”

-           Paolo                           GROSSI                                                    ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                               ”

-           Aldo                            CAROSI                                                    ”

-           Marta                           CARTABIA                                              ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                        ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                 ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                             ”

-           Giuliano                       AMATO                                                    ”

-           Silvana                        SCIARRA                                                  ”

-           Daria                           de PRETIS                                                 ”

-           Nicolò                         ZANON                                                     ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 aprile 2002, n. 73 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Padova nel procedimento vertente tra la Due Mondi srl e l’Agenzia delle entrate − Ufficio di Padova 2, con ordinanza del 1° marzo 2005, iscritta al n. 155 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 2015 il Giudice relatore Paolo Grossi.

Ritenuto che – nel corso di un giudizio di impugnazione dell’atto di irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria, adottato dall’Agenzia delle entrate – Ufficio di Padova 2 a carico di una società e del suo rappresentante legale, autore della accertata violazione, consistita nell’avere impiegato lavoratori dipendenti non risultanti da scritture o da altra documentazione obbligatoria – la Commissione tributaria provinciale di Padova, con ordinanza emessa il 1° marzo 2005 [pervenuta alla Corte solo in data 1° agosto 2014], ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 aprile 2002, n. 73;

che la norma censurata stabilisce che «Ferma restando l’applicazione delle sanzioni previste, l’impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatorie, è altresì punito con la sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell’importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione»;

che la Commissione rimettente ritiene che essa contrasti con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, perché determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra i datori di lavoro di lavoratori irregolari, come tali accertati all’inizio, ovvero alla fine, dell’anno solare; e perché la quantificazione in modo automatico dell’ammontare della sanzione (con lesione anche del principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla entità e gravità della violazione commessa) verrebbe fatta dipendere esclusivamente dalla data di constatazione della violazione stessa, a prescindere del tutto dall’effettiva durata del comportamento antigiuridico del trasgressore;

che, infine, la rimettente afferma la rilevanza della questione, giacché le ricorrenti nel giudizio a quo hanno dedotto che, a fronte della violazione accertata il 6 dicembre 2002, le due lavoratrici di cui trattasi erano state effettivamente assunte rispettivamente il 4 ed il 26 novembre 2002;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta inammissibilità della questione, poiché (da un lato) sollevata da un giudice carente di giurisdizione (come affermato, proprio con riferimento alle violazioni de quibus, dalla sentenza n. 130 del 2008); e (dall’altro lato) poiché già risolta, nel merito, dalla sentenza n. 144 del 2005, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma in esame, «nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione».

Considerato che, immediatamente dopo la proposizione dell’odierno giudizio di costituzionalità, con ordinanza emessa il 1° marzo 2005 [pervenuta solo in data 1° agosto 2014], con sentenza n. 144 del (4-12 aprile) 2005 questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 aprile 2002, n. 73, «nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione»;

che, a seguito di tale decisione, che «ha sostanzialmente modificato la disciplina del citato art. 3, comma 3», questa Corte (attesa l’esigenza di valutare la portata additiva della declaratoria di incostituzionalità negli altri processi principali in cui erano state sollevate analoghe questioni) ha ritenuto conseguentemente necessario un nuovo esame dei termini delle questioni e della loro perdurante rilevanza nei giudizi a quibus, ordinando pertanto la restituzione degli atti alle diverse Commissioni tributarie rimettenti (ordinanze n. 427 e n. 34 del 2006; n. 315 del 2005);

che, peraltro, medio tempore – oltre che per la menzionata declaratoria di illegittimità costituzionale della norma in parte qua –, il quadro normativo ha subíto altri radicali mutamenti;

che, innanzitutto, il legislatore ha modificato il contenuto precettivo della norma oggetto di censura nel presente giudizio di costituzionalità;

che, dapprima, l’art. 36-bis, comma 7, lettera a), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248, ha sostituito il testo originario del censurato comma 3 dell’art. 3 del d.l. n. 12 del 2002 con la seguente disposizione: «Ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria è altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata»;

che, successivamente, l’art. 4 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro) – sostituendo nuovamente l’impugnato art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002, come già modificato dall’art. 36-bis del d.l. n. 223 del 2006 – ha previsto quanto segue: «Ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo. L’importo delle sanzioni civili connesse all’evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento»;

che, di recente, un ulteriore mutamento del quadro normativo è derivato dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato art. 36-bis, comma 7, lettera a), del d.l. n. 223 del 2006 (che, come detto, aveva sostituito l’originario testo della norma censurata) nella parte in cui stabiliva che «L’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata» (sentenza n. 254 del 2014);

che, infine, sotto diverso profilo, nelle more è intervenuta anche la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche là dove esse (come, appunto, specificamente quelle concernenti l’irrogazione della sanzione per l’impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatoria previste dalla stessa norma censurata) conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria (sentenza n. 130 del 2008);

che, in conseguenza di tutto ciò, va ordinata la restituzione degli atti al giudice rimettente, perché questi (valutata anche la propria giurisdizione a conoscere della controversia principale) proceda ad un nuovo esame circa la sussistenza degli altri presupposti di rilevanza e di non manifesta infondatezza della sollevata questione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Padova.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il [9 febbraio 2015: data sostituita dalla seguente: 28 gennaio 2015., con ordinanza correttiva n. 69 del 2015]

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2015.

 


* V. l’ord. n. 69 del 2015 di correzione di errore materiale (ndr).