ORDINANZA N. 427
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito con modificazioni in legge 23 aprile 2002, n. 73, (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare), in relazione all’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso con ordinanza del 17 febbraio 2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Alessandria, nel procedimento tributario vertente tra WHITE E BLACK Distribuzioni Discografiche s.r.l. e l’Agenzia delle entrate – Ufficio di Tortona, iscritta al n. 138 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2006 il Giudice relatore Ugo De Siervo.
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Alessandria, con ordinanza in data 17 febbraio 2005, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), nel testo risultante dalla legge di conversione 23 aprile 2002, n. 73 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare), in relazione all’art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), per contrasto con l’art. 102, secondo comma, e con la VI disposizione transitoria della Costituzione, e, «in via subordinata», per violazione dell’art. 3 Cost.;
che il rimettente, premesso di essere chiamato a pronunciarsi sul ricorso proposto da una società avverso il provvedimento di irrogazione della sanzione amministrativa di cui all’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 emesso dall’Agenzia delle entrate, ritiene di «eccepire d’ufficio» due motivi di incostituzionalità della norma richiamata;
che, innanzitutto, in forza del combinato disposto dell’art. 3 del decreto-legge n. 12 del 2002 e dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, la designazione, da parte del legislatore, dell’Agenzia delle entrate quale ufficio competente alla irrogazione della sanzione di cui all’art. 3 del decreto-legge n. 12 del 2002, determinerebbe la estensione della giurisdizione delle commissioni tributarie ad una materia estranea al processo tributario, quale sarebbe appunto l’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato cosiddetto “sommerso”, in contrasto con l’art. 102, secondo comma, e con la VI disposizione transitoria della Costituzione che, secondo l’insegnamento di questa Corte (sentenza n. 144 del 1998), porrebbero quale limite per il riordino delle giurisdizioni speciali quello di non snaturare le materie attribuite alla loro competenza;
che, «in via subordinata», il rimettente eccepisce l’incostituzionalità dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 per violazione dell’art. 3 Cost., dal momento che esso, nell’indicare come dies a quo del periodo cui commisurare la sanzione un termine fisso, e cioè il primo giorno dell’anno, determinerebbe disparità di trattamento in quanto prescinderebbe dalla durata effettiva del rapporto di lavoro irregolare;
che la Commissione tributaria ritiene in re ipsa la rilevanza delle questioni prospettate, in quanto il giudizio sulla legittimità della irrogazione della sanzione dipenderebbe comunque dalla «permanenza nell’ordinamento» dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002, convertito nella legge n. 73 del 2002;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha eccepito l’inammissibilità della questione dal momento che questa sarebbe formulata in maniera del tutto generica e senza l’indicazione dell’oggetto e dei termini della controversia;
che – ad avviso dell’Avvocatura – inammissibile sarebbe anche la censura riguardante la giurisdizione del giudice tributario, dal momento che questa Corte, con sentenza n. 144 del 2005, ha affermato che, pur in presenza di contrasti giurisprudenziali, la competenza del giudice tributario «non appare implausibile»;
che, con ordinanza 10 febbraio 2006, n. 2888, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno esaminato analoga questione, affermando la sussistenza della giurisdizione del giudice tributario;
che, osserva ancora l’Avvocatura, tale conclusione appare ragionevole in quanto si tratta di sanzioni connesse a violazioni che «presentano un collegamento oggettivo con obblighi (anche) fiscali cui l’impresa soggiace»;
che, peraltro, l’accertamento e la contestazione delle violazioni avvengono al termine di un procedimento di verifica condotto applicando le medesime norme procedurali sugli accertamenti di imposta, stante il rinvio al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), operato dall’art. 3, comma 5, del decreto-legge n. 12 del 2002;
che, secondo l’Avvocatura, la censura relativa al contrasto con l’art. 3 Cost. sarebbe, infine, manifestamente inammissibile e comunque infondata, essendo la stessa già stata accolta dalla Corte con la sentenza n. 144 del 2005.
Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 144 del 2005, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, decreto-legge n. 12 del 2002, convertito nella legge n. 73 del 2002, nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell'anno in cui è stata constatata la violazione;
che, successivamente, è intervenuto il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha modificato l’art. 3 del decreto-legge n. 12 del 2002, sostituendo i commi 3 e 5 del medesimo;
che il nuovo testo dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 prevede, per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione, la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo, stabilendo altresì che «l’importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata»;
che il vigente comma 5 attribuisce la competenza ad irrogare la suddetta sanzione alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competente;
che, pertanto, occorre disporre la restituzione degli atti al giudice rimettente per un nuovo esame della rilevanza di entrambe le questioni dal medesimo sollevate, alla luce del mutato quadro normativo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Alessandria.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2006.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2006.