ORDINANZA N. 252
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giuseppe TESAURO Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), in combinato disposto con l’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), modificato dall’art. 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), come sostituito dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), promosso dal Tribunale di Milano nel procedimento vertente tra A.G.L.J. ed altri, quali esercenti la potestà genitoriale sul minore M.M.K.Z., e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), con ordinanza del 24 dicembre 2012, iscritta al n. 63 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visto l’atto di costituzione dell’INPS;
udito nella camera di consiglio del 24 settembre 2014 il Giudice relatore Paolo Grossi.
Ritenuto che, con ordinanza del 24 dicembre 2012, il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 32, 38 e 117 della Costituzione, in relazione all’art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU), questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001) e dell’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), «nella parte in cui subordinano la concessione della pensione di inabilità e dell’indennità di accompagnamento, agli stranieri legalmente soggiornanti sul territorio dello Stato, al possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo e, dunque, anche al requisito della durata del soggiorno medesimo che sia attestata dal possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, oltre all’esigenza di superare il test di lingua italiana»;
che il giudice a quo premette di essere stato investito da due ricorsi – poi riuniti – proposti per ottenere l’indennità di accompagnamento di cui all’art. 1 della legge 21 novembre 1988, n. 508 (Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti) [succeduto, nella relativa disciplina, alla legge 11 febbraio 1980, n. 18 (Indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili)] e, quanto ad uno dei due ricorsi, anche la pensione di invalidità di cui all’art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili), negate dall’INPS ai richiedenti «per il difetto del possesso del permesso di soggiorno di lunga durata»;
che, costituitosi nel giudizio principale, l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ha rilevato come le sentenze della Corte costituzionale n. 306 del 2008 e n. 11 del 2009 abbiano dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme ora all’esame solo nella parte in cui i benefici in questione erano preclusi nei confronti degli stranieri privi dei requisiti di reddito stabiliti già per la carta di soggiorno e poi, in virtù delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), per il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, dovendosi, con ciò, ritenere consentito stabilire limitazioni per le provvidenze in ragione del carattere episodico o di breve durata del soggiorno degli stranieri;
che la questione risulterebbe rilevante nel giudizio a quo, dal momento che le parti attrici, pur titolari di un permesso di soggiorno da oltre un anno, non posseggono i requisiti di permanenza quinquennale per poter ottenere il permesso di soggiorno di lunga durata;
che, tenuto conto delle richiamate pronunce della Corte costituzionale, andrebbe dunque esclusa, agli effetti del conseguimento delle provvidenze oggetto dei ricorsi, la portata preclusiva dei limiti di reddito, restando, tuttavia, operanti le ulteriori condizioni e i requisiti previsti per l’ottenimento del permesso di soggiorno di lunga durata;
che, quanto alla tesi, prospettata dall’INPS, secondo cui sarebbe fatta salva la condizione di non episodicità e di non breve durata della permanenza degli stranieri ai fini della ammissione ai benefici di che trattasi, il giudice rimettente osserva come la questione sarebbe divenuta «di nuova attualità» al lume della ulteriore giurisprudenza costituzionale, adottata con riferimento alle provvidenze assistenziali specifiche di cui alle discipline volta per volta scrutinate (sentenze n. 187 del 2010 e n. 329 del 2011);
che, dunque, verrebbero chiamati in causa i princìpi di uguaglianza e di ragionevolezza, di cui all’art. 3 Cost., e l’art. 117 Cost., in relazione all’art. 14 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in tema di non discriminazione in materia di prestazioni sociali;
che le considerazioni svolte, in particolare, nella sentenza n. 187 del 2010 con riguardo all’assegno di invalidità, di cui all’art. 13 della legge n. 118 del 1971, varrebbero, a maggior ragione, per la pensione di inabilità di cui all’art. 12 della stessa legge, trattandosi di provvidenza stabilita per persone che versano in condizioni peggiori di quelle delle prime;
che le medesime considerazioni andrebbero svolte anche relativamente alla indennità di accompagnamento, trattandosi di prestazione destinata, indipendentemente dal reddito, al soddisfacimento di bisogni primari inerenti alla sfera della tutela della persona, indipendentemente dal reddito dell’interessato;
che, infatti, «nel bilanciamento tra l’esigenza di tutelare il diritto alla salute e alla dignità della persona e l’esigenza di una verifica che lo straniero sia ormai stabile sul territorio italiano», le previsioni censurate risulterebbero «sproporzionate per i mezzi approntati rispetto al fine da perseguirsi»;
che, quanto al previsto «test in lingua italiana», i ricorrenti nel giudizio principale, in quanto privi del requisito del quinquennio di permanenza, non potrebbero neppure essere sottoposti alla relativa prova;
che, dovendosi escludere, infine, la possibilità di una interpretazione adeguatrice, atteso l’univoco tenore delle disposizioni in esame, e la praticabilità di una disapplicazione della normativa coinvolta, in quanto l’art. 14 della CEDU è norma di principio e non di efficacia diretta nell’ordinamento interno, la questione non potrebbe che essere risolta dal giudice delle leggi;
che nel giudizio si è costituito l’INPS, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità della questione, atteso che le disposizioni censurate sono state già dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza n. 40 del 2013, proprio nella parte in cui subordinavano al requisito della titolarità della carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno di lunga durata) la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della indennità di accompagnamento di cui all’art. 1 della legge n. 18 del 1980 e della pensione di inabilità di cui all’art. 12 della legge n. 118 del 1971.
Considerato che il Tribunale di Milano, con ordinanza del 24 dicembre 2012, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 32, 38 e 117 della Costituzione, in relazione all’art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU), questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001) e dell’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), «nella parte in cui subordinano la concessione della pensione di inabilità e dell’indennità di accompagnamento, agli stranieri legalmente soggiornanti sul territorio dello Stato, al possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo e, dunque, anche al requisito della durata del soggiorno medesimo che sia attestata dal possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, oltre all’esigenza di superare il test di lingua italiana»;
che questa Corte – come anche rilevato dallo stesso INPS costituitosi nel giudizio – ha dichiarato, con la sentenza n. 40 del 2013, successiva all’ordinanza di rimessione, l’illegittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell’indennità di accompagnamento di cui all’art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18 (Indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili) e della pensione di inabilità di cui all’art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili);
che, d’altra parte, la questione relativa al denunciato art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998 non appare dotata di specifica autonomia agli effetti del petitum perseguito dall’ordinanza di rimessione, essendo quest’ultimo evidentemente diretto a rimuovere la previsione di una preclusione generale per i cittadini extracomunitari, originata, anche in riferimento alle provvidenze in discorso, dal censurato art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000;
che la questione proposta è, dunque, divenuta priva di oggetto e va, così, dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001) e dell’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), «nella parte in cui subordinano la concessione della pensione di inabilità e dell’indennità di accompagnamento, agli stranieri legalmente soggiornanti sul territorio dello Stato, al possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo e, dunque, anche al requisito della durata del soggiorno medesimo che sia attestata dal possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, oltre all’esigenza di superare il test di lingua italiana», sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 32, 38 e 117 della Costituzione, in relazione all’art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU), dal Tribunale di Milano con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2014.
F.to:
Giuseppe TESAURO, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2014.