ORDINANZA N. 113
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1 e 3, della legge della Regione Marche 29 giugno 2012, n. 22 (Disposizioni per il personale dei consorzi di sviluppo industriale e modifica della legge regionale 15 novembre 2010, n. 16 “Assestamento del bilancio 2010”), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 5-7 settembre 2012, depositato in cancelleria l’11 settembre 2012 ed iscritto al n. 120 del registro ricorsi 2012.
Udito nella camera di consiglio dell’8 maggio 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.
Ritenuto che, con ricorso notificato il 5 settembre 2012 e depositato il successivo 11 settembre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 97, terzo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1 e 3, della legge della Regione Marche 29 giugno 2012, n. 22 (Disposizioni per il personale dei consorzi di sviluppo industriale e modifica della legge regionale 15 novembre 2010, n. 16 “Assestamento del bilancio 2010”);
che la disposizione regionale impugnata, al comma 1, dispone che «Prima di procedere all’espletamento delle procedure concorsuali per la copertura dei posti vacanti in organico, i Comuni e le Province che fanno parte rispettivamente del Consorzio di sviluppo industriale delle Valli del Tronto, dell’Aso e del Tesino di cui alla legge regionale 4 dicembre 2008, n. 35 (Riordino del Consorzio di sviluppo industriale delle Valli del Tronto, dell’Aso e del Tesino) e del Consorzio di sviluppo industriale del Fermano di cui alla legge regionale 1° giugno 1999, n. 16 (Istituzione del Consorzio di sviluppo industriale del Fermano), attivano le procedure di mobilità previste dall’articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), provvedendo in via prioritaria all’immissione in ruolo dei dipendenti del Consorzio di sviluppo industriale che facciano domanda di trasferimento»;
che, secondo il ricorrente, la disposizione censurata – nel prevedere che i Comuni e le Province, che fanno parte rispettivamente dei Consorzi di sviluppo industriale delle Valli del Tronto, dell’Aso e del Tesino e del Consorzio di sviluppo industriale del Fermano (consorzi che hanno natura di enti pubblici economici) debbano provvedere, primariamente, alla copertura di posti vacanti in organico mediante attivazione delle procedure di mobilità previste dall’art. 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), preordinate alla immissione in ruolo dei dipendenti dei predetti Consorzi che ne facciano domanda, − si pone in contrasto con l’art. 97, terzo comma, Cost.;
che, infatti, prosegue il Presidente del Consiglio, tale parametro costituzionale stabilisce che l’accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni possa avvenire, salvo i casi stabiliti dalla legge, solo per pubblico concorso, secondo quanto più volte ribadito dalla giurisprudenza costituzionale, la quale ha ritenuto che il «concorso pubblico − quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito − costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni. Esso è posto a presidio delle esigenze di imparzialità e di efficienza dell’azione amministrativa» (sentenza n. 363 del 2006);
che, inoltre, sempre a detta dell’Avvocatura dello Stato, i Consorzi di sviluppo industriale hanno natura di Enti pubblici economici (ex legge 5 ottobre 1991, n. 317, recante «Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese»), e, conseguentemente, i rapporti di lavoro da questi ultimi costituiti con i propri dipendenti sono rapporti di lavoro di natura privatistica, disciplinati dalle norme di diritto privato, nonché dai Contratti collettivi nazionali di lavoro di settore;
che appare pertanto evidente come, con la disposizione censurata, il legislatore regionale abbia inteso estendere l’ambito di applicazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 200l, il quale, al contrario, può trovare applicazione esclusivamente nei riguardi del personale appartenente alle pubbliche amministrazioni, secondo quanto previsto dall’art. l, comma 2, del medesimo decreto legislativo;
che, di conseguenza, con la disposizione regionale censurata si è data la possibilità alle Province e ai Comuni che fanno parte dei Consorzi di cui all’art. 1, comma 1, della legge regionale in esame, di immettere in ruolo personale senza aver superato un pubblico concorso, violando, pertanto, il principio stabilito, per l’accesso presso le pubbliche amministrazioni, dall’art. 97, terzo comma, Cost.;
che il ricorrente ritiene, poi, costituzionalmente illegittimo anche il comma 3 dell’art. 1 della legge reg. n. 22 del 2012, là dove lo stesso stabilisce «Le spese per il personale dei Consorzi di cui al comma 1 trasferito ai Comuni e alle Province consorziate, a seguito della soppressione di servizi gestiti in forma associata per conto dei consorziati, non sono computate ai fini dell’articolo l, commi 557 e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2007) e dell’articolo 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;
che, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, infatti, detta norma (peraltro, da considerarsi già costituzionalmente illegittima, in via consequenziale, per la stretta correlazione con il precedente comma 1), nello stabilire la non computabilità della spesa derivante dall’immissione nei ruoli delle Province e dei Comuni del personale dei Consorzi di sviluppo industriale di cui al comma 1, violerebbe l’art.117, terzo comma, Cost., in quanto − in materia di coordinamento della finanza pubblica − sarebbe in contrasto con i principi fondamentali dettati dall’art. 1, commi 557 e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2007), e dall’art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria);
che infatti − prosegue la parte ricorrente − la sopra ricordata normativa statale, complessivamente intesa, è volta a prevedere che «ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interna assicurino la riduzione complessiva delle spese di personale», «garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale», e a porre, altresì, il divieto di assunzione di personale per gli enti nei quali l’incidenza delle spese relative al personale sia pari o superiore al cinquanta per cento;
che, in particolare, con l’art. 1, comma 557, della 1egge n. 296 del 2006, ritenuto da questa Corte «principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica» (cfr. sentenze n. 212 del 2012 e n. 108 del 2011), il legislatore nazionale ha fissato alcuni principi fondamentali al riguardo, volti sia alla riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, sia al contenimento delle dinamiche retributive, nonché alla razionalizzazione e allo snellimento delle strutture burocratico amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici, con l’obiettivo di ridurre l’incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico;
che, pertanto, con tali norme, il legislatore statale ha inteso fissare principi di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., ai quali le Regioni non possono derogare, e che tanto meno possono modificare nell’esercizio della propria potestà legislativa concorrente;
che, di conseguenza, il legislatore regionale, con il comma 3 del citato art. 1, introducendo una deroga all’applicazione della sopra ricordata normativa statale, espressione di principi di coordinamento della finanza pubblica, è venuto a travalicare ampiamente l’ambito della propria potestà legislativa concorrente, violando l’art. 117, terzo comma, Cost.;
che, conclusivamente, alla luce di quanto sopra esposto, per la difesa pubblica, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 3, della legge della Regione Marche n. 22 del 2012;
che la Regione Marche non si è costituita;
che, successivamente alla proposizione del ricorso, la norma regionale impugnata è stata abrogata dall’art. 32 della legge della Regione Marche 27 novembre 2012, n. 37 (Assestamento del bilancio 2012);
che, a seguito di tale abrogazione, in data 9 aprile 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato atto di rinuncia al ricorso, con la corrispondente delibera adottata dal Consiglio dei ministri il 27 marzo 2013.
Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1 e 3, della legge della Regione Marche 29 giugno 2012, n. 22 (Disposizioni per il personale dei consorzi di sviluppo industriale e modifica della legge regionale 15 novembre 2010, n. 16 “Assestamento del bilancio 2010”), in riferimento agli articoli 3, 97, terzo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione;
che la Regione Marche non si è costituita;
che, nelle more del giudizio, la legge della Regione Marche 27 novembre 2012, n. 37 (Assestamento del bilancio 2012), in particolare con l’art. 32, ha abrogato 1a disposizione impugnata;
che, a seguito di ciò, il ricorrente ha rinunciato al ricorso;
che, in mancanza di costituzione in giudizio della Regione resistente, l’intervenuta rinuncia al ricorso determina, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo (ex plurimis, ordinanze n. 37 del 2013 e n. 302 del 2012).
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2013.