SENTENZA N. 71
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
- Paolo GROSSI “
- Giorgio LATTANZI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate) promosso dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Puglia nel procedimento vertente tra Pagliarulo Giuseppe ed altro ed il Ministero della Difesa con ordinanza del 24 maggio 2010 iscritta al n. 300 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2011 il Giudice relatore Luigi Mazzella.
Ritenuto in fatto
1. – La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con ordinanza del 24 maggio 2010, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, con riferimento all’art. 3 della Costituzione (per lesione del principio della tutela del legittimo affidamento), dell’art. 31, comma 4, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate), nella parte in cui dispone che ai fini della determinazione della indennità di ausiliaria – per i militari che alla data del 31 agosto 1995 si trovavano in detta posizione – restano fermi i livelli retributivi stabiliti dall’art. 1 della legge 2 febbraio 1993, n. 23, di conversione del decreto-legge 4 dicembre 1992, n. 469 (Norme in materia di trattamento economico dei sottufficiali delle Forze armate, nonché di spese connesse alla crisi del Golfo Persico).
1.1. – Riferisce il giudice rimettente che con atto di ricorso depositato in data 7 febbraio 1997 due sottufficiali in ausiliaria, rispettivamente dell’Aeronautica e della Marina militare, collocati in ausiliaria alla data del 31 agosto 1995, lamentavano di non aver potuto beneficiare, ai sensi della norma impugnata, dell’adeguamento dell’indennità di ausiliaria al nuovo trattamento economico previsto per il personale non direttivo delle Forze armate con decorrenza dal 1° settembre 1995. Trattamento determinato dal d.P.R. 31 luglio 1995, n. 394 (Recepimento del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze Armate – Esercito, Marina e Aeronautica), avuto riguardo al riordino delle carriere introdotto dal decreto d.lgs. n. 196 del 1995 e, segnatamente, alla disciplina transitoria dettata dallo stesso decreto, giusta la quale si é dato luogo ad una generalizzata promozione, a far data dal 1° settembre 1995, di tutti i sottufficiali in possesso dei requisiti individuati da tale disciplina transitoria (art. 34 del d.lgs. n. 196 del 1995). Diversamente, in base all’art. 46 della legge 10 maggio 1983 n. 212 (Norme sul reclutamento, gli organici e l’avanzamento dei sottufficiali dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e della Guardia di finanza), «Al sottufficiale in ausiliaria compete, in aggiunta al trattamento di quiescenza, una indennità annua lorda pari all’80 per cento della differenza tra il trattamento normale di quiescenza percepito ed il trattamento economico onnicomprensivo spettante nel tempo, da attribuire virtualmente ai soli fini pensionistici, al pari grado in servizio e con anzianità servizio corrispondente a quella posseduta dal sottufficiale all’atto del collocamento in ausiliaria [...]».
1.2. – Secondo la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, la questione di legittimità costituzionale – data per scontata la rilevanza della stessa in quanto sollevata nel giudizio promosso dai due militari per il riconoscimento del diritto all’adeguamento dell’indennità di ausiliaria ai nuovi livelli retributivi del personale in servizio – non è manifestamente infondata.
Premette il rimettente che, a partire dalla sentenza n. 416 del 1999, la Corte costituzionale ha riconosciuto il valore autonomo del principio del legittimo affidamento ai fini del sindacato di legittimità costituzionale, riconducendolo all’art. 3 Cost. ed al criterio di ragionevolezza della legge.
Sarebbe quindi desumibile anche dalla corposa giurisprudenza costituzionale richiamata al riguardo, che ledono l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, non solo le normative comportanti un pregiudizio assoluto ed irrevocabile, come sarebbe quella intesa ad eliminare del tutto il trattamento pensionistico, ma anche le regole di diritto transitorio, modificative in peius della disciplina dei rapporti di durata, le quali adottino soluzioni irragionevoli, trasmodando in un regolamento irrazionale ovvero incidendo arbitrariamente sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti (sentenze n. 206 del 2009 e n. 179 del 1996).
Osserva, dunque, il giudice a quo che la norma impugnata – con formulazione inequivoca tale da rendere impossibile qualunque tentativo di interpretazione adeguatrice – sarebbe venuta ad incidere sfavorevolmente sul trattamento del personale in posizione di ausiliaria alla data del 31 agosto 1995, così contravvenendo al principio di tutela dell’affidamento. Ad avviso del giudice a quo, infatti, «esiste un ragionevole affidamento da parte di coloro che alla data del 31 agosto 1995 si trovavano collocati nella posizione di ausiliaria al costante allineamento della indennità di ausiliaria, nella misura differenziale dell’80 per cento, alla dinamica degli stipendi corrisposti al personale di pari qualifica in servizio ai sensi dell’art. 46 della legge 10 maggio 1983, n. 212».
2. – Con atto depositato il 2 novembre 2010 è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, instando per la dichiarazione di manifesta inammissibilità – o, comunque, d’infondatezza – della questione sollevata dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con l’ordinanza succitata.
2.1. – La difesa dello Stato rimarca in via preliminare l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, del d.lgs. n. 196 del 1995 per omessa motivazione dell’ordinanza di rimessione sulla rilevanza della norma censurata ai fini della definizione del giudizio principale. Motivazione nella specie tanto più necessaria, perché il principio costituzionale del legittimo affidamento non potrebbe essere leso da una norma, come quella impugnata, che non incide con efficacia retroattiva su situazioni sostanziali basate su leggi anteriori.
2.2. – Delineata, alla luce della giurisprudenza costituzionale, la portata del principio del legittimo affidamento – quale parametro enucleato dall’art. 3 Cost. onde assicurare che l’intervento legislativo avente efficacia retroattiva trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza – e ricostruito il quadro normativo di riferimento, la difesa dello Stato argomenta nel senso dell’infondatezza del dubbio di costituzionalità sollevato dal giudice a quo.
Innanzitutto, perché l’art. 31 del d.lgs. n. 196 del 1995 non avrebbe alcuna efficacia retroattiva, limitandosi a precisare che, ai fini della determinazione dell’indennità di ausiliaria spettante al personale già collocato in ausiliaria alla data del 31 agosto 1995, restano in vigore i livelli retributivi previsti dall’art. 1 della legge 2 febbraio 1993, n. 23, norma a quell’epoca vigente. Sicché, nessuna modifica retroattiva della situazione consolidata sarebbe stata introdotta, poiché il legislatore, innovando il trattamento retributivo dei militari in servizio, non avrebbe scalfito quello di coloro che erano già stati collocati in ausiliaria. Mentre i ricorrenti nel giudizio principale, versanti in tale situazione, avrebbero potuto invocare un legittimo affidamento solo se il legislatore, con una norma avente efficacia retroattiva, avesse inciso sulle modalità di calcolo dell’indennità di ausiliaria in godimento, riformando in peius la base di calcolo già utilizzata alla data del 31 agosto 1995. A tale proposito, la difesa dello Stato richiama la decisione, resa in una fattispecie sovrapponibile alla presente, con cui la Corte costituzionale ha chiarito che la nuova disciplina «venendo ad incidere sulla retribuzione dei pari grado in servizio ha dettato una disciplina circoscritta a quel personale posto in ausiliaria a far data dall’entrata in vigore del suddetto decreto (1° settembre 1995) e non al personale per il quale quel raccordo con la posizione del pari grado in servizio già si trovava cristallizzato [...] all’atto del collocamento in ausiliaria» (sentenza n. 126 del 2000).
In secondo luogo, e di conserva, perché nel descritto contesto non potrebbe essere sorto alcun legittimo affidamento dei sottufficiali collocati in ausiliaria al 31 agosto 1995 nel costante allineamento delle posizioni di ausiliaria con quelle di servizio effettivo, ma al più un’aspettativa di mero fatto in un miglioramento economico, inidonea a delimitare l’ampia discrezionalità del legislatore in questa materia.
In terzo luogo, perché, anche nella denegata ipotesi in cui i militari collocati in ausiliaria alla data del 31 agosto 1995 potessero vantare un legittimo affidamento a che l’indennità di cui all’art. 46 della legge n. 212 del 1983 restasse agganciata agli adeguamenti retributivi del personale in servizio, la norma censurata sarebbe conforme al canone di ragionevolezza previsto dalla Costituzione. Infatti, la difesa dello Stato muove dalla premessa che l’ordinamento innovativo varato dal d.lgs. n. 195 del 1996 ha trasformato le Forze armate in un corpo moderno e di professionisti, impegnato anche in numerose missioni estere, ed istituito un trattamento retributivo coerente con queste particolarità, come pure con le concrete disponibilità finanziarie del bilancio statale. Pertanto, nel mutato quadro ordinamentale, il contingente disallineamento delle posizioni di servizio effettivo e di ausiliaria sarebbe frutto di una scelta discrezionale del legislatore perfettamente ragionevole, avendo egli avuto riguardo, nel delineare i concreti strumenti perequativi adottati, alle differenze tra le forze armate precedenti e susseguenti alla novella legislativa, nonché alle esigenze finanziarie e di bilancio.
Non varrebbe, inoltre, lamentare, sotto il profilo della ragionevolezza e dell’uguaglianza, una ingiustificata discriminazione di personale in identica posizione (ausiliaria) sulla base di un elemento accidentale, quello, cioè, di trovarsi in servizio alla data del 1° settembre 1995, perché – come la Corte costituzionale più volte ha ribadito – lo stesso fluire del tempo può costituire un elemento diversificatore (sentenze n. 126 del 2000, n. 177 del 1999 e n. 311 del 1995).
Né, infine, potrebbe censurarsi una ingiustificata disparità di trattamento tra il personale rimasto in ausiliaria e coloro che sono stati richiamati in servizio, essendo evidenti le notevoli differenze fra queste due posizioni (vedi ancora sentenza n. 126 del 2000).
Considerato in diritto
1. – Viene all’esame di questa Corte la questione di legittimità costituzionale sollevata, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, relativamente all’art. 31, comma 4, del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate), in riferimento all’art. 3 della Costituzione (per lesione del principio della tutela del legittimo affidamento).
2. – La Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Puglia sospetta d’illegittimità costituzionale la norma succitata, «nella parte in cui dispone che ai fini della determinazione della indennità di ausiliaria - per i militari che alla data del 31 agosto 1995 si trovavano in detta posizione - sono restati fermi i livelli retributivi stabiliti dall’art. 1 della legge n. 23 del 1993».
Tale disposizione porrebbe le norma censurata in contrasto con il principio del legittimo affidamento, il quale assurge, nella prospettiva del giudice rimettente, a valore autonomo, ai fini del sindacato di legittimità costituzionale, ricavabile dall’art. 3 Cost. e dal criterio di ragionevolezza della legge.
3. – Preliminarmente, va esaminata l’eccezione d’inammissibilità della questione per omessa motivazione sulla rilevanza della norma censurata, proposta dall’intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri sul presupposto che il principio dell’affidamento, su cui essenzialmente si fonda il dubbio di legittimità costituzionale sollevato dal rimettente, è radicato sull’irragionevolezza delle norme retroattive riduttive di diritti acquisiti in forza di leggi previgenti. In contrasto con la stessa impostazione prescelta, il giudice a quo non avrebbe speso alcuna argomentazione per accreditare il carattere retroattivo della norma impugnata.
L’eccezione, così formulata, dev’essere disattesa.
La rilevanza della questione emerge chiaramente dall’incidenza della norma impugnata sull’indennità di ausiliaria percepita dai ricorrenti nel giudizio principale. Senza l’esclusione da essa disposta, infatti, l’adeguamento ai nuovi livelli economici riconosciuti al personale in servizio discenderebbe dalla disciplina generale, secondo cui l’indennità di ausiliaria dev’essere progressivamente allineata al trattamento economico spettante al personale di pari grado in servizio.
3.1. – Ancora preliminarmente, dev’essere rimarcato che, malgrado la sopravvenuta abrogazione dell’art. 31, comma 4, del d.lgs. n. 196 del 1995 (insieme con tutto il d.lgs. citato), a decorrere dall’entrata in vigore del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare) – ossia in data 8 ottobre 2010 (art. 2268, comma 1, n. 911, d.lgs. ult. cit., in combinato disposto con l’art. 2272, comma 1, del medesimo d.lgs.) –, persiste la rilevanza della questione proposta, stante l’evidente applicabilità ratione temporis della norma censurata alla fattispecie dedotta nel giudizio principale.
4. – Nel merito, la questione non è fondata.
4.1. – L’indennità di ausiliaria ha natura di componente accessoria del trattamento di quiescenza e si collega al peculiare status del personale militare, il quale, al raggiungimento di un’età anticipata rispetto alla generalità dei pubblici dipendenti, è collocato a riposo e, dunque, comincia a percepire il trattamento di quiescenza, ma mantiene obblighi di servizio e può essere richiamato al lavoro, assumendo la qualifica di personale «in ausiliaria».
Secondo l’art. 46 della legge 10 maggio 1983, n. 212 (Norme sul reclutamento, gli organici e l’avanzamento dei sottufficiali dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e della Guardia di finanza), al sottufficiale collocato in ausiliaria è dovuta una indennità annua lorda, pari all’80 per cento della differenza tra il trattamento normale di quiescenza percepito ed il trattamento economico omnicomprensivo spettante nel tempo, da attribuire virtualmente a fini pensionistici, al pari grado in servizio e con anzianità corrispondente a quella posseduta dal sottufficiale all’atto del collocamento in ausiliaria. Tale norma, vigente alla data di entrata in vigore dell’art. 31, comma 4, del d.lgs. n. 196 del 1995, è stata sostanzialmente trasfusa nell’art. 28 dello stesso decreto legislativo.
L’art. 31, comma 4, del d.lgs. n. 196 del 1994 – nel quadro di un disegno di riforma delle carriere del personale militare con gradi di sottufficiale attuato con un’articolata disciplina di riqualificazione accompagnata da incrementi stipendiali – prevede: «Al personale che alla data del 31 agosto 1995 si trova nella posizione di ausiliaria, non si applicano le disposizioni del presente decreto legislativo, ai fini dell’adeguamento dell’indennità di cui all’art. 46 della legge 10 maggio 1983, n. 212, e successive modificazioni ed integrazioni. Ai fini della determinazione dell’indennità di ausiliaria spettante al medesimo personale, restano in vigore i livelli retributivi previsti dall’art. 1 della legge 2 febbraio 1993, n. 23».
In tal modo, la norma censurata ha escluso l’adeguamento dell’indennità di ausiliaria, maturata da coloro che si trovavano in tale posizione alla data del 31 agosto 1995, ai nuovi stipendi correlativamente fissati dal d.P.R. 31 luglio 1995, n. 394 (Recepimento del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze Armate – Esercito, Marina e Aeronautica) a partire dal 1° settembre 1995.
Diversamente, essa ha fissato l’importo dell’indennità di ausiliaria in godimento sulla base dei livelli retributivi previsti dall’art. 1 della legge 2 febbraio 1993, n. 23 (Conversione in legge del decreto-legge 4 dicembre 1992, n. 469, recante norme in materia di trattamento economico dei sottufficiali delle Forze armate, nonché di spese connesse alla crisi del Golfo Persico); norma sino a quell’epoca vigente. Nessuna reformatio in peius del trattamento in godimento, dunque, ma solo un suo mancato adeguamento – a valere dal 1° settembre 1995 in avanti – agli incrementi retributivi conseguiti dal personale in servizio.
In definitiva, la norma sospettata conserva il peculiare meccanismo di indicizzazione dell’indennità di ausiliaria, ma ne cristallizza il valore parametrico, costituito dalla retribuzione dei pari grado in servizio, nelle misure esistenti alla data di entrata in vigore della legislazione di riforma.
4.2. – Così ricostruiti i termini della disposizione censurata, non può dirsi violato alcun principio di affidamento.
In primo luogo, la norma in esame non incide retroattivamente sulle modalità di computo dell’indennità di ausiliaria in godimento, né restringendo la base di calcolo già utilizzata alla data del 31 agosto 1995, né decurtandone altrimenti l’entità, ma si limita a ricalibrare l’automatismo di cui all’art. 46 del d.lgs. n. 212 del 1983 (ribadito «a regime» dall’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 196 del 1995), ancorandolo ai livelli retributivi già previsti dall’art. 1 della legge n. 23 del 1993.
Tale rimodulazione del trattamento di ausiliaria si giustifica con il fatto che la disciplina innovativa, varata con il d.lgs. n. 196 del 1995, anche sotto il profilo economico, era destinata esclusivamente al personale in servizio alla data del 1° settembre 1995, e solo se posto in ausiliaria a partire dalla predetta data.
Questa Corte, chiamata a scrutinare un’analoga disposizione, riguardante il personale dell’Arma dei carabinieri, ha già evidenziato la coerenza del collegamento da essa istituito tra la situazione dei militari in ausiliaria e quella dei pari grado in servizio all’atto dell’ingresso in ausiliaria dei primi, laddove la nuova normativa, «venendo ad incidere sulla retribuzione dei pari grado in servizio ha dettato una disciplina circoscritta a quel personale posto in ausiliaria a far data dall’entrata in vigore del suddetto decreto (1° settembre 1995) e non al personale per il quale quel raccordo con la posizione del pari grado in servizio già si trovava cristallizzato [...] all’atto del collocamento in ausiliaria» (sentenza n. 126 del 2000).
4.3. – Del resto, questa Corte ha più volte affermato che la Costituzione non vincola ad indicizzare i trattamenti di quiescenza alla stregua dei miglioramenti stipendiali del personale in servizio, riconoscendo al legislatore un’ampia discrezionalità al riguardo, con il limite del macroscopico ed irragionevole scostamento (ex multis, sentenza n. 62 del 1999; ordinanza n. 531 del 2002).
Tale principio dev’essere esteso alla disciplina dell’adeguamento dell’indennità di ausiliaria (ordinanza n. 254 del 2001) e, più in generale, a tutti i meccanismi perequativi rispetto alla dinamica stipendiale, che devono essere necessariamente bilanciati con altri valori costituzionalmente tutelati, a partire dalle esigenze di politica economica generale e di bilancio e dalle concrete disponibilità finanziarie (da ultimo, in materia di perequazione automatica delle pensioni, sentenza n. 316 del 2010).
In tale prospettiva, la norma impugnata è immune dai vizi d’irragionevolezza denunciati dal rimettente.
Infatti, il d.lgs. n. 195 del 1996, trasformando le Forze armate in un corpo di professionisti, ha disposto un riassetto complessivo dell’ordinamento del personale militare, procedendo al reinquadramento di esso, con migliori livelli retributivi correlati ai nuovi ruoli.
Sicché, anche la sancita indifferenza dell’indennità percepita dai sottufficiali in posizione di ausiliaria alla data del 31 agosto 1995, rispetto agli incrementi retributivi ottenuti dai pari grado in servizio, è congruente con la coeva ristrutturazione dei gradi militari. Questi, infatti, in attuazione della riforma di sistema delle forze armate, sono stati interessati da un’ampia riqualificazione, senza una precisa corrispondenza di ruoli con il personale già operante sotto il regime previgente, ivi compreso quello collocato in ausiliaria nello stesso periodo.
D’altro canto, la prevista salvezza dell’aggancio ai livelli retributivi del biennio precedente – ossia a quelli previsti dall’art. 1 della legge n. 23 del 1993 – esclude in radice un accentrato divario tra i trattamenti del personale, rispettivamente, in ausiliaria e in servizio.
In conclusione, nessun legittimo affidamento nel costante allineamento delle posizioni economiche di ausiliaria con quelle di servizio effettivo si è potuto consolidare in capo ai sottoufficiali collocati in ausiliaria alla data 31 agosto 1995, non essendo, comunque, precluso al legislatore d’intervenire in tale ambito con misure di equilibrato contenimento come quella in oggetto.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2011.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2011.