SENTENZA N. 101
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 58 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 23 febbraio 2007, n. 5 (Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio), come sostituito dall’art. 2, comma 13, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2008, n. 12, recante «Integrazioni e modifiche alla legge regionale n. 5/2007 (Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 22-30 dicembre 2008, depositato in cancelleria il 2 gennaio 2009 ed iscritto al n. 1 del registro ricorsi 2009.
Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 2010 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 22 dicembre 2008 e depositato il successivo 2 gennaio, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e 4, 5 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), dell’art. 2, comma 13, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2008, n. 12, recante «Integrazioni e modifiche alla legge regionale n. 5/2007 (Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio)», nella parte in cui prevede che «1. I Comuni competenti, ai sensi dell’articolo 60, al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica provvedono con applicazione della procedura transitoria di cui all’articolo 159 del decreto legislativo 42/2004, sino all’adeguamento dei loro strumenti di pianificazione al piano paesaggistico regionale. 2. I Comuni, a seguito dell’adeguamento degli strumenti di pianificazione al piano paesaggistico regionale, per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica applicano la procedura di cui all’articolo 146 del decreto legislativo 42/2004».2.– Secondo il ricorrente la norma impugnata, che ha sostituito l’art. 58 della legge regionale 23 febbraio 2007, n. 5 (Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio), costituisce una illegittima proroga del termine per la messa a regime della autorizzazione paesaggistica, prevista dall’art. 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), espressione della potestà legislativa esclusiva dello Stato nella materia del paesaggio.In particolare, nella prospettazione del Presidente del Consiglio dei ministri, la norma impugnata estenderebbe sine die l’efficacia della procedura transitoria per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004 che, invece, aveva, al momento della presentazione del ricorso, come termine ultimo di efficacia il 31 dicembre 2008 dovendo, dal successivo 1° gennaio 2009, trovare esclusiva applicazione la procedura prevista dall’art. 146 del medesimo d.lgs. n. 42 del 2004.
Il ricorrente chiarisce che l’art. 6 dello statuto speciale di autonomia e l’art. 1 del decreto legislativo 2 marzo 2007, n. 34, contenente norme di attuazione dello statuto di autonomia, attribuiscono alla Regione Friuli-Venezia Giulia la facoltà di adeguare alle proprie esigenze, con norme integrative ed attuative, la legislazione statale nella materia della tutela del paesaggio e che, pertanto, la Regione non può differire il termine di entrata a regime della nuova procedura autorizzatoria stabilito dalla legge dello Stato cui spetta la competenza legislativa esclusiva nella materia della tutela del paesaggio.
La disposizione in esame, nel rinviare l’entrata in vigore del nuovo regime autorizzatorio a quando i Comuni adegueranno gli strumenti urbanistici al nuovo piano paesaggistico, opera un differimento del termine perentorio del 1° gennaio 2009 (oggi, a seguito delle modifiche legislative intervenute, 1° gennaio 2010) stabilito dall’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004, in tal modo ponendosi in contrasto con tale ultima disposizione.
In conclusione, le norme statali del codice dei beni culturali e del paesaggio richiamate dal ricorrente, in particolare l’art. 146 e l’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004, sarebbero espressione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali di cui all’art. 117, comma 2, lettera s), Cost., mentre la norma regionale impugnata eccederebbe la competenza statutaria di cui agli articoli 4, 5 e 6 dello Statuto di autonomia, tanto più in quanto alla Regione Friuli-Venezia Giulia non è attribuita la competenza legislativa primaria in materia di tutela del paesaggio.
3.– Con atto depositato in data 30 gennaio 2009 si è costituita la Regione Friuli-Venezia Giulia, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza del ricorso.
La Regione nell’atto di costituzione precisa in primo luogo che il termine previsto originariamente dall’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004 è stato successivamente differito al 30 giugno 2009 con il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.
La resistente eccepisce l’inammissibilità della censura avente come parametro l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. perché il ricorrente, da un lato invoca congiuntamente il Titolo V della Costituzione (art. 117, comma 2, lettera s) e lo Statuto speciale e, dall’altro, non spiega perché una norma del Titolo V dovrebbe applicarsi ad una Regione ad autonomia differenziata. Tale censura sarebbe, dunque, inammissibile, in conformità ad una consolidata giurisprudenza costituzionale.
La resistente evidenzia che, in virtù dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. non è applicabile alla Regione Friuli-Venezia Giulia dato che non contiene una disciplina più favorevole per la Regione medesima rispetto a quella prevista dallo Statuto.
Quanto al merito dell’altra censura, la Regione ritiene che lo jus superveniens sopra citato (d.1. n. 207 del 2008) muti significativamente i termini della questione.
Il legislatore statale, infatti, nel prorogare il regime transitorio avrebbe mostrato di condividere le valutazioni che stanno alla base della disposizione contestata: cioè la sostanziale impossibilità di un passaggio immediato al nuovo regime. Inoltre le censure del Governo, fondate sulla previsione di un termine poi modificato, avrebbero perso il proprio fondamento giuridico ad opera dello stesso Governo.
Secondo la prospettazione della resistente, il termine di cui al primo periodo dell’art. 159, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, sarebbe derogabile dalla Regione Friuli-Venezia Giulia in relazione a cogenti situazioni locali, nell’esercizio della sua potestà integrativa-attuativa pur nel rispetto dei punti cardine fissati dal legislatore statale.
Pertanto, la norma impugnata rappresenterebbe un adattamento della disciplina statale alla particolare situazione della Regione Friuli-Venezia Giulia, che non ha ancora adottato né il Piano paesistico né il Piano territoriale regionale con valenza paesistica, punti di riferimento essenziali per l’applicazione della procedura a regime regolata dall’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004.
La resistente evidenzia, inoltre, che la procedura per l’autorizzazione paesaggistica si ispira ai principi di adeguatezza e differenziazione, nel senso che i comuni devono dotarsi di strutture tecnicamente idonee a svolgere le funzioni autorizzatorie in materia paesaggistica e solo in questo caso possono conservare tali funzioni. La legge regionale in esame rispetterebbe pienamente questi principi, prevedendo all’art. 59 che i comuni istituiscano entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge regionale n. 12 del 2008 (dunque nel maggio 2009) una commissione per il paesaggio, composta di esperti nella materia paesaggistico-ambientale, la quale è chiamata ad esprimere un parere obbligatorio nelle procedure autorizzatorie.
In tal senso la legge regionale n. 12 del 2008 ha aggiunto i commi 4-bis e 4-ter all’art. 60 della legge regionale n. 5 del 2007, stabilendo che «la Giunta regionale, previa verifica della sussistenza dei presupposti stabiliti dall’articolo 146, comma 6, del decreto legislativo n. 42 del 2004 da parte della struttura regionale competente, stabilisce i Comuni delegati all’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, fatto salvo quanto disposto dal comma l», e che, «qualora la verifica di cui al comma 4-bis individui Comuni non conformi ai requisiti di organizzazione e competenza tecnico-scientifica, la Giunta regionale può delegare l’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio ai soggetti individuati dall’articolo 146, comma 6, del decreto legislativo n. 42 del 2004, previo accertamento da parte della struttura regionale competente della sussistenza dei requisiti stabiliti».
In conclusione, la norma regionale costituirebbe espressione del legittimo esercizio della potestà legislativa integrativa-attuativa in materia di tutela del paesaggio, in quanto il termine può considerarsi come derogabile dalla Regione, restando salvaguardati sia gli interessi alla tutela del paesaggio sia i principi di adeguatezza e differenziazione cui è ispirata la disciplina statale.
La Regione, infine, nel caso non si condividesse la conclusione circa la derogabilità del termine, invoca l’illegittimità costituzionale della disposizione statale che tale termine ha fissato, in quanto irragionevolmente impone il passaggio ad una procedura che può funzionare solo in presenza di determinati presupposti, senza previamente assicurare che tali presupposti vengano ad esistenza.
4.– Con memoria depositata il 19 gennaio 2010 la Regione Friuli-Venezia Giulia ha ribadito le proprie difese evidenziando, inoltre, che il termine previsto dall’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004 è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2009 dall’art. 23, comma 6, del d.l. n. 78 del 2009 convertito dalla legge n. 102 del 2009.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e 4, 5 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), dell’art. 2, comma 13, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2008, n. 12, recante «Integrazioni e modifiche alla legge regionale n. 5/2007 (Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio)», nella parte in cui prevede che «1. I Comuni competenti, ai sensi dell’articolo 60, al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica provvedono con applicazione della procedura transitoria di cui all’articolo 159 del decreto legislativo 42/2004, sino all’adeguamento dei loro strumenti di pianificazione al piano paesaggistico regionale. 2. I Comuni, a seguito dell’adeguamento degli strumenti di pianificazione al piano paesaggistico regionale, per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica applicano la procedura di cui all’articolo 146 del decreto legislativo 42/2004».Secondo il ricorrente, la norma impugnata, che ha sostituito l’art. 58 della legge regionale 23 febbraio 2007, n. 5, viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e gli artt. 4, 5 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, in quanto non spetta al legislatore regionale prorogare i termini della disciplina transitoria del procedimento di autorizzazione paesaggistica disposta dal legislatore statale con l’art. 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137), trattandosi di materia di competenza esclusiva dello Stato e spettando alla Regione Friuli-Venezia Giulia, ai sensi dell’art. 6 dello Statuto speciale, esclusivamente una competenza integrativo-attuativa delle norme statali sulla tutela del paesaggio.
1.2.– Preliminarmente, deve esaminarsi l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa della Regione perché il ricorrente da un lato invoca congiuntamente il Titolo V della Costituzione (art. 117, comma 2, lettera s) e lo Statuto speciale e, dall’altro, non spiega perché una norma del Titolo V dovrebbe applicarsi ad una Regione speciale.
La censura relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), sarebbe, dunque, inammissibile, in conformità ad una consolidata giurisprudenza costituzionale.
L’eccezione non è fondata.
Il ricorrente ritiene che la norma impugnata sia espressione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e che essa eccederebbe la competenza statutaria di cui agli articoli 4, 5 e 6 dello Statuto di autonomia, in quanto alla Regione Friuli-Venezia Giulia non è attribuita la competenza legislativa primaria in materia di tutela del paesaggio. Dalla motivazione del ricorso, dunque, è agevolmente comprensibile che il ricorrente lamenta in primo luogo la violazione della competenza legislativa attribuita alla Regione dallo statuto speciale, e, in secondo luogo, fa riferimento alla disposizione costituzionale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), per l’ipotesi in cui si ritenga applicabile detto parametro costituzionale alla luce dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Non vi è, quindi, da parte del ricorrente, alcuna contraddizione nel citare, nel suo ricorso, sia la specifica disposizione statutaria che la disposizione contenuta nell’art. 117, comma secondo, Cost., dato che tale modalità espositiva è tesa ad evidenziare un concordante risultato, vale a dire l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, quale che sia, in via gradata, il parametro costituzionale di riferimento. Tra l’altro, il riferimento all’art. 117 Cost. viene dal ricorrente soprattutto effettuato per sottolineare che la disposizione del decreto legislativo posta come criterio di raffronto di quella regionale impugnata era stata dallo Stato emanata nell’esercizio di quella che, per le Regioni a statuto ordinario, è la sua potestà legislativa esclusiva.
2.– La questione è fondata.
2.1.– La Regione Friuli-Venezia Giulia, come del resto riconosce la sua stessa difesa, non ha competenza primaria nella materia della tutela del paesaggio, ma ha solo la facoltà, ai sensi dell’art. 6 dello statuto speciale e dell’art. 1 del decreto legislativo 2 marzo 2007, n. 34 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in materia di beni culturali e paesaggistici), di adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi statali, emanando norme di integrazione e di attuazione.
Fatta questa premessa, deve rilevarsi come questa Corte abbia più volte ribadito che il paesaggio deve essere considerato un valore primario ed assoluto e che la tutela apprestata dallo Stato costituisce un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome possono dettare nelle materie di loro competenza (sentenze nn. 437 e 180 del 2008, nn. 378 e 367 del 2007).
Si è più volte affermato che, in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio, la disciplina statale costituisce un limite minimo di tutela non derogabile dalle Regioni, ordinarie o a statuto speciale, e dalle Province autonome (sentenze n. 272 del 2009 e n. 378 del 2007).
Inoltre, di recente, si è chiarito che la dizione ora riportata, così come quella più volte usata in precedenza, secondo la quale, in materia di tutela dell’ambiente, lo Stato stabilisce “standard minimi di tutela” va intesa nel senso che lo Stato assicura una tutela «adeguata e non riducibile» dell’ambiente (sentenza n. 61 del 2009) valevole anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.
Infine, anche con specifico riferimento al procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, questa Corte ha affermato che «non è consentito introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme valevole su tutto il territorio nazionale nel cui ambito deve essere annoverata l’autorizzazione paesaggistica» (sentenza n. 232 del 2008).
2.2.– Nel caso in esame, dunque, alla luce dei principi costituzionali ora richiamati, si deve stabilire se l’art. 58 della legge regionale n. 5 del 2007, così come modificato dall’art. 2, comma 13, della legge regionale n. 12 del 2008, sia espressione della competenza integrativo-attuativa che lo Statuto riserva alla Regione Friuli-Venezia Giulia o se, al contrario, costituisca una inammissibile deroga alla disciplina statale.
L’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 ha previsto una nuova procedura per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche in base alla quale la Regione, o il Comune da essa delegato, prima di pronunciarsi sulla relativa istanza, deve acquisire il parere del Soprintendente (vincolante nelle ipotesi previste dall’art. 146, comma 5) in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili o aree tutelate. Inoltre, l’esercizio della funzione autorizzatoria può essere delegato dalla Regione agli enti locali solo se dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche, nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia di urbanistica e di edilizia.
Il regime precedente prevedeva, invece, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte degli uffici urbanistici dell’amministrazione competente e la successiva trasmissione degli atti alla Soprintendenza che aveva il potere di annullare l’autorizzazione rilasciata.
Il termine fissato dal legislatore statale per il passaggio dalla precedente alla nuova disciplina è stato per due volte prorogato. Infatti al momento del ricorso era il 31 dicembre 2008 mentre, successivamente, è stato differito al 30 giugno 2009, dall’art. 38 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, ed ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2009, dall’art. 23, comma 6, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78.
L’art. 159, nel testo attualmente in vigore, prevede che la disciplina dettata dall’art.146 «si applica anche ai procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica che alla data del 31 dicembre 2009 non si siano ancora conclusi con l’emanazione della relativa autorizzazione o approvazione». La norma citata ha introdotto, quindi, una disciplina transitoria di proroga del regime dell’annullamento successivo da parte delle soprintendenze solo per i provvedimenti adottati nel periodo precedente alla suddetta data del 31 dicembre 2009.
Il legislatore regionale, invece, all’art. 58 della legge n. 5 del 2007, nel nuovo testo risultante dalla modifica di cui all’art. 2, comma 13, della legge regionale n. 123 del 2008, ha disposto che il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dei Comuni avvenga con applicazione della disciplina transitoria di cui all’art. 159 del decreto legislativo n. 42 del 2004 «sino all’adeguamento dei loro strumenti di pianificazione al piano paesaggistico regionale».
In tal modo nella Regione Friuli-Venezia Giulia, in attesa dell’adeguamento degli strumenti comunali di pianificazione al piano paesaggistico regionale, le autorizzazioni paesaggistiche seguono ancora la disciplina transitoria, secondo la quale devono essere rilasciate dalla Regione o dai Comuni da questa delegati e poi trasmesse alla Soprintendenza per l’eventuale annullamento.
La norma impugnata, dunque, modifica la decorrenza del termine fissato dal legislatore statale per la piena applicazione della procedura autorizzatoria di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, determinando una illegittima riduzione della tutela del paesaggio imposta dalla legislazione statale.
Infatti, la fissazione di un termine massimo, entro il quale deve concludersi la fase transitoria e deve trovare piena applicazione la nuova procedura, assume un valore determinante perché garantisce l’effettiva attuazione della nuova normativa anche con riferimento all’applicazione dei nuovi strumenti di pianificazione paesaggistica. Inoltre, entro il medesimo termine, le Regioni hanno l’obbligo di verificare la sussistenza, in capo ai soggetti delegati all’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica stabiliti dall’art. 146, comma 6, a pena, in caso di mancato adempimento, dell’automatica decadenza delle deleghe.
Risulta dunque evidente che la disposizione regionale impugnata non può essere ricondotta alla potestà legislativa «integrativo-attuativa» in materia di tutela del paesaggio di cui all’art. 6 dello statuto speciale di autonomia, in quanto determina una inammissibile modifica, per di più in senso riduttivo, della tutela del paesaggio imposta dalla legislazione statale.
D’altra parte, non può essere condivisa la tesi della difesa della Regione secondo la quale il prolungamento del regime transitorio si sarebbe reso necessario per l’irragionevolezza del termine previsto che imporrebbe «il passaggio ad una procedura che può funzionare solo in presenza di determinati presupposti, senza previamente assicurare che tali presupposti vengano ad esistenza».
Al contrario, il legislatore statale ha dettato una disciplina inderogabile anche per le ipotesi in cui non vengano rispettati i tempi indicati per l’approvazione dei piani paesaggistici o degli strumenti di pianificazione paesistica. In particolare l’art. 156 del d.lgs. n. 42 del 2004 dispone che: «entro il 31 dicembre 2009, le regioni che hanno redatto piani paesaggistici, verificano la conformità tra le disposizioni dei predetti piani e le previsioni dell’articolo 143 e provvedono ai necessari adeguamenti. Decorso inutilmente il termine sopraindicato il Ministero provvede in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 5, comma 7».
Inoltre, i Comuni, sino all’adeguamento dei loro strumenti di pianificazione al piano paesaggistico regionale, sono tenuti ad applicare il comma 9 dell’art. 143, che così dispone: «A far data dall’adozione del piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici».
Si impone, pertanto, la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 1, della legge regionale n. 5 del 2007, come sostituito dall’art. 2, comma 13, della legge regionale n. 12 del 2008, nonchè del comma 2 del medesimo articolo, limitatamente alle parole «a seguito dell’adeguamento degli strumenti di pianificazione al piano paesaggistico regionale, per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica» eccedendo tali disposizioni, per l’evidenziato contrasto con la disposizione statale che fissa il termine in cui cessa la disciplina transitoria, la potestà legislativa «integrativo-attuativa» riconosciuta alla Regione Friuli-Venezia Giulia, in materia di tutela del paesaggio, dall’art. 6 dello statuto speciale.
Tale declaratoria deve essere estesa, in via consequenziale, al comma 1 dell’art. 60 della legge regionale n. 5 del 2007, limitatamente alle parole «Fino all’adeguamento degli strumenti urbanistici al PTR», essendo tale parte della norma inscindibilmente connessa a quella dichiarata costituzionalmente illegittima. Ovviamente, tale disciplina transitoria si riferisce esclusivamente ai provvedimenti che, ai sensi dell’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004, si siano conclusi, con l’emanazione della relativa autorizzazione o approvazione, entro il 31 dicembre 2009.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 1, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 23 febbraio 2007, n. 5 (Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio), come sostituito dall’art. 2, comma 13, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2008, n. 12, recante «Integrazioni e modifiche alla legge regionale n. 5/2007 (Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio)», nonché del comma 2 del medesimo articolo, limitatamente alle parole «a seguito dell’adeguamento degli strumenti di pianificazione al piano paesaggistico regionale, per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica»;dichiara, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 60, comma 1, della legge regionale n. 5 del 2007, limitatamente alle parole «Fino all’adeguamento degli strumenti urbanistici al PTR».Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2010.