Ordinanza n. 243 del 2009

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ORDINANZA N. 243

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco               AMIRANTE                              Presidente

- Ugo                        DE SIERVO                              Giudice

- Paolo                      MADDALENA                                “

- Alfio                       FINOCCHIARO                              “

- Alfonso                   QUARANTA                                   “

- Franco                    GALLO                                            “

- Luigi                       MAZZELLA                                     “

- Gaetano                  SILVESTRI                                      “

- Sabino                    CASSESE                                        “

- Maria Rita               SAULLE                                          “

- Giuseppe                TESAURO                                       “

- Paolo Maria            NAPOLITANO                              “

- Giuseppe                FRIGO                                             “

- Alessandro              CRISCUOLO                                  “

- Paolo                      GROSSI                                           “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 360, comma 4, del codice di procedura penale promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti, nel procedimento penale a carico di P. E. ed altro, con ordinanza del 14 aprile 2008, iscritta al n. 265 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 giugno 2009 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti, su istanza del pubblico ministero, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 360, comma 4, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 112 della Costituzione, nella parte in cui ricollega il dovere del pubblico ministero di non procedere agli accertamenti tecnici alla riserva di promuovere incidente probatorio, formulata dalla persona sottoposta alle indagini prima del conferimento dell’incarico al consulente tecnico, anziché all’effettiva presentazione della richiesta di incidente probatorio mediante deposito nella cancelleria del giudice, con comunicazione al pubblico ministero;

che, come il rimettente ha premesso, nel corso di indagini preliminari per il reato di cui agli artt. 56, 110, 624 e 625 codice penale (tentato furto aggravato), il pubblico ministero aveva disposto accertamento tecnico non ripetibile, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. pen., diretto all’estrazione del profilo del D. N. A. da un residuo di sigaretta fumato da uno degli indagati ed alla sua comparazione con il profilo genetico ricavato da tracce ematiche repertate sul luogo del delitto, ma aveva sospeso la procedura di conferimento dell’incarico al consulente tecnico, perché il difensore dell’indagato aveva formulato riserva di promuovere incidente probatorio ai sensi dell’art. 360, comma 4, cod. proc. pen.;

che, non essendo stato effettuato il deposito della richiesta di incidente probatorio nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari dopo la riserva formulata, il pubblico ministero aveva ritenuto di dover richiedere egli stesso l’ammissione dell’incidente probatorio al giudice per le indagini preliminari, per svolgere gli indicati accertamenti tecnici irripetibili ma, in via preliminare, aveva richiesto al giudice di sollevare la questione di legittimità costituzionale della citata disposizione, la quale verrebbe ad influire indebitamente sull’esercizio dell’azione penale, perché non prevede il termine entro cui l’indagato debba sciogliere la riserva di promovimento dell’incidente probatorio, con la conseguenza che la parte pubblica si era trovata obbligata a promuovere, di propria iniziativa, il detto incidente, effettuando una scelta condizionata dalla controparte;

che il giudice a quo ha sottolineato la rilevanza della questione  in riferimento al caso di specie perché, ove accolta, non avendo la difesa presentato alcuna richiesta di incidente probatorio, la riserva come formulata sarebbe priva di effetto ed il pubblico ministero potrebbe nuovamente far ricorso allo strumento della consulenza tecnica, salvo l’esercizio della facoltà dell’indagato di introdurre l’incidente probatorio mediante presentazione della richiesta al giudice per le indagini preliminari;

che il giudice rimettente ha fatto proprie le osservazioni svolte dal pubblico ministero, quanto al profilo della non manifesta infondatezza della questione in ordine alla violazione del parametro costituzionale di cui all’art. 112 Cost., ed ha inoltre osservato che la disposizione censurata contrasterebbe anche con il principio di lealtà e autoresponsabilità delle parti, che trova copertura nell’art. 111, commi primo e secondo, Cost., in quanto, a fronte della legittima iniziativa procedimentale di una parte, pubblica o privata, alla controparte viene riconosciuto un vero e proprio «diritto di veto» privo di motivazione e svincolato da qualsiasi criterio di obiettiva utilità per le esigenze di giustizia;

che la facoltà di riserva di incidente probatorio è richiamata anche dall’art. 391-decies, comma 3, cod. proc. pen., relativo agli accertamenti tecnici eseguiti dal difensore, disposizione che prevede: «Quando si tratta di accertamenti tecnici non ripetibili, il difensore deve darne avviso, senza ritardo, al pubblico ministero per l’esercizio delle facoltà previste, in quanto compatibili, dall’art. 360»;

che in tali casi – ad avviso del rimettente – sarebbe l’organo dell’accusa a «paralizzare», con una riserva strumentale o dilatoria, l’iniziativa del difensore, in palese violazione del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.) e del diritto alla prova (art. 111, terzo comma, Cost.);

che, quindi, risulterebbe necessario un intervento correttivo della Corte costituzionale, diretto a stabilire che ostacolo all’esecuzione degli accertamenti tecnici non ripetibili non può essere la semplice riserva di promuovere incidente probatorio, ma l’effettivo promovimento dello stesso, mediante deposito della richiesta nella cancelleria del giudice e relativa comunicazione alla parte che procede, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. pen., agli accertamenti tecnici;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non rilevante, in relazione alla presunta violazione degli artt. 24 e 111 Cost., in quanto le censure concernono l’ipotesi dell’accertamento tecnico del difensore, estraneo al giudizio de quo;

che, secondo la difesa erariale, la questione, oltre a presentare profili di inammissibilità, dovuti al fatto che il giudice rimettente si è limitato a condividere le motivazioni espresse dal pubblico ministero, senza alcuna personale valutazione, risulterebbe manifestamente infondata, sia in riferimento all’art. 3 Cost., essendo la posizione del pubblico ministero, nel caso di accertamento tecnico non ripetibile, assolutamente uguale a quella della difesa, sia in riferimento all’art. 112 Cost., in quanto l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale viene garantita o attraverso la presentazione, da parte del pubblico ministero, della richiesta di incidente probatorio, ovvero dalla previsione contenuta nell’ultima parte dell’art. 360, comma 4, cod. proc. pen.

Considerato che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti dubita della legittimità costituzionale dell’art. 360, comma 4, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 3, 24, 111 e 112 della Costituzione, nella parte in cui ricollega il dovere del pubblico ministero di non procedere agli accertamenti tecnici alla riserva di promuovere incidente probatorio formulata, prima del conferimento dell’incarico, dalla persona sottoposta alle indagini, anziché all’effettiva presentazione della richiesta mediante deposito nella cancelleria del giudice con comunicazione al pubblico ministero;

che la questione è manifestamente inammissibile per vari motivi concorrenti;

che la censura relativa alla presunta violazione degli artt. 24 e 111 Cost. è manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza, in quanto concerne l’ipotesi di accertamento tecnico promosso dal difensore, estranea al giudizio a quo;

che, inoltre, il rimettente ha richiesto una pronuncia non costituzionalmente obbligata, proponendo un petitum additivo avente carattere creativo (ex plurimis, ordinanze nn. 316 e 183 del 2008 e n. 185 del 2007), consistente, in sostanza, nella eliminazione della riserva di incidente probatorio e affidando l’effetto di inibire l’accertamento tecnico disposto dal pubblico ministero alla presentazione della richiesta di incidente probatorio da parte dell’indagato nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari e relativa comunicazione al pubblico ministero;

che, quindi, la soluzione proposta vuole introdurre una disciplina inedita e non costituzionalmente necessitata, essendo relativa alla sfera della discrezionalità legislativa l’eventuale eliminazione dell’istituto della riserva di promuovere incidente probatorio prevista dall’art. 360, comma 4, cod. proc. pen., ovvero la scelta di un’opzione normativa diversa, come l’eventuale apposizione di un termine di decadenza dalla riserva, entro il quale l’imputato debba formalizzare la richiesta di incidente probatorio (ex plurimis, sentenza n. 221 del 2008 ed ordinanza n. 67 del 2007);

che il rimettente, inoltre,  non ha sufficientemente motivato in ordine al carattere incidentale della questione di legittimità costituzionale sollevata ed alla rilevanza della stessa nell’ambito della fase procedimentale nella quale è stato chiamato a pronunciarsi, considerato che il giudice a quo, comunque, non deve fare applicazione della norma censurata, concernente un’attività propria del pubblico ministero;

che la questione in oggetto va, dunque, dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale  dell’art. 360, comma 4, del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 112 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 luglio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2009.