SENTENZA N. 54
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata 18 dicembre 2007, n. 25 (Modifica ed integrazione alla L.R.12 novembre 2004, n. 18), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 18 febbraio 2008, depositato in cancelleria il 25 febbraio 2008 ed iscritto al n. 14 del registro ricorsi 2008.
Visto l’atto di costituzione della Regione Basilicata;
udito nell’udienza pubblica del 27 gennaio 2009 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
udito l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 18 febbraio 2008 e depositato il successivo 25 febbraio (reg. ric. n. 14 del 2008) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata 18 dicembre 2007, n. 25 (modifica ed integrazione alla l.r.12 novembre 2004, n. 18), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera s) (quest’ultimo non espressamente menzionato) della Costituzione, nonché ai principi di leale collaborazione e di certezza del diritto.
la legge impugnata arreca «modifica ed integrazione» alla legge regionale 18 novembre 2004, n. 18 (norme sulla sanatoria degli abusi edilizi di cui all'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269), con cui la Regione Basilicata ha esercitato la propria potestà legislativa in relazione alla disciplina del cosiddetto condono edilizio, previsto dall’art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, norme su cui ha inciso la sentenza n. 196 del 2004 di questa Corte. Il ricorrente osserva che con tale decisione e con la successiva sentenza n. 49 del 2006 la Corteavrebbe qualificato come perentorio il termine assegnato alla Regione dall’art. 5 del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168 (Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 30 luglio 2004, n. 191, al fine di integrare la normativa statale. posto che la legge impugnata è stata adottata successivamente alla scadenza di tale termine, essa avrebbe ecceduto la competenza regionale, ponendosi in contrasto con il principio di leale collaborazione e incrinando la certezza del diritto. Tale censura varrebbe, anzitutto, in relazione all’art. 2 della legge regionale impugnata, che, a parere dell’Avvocatura, riapre il termine per la definizione del procedimento di sanatoria.
Inoltre, l’art. 1, comma 1, lettere a), c), d) ed e) sarebbe incorso nel medesimo vizio, ampliando la «casistica degli interventi ammessi a sanatoria»: in particolare, la lettera a) avrebbe reso sanabile l’opera quand’anche priva dei muri perimetrali, mentre la lettera c) avrebbe reso rilevanti i soli vincoli assoluti di inedificabilità anteriori alla realizzazione del fabbricato, così invadendo la competenza statale in materia di “beni ambientali, artistici e monumentali”.
Infine, la previsione di nuove condizioni per la sanatoria senza contestuale riapertura dei termini per la presentazione della domanda di condono comporterebbe – ad avviso del ricorrente – la lesione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, per avere discriminato i cittadini che versano nelle medesime situazioni, tramite una norma irragionevole e contraria all’imparzialità e al buon andamento della pubblica amministrazione.
2. – Si è costituita la Regione Basilicata, la quale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato in parte inammissibile, in parte infondato.
La Regione osserva, anzitutto, che l’art. 2 impugnato non avrebbe per oggetto, come sostenuto dall’avvocatura, il condono disciplinato dall’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, ma le procedure di sanatoria regolate dal capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e dall’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sicché la censura sarebbe inammissibile. in ogni caso, essa dovrebbe venire rigettata, poiché la legge impugnata ha avuto il «limitato scopo di precisare e chiarire ulteriormente possibilità, condizioni e modalità della sanatoria», sulla base della legge regionale n. 18 del 2004, che è stata adottata nel rispetto del termine assegnato dalla legislazione statale.
Peraltro, anche qualora tale termine non fosse stato osservato, non potrebbe da ciò discendere la illegittimità costituzionale della normativa impugnata, ma la sola immediata applicabilità dell’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 e del relativo allegato, rispetto al quale la legge censurata non apporterebbe modifiche: per tale ragione, essa, in quanto conforme all’art. 32 citato, non incontrerebbe alcun limite temporale.
A parere della Regione, in particolare, sarebbe conforme alla normativa statale anche l’art. 1, comma 1, lettera a), della legge impugnata, che, pur in contrasto con una non univoca giurisprudenza, avrebbe riprodotto quanto indicato dalla circolare ministeriale n. 2699 del 2005 (a propria volta ricettiva della circolare n. 3357/25 del 1985) in ordine alla possibilità di considerare ultimata l’opera, anche in difetto dei muri perimetrali.
Allo stesso modo, l’art. 1, comma 1, lettera c), sarebbe meramente riproduttivo dell’art. 33 della legge n. 47 del 1985, cui rinvia l’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, nella parte in cui vi si esclude la sanatoria delle opere realizzate in violazione di vincoli di inedificabilità assoluta, purché imposti prima della realizzazione delle opere stesse.
Sarebbe pure inammissibile la censura basata sugli artt. 3 e 97 della Costituzione, «in quanto non formulata in relazione a specifiche previsioni» della legge impugnata, e comunque infondata, dovendo ritenersi diverse le posizioni di coloro che avessero già presentato domanda di condono e di coloro che invece fossero rimasti inerti.
3. – In prossimità dell’udienza, l’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria nella quale, in replica alle difese avversarie, svolge ulteriori argomentazioni a sostegno delle censure prospettate nel ricorso.
In particolare, la difesa dello Stato sostiene che la legge impugnata eccederebbe le competenze regionali, dal momento che sarebbe intervenuta oltre il termine perentorio, fissato dal decreto-legge n. 168 del 2004.
L’Avvocatura ribadisce, inoltre, che l’emanazione della legge regionale avrebbe leso il principio di leale collaborazione.
Quanto alla censura secondo cui la legge regionale n. 25 del 2007 avrebbe ampliato le ipotesi di condono, nella memoria si contesta l’assunto per il quale il legislatore regionale avrebbe soltanto operato una semplice esplicazione dei principi e dell’assetto dettato dalla precedente normativa. Infatti, l’art. 1, comma 1, lettera a), nel sopprimere le parole «ed i muri perimetrali» dall’art. 2 della legge regionale n. 18 del 2004 avrebbe inciso sulla definizione della nozione di fabbricato ultimato, ricomprendendovi anche quello privo di muri perimetrali, in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione. Ciò si risolverebbe nella illegittima estensione del condono ad ulteriori ipotesi originariamente non previste.
Il legislatore regionale, inoltre, modificando l’art. 3, comma 1, lettera c), della legge regionale n. 18 del 2004, sarebbe intervenuto sulla condonabilità di abusi realizzati su immobili vincolati, così incidendo illegittimamente nella materia dei beni ambientali.
L’Avvocatura ribadisce, infine, che la legge censurata, modificando, successivamente alla scadenza del termine i criteri per la presentazione del condono, discriminerebbe ingiustificatamente quei soggetti che, pur versando nelle stesse condizioni, non avevano avanzato domanda di sanatoria in quanto all’epoca non legittimati. Violerebbe, infine, l’art. 97 Cost. in quanto l’irragionevolezza di tale disciplina inciderebbe sull’attività amministrativa consequenziale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2009.