SENTENZA N. 184
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 231 e 232, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), promosso con ricorso della Provincia autonoma di Bolzano, notificato il 24 febbraio 2006, depositato in cancelleria il 2 marzo 2006 ed iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2006.
Visto l’atto di costituzione del presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 aprile 2007 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi gli avvocati Roland Riz e Giuseppe Franco Ferrari per la Provincia autonoma di Bolzano e l’avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nuovamente nell’udienza pubblica del 5 giugno 2007, rifissata in ragione della intervenuta modifica della composizione del collegio, il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi nuovamente nell’udienza pubblica del 5 giugno 2007 gli avvocati Roland Riz e Giuseppe Franco Ferrari per la Provincia autonoma di Bolzano e l’avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. ¾ Con ricorso notificato il 23 febbraio 2006 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 2 marzo (reg. ric. n. 33 del 2006), la Provincia autonoma di Bolzano ha promosso questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), e, tra esse, dell’art. 1, commi 231 e 232, deducendone il contrasto con gli artt. 8, numero 1, e 16 dello statuto speciale, approvato con il d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
L’art. 1, comma 231, della legge n. 266 del 2005 prevede che «Con riferimento alle sentenze di primo grado pronunciate nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti per fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna possono chiedere alla competente sezione di appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il pagamento di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno quantificato nella sentenza».
Il successivo comma 232 aggiunge che «La sezione di appello, con decreto in camera di consiglio, sentito il procuratore competente, delibera in merito alla richiesta e, in caso di accoglimento, determina la somma dovuta in misura non superiore al 30 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado, stabilendo il termine per il versamento».
Il comma 233, non impugnato dalla ricorrente, dispone che «Il giudizio di appello si intende definito a decorrere dalla data di deposito della ricevuta di versamento presso la segreteria della sezione di appello».
La Provincia autonoma premette di non ignorare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 345 del 2004, ha affermato che, in tema di responsabilità amministrativa, vengono in evidenza le disposizioni dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, secondo le quali spettano alla competenza legislativa esclusiva dello Stato le materie della giurisdizione e dell’ordinamento civile.
Afferma peraltro la difesa della ricorrente che, nel caso dei denunciati commi 231 e 232, l’irrazionalità della disciplina introdotta – nella sostanza, un anomalo provvedimento di “clemenza” in materia di responsabilità erariale – si tradurrebbe in una lesione delle competenze riconosciute alla Provincia autonoma di Bolzano in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto (artt. 8, numero 1, e 16 dello statuto), in quanto si priverebbe l’ente che ha subito il danno – la Provincia, nonché gli enti strumentali della stessa – del diritto di vedersi adeguatamente risarcito.
Inoltre, si introdurrebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i dipendenti e gli amministratori provinciali, a seconda che ad essi siano addebitabili illeciti commessi prima o dopo l’entrata in vigore della legge n. 266 del 2005, ed a seconda che essi siano stati condannati o assolti in primo grado. Paradossalmente, il convenuto assolto in primo grado potrebbe essere condannato in appello, senza potersi avvantaggiare degli impropri benefici concessi all’appellante che impugni una sentenza di condanna pronunciata in primo grado, in entrambi i casi «per fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore» della legge finanziaria per il 2006.
Ad avviso della ricorrente, le disposizioni denunciate contrasterebbero con i princìpi di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 della Costituzione), nonché di certezza del diritto, di razionalità ed eguaglianza (art. 3 della Costituzione).
2. ¾ Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituito, con due separati atti, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, formulando conclusioni riguardanti altre questioni di costituzionalità sollevate dalla ricorrente Provincia autonoma di Bolzano, ma non quella relativa all’art. 1, commi 231 e 232, della legge n. 266 del 2005.
2.1. ¾ In prossimità dell’udienza, l’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria.
La difesa erariale eccepisce l’inammissibilità della questione, in quanto le norme impugnate investono le materie della giurisdizione amministrativa e dell’ordinamento civile, rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. Inoltre, le disposizioni oggetto del dubbio di legittimità costituzionale avrebbero un effetto soltanto riflesso ed eventuale sull’ordinamento degli uffici provinciali, giacché la ricaduta della pronuncia giurisdizionale della Corte dei conti sulla Provincia ricorrente sarebbe analoga a quella di qualsiasi altra decisione giudiziaria riguardante il personale.
Anche la censura di irrazionalità sarebbe priva di fondamento, perché esiste già nell’ordinamento il potere riduttivo della Corte dei conti (art. 52, secondo comma, del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214), secondo cui questa può porre a carico del responsabile tutto o parte del danno accertato o del valore perduto. Si tratterebbe del medesimo potere che le norme censurate, in linea con i princìpi generali dell’ordinamento, disciplinerebbero nei giudizi di impugnazione, all’evidente fine di accelerare la conclusione di tali, spesso annosi, giudizi. A fronte del potere illimitato previsto dal citato art. 52, le norme impugnate escluderebbero invece l’abbandono totale del carico e prevederebbero che la condanna sia contenuta entro il trenta per cento di quanto stabilito in primo grado, sempre che l’istanza sia ritenuta meritevole di accoglimento. La disciplina recata dalla legge n. 266 del 2005 apparirebbe dunque ragionevole, essendo diretta a rendere celere il giudizio e certo il suo esito, prevedendo che sia anche stabilito il termine per il versamento.
Né sarebbe configurabile la denunciata lesione del principio di eguaglianza, perché le norme censurate si applicherebbero a tutti i giudizi di responsabilità amministrativa pendenti per fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge e a tutti i soggetti coinvolti, anche se assolti in primo grado (in questo caso la loro richiesta sarebbe ammissibile, dovendo essere formulata in via subordinata).
Pertanto, le disposizioni impugnate, se collocate nell’alveo generale del potere riduttivo da sempre proprio della Corte dei conti e considerate alla luce delle finalità perseguite, si rivelerebbero funzionali alla certezza del processo, alla sua celerità e alle stesse ragioni patrimoniali dell’Amministrazione (che così potrà essere prontamente, sia pure in parte, risarcita).
3. ¾ In prossimità dell’udienza, anche la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato una memoria illustrativa, nella quale ribadisce che le disposizioni denunciate – esonerando quasi del tutto il personale, in caso di responsabilità amministrativa, dall’obbligazione risarcitoria – altererebbero l’ordinamento e l’organizzazione degli uffici provinciali ed il rapporto dell’ente con i suoi amministratori e con il personale da esso dipendente, privando l’ente che ha subito il danno erariale del diritto al risarcimento e sottraendo allo stesso risorse proprie, con evidenti ripercussioni sull’intero potere provinciale di organizzazione degli uffici.
Replicando all’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale, la ricorrente, nel richiamare la sentenza n. 340 del 2001 della Corte costituzionale, afferma che la materia della responsabilità amministrativa rientra nelle competenze della Provincia autonoma di Bolzano, dovendosi ritenere ricompresa in quella «ordinamento degli uffici e del personale ad essi addetto», di cui all’art. 8, numero 1, dello statuto speciale. E ricorda che la diretta connessione tra la determinazione delle sfere di competenza e delle attribuzioni degli uffici e dei relativi funzionari o dipendenti addetti e la corrispondente responsabilità ha portato il legislatore nazionale ad accentuare, soprattutto in epoca recente, il nesso (vincolante anche per le Regioni come principio fondamentale e norma di riforma economico-sociale) tra organizzazione e responsabilità.
Anche e soprattutto a presidio dei poteri provinciali di organizzazione degli uffici e del personale, oltre che a tutela delle risorse e delle finanze provinciali, sarebbero state del resto adottate le disposizioni di attuazione di cui all’art. 10-bis del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305, aggiunto dall’art. 5 del d.lgs. 14 giugno 1999, n. 212, il quale, al comma 4, stabilisce che spetta all’ente pubblico che ha subito il danno il risarcimento conseguente alla condanna del dipendente pubblico o dell’amministratore.
Le norme impugnate non rientrerebbero nelle materie, riservate alla competenza esclusiva dello Stato, della giurisdizione e dell’ordinamento civile (ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l, della Costituzione), secondo quanto statuito dalla sentenza n. 345 del 2004 della Corte costituzionale. I commi 231 e 232 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 non hanno infatti ad oggetto la disciplina generale della responsabilità amministrativa, trattandosi invece di disposizioni di natura sostanzialmente provvedimentale – in quanto applicabili ad una serie di fatti già commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge – aventi anzitutto e prioritariamente l’effetto di ridurre ex lege, attraverso una sorta di condono concernente illeciti già commessi, il diritto degli enti danneggiati ad essere risarciti. Di qui l’impossibilità anche di qualificare le norme denunciate come disposizioni recanti princìpi generali dell’ordinamento o norme fondamentali di riforma economico-sociale.
Per altro verso, le disposizioni impugnate non solo inciderebbero negativamente sulle entrate finanziarie della Provincia autonoma, ma interferirebbero altresì con il diritto della ricorrente a vedersi risarcire i danni erariali prodotti dai propri dipendenti, anche in violazione delle norme poste dal legislatore e dall’amministrazione provinciale in materia di ordinamento, pure contabile, e di disciplina dell’azione amministrativa.
In ogni caso, l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione non sarebbe applicabile alla Provincia autonoma in chiave di superamento o attenuazione delle garanzie statutarie.
L’irrazionale disciplina statale denunciata violerebbe poi i princìpi di buon andamento dell’amministrazione, di certezza del diritto e di razionalità, invocabili come parametri nel presente giudizio in via principale in quanto la loro violazione si traduce nella lesione delle attribuzioni della ricorrente costituzionalmente garantite, a meno che, alla luce del comma 610 dell’art. 1 della stessa legge n. 266 del 2005 (a norma del quale «le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti»), non si ritenga comunque prevalente la previsione di cui all’art. 10-bis, comma 1, del d.P.R. n. 305 del 1988, secondo cui «Per l’attività giurisdizionale delle sezioni aventi sede a Trento e a Bolzano e delle relative procure si applicano le leggi sulla disciplina dell’ordinamento e delle procedure della Corte dei conti, salvo quanto previsto dai commi 2, 3 e 4».
Considerato in diritto1. ¾ La Provincia autonoma di Bolzano ha promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006).
Riservata a separate pronunce la decisione sull’impugnazione delle altre disposizioni contenute nella legge n. 266 del 2005, vengono in esame in questa sede quelle di cui all’art. 1, commi 231 e 232.
Tali norme prevedono:
– che «Con riferimento alle sentenze di primo grado pronunciate nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti per fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna possono chiedere alla competente sezione di appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il pagamento di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno quantificato nella sentenza» (comma 231);
– che «La sezione di appello, con decreto in camera di consiglio, sentito il procuratore competente, delibera in merito alla richiesta e, in caso di accoglimento, determina la somma dovuta in misura non superiore al 30 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado, stabilendo il termine per il versamento» (comma 232).
Ad avviso della ricorrente, i commi 231 e 232 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 contrasterebbero con le competenze riconosciute alla Provincia autonoma di Bolzano in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto (artt. 8, numero 1, e 16 dello statuto, approvato con il d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), perché priverebbero l’ente che ha subito il danno – la Provincia, nonché gli enti strumentali della stessa – del diritto di vedersi adeguatamente risarcire.
Sarebbero altresì violati gli artt. 97 e 3 della Costituzione, perché le norme denunciate introdurrebbero un anomalo provvedimento di “clemenza” in materia di responsabilità erariale, contrario ai princìpi di buon andamento dell’amministrazione, di certezza del diritto, di razionalità ed eguaglianza, e comporterebbero una disparità di trattamento tra i dipendenti e gli amministratori provinciali, a seconda che ad essi siano addebitabili illeciti commessi prima o dopo l’entrata in vigore della legge n. 266 del 2005, ed a seconda che essi siano stati condannati o assolti in primo grado.
2. ¾ Il dubbio di legittimità costituzionale sollevato dalla Provincia autonoma di Bolzano muove da un erroneo presupposto interpretativo.
Come questa Corte ha stabilito (sentenza n. 183 del 2007) scrutinando una questione di legittimità costituzionale in via incidentale avente ad oggetto le stesse disposizioni, l’art. 1, commi 231 e 232, della legge n. 266 del 2005 non priva l’ente che ha subito il danno del diritto di vedersi adeguatamente risarcire.
Per un verso, l’operatività delle disposizioni denunciate presuppone una valutazione di merito da parte del giudice contabile sul fatto che l’esigenza di giustizia possa ritenersi soddisfatta a mezzo della procedura accelerata, sicché alla definizione in appello non può accedersi in presenza di dolo del condannato o di particolare gravità della condotta. Per l’altro verso, le norme impugnate vanno collocate nell’ambito del sistema tradizionale della responsabilità amministrativa, in cui al giudice è affidato il compito di determinare quanta parte del danno prodotto deve ritenersi risarcibile in relazione all’intensità della colpa del responsabile, da individuare in relazione a tutte le circostanze di fatto in cui si è svolta l’azione produttiva del danno; e, muovendosi all’interno del perimetro di tale discrezionalità decisionale, esse consentono l’accoglimento dell’istanza di definizione in appello solo se il giudice – avuto riguardo ai criteri in base ai quali egli forma la propria decisione – ritenga congrua una condanna entro il limite del trenta per cento del danno addebitato al responsabile nella sentenza di primo grado.
In ogni caso, non sussiste la lamentata violazione delle competenze riconosciute alla Provincia autonoma di Bolzano in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto (artt. 8, numero 1, e 16 dello statuto).
Difatti, le norme denunciate investono direttamente la responsabilità amministrativa, avendo una finalità di accelerazione dei relativi giudizi e di garanzia dell’incameramento certo ed immediato della quota di risarcimento dovuto, in un quadro di consonanza con i princìpi che governano la responsabilità amministrativa.
La disciplina della responsabilità amministrativa – nella quale i profili sostanziali sono strettamente intrecciati con i poteri che la legge attribuisce al giudice chiamato ad accertarla, ovvero fanno riferimento a situazioni soggettive riconducibili alla materia dell’ordinamento civile (sentenza n. 345 del 2004) – è materia di competenza dello Stato e non rientra tra le attribuzioni della Provincia autonoma di Bolzano, come del resto si ricava dall’art. 10-bis del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige per l’istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto), aggiunto dall’art. 5 del d.lgs. 14 giugno 1999, n. 212, norma a tenore della quale per l’attività giurisdizionale delle sezioni aventi sede a Trento e a Bolzano si applicano le leggi statali sulla disciplina dell’ordinamento e delle procedure della Corte dei conti.
La potestà della Provincia autonoma in materia di ordinamento dei propri uffici, se può esplicarsi nel senso di disciplinare il rapporto di impiego o di servizio dei propri dipendenti, prevedendo obblighi la cui violazione comporti responsabilità amministrativa, non può tuttavia incidere sul regime di quest’ultima (sentenza n. 345 del 2004).
La questione proposta in riferimento al parametro statutario è, dunque, infondata.
3. ¾ Il dubbio sollevato in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione è inammissibile, dovendo ribadirsi la consolidata giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 116 del 2006, n. 383 del 2005 e n. 287 del 2004), secondo cui la Provincia autonoma può far valere il contrasto con norme costituzionali diverse da quelle attributive di competenza legislativa soltanto se esso si risolva in una esclusione o limitazione dei poteri provinciali, senza che possano avere rilievo denunce di illogicità o di violazione di principi costituzionali che non ridondino in lesione delle sfere di competenza provinciale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisioni delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse, nei confronti della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), con il ricorso indicato in epigrafe;
1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 231 e 232, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), promossa, in riferimento agli artt. 8, numero 1, e 16, dello statuto speciale, approvato con il d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, dalla Provincia autonoma di Bolzano con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 231 e 232, della stessa legge n. 266 del 2005, promossa, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dalla Provincia autonoma di Bolzano con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 giugno 2007.
Il Cancelliere
F.to: MILANA