Ordinanza n. 357 del 2008

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ORDINANZA N. 357

ANNO 2008

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giovanni Maria     FLICK                  Presidente

- Francesco            AMIRANTE             Giudice

- Ugo                    DE SIERVO                  "

- Paolo                  MADDALENA              "

- Alfio                   FINOCCHIARO            "

- Alfonso               QUARANTA                 "

- Franco                GALLO                        "

- Luigi                   MAZZELLA                  "

- Gaetano              SILVESTRI                   "

- Sabino                CASSESE                     "

- Maria Rita           SAULLE                       "

- Giuseppe             TESAURO                    "

- Paolo Maria         NAPOLITANO             "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), promosso dal Tribunale di Ravenna nel procedimento civile vertente tra G. D. N. e l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), con ordinanza del 10 luglio 2007, iscritta al n. 728 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2007.

Visti gli atti di costituzione di G. D. N. (fuori termine) e dell' INPS, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 ottobre 2008 il Giudice relatore Francesco Amirante;

uditi l'avvocato Alessandro Riccio per l'INPS e l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio instaurato da un ex lavoratore di uno zuccherificio, titolare di pensione di anzianità dal 1° marzo 1991, nei confronti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), allo scopo di ottenere la ricostituzione della propria pensione con l'applicazione del beneficio previsto dall'art. 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), il Tribunale di Ravenna, con ordinanza del 10 luglio 2007, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della citata disposizione, «nella parte in cui nega che spetti l'erogazione del beneficio della rivalutazione contributiva ai lavoratori affetti da malattia cagionata da esposizione all'amianto che si trovassero in pensione al momento dell'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992 (28 aprile 1992)»;

che – precisa il remittente – il ricorrente in data 28 ottobre 2002 ha ricevuto dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) l'attestazione positiva di esposizione all'amianto per l'intero periodo di lavoro (protrattosi per più di ventotto anni), dopo aver ottenuto, pochi mesi prima, dallo stesso Istituto il riconoscimento di aver contratto una malattia professionale a causa della suddetta esposizione;

che, conseguentemente, egli ha chiesto all'INPS la concessione del beneficio di cui all'art. 13, comma 7, della legge n. 257 del 1992 (ossia la moltiplicazione del numero di settimane assoggettate a contributi per il coefficiente di 1,5), ma la domanda è stata respinta in quanto il richiedente era già titolare di pensione di anzianità alla data di entrata in vigore della suddetta legge;

che il Tribunale di Ravenna sottolinea come questa Corte – che, da ultimo, si è pronunciata in materia di benefici previdenziali concessi ai lavoratori esposti all'amianto con la sentenza n. 434 del 2002 – non sia stata mai chiamata a decidere sulla legittimità costituzionale della disposizione oggi in esame, che ha una portata oggettiva e soggettiva diversa rispetto a quella del successivo comma 8 del menzionato art. 13;

che, peraltro, la Corte di cassazione, nella sentenza 13 febbraio 2004, n. 2849, «sembra aver accomunato i due diversi tipi di benefici», escludendone l'applicabilità per tutti coloro che alla data di entrata in vigore della legge n. 257 del 1992 fossero già titolari di pensione di anzianità o di vecchiaia, senza operare alcuna distinzione con riguardo alla situazione di chi abbia contratto una malattia professionale correlata all'asbesto;

che, conseguentemente – ad avviso del giudice a quo – «se questo individuato dalla Corte di cassazione dovesse essere il corretto tenore dell'art. 13, comma 7, della legge n. 257 del 1992», allora ne deriverebbe inevitabilmente la lesione degli indicati parametri costituzionali;

che il Tribunale rileva come, mentre per ottenere il beneficio di cui al comma 8 dell'art. 13 è necessario fornire la prova di una esposizione qualificata all'amianto protrattasi per più di dieci anni, per l'applicazione del beneficio previsto dal precedente comma 7 sia sufficiente dimostrare di aver contratto una malattia professionale in conseguenza di tale esposizione, a prescindere dalla relativa durata e intensità;

che una indiretta conferma di tale distinzione deriva dall'art. 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, norma che ha modificato, in senso peggiorativo, la disciplina dei lavoratori esposti ultradecennali, lasciando nel contempo immutata la situazione per i lavoratori colpiti da malattia professionale riconosciuta dalle necessarie certificazioni;

che, ad avviso del remittente, «qualora si volesse condividere la tesi sostenuta dalla Corte di cassazione che esclude dall'ambito di applicazione della normativa i lavoratori affetti da malattie da amianto che fossero pensionati prima della legge del 1992», la lesione dei citati parametri costituzionali sarebbe del tutto evidente;

che, infatti, potendo la manifestazione delle malattie da esposizione all'amianto verificarsi anche molti anni dopo la cessazione dell'attività lavorativa – trattandosi di patologie che possono avere un lungo periodo di latenza asintomatica, variabile da dieci fino a quarant'anni – la differenziazione basata sul solo dato temporale del collocamento in pensione prima o dopo l'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, non potrebbe non tradursi in una violazione del principio di uguaglianza;

che, inoltre, siffatta irragionevole discriminazione si porrebbe «anche in contrasto con i doveri inderogabili di solidarietà sociale ed umana, solennemente proclamati dall'art. 2 della Costituzione»;

che, ad ulteriore sostegno del dubbio di legittimità costituzionale, il Tribunale di Ravenna si sofferma ampiamente ad illustrare le ragioni per le quali – a suo parere – l'intera normativa di favore verso i lavoratori esposti all'amianto troverebbe il proprio principale fondamento non tanto nell'obiettivo di agevolare l'esodo dei medesimi, quanto piuttosto in una finalità di natura «compensativa» e risarcitoria, come più volte affermato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (a partire dalla sentenza 3 aprile 2001, n. 4913) e come espressamente disposto – per i lavoratori esposti ultradecennali – dalla nuova normativa introdotta nel 2003;

che, peraltro, anche questa Corte ha riconosciuto l'esistenza di tale finalità nelle sentenze n. 5 del 2000 e n. 127 del 2002, rispetto alle quali, pertanto, la sentenza n. 434 del 2002 – che attribuisce all'impugnato art. 13 «la principale funzione di permettere ai lavoratori coinvolti nel processo di dismissione delle lavorazioni comportanti l'uso dell'amianto di ottenere il diritto alla pensione» – sembra marcare una diversità non considerata nella motivazione delle pronunce precedenti;

che il riconoscimento della menzionata finalità compensativa dà ragione, secondo il Tribunale, dell'illegittimità costituzionale derivante dalla mancata estensione dei benefici previsti dalla censurata disposizione anche a favore dei lavoratori già pensionati alla data di entrata in vigore della legge n. 257 del 1992;

che si è costituito l'INPS, concludendo per l'inammissibilità o comunque l'infondatezza della questione;

che nello stesso senso ha concluso anche il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che è intervenuto in giudizio.

Considerato che il Tribunale di Ravenna dubita, in riferimento agli artt. 2 e 3, primo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), «nella parte in cui nega che spetti l'erogazione del beneficio della rivalutazione contributiva ai lavoratori affetti da malattia cagionata da esposizione all'amianto che si trovassero in pensione al momento dell'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992 (28 aprile 1992)»;

che la questione è stata sollevata nel corso di un giudizio instaurato da un ex lavoratore di uno zuccherificio, titolare di pensione di anzianità dal 1° marzo 1991 e riconosciuto affetto da una malattia professionale derivante dall'esposizione all'amianto nel 2002, al fine di ottenere l'aumento dell'importo della pensione stessa per effetto dell'applicazione del suddetto beneficio, non riconosciutogli in sede amministrativa a causa della decorrenza della pensione da epoca anteriore all'entrata in vigore della citata legge n. 257 del 1992;

che, come risulta dalla precedente esposizione, il remittente, dopo aver sottolineato la diversità esistente tra la disposizione attualmente censurata e quella del successivo comma 8 del medesimo art. 13, ha altresì rilevato come questa Corte abbia scrutinato soltanto questa seconda norma, al pari della Corte di cassazione, la quale in un'unica pronuncia (la sentenza 13 febbraio 2004, n. 2849), a suo dire, «sembra aver accomunato i due diversi tipi di benefici»;

che, nella prospettazione del giudice a quo, la lesione degli indicati parametri costituzionali si fa, ipoteticamente, derivare dal vaglio della correttezza di tale ultima sentenza, tanto che la questione viene espressamente sollevata al fine di «affinare l'interpretazione» della normativa onde pervenire «all'individuazione del significato maggiormente aderente al dettato costituzionale», oltretutto sulla base di una lettura della giurisprudenza costituzionale – e, in particolare, della sentenza n. 434 del 2002 – tale da ricomprendervi anche la disposizione attualmente censurata, in contrasto con l'indicata premessa;

che, pertanto, la sollevata questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile non soltanto per la suddetta evidente incongruenza logica, ma soprattutto perché impropriamente sollevata per ottenere un avallo a favore di una determinata interpretazione della disposizione censurata (sentenza n. 147 del 2008 e ordinanze n. 124 e n. 157 del 2008).

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), sollevata, in riferimento agli articoli 2 e 3, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Ravenna con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 31 ottobre 2008.