SENTENZA N. 337
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 21 della legge della Regione Puglia 21 maggio 2002, n. 7 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002 e bilancio pluriennale 2002-2004), promosso con ordinanza dell’8 gennaio 2008 dal Tribunale di Bari nel procedimento civile vertente tra la CBH Città di Bari Hospital spa e la ASL Puglia 1, iscritta al n. 77 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2008.
1. – Con ordinanza dell’8 gennaio 2008, pervenuta a questa Corte il 28 febbraio 2008, il Tribunale di Bari, in composizione monocratica, ha sollevato in via incidentale questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 della legge della Regione Puglia 21 maggio 2002, n. 7 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002 e bilancio pluriennale 2002-2004), in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione.
La norma impugnata dichiara di interpretare la delibera del Consiglio regionale 29 settembre 1998, n. 346, in punto di rimborso alle strutture sanitarie che ne abbiano diritto, da parte delle ASL, dei costi relativi all’applicazione di protesi, con effetto «a decorrere dal 1° gennaio 2001».
In particolare, tale disposizione, nel consentire la scelta tra due distinti criteri di rimborso, aggiunge, quanto al secondo di essi, che il pagamento può avvenire «con la tariffa corrispondente al raggruppamento omogeneo di diagnosi (DRG) ridotta del 20 per cento, maggiorata in misura pari al rimborso del costo sostenuto per l'acquisto della endoprotesi. Detto rimborso è ammesso nella misura del minor importo tra quello del prezzo di listino depositato presso le competenti istituzioni riferito all'anno precedente, decurtato del 25 per cento, e quello risultante dalle fatture emesse dal fornitore, al netto di note di credito ed eventuali altri abbuoni, sconti e benefìci, di qualsiasi altra natura direttamente e/o indirettamente correlati a dette forniture».
Il rimettente precisa che in tal modo il legislatore regionale avrebbe riprodotto quanto già deciso tramite la “determinazione dirigenziale” n. 171 del 22 marzo 2001, atto poi annullato per incompetenza dal Tribunale amministrativo per la Regione Puglia, in primo grado, nel corso di un giudizio conclusosi in grado di appello con una sentenza di improcedibilità, proprio in forza della sopravvenienza della norma oggetto di censura.
Il giudice a quo osserva che, contrariamente a quanto asserito dalla lettera della norma, essa non potrebbe in ogni caso ritenersi interpretativa, rispetto alla predetta delibera del Consiglio regionale.
Quest’ultima, infatti, consentiva di fatturare con «un rimborso del costo della protesi ridotto del 25% del prezzo di listino dell’anno precedente».
La disposizione censurata, nel consentire il rinvio al prezzo di listino alla condizione che esso risulti inferiore al prezzo risultante dalle fatture emesse dal fornitore della struttura sanitaria avente diritto al rimborso, avrebbe imposto con efficacia retroattiva un criterio di rimborso meno favorevole, in quanto insensibile all’eventuale sconto sul listino che l’ente sanitario avesse ottenuto dal proprio fornitore.
Nel giudizio a quo, infatti, l’attrice domanda alla ASL il pagamento della differenza tra quanto corrisposto a titolo di rimborso sulla base della norma impugnata, e quanto viceversa sarebbe spettato, in caso di applicazione del criterio enunciato dalla delibera n. 346 del 1998, in ragione dell’applicazione di protesi per tutto l’anno 2001 e per l’anno 2002, fino all’entrata in vigore della legge impugnata.
Nel corso del giudizio, l’attrice ha chiesto, in particolare, l’adozione dell’ordinanza di cui all’art. 186-ter codice procedura civile, recante ingiunzione a corrispondere il credito azionato.
Il rimettente – muovendo dalla constatazione secondo cui l’art. 21 della legge reg. n. 7 del 2002 osta espressamente all’accoglimento dell’istanza, poiché dichiaratamente applicabile, quanto al criterio di rimborso meno favorevole, per il 2001 e per i mesi del 2002 antecedenti all’entrata in vigore di tale legge – ritiene rilevante e non manifestamente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale promossa dall’attrice avverso siffatta norma, in relazione agli artt. 3 e 41 della Costituzione.
Una volta escluso, infatti, che la disposizione impugnata abbia carattere interpretativo, non resterebbe, secondo il rimettente, che attribuirle natura retroattiva.
Nel caso di specie, tale retroattività costituirebbe «una evidente violazione dei principi della ragionevolezza e dell’affidamento nonché di quello della libera iniziativa economica», poiché «la società attrice nell’esercizio della propria attività d’impresa aveva fatto affidamento nell’eseguire le proprie prestazioni sul comportamento uniforme e non dubbio dell’amministrazione tenuto sulla base della deliberazione del Consiglio regionale n. 346 del 1998».
Quanto alla rilevanza, si aggiunge che l’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata consentirebbe l’adozione dell’ordinanza sollecitata ex art. 186-ter cod. proc. civ., in quanto il credito «risulterebbe provato sulla scorta delle fatture allegate».
Per tali ragioni, il giudice a quo impugna la norma oggetto, «nella parte in cui estende, retroattivamente a partire dal 1° gennaio 2001, la sua efficacia a situazioni definite prima della sua entrata in vigore, ossia prima del 21 maggio 2002».
2. – E’ intervenuta in giudizio la Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza e comunque infondata nel merito.
Quanto al profilo preliminare, la Regione eccepisce che il credito azionato dall’attrice nel giudizio principale non sarebbe sorretto da idonea prova scritta, posto che non sarebbero state prodotte le fatture rilasciate dai fornitori all’attrice, ma le sole fatture emesse da quest’ultima nei confronti dell’ASL convenuta.
Inoltre, il rimettente avrebbe dovuto motivare la rilevanza con riguardo all’esito del giudizio principale, e non alla sola fase di decisione sull’istanza ex art. 186-ter cod. proc. civ.
Nel merito, la Regione rileva come la norma impugnata sia effetto della constatazione che, «in moltissimi casi», il prezzo di listino delle protesi risultasse notevolmente superiore al prezzo effettivamente corrisposto per esse dalle strutture sanitarie aventi diritto al rimborso.
Per tale ragione, computare il rimborso delle protesi sulla base del listino finiva spesso per determinare un indebito «guadagno» a vantaggio della struttura sanitaria e in danno della ASL, e per snaturare la natura stessa di «rimborso» dei costi effettivamente sostenuti propria del credito vantato verso l’ente pubblico.
Stanti tali premesse, la norma impugnata si limiterebbe ad imporre del tutto ragionevolmente, e per un «brevissimo periodo di retroattività di appena un anno, quattro mesi e ventuno giorni» «trasparenza di comportamenti nella documentazione della spesa», senza incidere negativamente sul diritto di credito della società attrice, giacché esso non potrebbe avere per oggetto il maggior prezzo risultante dal listino delle protesi, anziché il minor prezzo effettivamente sostenuto per le stesse, come comprovato dalla fattura quietanziata del fornitore.
3. – Si è costituita in giudizio CBH Città di Bari Hospital spa, attrice nel processo principale, chiedendo l’accoglimento della questione.
Dopo avere riassunto lo svolgimento del giudizio a quo in termini coincidenti con quanto già evidenziato dal rimettente, l’interveniente rimarca che la norma impugnata avrebbe introdotto, ai fini del rimborso delle protesi, «un sistema del tutto differente da quello stabilito dalla delibera di Consiglio regionale n. 346 del 1998».
Tale criterio avrebbe per effetto di frustrare l’affidamento maturato in senso contrario in capo all’attrice, a seguito dell’uniforme comportamento osservato dalla P.A., che avrebbe liquidato in precedenza le protesi con esclusivo riferimento al prezzo di listino.
In forza delle considerazioni già esposte dal rimettente, parte interveniente sollecita in conclusione la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale di Bari, II sezione civile, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 21 della legge della Regione Puglia 21 maggio 2002, n. 7 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002 e bilancio pluriennale 2002-2004), in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione.
La disposizione impugnata reca interpretazione della delibera del Consiglio regionale 29 settembre 1998, n. 346, indicante i criteri di rimborso, da parte delle ASL, delle endoprotesi applicate ai pazienti ad opera dei soggetti accreditati nell’ambito del servizio sanitario.
In particolare, la norma stabilisce che, ove non si opti per l’applicazione della tariffa «comprensiva del costo della protesi», il rimborso può avvenire «con la tariffa corrispondente al raggruppamento omogeneo di diagnosi (DRG) ridotta del 20 per cento, maggiorata in misura pari al rimborso del costo sostenuto per l'acquisto della endoprotesi. Detto rimborso è ammesso nella misura del minor importo tra quello del prezzo di listino depositato presso le competenti istituzioni riferito all'anno precedente, decurtato del 25 per cento, e quello risultante dalle fatture emesse dal fornitore, al netto di note di credito ed eventuali altri abbuoni, sconti e benefìci, di qualsiasi altra natura direttamente e/o indirettamente correlati a dette forniture».
A propria volta, la delibera C.R. n. 346 del 1998 riconosceva il diritto al rimborso sulla base «del costo della protesi ridotto del 25% del prezzo di listino dell’anno precedente».
Nel giudizio a quo, la società attrice ha sollecitato l’adozione dell’ordinanza prevista dall’art. 186-ter cod. proc. civ., affinché sia ingiunto alla ASL di corrispondere il rimborso delle protesi applicate dall’anno 2001 al mese di maggio del 2002, sulla base del criterio di computo sancito dalla delibera C.R. n. 346 del 1998, con esclusivo riferimento al prezzo di listino del bene: posto che, di fatto, l’attrice ha acquistato da terzi le protesi ad un corrispettivo inferiore, la pretesa dell’ente pubblico di operare il rimborso sulla base del minor prezzo fatturato dal fornitore, secondo quanto stabilito dalla norma oggetto, comporterebbe infatti un sensibile pregiudizio economico, in danno del soggetto accreditato.
Alla luce di ciò, il rimettente reputa di dubbia legittimità costituzionale l’adozione, da parte del legislatore regionale, di un criterio di rimborso ritenuto del tutto innovativo rispetto a quanto garantito all’avente diritto dalla delibera C.R. n. 346 del 1998.
La disposizione impugnata sarebbe, infatti, priva di carattere interpretativo, giacché determinerebbe con effetto retroattivo una regola di calcolo, ai fini del rimborso, in nessun caso traibile dalla precedente disciplina amministrativa, «con evidente violazione dei principi della ragionevolezza e dell’affidamento nonché di quello della libera iniziativa economica».
Il giudice a quo chiede pertanto a questa Corte di dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma impugnata, «nella parte in cui estende retroattivamente, a partire dal 1° gennaio 2001, la sua efficacia a situazioni definite prima della sua entrata in vigore».
2. – E’ intervenuta nel processo incidentale la Regione Puglia e si è costituita la società CHB Città di Bari Hospital s.p.a., già parte del giudizio principale, chiedendo rispettivamente il rigetto e l’accoglimento della questione.
La Regione Puglia ha altresì eccepito l’inammissibilità della stessa per difetto di rilevanza. L’interveniente ha infatti sostenuto che la questione sarebbe prematura, poiché proposta in difetto delle condizioni per pronunciare sentenza nel giudizio a quo, e comunque in mancanza della prova scritta richiesta dall’art. 186-ter cod. proc. civ.
L’eccezione è palesemente infondata, poiché il rimettente ha esaustivamente motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti ai fini dell’adozione dell’ordinanza-ingiunzione, esaurendo in tal modo un apprezzamento che gli compete in via esclusiva (da ultimo, sentenza n. 219 del 2008), e che è a sua volta finalizzato alla necessaria ed immediata applicazione della norma di legge su cui cade il dubbio di legittimità costituzionale.
Parimenti non fondata è l’ulteriore eccezione di irrilevanza prospettata dalla Regione Puglia, sulla base dell’argomento per cui un eventuale accoglimento della questione sarebbe privo di effetti concreti nel giudizio a quo, ove «resterebbe in vita» il provvedimento dirigenziale n. 171 del 22 marzo 2001, con cui la Regione avrebbe introdotto in via amministrativa un criterio di rimborso equivalente a quello sancito legislativamente dalla disposizione impugnata.
Infatti, quand’anche sia corretta la premessa da cui muove la Regione in ordine alla attuale operatività di un atto, quale il predetto provvedimento dirigenziale, già annullato dal giudice amministrativo in primo grado (mentre in sede di appello il Consiglio di Stato ha dichiarato improcedibile il ricorso originario), resta pur sempre certo che un effetto concreto sul processo principale deriverebbe in via immediata dalla cessazione dell’efficacia della norma avente forza di legge, con conseguente riespansione dei poteri dell’Autorità giudiziaria nei confronti del mero provvedimento amministrativo, seppur di identico contenuto.
3. – Nel merito, la questione non è fondata.
Essa si basa, infatti, sull’erroneo convincimento del giudice a quo in ordine al carattere innovativo, con efficacia retroattiva, del criterio di rimborso indicato dalla norma impugnata.
Al contrario, la disposizione censurata ha conferito forza di legge ad una regola applicativa già desumibile dagli atti amministrativi previgenti, ed in particolare dalla delibera del Consiglio regionale n. 346 del 1998.
Va infatti ribadito che tale delibera ha consentito al soggetto accreditato di optare per due differenti criteri di remunerazione della prestazione protesica, ovvero per un corrispettivo pari alla tariffa, «comprensiva del costo della protesi», oppure per un corrispettivo pari alla tariffa, decurtata in percentuale, ma con «rimborso» «del costo della protesi».
In questo secondo caso, che è l’unico a rilevare nel processo a quo, è reso evidente dallo stesso senso letterale dei termini impiegati, che il “costo” sopportato dal creditore per l’acquisto della protesi viene in considerazione non già quale componente di profitto della prestazione, ma come voce passiva di cui l’ente pubblico è tenuto ad azzerare il pregiudizio, tramite il «rimborso» di quanto effettivamente versato dal soggetto accreditato al terzo fornitore.
Il rinvio al “prezzo di listino”, in tale prospettiva, si limita a rappresentare il costo della protesi secondo ordinari criteri di verosimiglianza, ponendo oltretutto un limite al debito contraibile dalla ASL nei confronti del creditore, affinché quest’ultimo si renda diligente nel contrattarne l’acquisto: esso non vale, invece, ad escludere che nell’ipotesi opposta, ove il creditore abbia ottenuto un prezzo di favore per le protesi, la misura del rimborso sia pari a tale prezzo.
In base a tali premesse, appare chiaro che la norma impugnata si limita ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario: in casi di tale natura, questa Corte ha costantemente escluso che la norma possa ritenersi irragionevole (da ultimo, sentenze n. 162 del 2008; n. 234 del 2007; n. 274 del 2006), ovvero lesiva dell’affidamento del cittadino nella certezza dell’ordinamento giuridico (sentenza n. 172 del 2008), quand’anche assunta nella prospettiva dell’esercizio dell’impresa.
Pertanto, la questione proposta va dichiarata non fondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 della legge della Regione Puglia 21 maggio 2002, n. 7 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002 e bilancio pluriennale 2002-2004), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal Tribunale di Bari con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2008.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 ottobre 2008.