ORDINANZA N. 244
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 171, commi 1 e 2, e 213, comma 2-sexies, (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi con ordinanze del 27 aprile 2006 (numeri 2 ordinanze) dal Giudice di pace di Giarre, del 27 giugno 2006, dal Giudice di pace di Brescia, del 29 giugno 2006 dal Giudice di pace di Sant’Antioco, del 12 aprile 2006 dal Giudice di pace di Trieste, del 4 luglio 2006 dal Giudice di pace di Locri, del 3 febbraio 2006 dal Giudice di pace di Torre Annunziata e del 5 maggio 2006 dal Giudice di pace di Noto, rispettivamente iscritte ai numeri 683, 684 e 685 del registro ordinanze 2006 ed ai numeri 5, 11, 116, 127 e 147 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 6, 7, 12 e 13, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 giugno 2007 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto che i Giudici di pace di Giarre (r.o. nn. 683 e 684 del 2006), Brescia (r.o. n. 685 del 2006), Sant’Antioco (r.o. n. 5 del 2007), Trieste (r.o. n. 11 del 2007) e Locri (r.o. n. 116 del 2007) hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale – in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 27 e 42 della Costituzione – dell’art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);
che, analogamente, i Giudici di pace di Torre Annunziata (r.o. n. 127 del 2007) e Noto (r.o. n. 147 del 2007) censurano – ipotizzandone il contrasto con gli artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost. (parametri, gli ultimi due, evocati solo dal rimettente torrese) – gli artt. 171, commi 1 e 2, e 213, comma 2-sexies, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992;
che, in particolare, il rimettente di Giarre – premesso di dover giudicare di due ricorsi, proposti da altrettanti proprietari di ciclomotori, avverso i provvedimenti con i quali, contestata ai conducenti la violazione dell’art. 170, commi 1, 2 e 3, del codice della strada, è stata disposta la confisca dei veicoli suddetti – assume l’illegittimità costituzionale dell’art. 213 (peraltro erroneamente indicato come 123) del medesimo codice, «nella parte in cui prevede la sanzione accessoria della confisca del motoveicolo», ipotizzandone il contrasto con gli artt. 3 e 42 Cost.;
che esso, difatti, deduce che la confisca «è la negazione del concetto di proprietà privata nella sua strutturazione civilistica di diritto assoluto», come garantito dall’art. 42 della Costituzione;
che la norma censurata inoltre contrasterebbe con quanto stabilito dall’art. 3 Cost. «in merito alla uguaglianza di diritti e doveri di tutti i cittadini dinanzi alla legge», giacché infrazioni stradali anche più gravi di quelle contemplate dal comma 2-sexies del censurato art. 213 del codice della strada «non sono punite alla stessa stregua»;
che, infine, la confisca troverebbe ingiustificatamente applicazione «anche nel caso in cui a violare la norma non sia il titolare del diritto di proprietà sul mezzo», il quale subirebbe, così, del tutto incolpevolmente la sanzione;
che il Giudice di pace di Brescia censura – in riferimento al solo art. 3 Cost. – il medesimo art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada;
che il rimettente – chiamato a decidere in merito all’opposizione proposta, avverso verbale di contestazione di infrazione stradale, dal conducente di un ciclomotore, colpito anche dalla sanzione della confisca del veicolo, per aver circolato a bordo dello stesso con casco non omologato – evidenzia come quella della confisca costituisca «la più afflittiva delle sanzioni accessorie», atteso che «si traduce nella privazione definitiva della disponibilità del mezzo»;
che, pertanto, viene contestata la scelta legislativa di prevedere, «in pari misura», l’applicazione di tale sanzione «sia nell’ipotesi di violazioni di indubbio rilievo sotto il profilo degli interessi tutelati» (come, ad esempio, quella della guida in stato di ebbrezza, «dove l’oggetto giuridico è rappresentato dalla sicurezza della generalità dei conducenti»), sia «nei casi di infrazioni a norme aventi ad oggetto l’incolumità personale del trasgressore stesso»;
che un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale della disposizione censurata sarebbe costituito dalla scelta di equiparare, sotto il profilo dell’operatività della confisca, alla realizzazione di semplici infrazioni amministrative anche il caso in cui il veicolo sia adoperato per commettere un reato, colpendo così, in entrambe le ipotesi, «indiscriminatamente ed irreparabilmente la proprietà privata», e dunque un diritto che può essere compresso «soltanto in rapporto alla violazione di interessi di rango equiparabile o comunque tali da giustificare una diversa e più grave punibilità»;
che anche il Giudice di pace di Sant’Antioco – investito dell’opposizione proposta dal conducente di un motociclo, sanzionato per essersi posto alla guida dello stesso senza indossare il casco protettivo, subendo così anche la confisca del mezzo – dubita della legittimità dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, assumendone il contrasto con gli art. 3 e 27 della Carta fondamentale;
che, a suo dire, a «parità di infrazione», la sanzione comminata – pena, altrimenti, la violazione dell’art. 3 Cost. – non può che essere la medesima, «a prescindere dal mezzo con cui un soggetto circola in strada», atteso che la funzione della sanzione è quella di «tutelare gli utenti della strada in toto siano essi conducenti di qualsivoglia veicolo»;
che, infine, l’applicazione della confisca all’infrazione suddetta contrasterebbe anche con il principio di proporzionalità tra infrazione e sanzione, ed assumendo una connotazione «quasi esclusivamente vessatoria», determinerebbe «un trattamento contrario al senso di umanità», in violazione dell’art. 27 Cost.;
che l’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada è censurato anche dal Giudice di pace di Trieste, atteso che la sanzione della confisca prevista da tale norma sarebbe «in palese contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, per aperta violazione del canone generale di ragionevolezza e proporzionalità delle misure sanzionatorie»;
che il rimettente triestino – chiamato a giudicare dell’opposizione proposta dalla proprietaria di un veicolo a due ruote (colpito da provvedimento dapprima di sequestro e poi di confisca, ai sensi della norma censurata), per essere stata accertata a carico del conducente l’infrazione consistente nell’uso di un casco protettivo non omologato – sottolinea come il sindacato di costituzionalità sulle scelte sanzionatorie del legislatore, di regola precluso alla Corte costituzionale, sia ammissibile allorché, come nel caso di specie, «l’opzione normativa contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, vale a dire si appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalità» (cita, in proposito, la sentenza n. 313 del 1995, nonché l’ordinanza n. 401 del 2005);
che su tali basi – richiamata anche la sentenza n. 110 del 1996 della Corte costituzionale – il giudice a quo afferma che, nell’ipotesi in esame, l’applicazione della confisca «è irragionevole e sproporzionata alla natura ed entità della violazione e non è coerente con la finalità, perseguita dal legislatore, di prevenire e punire le condotte potenzialmente pericolose»;
che, difatti, l’infrazione consistente nell’uso di un casco non omologato integrerebbe una «mera irregolarità amministrativa, senza alcun riflesso pericoloso sulla sicurezza degli utenti della strada», ivi compreso il conducente del mezzo;
che anche il Giudice di pace di Locri – evocando quali parametri gli artt. 3 e 27 Cost. – ha sollevato un incidente di costituzionalità avente ad oggetto sempre l’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada;
che il rimettente – nel giudicare del ricorso proposto dal conducente di un motoveicolo, a carico del quale era stata accertata l’infrazione consistente nel mancato uso del casco protettivo – rileva che per effetto della censurata disposizione risulta comminata, a carico del ricorrente, anche la sanzione accessoria della confisca del veicolo, ciò che costituirebbe violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione;
che il giudice a quo, nell’evidenziare che la Corte costituzionale (sono citate le sentenze nn. 435 e 349 del 1997) ha affermato la necessità di «rimodellare il sistema della confisca, stabilendo alcuni canoni essenziali al fine di evitare che l’applicazione giudiziale della sanzione amministrativa produca disparità di trattamento», reputa che l’evenienza da ultimo descritta ricorra proprio nel caso di specie;
che sussisterebbe, difatti, disparità di trattamento tra chi si sia reso responsabile dell’infrazione consistente nell’alterazione delle condizioni meccaniche del veicolo e colui che, come nel caso sottoposto al vaglio del rimettente, abbia omesso di indossare il casco protettivo, atteso che solo nel primo caso ricorre «un grave pericolo per gli utenti della strada», e dunque una circostanza idonea a giustificare l’irrogazione della sanzione;
che il Giudice di pace di Torre Annunziata censura, invece, oltre all’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, anche il precedente art. 171, commi 1 e 2, assumendone l’illegittimità costituzionale ai sensi degli artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost.;
che il giudice a quo – chiamato a giudicare dell’opposizione proposta dal conducente di un motociclo, sanzionato per aver condotto il veicolo senza indossare il casco protettivo – assume che le censurate disposizioni, nel prevedere l’applicazione della sanzione accessoria della confisca, sarebbero in contrasto, innanzitutto, con l’art. 42 Cost., nonché con gli art. 2 e 3 della Carta fondamentale, «per l’evidente sproporzione tra violazione e sanzione e relative conseguenze economiche», nonché per la «disparità di trattamento» tra i conducenti di ciclomotori o motoveicoli e quelli di tutti gli altri veicoli;
che il rimettente, quanto al contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., assume che, per effetto della contestata disciplina, risulterebbe sottratta «a qualsivoglia giudice terzo la comminatoria di una sanzione di una gravità economica tale, da superare in alcune ipotesi, persino l’entità di sanzioni pecuniarie previste dalle leggi penali»;
che anche il Giudice di pace di Noto censura, oltre al predetto art. 213, comma 2-sexies, anche gli artt. 171, commi 1 e 2, del codice della strada, ipotizzando la violazione degli artt. 2, 3 e 42 Cost.;
che il rimettente – nel premettere di dover giudicare dell’impugnativa di un verbale di confisca di motoveicolo, adottato all’esito dell’accertata infrazione consistente nella guida del veicolo senza indossare il casco protettivo – deduce, innanzitutto, il contrasto tra le norme denunciate e l’art. 3 della Carta fondamentale, in ragione della evidente «sproporzione» tra la violazione amministrativa «e le conseguenze economiche della sanzione» per essa comminata, atteso che può esservi «una notevole diversità di valore economico» tra i diversi ciclomotori o motocicli oggetto di confisca;
che, pertanto, esso assume che gli autori di una medesima infrazione – in forza del sistema delineato dalle censurate disposizioni – «vengono puniti in modo ingiustificatamente diverso»;
che quanto, invece, alla violazione dell’art. 2 Cost., assume il giudice a quo – sul presupposto che tra i diritti inviolabili dell’uomo rientri anche quello all’eguaglianza – che le censurate disposizioni introdurrebbero «una evidente disparità di trattamento tra conducenti di ciclomotori o motoveicoli e conducenti di tutti gli altri veicoli», a carico dei quali non è prevista la sanzione della confisca, neppure nel caso di guida senza uso della cintura di sicurezza, ovvero – a suo dire – sotto l’effetto di sostanze alcoliche o psicotrope;
che, infine, la violazione dell’art. 42 Cost. è motivata in base al rilevo che nel censurato sistema non viene «in considerazione l’appartenenza del ciclomotore o del motoveicolo» ad un «terzo non trasgressore», al quale si sottrae la proprietà del bene, «gravandolo inoltre delle spese di custodia senza limiti di tempo»;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in tutti i giudizi, svolgendo considerazioni sostanzialmente identiche in ciascun atto di intervento;
che l’Avvocatura erariale, in particolare – eccepita, in via preliminare, l’inammissibilità delle questioni relative ai commi 1, 2 e 3 dell’artt. 171 del codice della strada, atteso che tali disposizioni si limitano a descrivere le infrazioni in relazione alle quali il (solo) comma 2-sexies dell’art. 213 del medesimo codice della strada prevede, quale sanzione accessoria a quella pecuniaria, la confisca del veicolo a due ruote – deduce l’infondatezza delle questioni sollevate;
che la confisca sarebbe rivolta a sottrarre la disponibilità di ciclomotori e motoveicoli a coloro i quali, mostrandosi indifferenti all’obbligo di indossare il casco protettivo, realizzano, con il proprio contegno, «una causa di incremento del pericolo di lesioni craniche da circolazione di motocicli», sicché – sottolinea la difesa erariale – anche «il proprietario che autorizzi o tolleri l’uso del motociclo da parte di soggetti che non rispettano l’obbligo in questione» è ragionevolmente sottoposto, dal censurato art. 213, comma 2-sexies, a tale sanzione, giacché lo stesso «ha accettato di concorrere all’incremento complessivo del rischio da circolazione e, contemporaneamente, ha rinunciato ad esercitare un controllo personale e diretto sul comportamento del conducente»;
che nessuna violazione del principio di eguaglianza, poi, potrebbe essere ravvisata nel caso di specie;
che, difatti – individuata nella «prevenzione del rischio individuale e sociale da trauma cranico, specifico e peculiare della circolazione motociclistica», la ratio della sanzione della confisca –, risulterebbe evidente come nella sua applicazione «non abbia alcun rilievo il valore dei motocicli confiscati», giacché attraverso di essa non si «tende a colpire il patrimonio del responsabile, bensì a rimuovere una causa di incremento del rischio di cui si è detto»;
che infine, si esclude l’esistenza di un contrasto tra le norme denunciate e gli artt. 24 e 111 Cost., asseritamente conseguente al «carattere rigido» di tale sanzione, essendo quella della confisca obbligatoria una «sanzione ampiamente nota all’ordinamento penale e sanzionatorio amministrativo», giustificata dalla «necessità di eliminare le cause materiali di potenziali, ulteriori, lesioni dell’interesse protetto».
Considerato che i Giudici di pace di Giarre (r.o. nn. 683 e 684 del 2006), Brescia (r.o. n. 685 del 2006), Sant’Antioco (r.o. n. 5 del 2007), Trieste (r.o. n. 11 del 2007) e Locri (r.o. n. 116 del 2007) hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale – in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 27 e 42 della Costituzione – dell’art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);
che, analogamente, i Giudici di pace di Torre Annunziata (r.o. n. 127 del 2007) e Noto (r.o. n. 147 del 2007) censurano – ipotizzandone il contrasto con gli artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost. (parametri, gli ultimi due, evocati solo dal primo rimettente) – gli artt. 171, commi 1 e 2, e 213, comma 2-sexies, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992;
che, data la connessione esistente tra i vari giudizi, se ne impone la riunione ai fini di un’unica pronuncia;
che, nelle more del presente giudizio, i commi 168 e 169 dell’art. 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), inseriti dalla relativa legge di conversione, 24 novembre 2006, n. 286, hanno, rispettivamente, modificato, l’uno, il testo dell’art. 171, comma 3, del codice della strada, l’altro, il testo del successivo art. 213, comma 2-sexies (norma, quest’ultima, denunciata da tutti giudici rimettenti);
che, difatti, in virtù del citato ius superveniens, mentre alla «sanzione pecuniaria amministrativa prevista dal comma 2» del medesimo art. 171 del codice della strada, in luogo della confisca originariamente prevista, «consegue il fermo del veicolo per sessanta giorni ai sensi del capo I, sezione II del titolo VI» dello stesso codice (ovvero per la durata di novanta giorni allorché, «nel corso di un biennio», sia «stata commessa, almeno per due volte, una delle violazioni previste dal comma 1» del predetto art. 171), ai sensi del novellato art. 213, comma 2-sexies, dello stesso codice della strada risulta «sempre disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere un reato, sia che il reato sia stato commesso da un conducente maggiorenne, sia che sia stato commesso da un conducente minorenne»;
che, pertanto, alla luce di tale duplice sopravvenienza normativa si impone la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, per una rinnovata valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni dagli stessi sollevate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti ai Giudici di pace di Giarre, Brescia Sant’Antioco, Trieste, Locri, Noto e Torre Annunziata.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2007.