Ordinanza n. 401 del 2005

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ORDINANZA N. 401

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Piero Alberto  CAPOTOSTI Presidente

- Fernanda         CONTRI           Giudice

- Guido             NEPPI MODONA    "

- Annibale         MARINI                    "

- Franco             BILE                          "

- Giovanni Maria FLICK                     "

- Francesco        AMIRANTE              "

- Ugo                 DE SIERVO              "

- Romano          VACCARELLA        "

- Paolo               MADDALENA         "

- Alfio               FINOCCHIARO       "

- Alfonso           QUARANTA            "

- Franco             GALLO                     "

- Luigi               MAZZELLA             "

- Gaetano          SILVESTRI               "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 94, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza del 23 agosto 2004 dal Giudice di pace di Osimo, nel giudizio civile vertente tra Tramannoni Paolo e il Prefetto di Ancona, iscritta al n. 167 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 2005.

    Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nella camera di consiglio del 28 settembre 2005 il Giudice relatore Paolo Maddalena.

    Ritenuto che, con ordinanza del 23 agosto 2004, il Giudice di pace di Osimo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 94, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede «distinte sanzioni in relazione alle violazioni distintamente e specificamente previste nelle disposizioni precettive contenute nei commi primo e secondo della predetta norma»;

    che il remittente è chiamato a decidere sull'opposizione, proposta dall'acquirente di una autovettura, avverso il verbale elevato nei suoi confronti dalla Polizia stradale per non aver ottemperato a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell'art. 94 del codice della strada e con il quale gli vengono comminate le sanzioni previste dai commi 3 e 4 della stessa disposizione;

    che, come riferisce il giudice a quo, l'opponente ha regolarmente trascritto il trasferimento del veicolo al Pubblico registro automobilistico, mentre ha omesso di segnalarlo alla Motorizzazione civile (ora Dipartimento per i trasporti terrestri) per «una banale dimenticanza, dovuta fra l'altro … alla sovrapposizione di procedure di carattere simile»;

    che, secondo il remittente, non vi sarebbe dubbio che i commi 1 e 2 dell'art. 94 del codice della strada individuino una duplice attività, consistente, da un lato, nella richiesta di trascrizione al competente ufficio del Pubblico registro automobilistico dell'avvenuto trasferimento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi e, dall'altro, nella richiesta per il rinnovo o l'aggiornamento della carta di circolazione;

    che, si argomenta ancora nell'ordinanza, all'inosservanza di entrambe dette attività corrisponderebbe la sanzione amministrativa, unica ed indistinta, di cui al successivo comma 3 e cioè il pagamento di una somma da Euro 516,46 ad Euro 2.582,28 (recte: da lire 1.064 a lire 5.320.000, quale sanzione edittale vigente all'epoca della violazione oggetto di cognizione del remittente), oltre all'ulteriore sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal successivo comma 4, anch'essa unica ed indistinta, in conseguenza della circolazione di veicoli per i quali non sia stato richiesto l'aggiornamento o il rinnovo della carta di circolazione e del certificato di proprietà;

    che, ad avviso del giudice a quo, proprio «nell'unicità delle previsioni sanzionatorie in precedenza individuate (che, irragionevolmente, cumulano precetti distinti e non necessariamente ed eziologicamente dipendenti)» risiederebbe «una disparità di trattamento tra coloro che non adempiono a nessuna delle due prescrizioni e coloro che (come è avvenuto nel caso di specie), invece, adempiono ad una sola di esse»;

    che, peraltro, una tale disparità di trattamento sarebbe aggravata anche dal fatto che, a seguito dell'entrata in vigore della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), nel caso di trasferimento di residenza, la violazione non potrebbe più realizzarsi «dal momento che l'aggiornamento della carta di circolazione è effettuato automaticamente per il tramite dei Comuni e, per di più, in maniera del tutto gratuita»;

    che, pertanto, le norme denunciate si porrebbero in contrasto con gli artt. 3 e 111 della Costituzione;

    che sarebbe infatti violato il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, in quanto le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 94 del codice della strada, in relazione alle sanzioni previste nei successivi commi 3 e 4, darebbero luogo a disparità di trattamento tra cittadini «che hanno violato entrambi i precetti» e cittadini «che ne hanno violato uno solo (come nel caso di specie)» e che sono soggetti «alle uniche e indistinte sanzioni previste nei richiamati commi 3 e 4»;

    che inoltre sussisterebbe la violazione del principio del giusto processo (art. 111 Cost.), giacché, secondo il giudice a quo, il giusto processo dovrebbe riguardare non soltanto l'approntamento di rimedi organizzativi finalizzati ad assicurare una ragionevole durata del processo ma, anche e soprattutto, «offrire una giustizia sostanziale nella quale i precetti e le relative sanzioni siano ispirati ad un effettivo e concreto parametro di giustizia nel senso che alla violazione di un precetto corrisponda una determinata sanzione e a violazioni di due precetti corrispondano due distinte sanzioni o, quanto meno, una sanzione diversa e più grave della prima»;

    che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata;

    che la difesa erariale osserva preliminarmente che i primi due commi della norma impugnata, nell'imporre all'acquirente di un veicolo l'obbligo di trascrivere il passaggio di proprietà in entrambi i registri nel termine di sessanta giorni, rispondono a finalità diverse, rilevando, da una parte, «motivi di ordine pubblico» e la «necessità di risalire con certezza al responsabile della circolazione» e, dall'altra, «motivi di ordine giuridico-patrimoniale connessi con la proprietà dei veicoli»;

    che, argomenta ancora l'Avvocatura, l'aver adempiuto, come nella fattispecie all'esame del giudice a quo, una sola delle due formalità non può costituire una «attenuante» e non può essere un motivo per graduare le sanzioni, in quanto l'omissione anche di uno solo dei due obblighi crea «disallineamento dei due archivi», rendendo difficoltoso «lo svolgimento coerente dell'azione della P.A.»;

    che, peraltro, le «procedure previste dai commi 1 e 2 dell'art. 94» sono state «di fatto rese inoperanti» dall'emanazione del d.P.R. 19 settembre 2000, n. 358 (Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi), il quale decreto, nel disciplinare il c.d. “sportello telematico dell'automobilista”, così da permettere di accedere ad un unico sportello per l'espletamento delle formalità relative ai veicoli e per l'emissione dei documenti di circolazione e di proprietà, ha raggiunto l'obiettivo del contestuale aggiornamento sia dell'archivio nazionale dei veicoli, che del Pubblico registro automobilistico.

    Considerato che il Giudice di pace di Osimo ha denunciato l'art. 94, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) «nella parte in cui non prevede distinte sanzioni in relazione alle violazioni distintamente e specificamente previste nelle disposizioni precettive contenute nei commi primo e secondo della predetta norma»;

    che l'art. 94 del codice della strada prevede, al primo e secondo comma, due distinte attività in capo all'acquirente di “autoveicoli, motoveicoli e rimorchi” in caso di trasferimento della proprietà del bene: da una parte (comma 1), la richiesta, entro sessanta giorni dalla data di autenticazione della sottoscrizione dell'atto, della trascrizione al Pubblico registro automobilistico del trasferimento; dall'altra (comma 2), l'ulteriore richiesta, entro lo stesso termine di 60 giorni, al Dipartimento per i trasporti terrestri, del “rinnovo” o “aggiornamento della carta di circolazione che tenga conto dei mutamenti” di cui al comma 1;

    che, in base al successivo comma 3, il mancato adempimento delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 era punito, all'epoca dei fatti oggetto di cognizione del giudice remittente, con l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da lire 1.064.000 a lire 5.320.000 (attualmente, a seguito dell'aggiornamento recato dal d.m. 22 dicembre 2004, da euro 600 a euro 3.003), laddove, inoltre, il comma 4 prevedeva, sempre al momento dei fatti oggetto del giudizio principale, l'ulteriore sanzione pecuniaria da lire 532.000 a lire 2.660.000 (attualmente, a seguito dell'aggiornamento recato dal d.m. 22 dicembre 2004, da euro 300 a euro 1.501) per «chiunque circoli con un veicolo per il quale non è stato richiesto, nel termine stabilito dai commi 1 e 2, l'aggiornamento o il rinnovo della carta di circolazione e del certificato di proprietà»;

  che, ad avviso del giudice a quo, la previsione, da parte dei commi 3 e 4 dell'art. 94 denunciato, di una sanzione pecuniaria unica ed indistinta per la violazione dei differenti precetti posti dai precedenti commi 1 e 2 dello stesso art. 94, contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, per ingiustificata disparità di trattamento tra «cittadini che hanno violato entrambi i precetti contenuti nelle individuate disposizioni e cittadini che ne hanno violato uno solo (come nel caso di specie)»;

  che sarebbe altresì vulnerato il principio del giusto processo posto dall'art. 111 della Costituzione, che mirerebbe anche «ad offrire una giustizia sostanziale nella quale i precetti e le relative sanzioni siano ispirati ad un effettivo e concreto parametro di giustizia, nel senso che alla violazione di un precetto corrisponda una determinata sanzione e a violazioni di due precetti corrispondano due distinte sanzioni o, quanto meno, una sanzione diversa e più grave della prima»;

    che, sotto questo ultimo profilo, la prospettazione del remittente, sebbene evochi un parametro non conferente, deve essere tuttavia intesa come volta a denunciare l'irragionevolezza delle disposizioni impugnate, giacché imperniata sull'addebito al legislatore di non aver seguito, nell'apprestamento dell'apparato sanzionatorio, un criterio di “giustizia sostanziale”, che, secondo lo stesso giudice a quo, andrebbe ravvisato nella diversificazione delle sanzioni a fronte di distinte fattispecie precettive;

    che, come questa Corte ha più volte precisato, rientra nella discrezionalità del legislatore sia l'individuazione delle condotte punibili, sia la scelta e la quantificazione delle relative sanzioni: discrezionalità che può essere oggetto di censura, in sede di scrutinio di costituzionalità, soltanto ove il suo esercizio ne rappresenti un uso distorto o arbitrario, così da confliggere in modo manifesto con il canone della ragionevolezza (da ultimo, si vedano: sentenza n. 144 del 2005; ordinanze n. 262 del 2005, n. 212 del 2004, n. 109 del 2004 e n. 234 del 2003); 

    che, nel caso delle norme denunciate, la scelta del legislatore si è tradotta nella previsione di due fattispecie di illecito amministrativo le quali stabiliscono, ciascuna, un'unica sanzione pecuniaria da applicarsi, indifferentemente, nell'ipotesi della violazione di uno soltanto o di entrambi i precetti posti dai commi 1 e 2 dello stesso art. 94, concernenti, rispettivamente, l'obbligo di richiedere, nel termine di 60 giorni, sia la trascrizione, al Pubblico registro automobilistico, dell'avvenuto trasferimento di proprietà di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, sia il rinnovo o l'aggiornamento della carta di circolazione al Dipartimento per i trasporti;

  che tuttavia le sanzioni poste dai commi 3 e 4 dell'art. 94 del codice della strada non sono individuate in misura fissa, ma tramite una “forbice” edittale, la cui significativa ampiezza consente di irrogarle tenendo conto delle particolarità del caso concreto, così da poterne adeguare la misura alla effettiva gravità dell'infrazione, la quale ben può essere apprezzata anche in riferimento al grado di inadempimento dei precetti definiti dai commi 1 e 2 dell'art. 94 denunciato;

    che, pertanto, proprio a motivo del consistente margine di adeguamento delle sanzioni che le disposizioni denunciate rendono possibile, la scelta legislativa censurata non può reputarsi palesemente irragionevole, né è tale da determinare la disparità di trattamento prospettata dal remittente;

    che la questione, dunque, deve essere dichiarata manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 94, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Osimo, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 2005.

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 ottobre 2005.