Sentenza n. 201 del 2007

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SENTENZA N. 201

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Franco                              BILE                                       Presidente

-      Giovanni Maria                 FLICK                                      Giudice

-      Francesco                         AMIRANTE                                  "

-      Ugo                                  DE SIERVO                                  "

-      Paolo                                MADDALENA                              "

-      Alfio                                 FINOCCHIARO                           "

-      Alfonso                             QUARANTA                                 "

-      Franco                              GALLO                                         "

-      Luigi                                 MAZZELLA                                  "

-      Gaetano                            SILVESTRI                                   "

-      Sabino                              CASSESE                                      "

-      Maria Rita                        SAULLE                                        "

-      Giuseppe                          TESAURO                                     "

-      Paolo Maria                      NAPOLITANO                             "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 357 e 359, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), promossi dalle Regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia con i ricorsi notificati il 27 febbraio 2006, depositati in cancelleria il 3 e il 4 marzo 2006 ed iscritti ai nn. 39 e 41 del registro ricorsi 2006.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 17 aprile 2007 il Giudice relatore Francesco Amirante;

uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna, Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia e l’avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nuovamente nell’udienza pubblica del 5 giugno 2007, rifissata in ragione della intervenuta modifica della composizione del collegio, il Giudice relatore Francesco Amirante;

uditi nuovamente nell’udienza pubblica del 5 giugno 2007 gli avvocati Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e Andrea Manzi per la Regione Emilia-Romagna, Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia e l’avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.1.— Con ricorso notificato il 27 febbraio 2006 e depositato il successivo 3 marzo, la Regione Emilia-Romagna ha impugnato numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), in riferimento agli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione; in particolare, la ricorrente censura l’art. 1, comma 359, di detta legge.

Premesso che il comma 357 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione destinato a finanziare da un lato i progetti individuati dal Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (PICO), dall’altro generici interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, la Regione precisa che il comma impugnato dispone la ripartizione del fondo esclusivamente tra gli interventi individuati dal Piano di cui al comma 357, nonché tra quelli per l’adeguamento tecnologico nel settore sanitario, proposti dal Ministro della salute, con apposite delibere del CIPE, il quale stabilisce i criteri e le modalità di attuazione degli interventi medesimi in base alle risorse affluite al fondo, riservando il 15 per cento dell’importo da assegnare agli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario.

La ricorrente specifica che essa non intende impugnare il comma 357, nonostante con tale disposizione si venga a costituire un fondo settoriale in materia di competenza regionale. Proprio in quanto si tratta di finanziamenti in materia regionale, tuttavia, essa intende far valere la mancata previsione di quelle forme di leale collaborazione, che sono necessarie tutte le volte in cui lo Stato ritenga di assumere direttamente una funzione «in sussidiarietà»: in particolare, la mancata previsione delle necessarie intese della Conferenza Stato-Regioni sia sul Piano sia sulle delibere di riparto del CIPE. Conclude, quindi, chiedendo che la disposizione del comma 359 sia dichiarata illegittima in quanto non prevede tali intese.

1.2.— Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità, ovvero di non fondatezza delle questioni, osservando come non sia stata impugnata la norma istitutiva del fondo (art. 1, comma 357) e come la realizzazione dei progetti sia subordinata al reperimento delle risorse. A parere dell’Avvocatura, non si vede poi come possa essere impugnata soltanto la norma che disciplina le modalità esecutive del Piano. In una ulteriore memoria si sottolinea, inoltre, come si tratti di un fondo destinato, fra l’altro, ad interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, alimentato con somme aggiuntive, la cui disciplina rientra perciò nella politica generale comunitaria e del settore, necessariamente unitaria, e che, come tale, viene ripartito dal CIPE, al quale partecipa anche il Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome.

1.3.— Nell’imminenza dell’udienza la Regione Emilia-Romagna ha depositato memoria, sottolineando come, pur non contestando l’istituzione del fondo in argomento, essa abbia chiesto il rispetto del principio di leale collaborazione impugnando il comma 359; infatti, ove anche si dovesse giustificare, per ragioni di sussidiarietà, la previsione di un unico fondo relativo a diversi interventi, senza riguardo alla competenza per materia statale o regionale, l’utilizzo del medesimo dovrebbe comunque essere oggetto di intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

2.1.— Anche la Regione Friuli-Venezia Giulia – con ricorso notificato il 27 febbraio 2006 e depositato il successivo 4 marzo – ha impugnato numerose disposizioni della legge n. 266 del 2005, per violazione del proprio statuto speciale e delle relative norme d’attuazione, del titolo V della parte seconda della Costituzione, in collegamento con l’art. 10 della legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, del principio di leale collaborazione e dei principi di ragionevolezza, di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione.

In particolare, la ricorrente censura l’art. 1, commi 357 e 359, della legge n. 266 del 2005, osservando che si tratta della creazione di un fondo settoriale, a gestione centralizzata, in materia di competenza regionale, in difetto di esigenze di carattere unitario. Ad avviso della Regione, la natura degli interventi non muta per il fatto che il Piano di cui al comma 357 sia «elaborato nel quadro del rilancio della Strategia di Lisbona deciso dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005», espressione che del resto non allude ad alcunché di definito. In ogni modo, tale giustificazione non potrebbe valere per gli «interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario» (i quali non possono che avere senso all’interno di una programmazione regionale).

Peraltro, conclude la ricorrente, se anche il fondo settoriale fosse legittimo e la gestione accentrata si giustificasse in nome di non facilmente individuabili esigenze unitarie, le disposizioni in questione rimarrebbero illegittime per mancata previsione delle necessarie intese della Conferenza Stato-Regioni sia sul Piano sia sulle delibere di riparto del CIPE.

2.2.— Si è costituito anche in questo giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità, ovvero di non fondatezza delle questioni, senza peraltro motivare in proposito.

2.3.— Nell’imminenza dell’udienza la Regione Friuli-Venezia Giulia ha depositato memoria, in cui contesta la necessità di una politica unitaria nel settore tecnologico sanitario ed aggiunge che la partecipazione al CIPE del Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome, non potrebbe in ogni caso surrogare l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, la quale dovrebbe comunque investire l’utilizzo del fondo, anche ove si dovesse giustificare, per ragioni di sussidiarietà, l’istituzione del medesimo. E ciò dovrebbe a fortiori affermarsi dato che il PICO è stato elaborato al di fuori di una procedura legislativamente prevista e senza alcuna intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

Considerato in diritto

1.— La Regione Friuli-Venezia Giulia (ric. n. 41 del 2006) ha impugnato numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006) e, in particolare, i commi 357 e 359 dell’art. 1.

Le questioni vengono proposte con riferimento allo statuto speciale regionale – approvato con la legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 – e alle relative norme di attuazione, nonché – in collegamento con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Le disposizioni censurate sono così formulate: comma 357 «E’ istituito presso la Presidenza del consiglio dei ministri, il fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione, di seguito denominato “fondo”, destinato a finanziare i progetti individuati dal Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione, elaborato nel quadro del rilancio della Strategia di Lisbona deciso dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, nonché interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario»; comma 359 «Il fondo è ripartito esclusivamente tra gli interventi individuati dal Piano di cui al comma 357, nonché tra gli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, proposti dal Ministro della salute, con apposite delibere del CIPE, il quale stabilisce i criteri e le modalità di attuazione degli interventi in base alle risorse affluite al fondo, riservando il 15 per cento dell’importo da ripartire agli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario».

Secondo la ricorrente, le disposizioni censurate istituiscono un fondo con destinazione vincolata in materie di competenza legislativa regionale e ne disciplinano la gestione centralizzata, senza che idonea giustificazione possa derivare dal richiamo alle decisioni di Lisbona, e in modo certamente illegittimo riguardo agli interventi in materia sanitaria, in contrasto con il principio di leale collaborazione.

La Regione Emilia-Romagna (ric. n. 39 del 2006) impugna soltanto l’art. 1, comma 359, dolendosi che la disciplina che regola il Piano e il riparto delle risorse mediante le delibere del CIPE non preveda l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, nonostante si tratti di interventi in materia regionale, in tal modo violando il principio di leale collaborazione.

2.— Con i medesimi ricorsi sono state censurate dalle predette Regioni altre disposizioni della stessa legge n. 266 del 2005: la decisione di tali ulteriori questioni di costituzionalità va riservata ad altre pronunce.

I presenti giudizi, considerata la sostanziale identità e la connessione del loro oggetto, possono essere riuniti – nei limiti sopra precisati – per essere decisi con unica sentenza.

3.–– In via preliminare, si osserva che nel ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia il richiamo delle norme statutarie e di attuazione, nella sua genericità, deve essere inteso come diretto ad affermare che da esso non derivano alla Regione poteri maggiori di quelli attribuiti alle regioni ordinarie dall’art. 117 Cost; di qui l’evocazione di tale parametro in applicazione dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

4.— Ciò premesso, la questione avente ad oggetto il comma 357, sollevata dalla sola Regione Friuli-Venezia Giulia, non è fondata.

Il fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione, infatti, non riguarda soltanto materie regionali, ma anche materie di esclusiva competenza statale. A tal proposito, è sufficiente rilevare che tra gli obiettivi prioritari del PICO sono previsti «l’ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese», che rientra nella tutela della concorrenza, e la tutela ambientale, entrambe materie di competenza statale, nonché il rafforzamento dell’istruzione, materia nella quale spetta allo Stato in via esclusiva la determinazione delle norme generali. Va infatti tenuto conto anche delle interferenze che, in sede attuativa, potranno verificarsi tra competenze diverse.

L’istituzione del fondo con legge statale non è, quindi, di per sé illegittima.

5.— La questione sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, concernente il mancato coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni riguardo al Piano, non è ammissibile, sia perché non sostenuta da alcuna motivazione, sia perché la disciplina della formazione del Piano in argomento non è contenuta nella disposizione censurata.

6.— Fondata è, invece, la questione concernente il comma 359 in relazione alle modalità di attuazione degli interventi, perché tale disposizione contrasta con il principio di leale collaborazione.

Questa Corte, infatti, ha più volte affermato che i fondi con vincolo di destinazione sono illegittimi se riguardano materie regionali e non sussistono ragioni di gestione unitaria con riferimento alle disposizioni dell’art. 118 Cost. e che sono illegittimi qualora riguardino più materie concorrenti di diversa competenza o materie che esigono una disciplina unitaria e non prevedano il coinvolgimento delle Regioni.

In generale, ha osservato la Corte, «per le ipotesi in cui ricorra una “concorrenza di competenze”, la Costituzione non prevede espressamente un criterio di composizione delle interferenze. In tal caso – ove […] non possa ravvisarsi la sicura prevalenza di un complesso normativo rispetto ad altri, che renda dominante la relativa competenza legislativa – si deve ricorrere al canone della “leale collaborazione”, che impone alla legge statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia delle loro competenze» (sentenze nn. 50 e 219 del 2005). La decisione citata da ultimo ha poi aggiunto che «a tal fine l’individuazione della tipologia più congrua compete alla discrezionalità del legislatore».

Più in particolare, in un caso in cui la disposizione censurata attribuiva al CIPE l’emissione di delibere per l’individuazione in concreto degli interventi e la ripartizione delle risorse, essa è stata dichiarata illegittima nella parte in cui non prevedeva che l’approvazione da parte di tale comitato delle condizioni e delle modalità di attuazione degli interventi dovesse essere preceduta dall’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano (sentenza n. 242 del 2005).

Tale orientamento deve essere confermato, fermo restando che la molteplicità di tematiche coinvolte dal Piano giustifica la discrezionalità legislativa circa la scelta del modulo concertativo più idoneo a salvaguardare le competenze regionali, non riscontrandosi l’esigenza di specifici strumenti costituzionalmente vincolati di concertazione (sentenza n. 231 del 2005). Infatti, tra gli obiettivi del Piano, oltre quelli suindicati di competenza esclusiva statale, ve ne sono altri che possono essere perseguiti con interventi in materie di competenza statale, ma anche in materie per le quali è prevista la competenza, quantomeno concorrente, delle Regioni, quali la crescita e l’occupazione. Inoltre, una quota del fondo dovrà essere destinata a interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, cioè in una materia che rientra nella tutela della salute, di competenza concorrente.

La disposizione deve essere pertanto dichiarata illegittima nella parte in cui non prevede alcuno strumento idoneo a garantire la leale collaborazione fra Stato e Regioni.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione sulle questioni di legittimità costituzionale concernenti altre disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), sollevate dalle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna con i ricorsi in epigrafe;

riuniti i giudizi;

a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 359, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), nella parte in cui non prevede uno strumento idoneo a garantire la leale collaborazione tra Stato e Regioni;

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 357, della medesima legge n. 266 del 2005, sollevata dalla Regione Friuli-Venezia Giulia con il ricorso in epigrafe;

c) dichiara inammissibile l’ulteriore questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 359, della stessa legge n. 266 del 2005, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2007.