ORDINANZA N. 160
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 37 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2000), promosso con ordinanza del 12 gennaio 2004 dalla Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, sui ricorsi riuniti proposti da Saraceno Divo e altri contro l’I.N.P.D.A.P., iscritta al n. 3 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visti gli atti di costituzione di Falcolini Enrico, Corazzini Mario, Chiaula Giuseppe e Zocca Adalberto, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2007 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi gli avvocati Adalberto Zocca per sé medesimo, Enrico Falcolini per sé medesimo e per Corazzini Mario e Chiaula Giuseppe e l’avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, con ordinanza del 12 gennaio 2004 (pervenuta a questa Corte il 5 gennaio 2005), il Giudice unico delle pensioni presso la Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 36 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2000), nella parte in cui dispone che: «da gennaio 2000, e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, complessivamente superiori al massimale annuo previsto dall’art. 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), è dovuto, nella parte eccedente, un contributo di solidarietà, nella misura del 2%»;
che il giudice a quo riferisce che l’incidente di costituzionalità è sorto nel corso dei giudizi, successivamente riuniti, promossi da taluni magistrati in quiescenza della Corte dei conti, i quali hanno lamentato che sull’importo della pensione loro corrisposta nell’anno 2000 sia stata effettuata la trattenuta per contributo di solidarietà di cui al denunciato art. 37, chiedendo, di conseguenza, la restituzione di quanto trattenuto dall’ente previdenziale ed eccependo, in subordine, in riferimento agli artt. 3, 53, 36, e 38 Cost., l’incostituzionalità della predetta norma;
che il rimettente rammenta, altresì, di aver già sollevato, con ordinanza emessa il 10 gennaio 2002 nel corso dei giudizi, successivamente riuniti, proposti da due soltanto dei magistrati attualmente ricorrenti, questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 37 della legge n. 488 del 1999, per preteso contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost.;
che, espone ancora il giudice a quo, questa Corte, con ordinanza n. 22 del 2003, «ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità sollevata, assumendo che “il contributo di solidarietà, non potendo essere configurato come un contributo previdenziale, in senso stretto (sentenza n. 421 del 1995), va inquadrato nel “genus” delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, … avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del regime patrimoniale dei lavoratori con la conseguenza che l’invocato parametro di cui all’art. 53 Cost. deve ritenersi inconferente siccome riguardante la materia dell’imposizione tributaria in senso stretto”»;
che, con la stessa ordinanza n. 22 del 2003, è stata poi ritenuta «irrilevante la censura di irragionevolezza», affermandosi che la «scelta del legislatore è stata operata in attuazione dei principi solidaristici sanciti dall’art. 2 della Costituzione attraverso l’imposizione di una ulteriore prestazione patrimoniale gravante solo su alcuni trattamenti previdenziali che superino un certo importo stabilito dalla legge»;
che il rimettente evidenzia inoltre che, a séguito della citata decisione di questa Corte, taluni ricorrenti hanno «insistito affinchè fosse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 della legge 23 dicembre 1999 n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2000) anche con riferimento agli artt. 2, 36 e 38 della Costituzione»;
che, tanto premesso, il giudice a quo, in punto di rilevanza della sollevata questione, asserisce che «la disposizione contenuta nell’art. 37 della legge 23 dicembre 1999 n. 488 incide sicuramente sulla sorte dei ricorsi de quibus, destinati, in presenza di essa, così formulata e limitativa, al sicuro rigetto»;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente assume che il contrasto del denunciato art. 37 con gli artt. 2 e 38 Cost. sussista, «in quanto, considerata la natura patrimoniale del contributo di solidarietà, esso si risolve in una imposizione in contrasto con il principio di ragionevolezza e di solidarietà equitativa (artt. 2 e 38 secondo comma Cost.)»;
che, a tal riguardo – si argomenta nell’ordinanza di rimessione – il contributo di solidarietà costituirebbe «una contropartita necessaria dell’esclusione delle contribuzioni a fondi di previdenza complementare dalla base imponibile per la determinazione dei contributi di previdenza e di assistenza sociale (sent. Corte costituzionale n. 421/1995
)», sicché «l’omessa correlazione ad una qualsiasi controprestazione, inficia la disposizione de quo di illegittimità costituzionale per contrarietà agli artt. 2 e 38 Cost. sia perchè la norma denunciata, utilizza l’istituto del contributo di solidarietà in luogo del prelievo fiscale, con irragionevole pregiudizio proprio di quell’esiguo numero di lavoratori che hanno già finanziato il sistema previdenziale sia in quanto essendo la contribuzione previdenziale a carico dello Stato si imporrebbe un irragionevole aggravio alla posizione dei ricorrenti, non solo sacrificando l’affidamento da essi riposto nella non onerosità dell’esodo pensionistico, ma anche imponendo loro una prestazione patrimoniale sostanzialmente forzosa»;Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere