ORDINANZA N. 136
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 91 comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), promosso con ordinanza del 24 gennaio 2006 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Venezia, nel procedimento penale a carico di D.F.F., iscritta al n. 221 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 2007 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che, con ordinanza del 24 gennaio 2006, il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Venezia ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 91, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), laddove stabilisce che l’ammissione al patrocinio dei non abbienti è esclusa per l’indagato, l’imputato o il condannato per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;
che il rimettente – chiamato a giudicare dell’ammissibilità dell’istanza per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato presentata da un soggetto imputato del reato di cui all’art. 8 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto), per aver emesso fatture relative ad operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l’evasione fiscale – premette che la stessa questione è stata già dichiarata manifestamente inammissibile dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 251 del 2005, in quanto non era stata precisata la sussistenza dei presupposti reddituali previsti per la concessione del beneficio;
che, secondo il giudice a quo, sussistono nella specie i presupposti reddituali per l’ammissione dell’imputato al patrocinio a spese dello Stato, in quanto lo stesso ha presentato, unitamente alla istanza di ammissione, la dichiarazione di aver conseguito nell’anno decorso redditi per un importo inferiore a quello massimo stabilito dalla legge, tenuto conto anche di quanto percepito dalla moglie convivente, la cui dichiarazione dei redditi è stata parimenti prodotta;
che, ad avviso del rimettente, la norma denunciata violerebbe il diritto di difesa dell’imputato tutelato dall’art. 24 della Costituzione, determinando una disparità di trattamento a danno del cittadino indigente nei confronti di quello abbiente;
che la norma censurata determinerebbe, inoltre, un’ingiustificata disparità di trattamento nei confronti degli altri imputati o indagati per altri reati, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione;
che, in particolare, secondo il rimettente, gli accertamenti richiesti al giudice ai sensi dell’art. 96, commi 2 e 3, dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002, non debbono essere diretti ad accertare in astratto se, per la natura dei reati contestati, l’interessato sia stato o meno in grado di accumulare ricchezza, ma debbono essere volti a verificare in concreto se, in base ai parametri indicati dalla legge e, in particolare, al tenore di vita dell’interessato, alle sue condizioni personali e familiari, alle attività economiche svolte, possa o meno ritenersi sussistente una situazione patrimoniale diversa da quella rappresentata all’atto della presentazione della istanza, tale da superare la misura di reddito indicata dalla legge per l’ammissione al patrocinio (Cass., sez. I pen., 26 febbraio 2004, n. 8778): tanto più nel caso di specie, in cui sono trascorsi vari anni dall’eventuale reato e l’Agenzia delle entrate ha ampia possibilità di accertare se i redditi non consentano la concessione del beneficio;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata.
Considerato che il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Venezia dubita della legittimità costituzionale dell’art. 91, comma 1, lett. a), del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), laddove stabilisce che l’ammissione al patrocinio dei non abbienti è esclusa per l’indagato, l’imputato o il condannato di reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, perché creerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra indagati, o imputati, o condannati per reati tributari e quelli per altri reati; nonché dell’art. 24, della Costituzione, per la previsione, per i non abbienti, di una limitazione all’accesso al patrocinio a spese dello Stato e, quindi, di una limitazione del diritto di difesa;
che questa Corte, con ordinanza n. 251 del 2005, ha dichiarato manifestamente inammissibile identica questione di legittimità costituzionale sollevata dallo stesso giudice, per il fatto che il rimettente non aveva fatto riferimento alla sussistenza dei requisiti reddituali previsti per la concessione del beneficio, rilevando, con riferimento ad altra ordinanza prospettante identica questione, l’insufficienza della sola documentazione reddituale ai predetti fini, ove non avvalorata dal riferimento al tenore di vita, alle condizioni personali e familiari e alle attività economiche eventualmente svolte (art. 96, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002), dal momento che, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, la norma impugnata, nell’escludere il beneficio del patrocinio dello Stato limitatamente ad una particolare categoria di reati, presume, non irragionevolmente, l’impossibilità di verifica delle condizioni economiche dell’autore sulla sola base documentale (Cass. n. 31177 del 2004 e n. 2023 del 2000);
che, quindi, con la richiamata ordinanza, questa Corte ha precisato che il giudice rimettente, ai fini della rilevanza della questione sollevata, deve non solo dare conto della avvenuta documentazione dei requisiti reddituali, ma anche fare riferimento al tenore di vita, alle condizioni personali e familiari e alle attività economiche eventualmente svolte dall’imputato;
che, nel caso di specie, il giudice a quo, mentre si pronuncia sulla sussistenza dei requisiti reddituali, non fornisce elementi concreti per stabilire se, in base al tenore di vita dell’imputato, alle sue condizioni personali e familiari, alle attività economiche da lui eventualmente svolte, egli abbia effettivamente un reddito tale da renderlo meritevole dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, dal momento che, in tema di reati tributari, è impossibile verificare le condizioni economiche dell’autore sulla sola base documentale;
che, per costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice deve rendere esplicite le ragioni che lo inducono a sollevare la questione di costituzionalità con una motivazione autosufficiente, tale da permettere la verifica della valutazione sulla rilevanza: ciò che, per le evidenziate lacune, non risulta possibile nel caso di specie;
che tale insufficienza della motivazione, non consentendo alla Corte il controllo sulla rilevanza della questione nel giudizio a quo, determina la manifesta inammissibilità della stessa (si vedano, ex plurimis, le ordinanze n. 376, n. 319 e n. 220 del 2006).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motiviLA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 91, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Venezia, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 aprile 2007.