Ordinanza n. 108 del 2007

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ORDINANZA N. 108

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Franco                             BILE                                             Presidente

-      Giovanni Maria               FLICK                                              Giudice

-      Francesco                        AMIRANTE                                          "

-      Ugo                                 DE SIERVO                                         "

-      Romano                           VACCARELLA                                   "

-      Paolo                               MADDALENA                                    "

-      Alfio                                FINOCCHIARO                                  "

-      Alfonso                           QUARANTA                                        "

-      Franco                             GALLO                                                 "

-      Luigi                                MAZZELLA                                         "

-      Gaetano                           SILVESTRI                                          "

-      Sabino                             CASSESE                                             "

-      Giuseppe                         TESAURO                                            "

-      Paolo Maria                     NAPOLITANO                                    "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), promosso con ordinanza del 27 aprile 2006 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, sul ricorso proposto da Maria Rosaria Rubino contro il Comune di Brindisi ed altra, iscritta al n. 501 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2006.

            Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

            udito nella camera di consiglio del 7 marzo 2007 il Giudice relatore Luigi Mazzella.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso da una dipendente del Comune di Brindisi al fine di ottenere l’annullamento della delibera della Giunta comunale con la quale era stata disposta l’attribuzione di alcuni incarichi dirigenziali fuori dalla dotazione organica e del provvedimento sindacale con il quale uno di quegli incarichi dirigenziali era stato conferito ad un soggetto esterno, il Tribunale amministrativo della Puglia, sezione staccata di Lecce, con ordinanza del 27 aprile 2006, ha sollevato, in riferimento agli artt. 76, 77, 103 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale l’art. 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nella parte in cui attribuisce al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie in materia di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali;

            che il rimettente espone che la ricorrente ha impugnato gli atti sopra indicati per violazione di legge ed eccesso di potere e che la controversia dovrebbe essere attratta nella giurisdizione del giudice ordinario in virtù dell’art. 63, comma 1, del d. lgs. n. 165 del 2001, norma secondo la quale, appunto, sono devolute a quel giudice tutte le controversie relative al conferimento ed alla revoca degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni, non essendo possibile affermare la giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi del comma 4 del medesimo art. 63 (che contempla tale giurisdizione per le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), poiché la disciplina ai sensi della quale era stato conferito l’incarico oggetto della contestazione giudiziale contemplava come meramente eventuale una preventiva valutazione comparativa degli aspiranti all’incarico e, nella fattispecie, non era stata espletata alcuna procedura selettiva concorsuale al fine dell’individuazione del soggetto cui attribuire l’incarico;

            che, con riferimento alla denunziata violazione degli artt. 76 e 77 Cost., il giudice a quo, ricordato che l’estensione della giurisdizione del giudice ordinario alle controversie in materia di incarichi dirigenziali è stata prevista dall’art. 18 del decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387 (Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80), sostiene che una simile scelta del legislatore delegato si porrebbe in contrasto con gli artt. 76 e 77 Cost., perché nel testo dell’art. 11, comma 4, lettera g), della legge delega 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), norma in base alla quale è stato emanato il d. lgs. n. 387 del 1998, non si rinviene alcuna menzione delle controversie in materia di conferimento degli incarichi dirigenziali, la cui inclusione nel novero di quelle devolute alla giurisdizione del giudice ordinario sarebbe, dunque, il frutto di una scelta del legislatore delegato eccedente i limiti che condizionavano l’esercizio della funzione legislativa da parte del Governo;

            che il rimettente aggiunge che la devoluzione al giudice ordinario delle controversie in tema di impiego pubblico, contemplata dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), e dalla legge n. 59 del 1997, non ha mai riguardato anche la fase genetica del rapporto di lavoro e, cioè, l’attività compiuta dalla pubblica amministrazione prima della costituzione del vincolo contrattuale;

            che, sotto il profilo della assunta violazione degli artt. 103 e 113 Cost., il giudice a quo afferma che, seppure l’art. 103 Cost. consentirebbe che in determinati casi al giudice amministrativo sia sottratta la giurisdizione sugli interessi legittimi in virtù di puntuali scelte del legislatore ordinario compiute in aderenza alle previsioni dell’art. 113, terzo comma, Cost., tuttavia simili scelte dovrebbero essere compiute dal legislatore statale nella sede parlamentare, unica idonea ad assicurare una scelta ponderata da parte dell’organo sovrano deputato in via primaria all’esercizio della funzione legislativa su una materia coinvolgente valori e principî desumibili dalla Costituzione;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso chiedendo la declaratoria di manifesta infondatezza della questione;

            che, rispetto alla censura dell’eccesso di delega, il Presidente del Consiglio dei ministri deduce che la questione è già stata risolta dalla Corte costituzionale, nel senso dell’infondatezza, con la sentenza n. 275 del 2001 e con l’ordinanza n. 525 del 2002;

            che, quanto alla denunziata violazione degli artt. 103 e 113 Cost., la difesa erariale eccepisce che il rimettente non indica i motivi per i quali il riparto di giurisdizione stabilito dalla norma censurata sarebbe privo di ragionevolezza e non ponderato e sostiene che la devoluzione al giudice ordinario della giurisdizione in materia di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali si basa su scelte discrezionali del legislatore che, da un lato, non incontrano vincoli costituzionali e, dall’altro, sono state assunte in connessione con la contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni.

            Considerato che la questione sottoposta all’esame della Corte concerne l’art. 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nella parte in cui attribuisce al giudice ordinario anche la giurisdizione sulle controversie in materia di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali;

che, ad avviso del giudice a quo, tale disposizione si porrebbe in contrasto con gli artt. 76 e 77 della Costituzione, per violazione dei limiti contenuti nella legge delega, nonché con gli artt. 103 e 113 Cost., per violazione dei parametri che presiedono ad un ragionevole riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo;

            che questa Corte ha più volte affermato che il giudice è abilitato a sollevare la questione di legittimità costituzionale solo dopo aver accertato che sia impossibile seguire un’interpretazione da lui ritenuta non contraria a Costituzione e che, conseguentemente, è manifestamente inammissibile la questione sollevata senza che il rimettente abbia dimostrato di avere esperito il doveroso tentativo di pervenire, in via interpretativa, alla soluzione da lui ritenuta costituzionalmente corretta (Corte cost. n. 94 e n. 64 del 2006, tra le tante);

            che, nella presente fattispecie, nell’ordinanza di rimessione si dà atto che oggetto del ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale sono la delibera della Giunta comunale, con la quale era stata disciplinata l’attribuzione di alcuni incarichi dirigenziali fuori dalla dotazione organica ed era stato approvato lo schema di contratto individuale di incarico dirigenziale, ed il provvedimento sindacale con il quale era stato conferito a soggetto esterno uno di quegli incarichi, vale a dire atti precedenti alla stipulazione del contratto di impiego, la natura amministrativa dei quali è presupposta dallo stesso rimettente, il quale censura, tra l’altro, proprio l’attribuzione di controversie in materia di interessi legittimi al giudice ordinario quale conseguenza della norma censurata;

che il giudice a quo, tuttavia, non spiega per quale motivo, tutte le volte in cui la stipulazione del contratto con cui si conferisce l’incarico sia preceduta da una fase amministrativa, gli atti (appunto, amministrativi) compiuti dall’ente locale in quella fase non sarebbero impugnabili, secondo i generali principî, davanti al giudice amministrativo;

che una simile lacuna dell’ordinanza di rimessione è tanto più grave in quanto la giurisprudenza di legittimità ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo a decidere dei ricorsi proposti dai dipendenti degli enti locali avverso le deliberazioni della Giunta comunale circa la copertura di posti vacanti di dirigente con soggetti esterni all’amministrazione interessata (Corte di cassazione, sezioni unite civili, 6 novembre 2006, n. 23605);

che, pertanto, la questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, è manifestamente inammissibile, perché il rimettente ha omesso il doveroso tentativo di pervenire, in via interpretativa, ad una soluzione coerente con quella che esso stesso ritiene essere quella costituzionalmente corretta.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), sollevata, in riferimento agli artt. 76, 77, 103 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2007.