ORDINANZA N. 99
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della legge 1° agosto 2003, n. 207 (Sospensione condizionata dell’esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni), promossi con ordinanze del 16 dicembre 2005 dal Tribunale di sorveglianza di Bari, dell’8 febbraio, del 6 marzo (n. 3 ordinanze), del 10 aprile e del 15 marzo 2006 dal Magistrato di sorveglianza di Foggia, del 18 aprile (n. 2 ordinanze) 2006 dal Magistrato di sorveglianza di Bari, del 3 aprile 2006 dal Tribunale di sorveglianza di Bari, del 4 (n. 2 ordinanze) e dell’11 maggio 2006 dal Magistrato di sorveglianza di Foggia, del 18 febbraio 2006 dal Magistrato di sorveglianza di Bari, del 15 maggio 2006 dal Magistrato di sorveglianza di Foggia, del 22 giugno 2006 dal Magistrato di sorveglianza di Bari e del 31 marzo 2006 dal Magistrato di sorveglianza di Firenze rispettivamente iscritte ai nn. 224, da 231 a 234, da 241 a 245, da 347 a 349, 375, 414, 450 e 551 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 29, 39, 41, 42, nell’edizione straordinaria del 2 novembre 2006 ed al n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 2007 il giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che, con le ordinanze indicate in epigrafe, di contenuto sostanzialmente identico, il Tribunale di sorveglianza di Bari, il Magistrato di sorveglianza di Bari, il Magistrato di sorveglianza di Foggia e il Magistrato di sorveglianza di Firenze hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della legge 1° agosto 2003, n. 207 (Sospensione condizionata dell’esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni), – cosiddetto “indultino” – nella parte in cui non prevede che la sospensione condizionata dell’esecuzione della pena detentiva, non si applica al soggetto che ha già beneficiato di una misura alternativa alla detenzione revocata per condotta colpevole del medesimo, ai sensi dell’art. 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà);
che i rimettenti osservano che, mentre la concessione dell’“indultino” costituisce un atto dovuto in presenza dei presupposti tassativamente previsti dalla legge, la fase esecutiva é peculiarmente strutturata come mezzo di recupero sociale del condannato, nel senso che la legge prevede un autentico programma trattamentale e demanda al tribunale ed al magistrato di sorveglianza di seguirne lo sviluppo e di verificarne l’osservanza da parte della persona beneficiata, monitorandone in particolare la condotta e la conformità di questa alle prescrizioni ed ai divieti stabiliti;
che, in particolare, un condannato, benché attinto da provvedimento di revoca di misura alternativa alla detenzione per condotta colpevole, potrebbe accedere al più ampio e favorevole beneficio trattamentale extramurario introdotto dalla legge n. 207 del 2003, perché questa non prevede alcun divieto di applicare la sospensione condizionata nell’ipotesi testé indicata;
che, in tal modo, l’art. 1 della legge n. 207 del 2003 legittima la concessione di un beneficio trattamentale extramurario (il cosiddetto “indultino”) a chi abbia già dato ampia dimostrazione di non voler intraprendere e portare a termine un programma all’esterno finalizzato al recupero ed al reinserimento sociale, nonché alla rivisitazione critica in ordine ai reati commessi;
che infatti, nella ipotesi in esame, il condannato ha già posto in essere una condotta chiaramente ed oggettivamente sintomatica dell’impraticabilità di ogni trattamento extramurario, sicché allo stesso dovrebbe essere precluso per legge di accedere nuovamente a misure trattamentali in esternato, fra le quali può annoverarsi la sospensione condizionata dell’esecuzione della pena ai sensi della legge n. 207 del 2003;
che, secondo i giudici a quibus, tale sistema si pone in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della sua irragionevolezza, ed inoltre con l’art. 27, terzo comma, Cost., per la vanificazione – che esso determinerebbe – della funzione rieducativa e di prevenzione speciale attribuita alla sanzione penale, in quanto ogni misura alternativa alla detenzione, accanto alla funzione di rieducazione, risponde all’esigenza di impedire nuovi comportamenti illeciti attraverso la predisposizione di una griglia di prescrizioni più o meno cogenti, esigenza che sarebbe frustrata dalla concessione della sospensione condizionata della pena di cui all’art. 1 della legge n. 207 del 2003;
che, nei giudizi introdotti con le ordinanze del Magistrato di sorveglianza di Foggia, del Magistrato di sorveglianza di Bari e del Magistrato di sorveglianza di Firenze, si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni sollevate vengano dichiarate infondate.
Considerato che il Tribunale di sorveglianza di Bari e i Magistrati di sorveglianza di Bari, Foggia e Firenze dubitano della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della legge 1° agosto 2003, n. 207 (Sospensione condizionata dell’esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni), nella parte in cui non prevede che la sospensione condizionata dell’esecuzione della pena detentiva, non si applica al soggetto che ha già beneficiato di una misura alternativa alla detenzione revocatagli per condotta colpevole, ai sensi dell’art. 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), per violazione dell’art. 3 della Costituzione, per l’irragionevolezza del sistema che si viene a determinare;
che infatti, in caso di revoca di misura ai sensi della norma da ultimo citata, il condannato, benché attinto da provvedimento di revoca di misura alternativa alla detenzione per condotta colpevole, potrebbe accedere al più ampio e favorevole beneficio trattamentale extramurario introdotto dalla legge n. 207 del 2003, la cui concessione costituisce un atto dovuto in presenza di determinati presupposti di legge;
che, inoltre, secondo i giudici rimettenti, la norma impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 27, terzo comma, della Costituzione, vanificando la funzione rieducativa e di prevenzione speciale attribuita alla sanzione penale, in quanto la concessione della sospensione condizionata della pena vanificherebbe la esigenza – sottesa ad ogni misura alternativa alla detenzione – di impedire nuovi comportamenti illeciti attraverso la predisposizione di una griglia di prescrizioni più o meno cogenti;
che le ordinanze di rimessione sollevano questioni di legittimità costituzionale della stessa disposizione di legge con motivazioni analoghe, sicché i relativi giudizi devono essere riuniti per essere decisi con unico provvedimento;
che, successivamente alla proposizione della questione, questa Corte, con sentenza n. 255 del 2006, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 207, nella parte in cui non prevede che il giudice di sorveglianza possa negare la sospensione condizionata della pena detentiva al condannato sulla base di un giudizio di non meritevolezza del beneficio, per il contrasto dell’automatismo che si rinviene nella norma denunciata con i principi di proporzionalità e di individualizzazione della pena;
che, pertanto, va ordinata la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, al fine di una nuova valutazione della rilevanza della questione proposta, alla luce della predetta sopravvenuta sentenza di questa Corte n. 255 del 2006 (negli stessi termini, ex plurimis, ordinanze n. 326 del 2006, n. 346, n. 229 e n. 206 del 2005).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,ordina la restituzione degli atti ai giudici rimettenti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2007.