Ordinanza n. 229 del 2005

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ORDINANZA N. 229

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Piero Alberto CAPOTOSTI                                         Presidente

-  Fernanda   CONTRI                                                        Giudice

-  Guido        NEPPI MODONA                                             ”

-  Annibale    MARINI                                                            ”

-  Franco       BILE                                                                  ”

-  Giovanni Maria FLICK                                                        ”

-  Francesco  AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo           DE SIERVO                                                      ”

-  Romano     VACCARELLA                                                ”

-  Paolo         MADDALENA                                                 ”

-  Alfio          FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso     QUARANTA                                                     ”

-  Franco       GALLO                                                              ”

ha pronunciato la seguente                                                

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, nonché del successivo articolo 207 del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992, promosso con ordinanza del 5 marzo 2004 dal Giudice di pace di Cesena nel procedimento civile vertente tra Harris Graham John e il Prefetto di Forlì-Cesena, iscritta al n. 588 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Udito nella camera di consiglio del 20 aprile 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che il Giudice di pace di Cesena ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per contrasto con gli articoli 2, 3, 10 e 24 della Costituzione – dell’articolo 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, nonché del successivo articolo 207 del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992;

 

che le due disposizioni sono censurate, rispettivamente, «nella parte in cui prevedono» – la prima – «che il ricorrente, di qualunque Stato sia, debba comunque procedere al deposito del ricorso previo versamento nella cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilità del ricorso», di «una somma pari alla metà del massimo edittale della sanzione inflitta dall’organo accertatore»; nonché – la seconda – che «all’atto della contestazione immediata dell’infrazione a cittadino straniero su veicolo immatricolato all’estero» questi «debba versare una cauzione pari al doppio del minimo edittale qualora voglia far valere le proprie ragioni nelle opportune sedi di legge, a pena di ritiro della patente e sequestro del mezzo»;

 

che il giudice rimettente – nel premettere di essere investito della «opposizione a sanzione amministrativa» proposta da un cittadino britannico, al quale «era stata contestata una contravvenzione per avere violato il dettato di cui all’art. 148 comma 12 e 16» del codice della strada – deduce che il ricorrente avrebbe assunto la descritta iniziativa giudiziale «pur avendo già corrisposto la sanzione amministrativa in misura del minimo edittale previsto per la violazione de qua a mani degli agenti intervenuti a rilevare il sinistro dal quale ha preso abbrivio la contestazione», giacché, «servendogli il motore a bordo del quale avrebbe violato il codice della strada, non poteva permettersi il sequestro del mezzo stante l’imminente rientro in patria»;

che costituitasi nel giudizio a quo la prefettura di Forlì, prosegue il rimettente, questa eccepiva «l’improcedibilità dell’opposizione ex art. 204-bis, comma 1» del codice della strada, non avendo il ricorrente provveduto al versamento della “cauzione” prevista da tale articolo di legge;

che effettivamente, evidenzia il Giudice di pace di Cesena, il ricorso in questione risulta «depositato in cancelleria (…) senza il versamento (…) della somma richiesta, ovvero pari alla metà del massimo edittale della sanzione inflitta dall’organo accertatore» (con violazione, dunque, di quanto prescritto dall’art. 204-bis, comma 3, del codice della strada);

che, per contro, risulterebbe effettuata «la corresponsione della sanzione amministrativa determinata nel minimo», conformemente a quanto stabilito dall’art. 207 del medesimo codice (recte: dal comma 2-bis di tale articolo), disposizione in base alla quale – assume il rimettente – «chi commette una violazione amministrativa con un veicolo immatricolato in uno Stato comunitario, se non effettua immediatamente il pagamento in misura ridotta nelle mani dell’agente accertatore, deve versare, a pena di ritiro della patente o di fermo amministrativo del veicolo, una cauzione di ammontare pari alla metà del massimo della sanzione prevista» (recte: al minimo edittale, giusto il disposto dal predetto comma 2-bis); 

che, peraltro, ambedue le disposizioni summenzionate contrasterebbero con la Costituzione, di talché il Giudice di pace di Cesena ha sollevato la questione di legittimità di cui in premessa, la cui rilevanza e non manifesta infondatezza è dallo stesso così motivata;

che, segnatamente, quanto alla «rilevanza della questione», il giudice rimettente osserva che nel caso sottoposto al suo esame «appare del tutto evidente» il «collegamento giuridico e non già di mero fatto» intercorrente tra la res iudicanda e le norme ritenute incostituzionali;

che, difatti, il rigetto della questione di legittimità costituzionale comporterebbe che «il ricorso andrebbe dichiarato inammissibile», mentre nell’ipotesi di accoglimento «la suddetta opposizione dovrà essere esaminata nel merito»;

che in ordine, invece, alla «non manifesta infondatezza» della questione, il giudice a quo deduce innanzitutto la violazione degli articoli 2, 3 e 10 della Costituzione;

che, in particolare, l’art. 204-bis del d.lgs. n. 285 del 1992 contrasterebbe con l’art. 3 della Carta fondamentale, ponendo «i soggetti abbienti e non abbienti su un piano di disuguaglianza tra loro», permettendo «esclusivamente al soggetto che sia in possesso di una somma di danaro addirittura doppia rispetto a quella che gli consentirebbe di definire la pendenza mediante pagamento in misura ridotta, di potere tutelare i propri diritti proponendo ricorso al giudice di pace»;

che, inoltre, ad escludere l’ipotizzata violazione costituzionale non potrebbe addursi il rilievo che per il «soggetto non abbiente sarebbe comunque possibile presentare il ricorso al prefetto» (atteso che «tale procedura non prevede il versamento di alcuna cauzione»), giacché ciò trasformerebbe il ricorso all’autorità giudiziaria «in un mezzo di tutela riservato esclusivamente ai soggetti più facoltosi»;

 

che secondo il rimettente il medesimo art. 204-bis «lede altresì l’art. 2 Cost. che sancisce il valore assoluto della persona umana, frustrando uno dei diritti fondamentali dell’individuo», dando vita, peraltro, ad una violazione del tutto «analoga a quella dell’imposizione del pagamento in misura ridotta a carico dello straniero»;

 

che, difatti, anche l’art. 207 del codice della strada, secondo il rimettente, «implica una palese disparità di trattamento», e ciò «a dispetto del principio di conformità dell’ordinamento italiano a quello straniero»;

 

che siffatta discriminazione risulterebbe «tanto più evidente», ove si consideri che in base all’art. 10, secondo comma, della Costituzione «la condizione giuridica dello straniero deve essere regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali» (così l’art. 16 delle disposizioni preliminari al codice civile e gli articoli 3 e seguenti del codice penale), mentre nel caso di specie «tale trattamento disparitario è il frutto del venir meno dell’Italia agli obblighi ad ella incombenti in forza dell’art. 6 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, l’art. 12 Ce)», come riconosciuto dalla Corte di giustizia delle Comunità europee nella sentenza 19 marzo 2002, n. 224;

 

che, invero, tale sentenza – prosegue il rimettente – «ha ritenuto che l’art. 207 del codice della strada comporti un trattamento differenziato e non proporzionato dei trasgressori alle norme della circolazione stradale in relazione al luogo di immatricolazione del veicolo e, quindi in ultima analisi, in relazione alla loro residenza»;

 

che la disciplina italiana, difatti, «muta sensibilmente ove il trasgressore commetta la violazione con un veicolo immatricolato all’estero (per quello che interessa agli odierni fini, in uno Stato comunitario) e tale violazione sia accertata immediatamente», differente essendo, invece, il trattamento «in caso di infrazione commessa con un veicolo immatricolato in Italia», posto che in tale ipotesi «il trasgressore dispone di un termine di sessanta giorni, decorrenti dalla contestazione o dalla notificazione dell’infrazione, per il pagamento del minimo edittale»;

 

che, per contro, ai sensi dell’art. 207 del codice della strada – secondo il rimettente – «in caso di infrazione commessa a bordo di un veicolo immatricolato all’estero o targato EE, il trasgressore deve versare immediatamente il minimo edittale oppure, in particolare se intende contestare l’infrazione davanti al prefetto, costituire una cauzione pari al doppio del minimo» (ovvero pari al minimo edittale, quando si tratti di un veicolo immatricolato in un Stato comunitario), e ciò «a pena di ritiro della patente o di fermo amministrativo del veicolo» (ma, in realtà, è la sola misura del fermo quella prevista dal comma 3 dell’articolo de quo «quando non sia adempiuto il predetto onere»);

 

che circa, poi, le «ragioni obbiettive tali da giustificare l’esistenza della norma di che trattasi», il rimettente osserva che le stesse debbono essere identificate nella «mancanza di strumenti internazionali o comunitari che assicurino che una sanzione pecuniaria per una infrazione al codice della strada irrogata in uno Stato membro possa essere eseguita, eventualmente, in un altro Stato membro» dell’Unione europea, e, dunque, nella «esistenza di un concreto rischio che la sanzione non sia riscossa», anche in ragione della «carenza di reciprocità tra la Repubblica italiana ed altri Stati membri» dell’Unione, oltre che dell’assenza di «convenzioni bilaterali atte ad assicurare tale esecuzione»;

 

che, tuttavia, secondo il Giudice di pace, «l’identico concreto obiettivo» assicurato dalla norma de qua «sarebbe altrettanto agevolmente perseguito anche attraverso la corresponsione di una cifra pari al minimo edittale con eventuale incameramento della stessa ad opera dell’autorità italiana alla scadenza del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 202» del codice della strada;

 

che quanto premesso, pertanto, evidenzierebbe – conclude sul punto il Giudice di pace rimettente – «la violazione dei diritti costituzionali dell’uomo sotto il profilo dell’osservanza dell’eguaglianza ex art. 10 Cost. e del diritto di difendersi», giacché, sebbene la norma costituzionale richiamata non imponga «l’assimilazione della posizione dello straniero a quella del cittadino», la «condizione di reciprocità» quanto al godimento dei diritti civili sarebbe «conforme tanto alla consuetudine dell’ordinamento internazionale quanto a quello costituzionale»;

 

che quanto alla dedotta violazione dell’art. 24 della Costituzione, il giudice a quo evidenzia come dalla «sola lettura della norma costituzionale» appaia «palese il netto contrasto» tra questa e «l’art. 24-bis» (recte: 204-bis) del codice della strada;

 

che, difatti, l’articolo in questione – nell’imporre il previo pagamento di una “cauzione”, quale condizione di ammissibilità del ricorso giurisdizionale – «non assicura la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi a coloro i quali non dispongono di una sufficiente agiatezza economica, in tal modo ledendo gravemente il diritto di difesa», considerato, oltretutto, che tale disposizione scoraggia il soggetto non abbiente dall’utilizzare «l’unico mezzo di tutela (…) soggetto al principio della soccombenza», costringendolo o comunque inducendolo «a presentare ricorso al prefetto per la tutela dei propri diritti, sede in cui in caso di accoglimento dell’opposizione il ricorrente non viene affatto rifuso non solo delle eventuali spese sostenute per l’assistenza ad un professionista, ma neppure delle spese vive sostenute».

 

Considerato che il Giudice di pace di Cesena ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per contrasto con gli articoli 2, 3, 10 e 24 della Costituzione – dell’articolo 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, nonché del successivo articolo 207 del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992;

 

che le due disposizioni sono censurate, rispettivamente, la prima, nella parte in cui prevede «che il ricorrente, di qualunque Stato sia, debba comunque procedere al deposito del ricorso previo versamento nella cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilità del ricorso», di «una somma pari alla metà del massimo edittale della sanzione inflitta dall’organo accertatore»; la seconda, nella parte in cui stabilisce che, «all’atto della contestazione immediata dell’infrazione a cittadino straniero su veicolo immatricolato all’estero», questi «debba versare una cauzione pari al doppio del minimo edittale» qualora «voglia far valere le proprie ragioni nelle opportune sedi di legge, a pena di ritiro della patente e sequestro del mezzo»;

che, in sostanza, il rimettente denuncia la illegittimità costituzionale delle predette disposizioni in quanto precluderebbero, in assenza del versamento delle cauzioni suddette, la tutela giurisdizionale per lo straniero che abbia contravvenuto a regole della circolazione stradale con veicolo immatricolato all’estero;

che, tuttavia, con sentenza n. 114 del 2004 questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 204-bis sopra richiamato, affermando che l’imposizione dell’onere economico prevista da tale articolo finisce «con il pregiudicare l’esercizio dei diritti che l’art. 24 della Costituzione proclama inviolabili, considerato che il mancato versamento comporta un effetto preclusivo dello svolgimento del giudizio, incidendo direttamente sull’ammissibilità dell’azione esperita»;

che, in tale situazione, non sussiste più alcun ostacolo di ordine processuale che impedisca al rimettente di dare ulteriore corso al giudizio a quo, essendo stata eliminata la preclusione derivante dalla disposizione contenuta nell’art. 204-bis del codice della strada;

che l’art. 207, comma 3, dello stesso codice non pone, difatti, alcuna (ulteriore) preclusione d’ordine processuale, ma si limita a disporre che, «in mancanza del versamento della cauzione» (di cui ai precedenti commi 2 e 2-bis), venga disposto «il fermo amministrativo del veicolo fino a quando non sia stato adempiuto il predetto onere e, comunque, per un periodo non superiore a 60 giorni»;

che, dunque, tale norma, isolatamente considerata, non pone alcun impedimento all’ulteriore corso del giudizio, anche in considerazione della circostanza che, all’atto della contestazione dell’infrazione, l’interessato ha provveduto al versamento nelle mani degli agenti della somma corrispondente al minimo della sanzione prevista per l’infrazione stessa;

che, pertanto, gli atti devono essere restituiti al giudice a quo perché valuti se, all’esito della sopravvenienza della sentenza di questa Corte n. 114 del 2004, sussista ancora, in relazione all’art. 207 del codice della strada, la  rilevanza della questione agli effetti del giudizio innanzi a sé incardinato.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Giudice di pace di Cesena.   

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2005.

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Depositata in Cancelleria l'8  giugno 2005.