Sentenza n. 83 del 2007

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ORDINANZA N. 83

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:                                    

- Giovanni Maria        FLICK                                               Presidente

- Francesco                 AMIRANTE                            Giudice

- Ugo                          DE SIERVO                                 “

- Romano                    VACCARELLA                          “

- Paolo                        MADDALENA                            “

- Alfio                         FINOCCHIARO                          “

- Alfonso                    QUARANTA                               “

- Franco                      GALLO                                        “

- Luigi                         MAZZELLA                                “

- Gaetano                    SILVESTRI                                  “

- Sabino                      CASSESE                                     “

- Maria Rita                SAULLE                                      “

- Giuseppe                  TESAURO                                   “

- Paolo Maria              NAPOLITANO                            “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 205, secondo comma, e 222, primo comma, del codice penale, promosso con ordinanza del 29 giugno 2005 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di P.C., iscritta al n. 572 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2005.

            Udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 2007 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

Ritenuto che, con ordinanza pronunciata il 29 giugno 2005 e pervenuta a questa Corte il 26 novembre 2005, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino, chiamato a pronunciarsi con rito abbreviato sulla responsabilità penale di imputato affetto al tempo di commissione del fatto da accertata incapacità di intendere e di volere, ha sollevato in via incidentale questione di legittimità costituzionale degli artt. 205, secondo comma,  numero 2) e 222, primo comma, del codice penale, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione;

che il giudice a quo, premesso che l’imputato in caso di vizio totale di mente va prosciolto ai sensi dell’art. 88 cod. pen., osserva che la persistenza della pericolosità sociale dello stesso, accertata tramite perizia psichiatrica, comporta l’applicazione di idonea misura di sicurezza;

che, prosegue il remittente, nel giudizio a quo il perito ha concluso per il carattere “esageratamente contenitivo” dell’ospedale psichiatrico giudiziario (art. 222 cod. pen.), ritenendo “ottimale” “l’inserimento in una comunità terapeutica psichiatrica”;

che il remittente si dichiara consapevole che la sentenza n. 253 del 2003 di questa Corte ha dichiarato incostituzionale l’art. 222 cod. pen., consentendo al giudice di disporre, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una misura di sicurezza idonea a contemperare le esigenze di cura con quelle di controllo della pericolosità sociale dell’infermo di mente;

che, tuttavia, nel caso oggetto di giudizio non vi sarebbe alcuna misura di sicurezza atta a tale scopo, posto che la libertà vigilata non risulterebbe “sufficientemente contenitiva”, mentre il solo inserimento nella comunità psichiatrica apparirebbe soddisfacente;

che il giudice a quo, riproducendo integralmente le argomentazioni svolte sul punto dalla Corte di assise di Torino in qualità di remittente di identica questione decisa da questa Corte con l’ordinanza n. 254 del 2005, ritiene che tale assetto normativo confligga con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, poiché priva l’infermo di mente del trattamento terapeutico più adeguato, obbligando all’interruzione delle cure in corso di somministrazione presso una comunità psichiatrica e all’allontanamento del soggetto dal luogo ove vivono i famigliari, con cui questi ha legami affettivi, utili alla terapia stessa, benché la possibilità del ricovero in adeguata struttura terapeutica sia prevista nella fase anteriore al proscioglimento;

che, secondo il remittente, le disposizioni impugnate sarebbero perciò incostituzionali, nella parte in cui impongono il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario del soggetto socialmente pericoloso, prosciolto per infermità psichica, anche nei casi in cui tale pericolosità risulti fronteggiabile con l’inserimento in una comunità terapeutica psichiatrica.

Considerato che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino dubita della legittimità costituzionale degli artt. 205, secondo comma, numero 2) e 222, primo comma, del codice penale per contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, nella parte in cui impongono al giudice di disporre nei confronti dell'imputato socialmente pericoloso prosciolto per totale infermità di mente la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, privilegiando le esigenze di controllo della pericolosità rispetto a quelle di cura e di riabilitazione anche nel caso in cui la pericolosità potrebbe esser fronteggiata mediante il ricovero in una adeguata struttura terapeutica psichiatrica di tipo contenitivo;

che, in particolare, il giudice a quo stima, sulla base della perizia psichiatrica disposta a tal scopo, che la misura della libertà vigilata, applicabile per effetto della sentenza di questa Corte n. 253 del 2003, sarebbe inidonea a contenere la pericolosità sociale dell’imputato, e che unica soluzione adeguata a tal fine, capace nel contempo di non ledere il diritto alla salute dell’imputato medesimo, sarebbe l’inserimento in una comunità psichiatrica “prevista dall’ordinamento socio-sanitario”;

che questa Corte, chiamata a pronunciarsi su analoga questione, ne ha dichiarato la manifesta inammissibilità con l’ordinanza n. 254 del 2005;

che, come si è in tale occasione evidenziato, “in sostanza, il giudice a quo chiede alla Corte di creare e di disciplinare una nuova misura di sicurezza destinata a soggetti prosciolti per infermità psichica e socialmente pericolosi, individuata nel ricovero in una struttura terapeutica psichiatrica di tipo contenitivo, non riconducibile ad alcuna delle misure di sicurezza previste dal Capo I del Titolo VIII del Libro I del codice penale”;

che, come ulteriormente evidenziato nella predetta ordinanza, “questa Corte deve ribadire quanto ha già avuto occasione di affermare in relazione ad altre questioni volte ad ampliare la tipologia delle misure di sicurezza applicabili all'imputato prosciolto per infermità psichica, e cioè che esulano dalla sfera dei propri poteri interventi di carattere normativo, in quanto comportano scelte discrezionali che rientrano nella esclusiva competenza del legislatore “(si veda ordinanza n. 88 del 2001; nonchè la sentenza n. 228 del 1999 e le ordinanze n. 396 e n. 333 del 1994, n. 24 del 1985)”;

che, inoltre, il rimettente, pur richiamando la sentenza n. 253 del 2003, con la quale questa Corte ha consentito al giudice di disporre, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza idonea a contemperare le esigenze di cura con quelle di controllo della pericolosità sociale, non dà conto della più recente giurisprudenza, anche di legittimità, secondo cui la libertà vigilata, accompagnata da opportune prescrizioni idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati, può essere eseguita anche in una struttura psichiatrica protetta;

che la questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 205, secondo comma, numero 2) e 222, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 2007.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 16 marzo 2007.