ordinanza n. 401 del 2006

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ORDINANZA N. 401

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                                  BILE                                  Presidente

- Giovanni Maria                    FLICK                                  Giudice

- Francesco                             AMIRANTE                               "

- Ugo                                      DE SIERVO                               "

- Romano                                VACCARELLA                        "

- Paolo                                    MADDALENA                          "

- Alfio                                     FINOCCHIARO                        "

- Franco                                  GALLO                                      "

- Gaetano                                SILVESTRI                                "

- Sabino                                  CASSESE                                   "

- Maria Rita                            SAULLE                                    "

- Giuseppe                              TESAURO                                 "

- Paolo Maria                          NAPOLITANO                          "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo risultante dalla «delegificazione» operata dall’art. 5 del d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli), promosso dal Consiglio di Stato, su ricorso proposto dalla Prefettura di Reggio Calabria contro Dinaro Antonio, con ordinanza del 26 ottobre 2005, iscritta al n. 596 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2006.

Udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2006 il Giudice relatore Sabino Cassese.

Ritenuto che il Consiglio di Stato – sezione VI giurisdizionale – solleva, in riferimento agli artt. 3, 4, 35 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo risultante dalla «delegificazione» operata dall’art. 5 del d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli), che disciplina, tra l’altro, la revoca della patente di guida da parte del Prefetto a coloro che «sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali» (comma 1);

che davanti a detto Collegio pende l’appello avverso la sentenza con la quale, in accoglimento del ricorso presentato dall’interessato, è stato annullato il decreto prefettizio del 15 maggio 1998, di revoca della patente di guida nei confronti di un soggetto che era stato sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata;

che il competente tribunale amministrativo aveva ritenuto applicabile ai provvedimenti di revoca assunti dopo l’entrata in vigore del d.P.R. n. 575 del 1994 la sentenza n. 354 del 1998 di questa Corte, che ha dichiarato l’illegittimità – relativamente alla revoca della patente nei confronti di coloro che sono stati sottoposti a misure di sicurezza personale – dell’art. 120 del nuovo codice della strada nel testo legislativo;

che l’Amministrazione aveva proposto appello, lamentando un’indebita estensione degli effetti della pronuncia di incostituzionalità;

che, in ordine alla rilevanza, il Consiglio di Stato, dopo aver precisato che il decreto di revoca è stato adottato nella vigenza dell’art. 120, come sostituito dal d.P.R. n. 575 del 1994, sostiene la non diretta applicabilità della suddetta sentenza della Corte, poiché essa si riferisce espressamente solo al testo legislativo originario dell’art. 120;

che, secondo il remittente, la Corte, giudicando (sia pure con riguardo a fattispecie diverse) dello stesso articolo, come sostituito dal regolamento di delegificazione, dopo un iniziale orientamento nel senso dell’inammissibilità dell’impugnativa per la natura regolamentare della disposizione (sentenza n. 427 del 2000), avrebbe (in un secondo momento) esaminato la disposizione regolamentare, sul presupposto che, non essendo il d.P.R. n. 575 del 1994 autorizzato ad operare alcuna innovazione di carattere sostanziale, la delegificazione non si sarebbe perfezionata e sarebbe, perciò, rimasta inoperante la clausola abrogativa delle norme di legge (sentenza n. 251 del 2001);

che, sul piano della non manifesta infondatezza, il Consiglio di Stato, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 Cost., dubita della legittimità costituzionale della norma impugnata nella parte in cui, per i soggetti che «sono stati» sottoposti a misure di sicurezza, prevede l’automatica revoca, indipendentemente da ogni valutazione dell’attuale pericolosità sociale;

che, inoltre, il remittente prospetta la violazione dell’art. 76 Cost. per mancato rispetto dell’art. 1, comma 1, della legge 13 giugno 1991, n. 190 (Delega al Governo per la revisione delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale) - già affermata dalla sentenza n. 354 del 1998 con riferimento al testo legislativo - ritenendo che la norma risultante dal regolamento di delegificazione abbia ancora valore di legge, stante la natura meramente procedurale dell’intervento delegificante;

che, secondo il giudice a quo, solo una sentenza della Corte, che «ribadisca la natura legislativa della disciplina sostanziale in tema di revoca della patente […] e ritenga sussistente il vizio di eccesso di delega anche rispetto al testo quale risultante dall’intervento di delegificazione […] può completare formalmente il dictum della sentenza n. 354 del 1998 e può produrre, con certezza, l’effetto di annullamento della normativa»;

che non è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri e non si è costituita alcuna parte privata.

Considerato che la questione sollevata ha per oggetto una disposizione di natura regolamentare;

che l’esame della stessa è precluso poiché eccede i limiti della giurisdizione del giudice delle leggi, ristretta all’esame delle questioni riguardanti le leggi e gli atti aventi forza di legge, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (ordinanza n. 66 del 2004);

che il giudice remittente ritiene che la Corte, con riferimento ad altri profili della stessa disposizione, avrebbe dapprima escluso il sindacato sulla disposizione come formulata nel regolamento (sentenza n. 427 del 2000), poi lo avrebbe ammesso (sentenza n. 251 del 2001);

che, invece, la Corte – nei casi in cui temporalmente rilevavano provvedimenti prefettizi emessi nel vigore della norma regolamentare (sentenze n. 239 del 2003, n. 251 del 2001 e n. 427 del 2000) – ha sempre esaminato la norma di legge originaria che i giudici avevano sottoposto al vaglio di costituzionalità (sul presupposto che, non essendo il d.P.R. n. 575 del 1994 autorizzato ad operare alcuna innovazione sui profili di carattere sostanziale, la delegificazione non si sarebbe perfezionata per essi e sarebbe, perciò, rimasta inoperante la clausola abrogativa delle norme di legge preesistenti prevista dalla legge che autorizzava la delegificazione);

che, qualora ritenga – come nel caso di specie – che il regolamento abbia superato i confini posti dalla legge che abilita la delegificazione, spetta al giudice valutare, nell’ambito dei rapporti tra le norme aventi forza di legge e le disposizioni regolamentari che le riproducono in atti di delegificazione (ordinanza n. 230 del 1999), se si è o meno realizzato l’effetto abrogativo delle prime che la legge riconnette all’entrata in vigore delle seconde (art. 2, comma 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante «Interventi correttivi di finanza pubblica»);

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

la Corte costituzionale

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo risultante dalla «delegificazione» operata dall’art. 5 del d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli), sollevata con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l’1 dicembre 2006.