SENTENZA N.427
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi con ordinanze emesse il 4 giugno 1998 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il 9 giugno (n. 2 ordd.) e il 13 maggio 1999 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce, rispettivamente iscritte ai nn. 340, 715, 716 e 717 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 1999 e n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 maggio 2000 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto in fatto
1.1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza del 4 giugno 1998 (r.o. 340/1999), ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione.
1.2. – Il giudizio concerne un ricorso per l’annullamento di un provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida, adottato in data 24 gennaio 1995 in quanto il relativo titolare era stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di tre anni.
La rilevanza della questione, osserva il giudice rimettente, sta nel fatto che, in mancanza di una pronuncia di incostituzionalità delle norme impugnate, il ricorso contro il provvedimento amministrativo di revoca della patente - atto dovuto, sulla base delle stesse norme – non potrebbe che essere respinto.
Il Tribunale amministrativo assume che il combinato disposto delle norme indicate, "nella parte in cui non prevede una valutazione relazionale tra la misura di sicurezza o di prevenzione applicata e l’uso anomalo della patente di guida", contrasti con gli artt. 3 e 35 della Costituzione.
L’art. 120 del nuovo codice della strada prevede due differenti categorie di elementi ostativi al rilascio della patente di guida, qualificati come "requisiti morali": a) la prima categoria comprende la dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, ovvero l’essere o essere stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, salvi gli effetti della riabilitazione; b) la seconda riguarda l’aver riportato una condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni, quando l’utilizzazione della patente possa agevolare la commissione di reati della stessa natura. L’art. 130, comma 1, lettera b), poi, considera le medesime ipotesi come cause che legittimano un provvedimento di revoca della patente già conseguita.
Secondo il rimettente, mentre la seconda delle ipotesi anzidette (sub b) é ragionevole, in quanto assegna, nella comparazione, la prevalenza all’interesse pubblico allorchè risulti chiaro o probabile che il possesso della patente possa facilitare la commissione di reati, ciò non può dirsi per quella parte della prima ipotesi (sub a) che concerne le misure di sicurezza o di prevenzione, la quale prescinde del tutto da una valutazione probabilistica in termini di agevolazione o facilitazione della realizzazione di fatti di allarme sociale. Se infatti nei casi della dichiarazione di pericolosità qualificata (abitualità, professionalità, tendenza) – prosegue il giudice a quo – appare ragionevole presumere che i soggetti possano utilizzare la patente di guida per ulteriori attività illegali, una simile presunzione appare più difficilmente sostenibile nei confronti dei destinatari di misure di sicurezza personali o di misure di prevenzione, trattandosi di misure non punitive ma, appunto, preventive che, "come tali, non possono dare luogo a effetti diversi da quelli propri, salvo che non si dimostri la possibilità di ulteriori facilitazioni delinquenziali a cagione del possesso" della patente di guida.
Da questo nesso relazionale tra titolo di abilitazione alla guida e condotte future, che deve essere accertato in concreto per chi abbia riportato condanna ad almeno tre anni di pena detentiva, avendo commesso un reato, si prescinde invece per chi si trovi in una fase anteriore alla commissione di un reato, e ciò contrasterebbe: a) con l’art. 3 della Costituzione, per la disparità di trattamento tra soggetti condannati, che ricevono un trattamento migliore, e soggetti "non ancora condannati", che subiscono un trattamento deteriore; b) con l’art. 35 della Costituzione, in quanto, senza obiettive ragioni derivanti da un accertamento e da una effettiva istruttoria sul punto, ne verrebbe reso difficoltoso lo svolgimento di una attività lavorativa.
1.3. – Nel giudizio così promosso é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.
In via preliminare, l’Avvocatura eccepisce l’inammissibilità della questione per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, alla stregua della giurisprudenza di legittimità (Cassazione, Sezioni unite civili, sentenza n. 11721 del 19 novembre 1998) che ha affermato che le controversie relative alle sanzioni amministrative sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, anche per quanto concerne la sola sanzione accessoria.
Nel merito, l’Avvocatura osserva in primo luogo che il caso di specie riguarda le sole misure di prevenzione e non le misure di sicurezza, che hanno differente natura, essendo le seconde sempre connesse a un fatto costituente reato ed essendo state ritenute sanzioni criminali, come risulta anche dal fatto che la riabilitazione ha per oggetto il reato e non queste misure; che, inoltre, relativamente alle misure di prevenzione, la nuova formulazione della normativa, che concerne coloro che "sono o sono stati sottoposti" a una di esse, rispetto al precedente testo dell’art. 82 del codice della strada del 1959 (che considerava soltanto "coloro che sono sottoposti"), si giustifica con il fatto che l’istituto della riabilitazione é stato esteso alle misure di prevenzione solo con la legge 3 agosto 1988, n. 327; che, infine, poichè le misure di prevenzione prescindono dalla commissione di un reato, costituendo misure sine delicto o ante delictum, é connaturale a tale loro configurazione che la riabilitazione intervenga quando la misura di prevenzione ha avuto esecuzione e il ravvedimento si sia manifestato in un tempo successivo all’esecuzione medesima. Da ciò la conclusione della ragionevolezza, alla stregua dell’art. 3 della Costituzione, della disciplina che collega il rilascio o il mantenimento della patente alla intervenuta riabilitazione per la misura preventiva.
Quanto al parametro dell’art. 35 della Costituzione, l’Avvocatura osserva che le disposizioni concernenti la sospensione e la revoca della patente non interferiscono direttamente con lo svolgimento di una attività lavorativa, ma solo con il diritto di condurre autoveicoli, un diritto che non può dirsi assistito da una generalizzata copertura costituzionale: la patente di guida, come é rilasciata secondo determinati presupposti stabiliti dalla legge, così può essere revocata in presenza di certe condizioni anch’esse stabilite per legge, senza che ne risulti violata la garanzia costituzionale del lavoro.
L’Avvocatura conclude pertanto per una declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione.
2.1. – Con ordinanza del 9 giugno 1999 (r.o. 715/1999) il Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce ha sollevato questione di costituzionalità degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 285 del 1992, in riferimento agli artt. 3, 4, 76 e 97 della Costituzione.
2.2. – Il giudizio principale concerne l’impugnazione, tra l’altro, di un provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida, adottato il 21 ottobre 1998 nei confronti dell’interessato a seguito dell’emanazione, nei confronti dello stesso, in data 25 settembre 1998, di foglio di via obbligatorio a norma dell’art. 2 della legge n. 1423 del 1956 (foglio di via anch’esso impugnato nel giudizio a quo).
Aderendo a un’eccezione prospettata dal ricorrente, il rimettente censura l’art. 120, comma 1, e l’art. 130, comma 1, lettera b), del codice della strada, in combinato disposto tra loro, come sostituiti dal d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575, nella parte in cui dette norme prevedono la revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono o sono stati sottoposti a una misura di prevenzione, assumendo il contrasto di tale disciplina con gli artt. 3, 4, 76 e 97 della Costituzione.
Ai profili di merito della questione il giudice rimettente premette alcune notazioni circa la rilevanza della medesima.
Innanzitutto, il Tribunale amministrativo reputa applicabile, nella specie, la disciplina sopra indicata del codice della strada, alla luce dell’art. 236 di esso che, con disposizione transitoria, regola l’applicazione nel tempo delle (sole) norme concernenti le procedure di rilascio delle patenti di guida, mentre l’ipotesi di revoca per sopravvenuto difetto dei requisiti "morali" soggiace al principio generale tempus regit actum; pertanto, essendo il provvedimento amministrativo impugnato adottato in data 21 ottobre 1998, esso é regolato dalla disciplina vigente a quella data, cioé dal nuovo codice della strada così come modificato dal d.P.R. n. 575 del 1994.
In secondo luogo, il provvedimento prefettizio di revoca é da intendersi come atto vincolato, come si desume dall’art. 130 del codice ("la patente é revocata …"); nel caso di specie, in effetti, il provvedimento di revoca é stato adottato dal Prefetto sulla base della sottoposizione del titolare alla misura preventiva del foglio di via obbligatorio, misura ancora in corso al tempo della revoca della patente in quanto corredata della diffida a non ritornare nel comune dal quale l’interessato é stato allontanato, per un determinato periodo.
In difetto di una declaratoria di incostituzionalità delle norme, dunque, il ricorso andrebbe rigettato; in ciò sta la rilevanza della questione.
Nel merito, il giudice rimettente muove dalla censura relativa alla violazione dell’art. 76 della Costituzione.
Il decreto legislativo n. 285 del 1992, recante il nuovo codice della strada, é stato emanato sulla base della delegazione contenuta nella legge 13 giugno 1991, n. 190 (Delega al governo per la revisione delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale), che all’art. 2, comma 1, lettera t), prevedeva "il riesame della disciplina … della revoca della patente di guida".
A tale riguardo, prosegue il rimettente, la Corte costituzionale ha già avuto modo di soffermarsi sulla congruenza della attività di "riempimento", da parte della legge delegata, dei principi e criteri posti dalla legge delegante, concludendo, con la sentenza n. 354 del 1998, nel senso dell’incostituzionalità, per violazione dell’art. 76 della Costituzione, del combinato disposto degli artt. 120 e 130 del decreto legislativo n. 285, nella versione anteriore al d.P.R n. 575 del 1994, in quanto prevedeva la revoca della patente nei confronti di coloro che "sono stati" sottoposti a misure di sicurezza personali; questa pronuncia si basava a) sul fatto che tale più restrittiva previsione non trovava riscontro nella legislazione previgente, costituita dagli artt. 82 e 91 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, i quali consideravano ai fini della revoca la sola evenienza dell’essere in atto sottoposti a una di tali misure, non anche dell’esserlo stati in passato, e inoltre b) sul fatto che una tale innovazione avrebbe dovuto giustificarsi alla stregua dei principi e criteri direttivi posti in generale dalla legge delega, dalla quale invece essa non poteva desumersi, neppure in via indiretta per il tramite del riferimento agli impegni comunitari o internazionali assunti dallo Stato italiano.
La suddetta pronuncia poi – sottolinea il Tribunale amministrativo – ha ribadito l’enunciato già contenuto nella precedente decisione n. 305 del 1996, con la quale la Corte costituzionale ha affermato che l’art. 1 della citata legge n. 190 del 1991, delegando il Governo ad adottare disposizioni intese a "rivedere e riordinare" la legislazione vigente in materia di circolazione stradale, ha individuato, quale base di partenza dell’attività delegata, il codice della strada precedente; pertanto, nel consentire il riesame della disciplina della revoca della patente di guida, in mancanza di principi e criteri idonei a giustificare una sostanziale riforma, la legge di delegazione dovrebbe essere intesa in un senso minimale, tale comunque da non consentire l’adozione di norme sostanzialmente innovative rispetto al sistema anteriormente vigente.
Seguendo questa impostazione, che vale anche con riferimento alle misure di prevenzione, la disciplina posta dal nuovo codice della strada si presenta, ad avviso del rimettente, incostituzionale per eccesso di delega appunto perchè innova rispetto al codice preesistente, attribuendo rilevanza non solo alle misure di prevenzione non più in corso di applicazione – ipotesi che, precisa il giudice amministrativo, in sè non ha rilievo rispetto al caso di specie, nel quale la misura preventiva era in corso – ma anche, sotto altro (e più pertinente) profilo, alla specifica misura del foglio di via obbligatorio, ricompresa tra quelle che danno luogo alla revoca della patente.
Il codice preesistente infatti, prosegue l’ordinanza di rinvio, non includeva il foglio di via obbligatorio tra le misure che potevano comportare la revoca della patente, giacchè gli artt. 82 e 91 del testo unico n. 393 del 1959 consideravano a tale fine solo chi fosse sottoposto alla misura di prevenzione di cui all’art. 3 della legge n. 1423 del 1956, cioé alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, mentre l’art. 91, tredicesimo comma, dava facoltà al Prefetto di revocare la patente in presenza di una diffida di pubblica sicurezza, istituto quest’ultimo soppresso dalla legge n. 327 del 1988. Poichè nessun riferimento era fatto all’art. 2 della citata legge del 1956 (relativo al foglio di via), la conclusione, nel sistema anteriore, era nel senso dell’esclusione di una potestà di revoca in presenza di un foglio di via obbligatorio.
Nè si potrebbe superare l’ostacolo assumendo in via interpretativa che il foglio di via obbligatorio non costituisca una misura di prevenzione in senso proprio, e che tale qualificazione debba essere riservata, ai fini che qui rilevano, alle sole misure ex art. 3 della legge n. 1423 del 1956, che sono applicate all’esito di un procedimento giurisdizionale: se é vero, osserva il rimettente, che il foglio di via é rimasto un provvedimento di esclusiva competenza del Questore, esso si basa pur sempre su presupposti analoghi a quelli che giustificano le misure più gravi – rispetto alle quali il Questore ha mantenuto solo un potere di impulso – e la più agile procedura di applicazione, rispetto alle altre misure, si spiega con la limitata incidenza del foglio di via sulla libertà personale.
L’ordinanza di rimessione svolge poi censure di carattere sostanziale, osservando che il maggior rigore della nuova disciplina non sarebbe coerente con il canone di ragionevolezza, avuto riguardo alla natura delle misure (ante o praeter delictum), sì che la discrezionalità legislativa sarebbe stata male esercitata.
In questo senso, si assume il contrasto con l’art. 3 della Costituzione, ravvisandosi una irragionevole equiparazione di trattamento di soggetti sottoposti a misure preventive notevolmente diverse per gravità ed effetti: la revoca della patente, che é prevista come ostacolo preventivo alla commissione di reati da parte di persone che hanno dimostrato la loro pericolosità, sembra al rimettente essere una misura sproporzionata rispetto alla sottoposizione al foglio di via obbligatorio, provvedimento che comporta soltanto l’allontanamento da un determinato Comune e il divieto di farvi ritorno per un certo tempo, mantenendo piena libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio nazionale. Il mezzo, pertanto, appare eccedente rispetto allo scopo, accentuando il carattere afflittivo della misura e "compromettendo il delicato equilibrio su cui si fonda la stessa legittimità costituzionale" della misura preventiva.
In secondo luogo, il Tribunale amministrativo individua un possibile contrasto con l’art. 4 della Costituzione, in quanto il possesso della patente di guida é, notoriamente, un requisito essenziale per potere avviare e svolgere attività lavorative, cosicchè l’esserne privati per un tempo indefinito, salva la riabilitazione, vulnera il diritto al lavoro in modo non giustificato dalle esigenze di sicurezza pubblica, compromettendo in pari tempo la possibilità, per l’interessato, di inserirsi nel tessuto sociale con lo svolgimento di un lavoro.
In terzo luogo, il rimettente rileva un possibile contrasto con i principi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), perchè le disposizioni denunciate vincolano il Prefetto a revocare la patente nei confronti di chi sia destinatario di un foglio di via da parte del Questore, cosicchè la revoca, atto dovuto, finisce per svolgere un ruolo di semplice automatismo sanzionatorio, che accentua l’afflittività della misura preventiva; sarebbe non conforme ai principi in esame il vincolo di un organo amministrativo (il Prefetto) alle determinazioni adottate da un altro organo (il Questore), sia pure appartenente allo stesso ramo dell’amministrazione, in vista di esigenze proprie del relativo procedimento.
2.3. – Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato.
L’Avvocatura rileva preliminarmente che gli artt. 120 e 130 del codice della strada, all’epoca dell’adozione del provvedimento di revoca della patente, non erano più in vigore, essendo stati rispettivamente sostituiti - sulla base della legge 24 dicembre 1993, n. 537, che demandava a regolamenti governativi la disciplina di diversi procedimenti amministrativi, tra cui quello per il rilascio della patente, e che prestabiliva l’abrogazione delle norme di legge preesistenti, con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti medesimi – dagli artt. 5 e 11 del d.P.R. n. 575 del 1994; pertanto, la questione sollevata risulterebbe inammissibile.
Nel merito e subordinatamente, la questione sarebbe manifestamente infondata: l’argomentazione del giudice a quo, si rileva, fa essenzialmente riferimento alla sentenza n. 354 del 1998 della Corte costituzionale, che però riguarda un’ipotesi del tutto diversa, vale a dire la revoca della patente a seguito di misura di sicurezza nel frattempo esaurita e a sua volta revocata: nel caso in esame, invece, la revoca della patente segue immediatamente la misura di prevenzione, che non ha ancora esaurito i propri effetti; e del resto la Corte costituzionale avrebbe già valutato la conformità a Costituzione di queste disposizioni, allorchè ha sottolineato (nell’ordinanza n. 293 del 1998) che esse "attengono ad attribuzioni affidate all’autorità amministrativa di cui regolano le modalità di esercizio, in presenza di taluni presupposti stabiliti in via generale, tra i quali la precedente o attuale sottoposizione dell’interessato a una misura di sicurezza" ovvero, aggiunge l’Avvocatura, di prevenzione.
L’Avvocatura conclude pertanto per una declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione.
3.1. – Il medesimo Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce ha sollevato, con ordinanza del 9 giugno 1999 (r.o. 716/1999), altra questione di costituzionalità sul combinato disposto degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 285 del 1992, come sostituiti dal d.P.R. n. 575 del 1994, nella parte in cui prevede la revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono stati sottoposti a una misura di prevenzione, in riferimento agli artt. 3, 4, 76 e 97 della Costituzione.
Le premesse interpretative ai fini della motivazione sulla rilevanza della questione sono le medesime dell’ordinanza sopra sintetizzata. Nella specie, peraltro, la revoca della patente é stata disposta in conseguenza della sottoposizione del relativo titolare a un provvedimento di foglio di via obbligatorio che, all’atto della revoca stessa, aveva già esaurito i suoi effetti nel tempo; l’art. 120 é stato dunque applicato – precisa il rimettente – limitatamente alla parte in cui obbliga il Prefetto a revocare la patente nel caso in cui vi "sia stata" sottoposizione a una misura di prevenzione non più in corso, e limitatamente a questo ambito la questione é sollevata, sotto profili e con argomentazioni peraltro interamente coincidenti con quelle svolte nell’ordinanza di cui a r.o. 715/1999, in relazione ai parametri dell’eccesso di delega e della violazione del principio di uguaglianza, del diritto al lavoro e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
3.2. – Anche nel giudizio costituzionale così instaurato é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, che ha richiamato per relationem l’atto di intervento depositato nel giudizio di cui a r.o. 715/1999, concludendo nel senso dell’inammissibilità o dell’infondatezza della questione.
4.1. – Lo stesso Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce ha sollevato, con ordinanza del 13 maggio 1999 (r.o. 717/1999), altra questione di legittimità costituzionale degli artt. 120 [comma 1] e 130 [comma 1, lettera b)] del decreto legislativo n. 285 del 1992, nella parte in cui comportano la revoca della patente di guida anche nei confronti di coloro che siano sottoposti alla misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio, sempre in riferimento agli artt. 3, 4, 76 e 97 della Costituzione, ma secondo premesse e con oggetto differenti da quelli di cui alle due ordinanze di rinvio sopra dette.
Rilevato, in fatto, che nel giudizio principale é impugnato un provvedimento di revoca della patente basato sull’emanazione, da parte del Questore, di un foglio di via obbligatorio ex art. 2 della legge n. 1423 del 1956, il Tribunale amministrativo osserva come sia pregiudiziale, rispetto alla definizione del caso, la soluzione del dubbio di costituzionalità delle norme del codice della strada, sulla base delle quali é stata disposta la revoca della patente, appunto in quanto stabiliscono detta revoca "anche nei confronti di coloro i quali siano sottoposti alla misura di prevenzione di cui all’art. 2 della legge n. 1423 del 1956"; ma l’oggetto del giudizio costituzionale é individuato negli artt. 120 e 130 del codice, nella loro versione legislativa e non regolamentare, giacchè il rimettente assume che, in materia, siano tuttora vigenti gli artt. 120 e 130 quali originariamente posti e non già l’art. 120 quale risultante dalle modifiche introdotte con il regolamento delegato di cui al d.P.R. n. 575 del 1994.
Il Tribunale amministrativo rileva a tale riguardo come l’autorizzazione conferita al Governo con l’art. 2, comma 7, della legge n. 537 del 1993, si limitasse a prevedere la "delegificazione" delle norme regolatrici dei procedimenti amministrativi (indicati in un elenco allegato; tra essi, il procedimento per il rilascio e la duplicazione della patente di guida), e come parallelamente la clausola abrogativa delle norme di legge, contenuta nel successivo comma 8, fosse riferibile esclusivamente alle norme regolatrici, appunto, dei procedimenti e non alle condizioni sostanziali dei provvedimenti che ne sono il risultato. In forza di tale delimitazione, afferma il rimettente, da un lato il regolamento, in quanto si estende a disciplinare aspetti sostanziali della materia, é da ritenere illegittimo in parte qua, dall’altro la clausola abrogativa sopra detta é da ritenersi inoperante per quelle norme che non siano, come invece é prescritto, solamente regolatrici "dei procedimenti", e ciò – precisa il rimettente – vale anche per il caso, che si presenta nella specie, in cui non siano state introdotte effettive modifiche sostanziali ma il regolamento abbia riprodotto le norme di legge, poichè anche solo la novazione della fonte muta la forza formale e dunque il regime giuridico della disciplina in discorso. E’ per questo, si precisa nell’ordinanza di rimessione, che le censure di costituzionalità investono gli artt. 120 e 130 del decreto legislativo n. 285 del 1992, senza che spieghi rilievo il d.P.R. n. 575 del 1994.
Ciò posto, l’ordinanza di rinvio affronta la rilevanza della questione, di cui afferma la sussistenza a) sia in quanto il provvedimento di revoca della patente si configura, secondo il tenore assertivo dell’art. 130 impugnato (" … é revocata…"), come atto vincolato, b) sia perchè il rimettente non ritiene di poter accedere alla tesi che esclude nel foglio di via il carattere di misura di prevenzione in senso tecnico. In particolare su questo secondo aspetto, il Tribunale amministrativo sottolinea che, mentre per gli artt. 82 e 91 del codice del 1959 non poteva sussistere alcun dubbio, facendo essi riferimento testuale alle sole misure di cui all’art. 3 della legge n. 1423 del 1956, il testo del nuovo codice viceversa fa richiamo, genericamente, alle misure di prevenzione previste dalla stessa legge n. 1423, e l’eliminazione della specificazione non può essere ritenuta priva di significato, in quanto alle nuove norme, frutto dell’esercizio di una delega legislativa, deve essere assegnata una portata innovativa e inoltre in quanto il foglio di via si basa su presupposti comuni alle altre più restrittive misure.
Escluso dunque di poter superare la questione in via interpretativa, il rimettente argomenta il contrasto con la legge di delegazione, ex art. 76 della Costituzione, partendo dalla sentenza n. 354 del 1998, che di questa stessa legge ha fornito una lettura "minimale" con l’affermare che l’art. 2, comma 1, lettera t), della legge n. 190 del 1991 ha identificato, quale base di partenza della normativa delegata, la disciplina preesistente, senza formulare principi e criteri direttivi che possano giustificare innovazioni sostanziali rispetto alla disciplina anteriore; applicato al caso in esame, questo criterio rivela nella specie l’eccesso di delega, posto che nel sistema precedente – nella "base di partenza" – la revoca della patente conseguiva solo alle "misure di prevenzione" di cui all’art. 3 della legge n. 1423 del 1956.
Questo primo profilo di incostituzionalità é dirimente, afferma il giudice a quo, che peraltro argomenta anche gli ulteriori profili di incostituzionalità, riferiti agli artt. 3, 4 e 97 della Costituzione, con rilievi pressochè testualmente identici a quelli svolti, in relazione agli stessi parametri, nelle due ordinanze (r.o. 715 e 716/1999) precedentemente sintetizzate.
4.2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri é intervenuto anche in questo giudizio costituzionale, con atto dell’Avvocatura generale dello Stato di rinvio all’atto di intervento nel giudizio di cui a r.o. 715/1999, e con le medesime conclusioni per l’inammissibilità o l’infondatezza.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con una ordinanza (r.o. 340/1999), e il Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce, con tre ordinanze (r.o. 715, 716 e 717/1999), sollevano questione di legittimità costituzionale della disciplina della revoca della patente di guida conseguente alla sottoposizione a una misura di sicurezza o di prevenzione [artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella loro versione originaria ovvero in quella derivante dalla "delegificazione" operata con il d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli)]. Ritengono i giudici rimettenti che tale disciplina sia stata posta in violazione degli artt. 3, 4, 35, 76 e 97 della Costituzione.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, in particolare, dubita della legittimità costituzionale degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 285 del 1992, nella parte in cui prevedono la revoca obbligatoria della patente di guida per chi sia destinatario di una misura di sicurezza o di prevenzione, indipendentemente da ogni valutazione concreta circa l’idoneità del possesso della patente di guida ad agevolare la commissione di reati. Ritiene il Tribunale rimettente che l’automaticità della revoca violi l’art. 3 e l’art. 35 della Costituzione: l’art. 3, perchè determinerebbe una disparità di trattamento, a danno dei soggetti sottoposti a misura di sicurezza o di prevenzione, rispetto ai condannati a pena detentiva non inferiore a tre anni, per i quali é previsto (art. 120, comma 2) che sia svolta una valutazione circa il rapporto tra il possesso della patente e l’agevolazione alla commissione di reati; l’art. 35, perchè la revoca automatica potrebbe pregiudicare lo svolgimento di attività lavorativa senza ragioni obiettive, le quali sarebbero comunque da valutare in relazione ai singoli casi concreti.
Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce, con due ordinanze di analogo contenuto (r.o. 715 e 716/1999), solleva questione di legittimità costituzionale delle medesime disposizioni del nuovo codice della strada, come sostituite dal d.P.R. n. 575 del 1994, nella parte in cui prevedono la revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono o sono stati sottoposti a misura di prevenzione – nella specie, il foglio di via obbligatorio - (prima ordinanza) e nei confronti di coloro che sono stati sottoposti a una misura di prevenzione (seconda ordinanza). Il Tribunale amministrativo rimettente ritiene che le norme indicate violino gli artt. 3, 4, 76 e 97 della Costituzione: l’art. 3, per irragionevole equiparazione, quanto all’effetto della revoca della patente, della misura del foglio di via obbligatorio alle altre più gravi misure di prevenzione (quali la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza), con effetti sanzionatori sproporzionati ed eccedenti lo scopo di prevenzione; l’art. 4, per le ingiustificate conseguenze sull’esercizio del diritto al lavoro; l’art. 76, perchè la disciplina della revoca della patente contenuta nel nuovo codice della strada, con riferimento alle ipotesi in esame, é più restrittiva di quella contenuta nel codice previgente, senza che tale restrizione trovi fondamento nella legge di delegazione [art. 2, comma 1, lettera t), della legge 13 giugno 1991, n. 190] in base alla quale é stato emanato il decreto legislativo contenente la nuova disciplina; l’art. 97, in quanto, secondo la normativa impugnata, il Prefetto é tenuto a revocare la patente in conseguenza di un provvedimento del Questore che dispone il foglio di via, pur non essendo coincidenti le esigenze che si fanno valere nei procedimenti di fronte all’uno e all’altro.
Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce, con ulteriore ordinanza (r.o. 717/1999), solleva questione di legittimità costituzionale delle medesime disposizioni del nuovo codice della strada, nella versione originaria - e non come sostituite dal d.P.R. n. 575 del 1994 - sul presupposto che esse siano tuttora vigenti nonostante la "delegificazione" cui sono state sottoposte, nella parte in cui prevedono la revoca della patente di guida nei confronti di quanti sono soggetti alla misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio. Il Tribunale amministrativo ritiene violati gli artt. 3, 4, 76 e 97 della Costituzione, per le ragioni già indicate a proposito delle altre due ordinanze del medesimo rimettente.
2. – Le quattro questioni sopra descritte possono, per la sostanziale identità di oggetto, essere riunite e decise con unica sentenza.
3. – L’eccezione di inammissibilità delle questioni per difetto di giurisdizione dei Tribunali amministrativi regionali rimettenti, sollevata dall’Avvocatura dello Stato, non ha pregio. La natura di sanzione accessoria della revoca della patente, nel caso di cui si tratta, é tutt’altro che certa e per questa ragione non può affermarsi che, manifestamente, i giudici rimettenti siano privi di giurisdizione, questa essendo attribuita ai giudici ordinari competenti per la sanzione (qui, la misura) principale. Le pronunce della Corte di cassazione più vicine alla ipotesi in esame depongono per l’esistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, mentre quella specificamente evocata dall’Avvocatura dello Stato riguarda ipotesi lontana da quella ora in discussione. In questa situazione, l’eccezione di inammissibilità per difetto di giurisdizione non può che essere respinta.
4. – Inammissibili sono invece le questioni sollevate dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce, sulle disposizioni degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo contenente il nuovo codice della strada, come sostituite dal d.P.R. n. 575 del 1994. Con tale formula, che ricorre in due ordinanze (r.o. 715 e 716/1999), deve intendersi che il giudice rimettente abbia inteso sollevare questione di legittimità costituzionale di norme aventi ormai natura regolamentare, ciò che, per costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, e specificamente in tema di regolamenti di "delegificazione", ordinanza n. 100 del 2000), eccede i limiti della sua giurisdizione, secondo la definizione che di questa é data dall’art. 134 della Costituzione il quale la limita al caso dell’illegittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge.
Il pieno esplicarsi della garanzia della Costituzione nel sistema delle fonti, in particolare con riferimento a quelle di valore regolamentare adottate in sede di "delegificazione", non é comunque pregiudicato dall’anzidetta limitazione della giurisdizione del giudice costituzionale. La garanzia é normalmente da ricercare, volta a volta, a seconda dei casi, o nella questione di costituzionalità sulla legge abilitante il Governo all’adozione del regolamento, ove il vizio sia a essa riconducibile (per avere, in ipotesi, posto principi incostituzionali o per aver omesso di porre principi in materie che costituzionalmente li richiedono); o nel controllo di legittimità sul regolamento, nell’ambito dei poteri spettanti ai giudici ordinari o amministrativi, ove il vizio sia proprio ed esclusivo del regolamento stesso.
5. – La questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio – questione che, per ragioni di rilevanza risultanti dall’esposizione dei fatti del giudizio di merito, deve essere circoscritta alla sola ipotesi della revoca della patente di chi sia sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale - non é fondata.
Nè l’uno nè l’altro dei parametri costituzionali invocati risultano violati.
Non lo é l’art. 3, sotto il profilo della disparità di trattamento tra la situazione in esame e quella della persona condannata a pena detentiva non inferiore a tre anni (art. 120, comma 2) per la quale é previsto che la possibilità di utilizzazione della patente di guida come agevolazione della commissione di reati sia oggetto di specifica valutazione. La sottoposizione a misura di prevenzione dipende dall’attualità del giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica, da valutare alla stregua dei criteri indicati nell’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’art. 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, e nell’art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’art. 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646; la condanna per la commissione di un reato riguarda, di per sè, il passato e non getta necessariamente un’ombra di presunzione negativa circa la propensione a delinquere in futuro. Per questo, non certo irragionevolmente il legislatore ha distinto le due ipotesi, escludendo nella seconda quell’automaticità della conseguenza sulla patente di guida che ha invece previsto nella prima.
Nemmeno può dirsi violato il diritto al lavoro, che il rimettente inquadra genericamente nell’art. 35 della Costituzione. Non viene contestata la valutazione del legislatore del fatto che la guida personale di un mezzo di trasporto può agevolare la commissione di reati da parte di chi sia sottoposto a misura di prevenzione nè la possibilità che il legislatore stesso disponga conseguentemente la revoca della patente: si contesta invece la possibilità che la revoca della patente segua in generale come misura necessaria, conseguente all’irrogazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale. In sostanza: a una disciplina che dispone in generale e non consente margini di apprezzamento in sede applicativa, il rimettente preferirebbe una disciplina che aprisse la possibilità di valutare, accanto alle esigenze di prevenzione dei reati, anche quelle individuali del prevenuto che, ai fini della propria attività lavorativa, necessiti della conduzione personale di un mezzo di trasporto. E ciò, evidentemente, al fine di escludere in tal caso la revoca della patente. In questo modo, si finisce però per affermare che la disponibilità della patente di guida, in quanto connessa all’esercizio di attività lavorativa, prevale sulle esigenze di prevenzione dei reati per far fronte alle quali é prevista la misura della sorveglianza speciale. Il che, peraltro, costituisce una valutazione di merito legislativo, non di legittimità costituzionale, non solo perchè tra la guida personale dell’automezzo e l’esercizio del diritto al lavoro non c’é un rapporto di condizionamento assoluto, ma anche perchè il diritto al lavoro può essere modellato dal legislatore per tenere ragionevolmente conto di altre esigenze costituzionalmente rilevanti, come, per l’appunto, quelle della prevenzione dei reati che danno luogo alla misura della sorveglianza speciale: una misura che necessariamente incide sulla libertà di movimento (sentenza n. 193 del 1997) e si applica a persone già avvisate dal Questore a norma dell’art. 4 della legge n. 1423 del 1956, la cui pericolosità per la sicurezza pubblica, alla stregua degli artt. 1 e 3 della stessa legge, é particolarmente elevata.
6. – Fondata é invece la questione di legittimità costituzionale sollevata, con riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce (r.o. 717/1999) sugli stessi artt. 120 e 130 del nuovo codice della strada, nella parte in cui prevedono la revoca della patente nel caso della sottoposizione alla misura del foglio di via obbligatorio, a norma dell’art. 2 della legge n. 1423 del 1956.
Osserva il rimettente che la formula con la quale il comma 1 dell’art. 120 identifica le persone nei cui confronti la patente, a norma dell’art. 130, comma 1, lettera b), viene revocata - "coloro che sono […] sottoposti […] alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituita dalla legge 3 agosto 1988, n. 327, nonchè dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, così come successivamente modificata e integrata" - riguarda anche i soggetti sottoposti alla misura del foglio di via obbligatorio, previsto dall’art. 2 della legge n. 1423 del 1956. Poichè il rinvio alle misure di prevenzione é fatto senza eccezioni e il foglio di via obbligatorio – pur con le particolarità di procedura che lo distinguono – é certamente da ricomprendere tra le misure previste dalle leggi oggetto di rinvio, la premessa interpretativa da cui muove il ricorrente deve essere condivisa.
Vero é anche che il codice della strada abrogato (art. 82, primo comma, richiamato dall’art. 91, tredicesimo comma, numero 2), del d.P.R. n. 393 del 1959) prevedeva la revoca obbligatoria della patente nei soli casi previsti dall’art. 3 della legge n. 1423 del 1956, cioé quelli della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza (con o senza il divieto di soggiorno in uno o più Comuni o Province) e dell’obbligo di soggiorno (nel Comune di residenza o di dimora abituale, secondo la dizione vigente; in un determinato Comune, secondo la dizione originaria) e non anche nel caso del foglio di via obbligatorio previsto dall’art. 2. Pertanto, l’estensione della revoca a questa ultima ipotesi operata dal nuovo codice della strada costituisce un’innovazione restrittiva effettuata dal legislatore delegato della quale occorrerebbe poter individuare una base nella legge di delegazione. Senonchè, come già osservato nella sentenza n. 354 del 1998 di questa Corte, la "revisione e il riordino", cioé l’innovazione rispetto al codice precedente, ai quali il Governo é stato delegato dall’art. 1, comma 1, della legge n. 190 del 1991, richiederebbero la predisposizione, da parte dello stesso legislatore delegante, di principi e criteri direttivi, idonei a circoscrivere le nuove scelte discrezionali dell’esecutivo. Poichè però la lettera t) dell’art. 2 di tale legge consente al Governo il "riesame" della disciplina concernente la revoca della patente di guida, senza la predisposizione di principi e criteri che giustifichino un intervento normativo di riforma, la delega deve essere intesa in senso minimale, tale da non consentire, di per sè, l’adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente.
L’inclusione della sottoposizione al foglio di via obbligatorio tra le ipotesi di revoca obbligatoria della patente costituisce, come si é detto, un’innovazione sostanziale, e dunque un’innovazione non consentita perchè non sorretta dai necessari principi e criteri direttivi. Nè varrebbe rilevare in senso opposto che, nel sistema previgente, era stabilita la revoca anche nel caso, previsto come discrezionale dall’art. 82, secondo comma, del d.P.R. n. 393 del 1959, di persona diffidata a norma dell’originario art. 4 della legge n. 1423 del 1956, e che l’istituto della diffida é stato successivamente abrogato, cosicchè la nuova ipotesi della revoca automatica della patente nel caso di soggetti sottoposti alla misura del foglio di via obbligatorio varrebbe a compensare l’eliminazione della precedente disposizione. Comunque sia, tale nuova previsione, configurandosi come riforma del sistema anteriormente vigente privo di base nella legge di delegazione, deve essere dichiarata incostituzionale per violazione della legge di delegazione e dunque dell’art. 76 della Costituzione.
7. – La dichiarazione di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 76 della Costituzione assorbe le ulteriori censure mosse alle norme impugnate, per violazione degli artt. 3, 4 e 97 della Costituzione.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevede la revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti alla misura di cui all’art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 285 del 1992, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l’ordinanza indicata in epigrafe;
3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 285 del 1992, così come sostituiti dal d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 4, 76 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 ottobre 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in cancelleria il 18 ottobre 2000.