ORDINANZA N.293
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Cesare MIRABELLI, Presidente
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 30 ottobre 1996 dal Magistrato di sorveglianza di Palermo nel procedimento di sorveglianza nei confronti di Vincenzo Cucina, iscritta al n. 378 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Udito nella camera di consiglio del 22 aprile 1998 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che il Magistrato di sorveglianza di Palermo, nel corso di un procedimento per l’accertamento della pericolosità sociale di un condannato ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata, instaurato a norma dell’art. 679 cod. proc. pen., ha sollevato, con ordinanza del 30 ottobre 1996 (pervenuta a questa Corte il 27 maggio 1997), questione di legittimità costituzionale degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in riferimento agli artt. 3, 4, 16 e 27 della Costituzione;
che ad avviso del rimettente le norme impugnate, che prevedono rispettivamente il diniego (art. 120) e la revoca (art. 130) della patente di guida nei confronti di chi - fra altre ipotesi - sia o sia stato sottoposto a una misura di sicurezza personale, salvi gli effetti della riabilitazione, contrasterebbero, per un primo profilo, con il principio di ragionevolezza e con la finalità rieducativa della misura (artt. 3 e 27 della Costituzione), poichè la disciplina censurata, con il suo automatismo, contraddirebbe irragionevolmente il sistema delle misure di sicurezza, mirate bensì al controllo del soggetto ma attraverso il suo reinserimento sociale e dunque in primo luogo attraverso il lavoro (artt. 228, quarto comma, cod. pen. e 190, comma 6, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante le norme di attuazione del codice di procedura penale), finendo per incentivare ciò che si deve prevenire, vale a dire la commissione di ulteriori reati, a causa della difficoltà nello svolgimento dell’attività lavorativa in conseguenza della perdita della patente di guida, come é nella specie (svolgendo l’interessato il lavoro di autista);
che, quindi, risulterebbe violato il diritto al lavoro (art. 4 della Costituzione);
che, per un ulteriore profilo, la disciplina in argomento comporterebbe una ingiustificata disparità di trattamento (art. 3 della Costituzione), a danno di chi subisce la revoca della patente per effetto dell’applicazione di una misura di sicurezza, potendo riottenere il titolo di guida soltanto a seguito della riabilitazione, rispetto a chi evita le conseguenze sfavorevoli di tale normativa solo perchè risulti non più socialmente pericoloso prima dell’effettiva applicazione della misura di sicurezza;
che, infine, le norme contrasterebbero con l’art. 16 della Costituzione, che, riconoscendo la libertà di circolazione, ne ammetterebbe limitazioni solo in presenza di finalità generali di sicurezza, che nel caso di specie non sarebbero ravvisabili;
che a tali plurimi profili di incostituzionalità dovrebbe porsi rimedio, secondo una prospettazione in via gradata da parte del giudice rimettente a) o attraverso la radicale eliminazione, per via di dichiarazione di incostituzionalità, di ogni effetto limitativo dell’abilitazione alla guida derivante dall’applicazione, pregressa o attuale, di una misura di sicurezza, ovvero b) attraverso l’attribuzione al magistrato di sorveglianza, in sede di procedimento per l’applicazione di misure di sicurezza, del potere di disciplinare, in base alle peculiarità di ciascun caso concreto, l’uso della patente di guida nei confronti del sottoposto alla misura, secondo un modulo già previsto nell’ordinamento, come é quello contenuto nell’art. 62, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, in tema di disciplina della sospensione della patente nell’ambito della semidetenzione e della libertà controllata; una prospettazione di due possibili esiti in rapporto di subordinazione, questa, che non sarebbe stata adeguatamente affrontata e risolta dall’ordinanza n. 253 del 1995 di questa Corte.
Considerato che il Magistrato di sorveglianza rimettente prospetta, attraverso le richieste che si sono esposte in narrativa, formulate in via gradata, una declaratoria di incostituzionalità degli artt. 120, comma 1 e 130, comma 1, lettera b), del nuovo codice della strada, tale da eliminare in radice (secondo la richiesta principale) o da conformare diversamente, includendovi poteri di regolazione in concreto da parte del magistrato di sorveglianza (secondo la richiesta subordinata), le norme che, nell’ambito della disciplina della circolazione stradale, stabiliscono i casi nei quali, per difetto dei c.d. requisiti "morali" connessi ai precedenti penali e giudiziari, sono imposti il diniego e, specularmente, la revoca della patente di guida;
che le norme impugnate attengono ad attribuzioni affidate all’autorità amministrativa di cui regolano le modalità di esercizio, in presenza di taluni presupposti stabiliti in via generale, tra i quali la precedente o attuale sottoposizione dell’interessato a una misura di sicurezza;
che, chiamata a pronunciarsi su questione analoga, riferita ai medesimi parametri costituzionali, questa Corte ha già rilevato, con l’ordinanza n. 253 del 1995, che in tale disciplina, nella quale la sottoposizione a una misura di sicurezza - al pari della sottoposizione a una misura di prevenzione o della dichiarazione di pericolosità qualificata - costituisce un presupposto delle determinazioni amministrative in tema di rilascio o di revoca della patente, il magistrato di sorveglianza non é nè può essere in alcun modo chiamato a fare applicazione delle norme impugnate, le quali per definizione seguono e non precedono i provvedimenti giurisdizionali assunti, come si é detto, quali presupposti;
che l’anzidetto rilievo vale, allo stesso modo, per entrambe le prospettazioni svolte dal rimettente, essendo comunque le norme sulla disciplina della patente di guida, come tali, estranee all’ambito e alle determinazioni cui il magistrato di sorveglianza é chiamato, non potendosi in alcun modo configurare gli istituti oggetto della presente questione quali aspetti del complessivo contenuto prescrittivo delle misure di sicurezza;
che, alla stregua dei rilievi che precedono, la questione, sollevata su norme delle quali il giudice a quo non ha da fare applicazione (v., oltre alla citata ordinanza n. 253 del 1995, la sentenza n. 109 del 1983, punto 10 del diritto), deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, non spiegando la soluzione di essa alcuna incidenza nel giudizio a quo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 16 e 27 della Costituzione, dal Magistrato di sorveglianza di Palermo, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1998.
Presidente: Cesare MIRABELLI
Redattore: Gustavo ZAGREBELSKY
Depositata in cancelleria il 18 luglio 1998.