SENTENZA N. 256
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122 (Disposizioni varie per la previdenza e assistenza sociale attuate dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola»), promosso con ordinanza del 27 agosto 2004 dal Tribunale di Roma, nel procedimento civile vertente tra De Angelis Antonietta e Russo Frida, iscritta al n. 1024 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visto l’atto di costituzione di De Angelis Antonietta;
udito nell’udienza pubblica del 6 giugno 2006 il Giudice relatore Romano Vaccarella;
udito l’avvocato Marcello Pasanisi per De Angelis Antonietta.
Ritenuto in fatto
1.– Nel corso di un processo di opposizione all’espropriazione forzata presso terzi avente ad oggetto le somme erogate a titolo di pensione ad Antonietta De Angelis dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola», avendo l’opponente invocato l’impignorabilità assoluta dei relativi ratei e chiesto la sospensione del procedimento, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 27 agosto 2004, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122 (Disposizioni varie per la previdenza e assistenza sociale attuate dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola»), per contrasto con l’art. 3, comma primo, della Costituzione e, comunque, con il principio di ragionevolezza, nella parte in cui esclude la pignorabilità, nei limiti di un quinto, della pensione erogata dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola»; e ciò a differenza di quanto dispongono l’art. 545, comma quarto, del codice di procedura civile con riguardo alle retribuzioni, l’art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 1936, n. 1155, con riferimento alle pensioni, agli assegni ed alle indennità erogati dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), nonché gli artt. 1 e 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni), con riferimento alle pensioni, alle indennità che ne tengono luogo ed agli altri assegni di quiescenza erogati ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni dai soggetti di cui all’art. 1 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica.
1.1.− Quanto alla rilevanza della questione, il giudice rimettente osserva che il giudizio a quo non può essere deciso se non attraverso l’applicazione della norma impugnata, la quale dispone che «le pensioni, le indennità e gli assegni corrisposti dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola» non sono cedibili né sequestrabili né pignorabili, eccezione fatta per le pensioni e gli assegni continuativi, che possono essere ceduti, sequestrati e pignorati soltanto nell'interesse dei pubblici stabilimenti ospitalieri o di ricovero, per il pagamento delle diarie relative e non oltre l'importo di queste».
1.2.− Il giudice rimettente ritiene, quindi, non manifestamente infondata la questione di legittimità dell’art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122, per contrasto con l’art. 3, comma primo, della Costituzione e, comunque, con il principio di ragionevolezza, in quanto l’impignorabilità delle pensioni erogate in favore dei giornalisti sostanzierebbe una ingiustificata disparità di trattamento se confrontata con il regime di generale pignorabilità, con le limitazioni di legge, delle retribuzioni nonché delle pensioni, assegni ed indennità erogati dall’INPS e dagli altri soggetti indicati dall’art. 1 del d.P.R. n. 180 del 1950.
In particolare, rammenta il giudice a quo come la Corte costituzionale – nel dichiarare l’illegittimità dell’art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e, per estensione, anche degli artt. 1 e 2, comma primo, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, nella parte in cui escludevano la pignorabilità per ogni credito dell’intero ammontare delle pensioni, anziché prevedere l’impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte dell’emolumento necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte – ha chiarito che «il presidio costituzionale (art. 38) del diritto dei pensionati a godere di “mezzi adeguati alle loro esigenze di vita” non è tale da comportare, quale suo ineludibile corollario, l’impignorabilità, in linea di principio, della pensione, ma soltanto l’impignorabilità assoluta di quella parte di essa che vale, appunto, ad assicurare al pensionato quei mezzi adeguati alle esigenze di vita» (sentenza n. 506 del 2002).
Conclude, pertanto, il rimettente nel senso che, «una volta chiarita (…) la portata del presidio costituzionale di cui all’art. 38, non sembrano ipotizzabili altri valori che possano giustificare il persistere del regime di favore» per le pensioni erogate dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI).
2.– Si è costituita in giudizio Antonietta De Angelis, opponente nel giudizio a quo, la quale, anche considerato che la Corte costituzionale si è già espressa nel senso che l’impignorabilità assoluta sancita dalla norma impugnata non contrasta con il principio di eguaglianza (sentenza n. 241 del 1972), ha invocato la dichiarazione di manifesta inammissibilità della questione anche per la erroneità nell’individuazione del tertium comparationis costituito dal generale principio della pignorabilità delle retribuzioni, cui non corrisponderebbe, proprio in virtù della giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 55 del 1991), un principio di generale pignorabilità delle pensioni.
La deducente ha, inoltre, osservato che l’ordinanza di rimessione sarebbe carente di motivazione sulla rilevanza della questione, non avendo il giudice a quo indicato la natura non qualificata del credito azionato, tenuto conto che la Corte costituzionale, già con la sentenza n. 209 del 1984, aveva dichiarato illegittimo l’art. 1 della legge n. 1122 del 1955, nella parte in cui non prevedeva la pignorabilità delle pensioni erogate dall’INPGI per crediti alimentari.
Considerato in diritto
1.− Il Tribunale di Roma dubita della legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3, comma primo, della Costituzione, dell’art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122 (Disposizioni varie per la previdenza e assistenza sociale attuate dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola), nella parte in cui esclude – a differenza di quanto disposto dall’art. 545, comma quarto, del codice di procedura civile con riguardo alle retribuzioni, dall’art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 1936, n. 1155, con riferimento alle pensioni, agli assegni ed alle indennità erogati dall’INPS, nonché dagli artt. 1 e 2, comma primo, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni) con riferimento alle pensioni, alle indennità che ne tengono luogo ed agli altri assegni di quiescenza erogati ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni dai soggetti di cui all’art. 1 dello stesso d.P.R. – la pignorabilità, nei limiti di un quinto, della pensione erogata dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola» (INPGI).
2.− Le eccezioni di inammissibilità della questione, sollevate dalla parte privata, per inidoneità del tertium comparationis devono essere respinte.
L’ordinanza di rimessione, infatti, da un lato, individua inequivocabilmente nel regime della pignorabilità delle pensioni (dei dipendenti pubblici e privati) il punto di riferimento della lamentata, irragionevole disparità di trattamento (sicché il riferimento alla pignorabilità delle retribuzioni è manifestamente ad abundantiam) e, dall’altro lato, non fa sorgere dubbio di sorta − ove la premessa in fatto venga letta in relazione alle considerazioni in diritto − circa la natura non alimentare, decisiva ai fini della rilevanza della questione (e, peraltro, esplicitamente dedotta dalla parte privata), del credito al quale è stata opposta l’impignorabilità ex lege delle pensioni erogate dall’INPGI «Giovanni Amendola».
3.− La questione è fondata.
3.1.− Questa Corte, dichiarando l’illegittimità costituzionale della medesima norma, oggi censurata, «nella parte in cui non prevede la pignorabilità per crediti alimentari delle pensioni, assegni e altre indennità» in base ad essa erogate in favore dei giornalisti (sentenza n. 209 del 1984), ha escluso la sussistenza di particolari ragioni che potessero giustificare − in relazione ai fruitori della pensione – un differenziato trattamento, ai fini della pignorabilità, riguardo ai crediti aventi natura alimentare. La circostanza che, successivamente a tale pronuncia, l’ente erogatore abbia acquisito natura privatistica (Fondazione) ex decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza), − ancorché con i controlli e limiti derivanti dalla persistente natura pubblica della sua attività istituzionale −, non costituisce certamente ragione idonea a giustificare il peculiare trattamento riservato alle pensioni erogate dall’INPGI rispetto a quello previsto per le pensioni dei dipendenti sia pubblici che privati; ed infatti, questa Corte ha affermato che, poiché «l’impignorabilità si risolve in una limitazione della garanzia patrimoniale (art. 2740 del codice civile) e in una compressione del diritto dei creditori, nessuna differenza sussiste tra le pensioni spettanti all’una o all’altra categoria di beneficiari sotto il profilo − l’unico rilevante nel presente giudizio − della loro assoggettabilità ad esecuzione forzata» (sentenza n. 444 del 2005).
Pertanto − in armonia con quanto questa Corte ha statuito, riguardo alle pensioni erogate dall’INPS ed ai dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, con la sentenza n. 506 del 2002, ed alle pensioni erogate dalla Cassa nazionale del notariato ai notai, con la sentenza n. 444 del 2005 − deve dichiararsi l’illegittimità costituzionale della norma censurata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui esclude del tutto la pignorabilità delle pensioni erogate dall’INPGI ai giornalisti anziché prevedere l’impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte della pensione necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122 (Disposizioni varie per la previdenza e assistenza sociale attuate dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola»), nella parte in cui esclude la pignorabilità per ogni credito dell’intero ammontare della pensione erogata dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola», anziché prevedere l’impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte della pensione necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2006.
F.to:
Annibale MARINI, Presidente
Romano VACCARELLA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2006.