Sentenza n. 55 del 1991

 

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SENTENZA N. 55

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giovanni CONSO                                              Presidente

Prof. Ettore GALLO                                                   Giudice

Dott. Aldo CORASANITI                                              “

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                       “

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), e degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (Testo Unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche Amministrazioni), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 19 luglio 1990 dal Pretore di Firenze, nel procedimento civile vertente tra Viti Gabriella e S.p.A. Maxfinanziaria, iscritta al n. 658 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1990;

2) ordinanza emessa il 19 luglio 1990 dal Pretore di Firenze, nel procedimento civile vertente tra Bilanceri Silvano e S.r.l. Romanelli Finanziaria, iscritta al n. 659 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1990;

Udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con due ordinanze di analogo contenuto il Pretore di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153 ("Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale"), nonché degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 ("Testo Unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni"), nella parte in cui dette norme non prevedono la pignorabilità, rispettivamente, delle pensioni erogate dall'INPS e di quelle corrisposte dallo Stato negli stessi limiti che l'art. 545 del codice di procedura civile prevede, per crediti non qualificati, in ordine alle retribuzioni percepite in virtù di rapporto di lavoro in corso.

2. - Dato atto che nella sentenza n. 231 del 1989 questa Corte ha rilevato che in materia di pensioni il regime generale è nel senso della impignorabilità (salve le eccezioni consentite), sia per il settore privato che per quello pubblico, il giudice remittente ritiene dubbia la legittimità costituzionale di tale regime non apparendogli "sotto alcun profilo ragionevole l'attuale disparità di trattamento, quanto a garanzia patrimoniale nei confronti dei creditori, fra il debitore percettore di una retribuzione e il debitore percettore di una pensione".

A suo avviso, infatti, anche la pensione costituisce un reddito per colui che ne gode, a volte assai più cospicuo di tante retribuzioni, e, salve le percentuali di pignorabilità previste dall'art. 545 del codice di procedura civile, le retribuzioni sono tutte pignorabili senza previsione di fasce retributive minime non pignorabili.

In conclusione, il giudice a quo dubita della conformità a Costituzione delle dette norme per contrasto con l'art. 3, in ragione della asserita disparità di trattamento, quanto a responsabilità patrimoniale, fra percettori di retribuzione e percettori di pensione, e per contrasto con l'art. 24, poiché la tutela giurisdizionale di coloro che vantano crediti pecuniari nei confronti di percettori di pensione subirebbe concrete limitazioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Pretore di Firenze, con due ordinanze pronunciate in pari data, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, nella parte in cui dette norme non consentono la pignorabilità, rispettivamente, delle pensioni erogate dall'INPS e di quelle corrisposte dallo Stato, negli stessi limiti previsti dall'art. 545 del codice di procedura civile in ordine alla pignorabilità, per crediti non qualificati, delle retribuzioni percepite in virtù di rapporto di lavoro in corso.

Ad avviso del giudice remittente le norme impugnate sarebbero in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, venendo a creare un'ingiustificata disparità di trattamento - quanto a responsabilità patrimoniale nei confronti dei creditori - fra percettori di pensione e percettori di retribuzione, nonché con l'art. 24 della Costituzione, per la limitazione di un'efficace tutela giurisdizionale di coloro che vantano crediti pecuniari nei confronti di pensionati.

Le due ordinanze sospettano d'incostituzionalità norme diverse di legge, tuttavia le questioni sollevate hanno il medesimo oggetto e sono prospettate con identiche argomentazioni: i giudizi possono quindi essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Le questioni non sono fondate.

Non sussiste, in primo luogo, alcun contrasto delle norme impugnate con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo di un diverso ed ingiustificato regime "quanto a responsabilità patrimoniale nei confronti dei creditori" fra il debitore pensionato e il debitore che percepisce una retribuzione. Come questa Corte ha già avuto occasione di rilevare (v. sent. n. 580 del 1989), il diverso regime della pignorabilità delle pensioni non incide sul contenuto sostanziale della responsabilità patrimoniale del debitore, che resta sempre quello disciplinato dall'art. 2740 del codice civile ("tutti i suoi beni presenti e futuri"), ma soltanto su di un particolare mezzo di esecuzione civile (pignoramento presso terzi) tra i tanti che consentono la realizzazione coattiva del diritto.

Può ancora aggiungersi che, ove la questione sollevata dovesse invece intendersi rivolta a censurare la possibilità stessa per il legislatore di disciplinare in maniera differenziata l'intervento degli strumenti di esecuzione civile sulle retribuzioni e sulle pensioni, neanche allora potrebbe ravvisarsi il denunciato contrasto con il principio di eguaglianza; invero la differenza di regime non è comunque irragionevole poiché trova fondamento nella intrinseca diversità di due situazioni giuridiche che rispondono a principi e finalità diversi, quali quelli espressi, rispettivamente, dagli artt. 36 e 38 della Costituzione.

Del resto, le recenti pronunce di questa Corte in materia si sono limitate, sinora, ad eliminare ingiustificate diseguaglianze tra il settore pubblico e quello privato, ma sempre all'interno delle due distinte categorie delle retribuzioni e delle pensioni (v. sentt. nn. 878 del 1988, 1041 del 1988, 572 del 1989, 115 del 1990 e 340 del 1990).

Né del pari può ravvisarsi una limitazione del diritto alla tutela giurisdizionale sancito dall'art. 24 della Costituzione, in base al rilievo che, ferma la possibilità della realizzazione coattiva del credito su tutti i beni del debitore, l'esclusione delle pensioni dal novero dei beni sequestrabili o pignorabili per il soddisfacimento di crediti non qualificati, è da ritenersi espressione della facoltà del legislatore, non preclusa dalla norma costituzionale invocata, di subordinare in alcuni casi l'esperimento del diritto del privato alla tutela di altri interessi generali o di preminente valore pubblico come, nel caso, quelli garantiti dall'art. 38 della Costituzione.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), nonché degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (Testo Unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche Amministrazioni), sollevate entrambe, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Firenze con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1991.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI- Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.

 

Depositata in cancelleria il 6 febbraio 1991.