Sentenza n. 580 del 1989

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SENTENZA N.580

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 545 del codice di procedura civile promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa l'11 luglio 1988 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Tomat Milvi e La Cecilia Antonio iscritta al n. 320 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26 prima serie speciale dell'anno 1989;

2) ordinanza emessa il 4 aprile 1989 dal Pretore di Monza nei procedimenti civili riuniti vertenti tra la Banca Credito Romagnolo S.p.A., Bonaccorsi Michelangelo ed altra, iscritta al n. 359 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35 prima serie speciale dell'anno 1989.

Udito nella camera di consiglio del 29 novembre 1989 il Giudice relatore Mauro Ferri.

 

Considerato in diritto

 

1.-Il Pretore di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 545 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede alcun limite alla pignorabilità degli emolumenti corrisposti ai medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, nonostante debba - a suo avviso - ritenersi che la loro posizione, per il carattere continuativo delle prestazioni assorbenti la quasi totalità dell'attività lavorativa, sia assimilabile a quella dei lavoratori subordinati.

Questione sostanzialmente identica e stata sollevata dal Pretore di Monza il quale, in sede di esecuzione sui crediti spettanti ad un sanitario legato da un rapporto a convenzione con un’Unità sanitaria locale, dubita della legittimità del medesimo art. 545, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che i limiti di pignorabilità ivi indicati si estendano anche ai crediti derivanti dai rapporti di lavoro non subordinato indicati all'art. 409 n. 3 del codice di procedura civile.

I relativi giudizi concernono la medesima norma di legge e pongono la medesima questione; possono quindi essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - La questione non é fondata.

Giova premettere che la responsabilità patrimoniale del debitore inadempiente, sancita dall'art. 2740 del codice civile, costituisce una norma di ordine generale, rivolta cioè a tutti, ed é, in linea di principio, illimitata, nel senso che tutti i beni compresi nel patrimonio del debitore costituiscono la garanzia per l'adempimento delle sue obbligazioni e possono quindi essere oggetto di soddisfacimento da parte del creditore.

Solo alcuni limiti sono posti dalla legge con riguardo a determinati beni ed a talune situazioni, come nelle ipotesi previste dall'art. 545 del codice di procedura civile, il quale, al fine di non privare il debitore di ciò che é necessario per la sua esistenza, sottrae in parte all'azione esecutiva i crediti dei prestatori di lavoro in rapporto di lavoro privato, con ciò intendendo pero stabilire soltanto dei limiti ad un particolare mezzo di esecuzione ma non certo introdurre una deroga al principio della responsabilità patrimoniale, la quale resta pertanto piena ed illimitata.

Ora, mentre tale eccezione non appare irragionevole in rapporto alla situazione dei lavoratori dipendenti, i quali, nella generalità, traggono da un’unica fonte, facilmente individuabile ed aggredibile in sede esecutiva, i mezzi ordinari di sostentamento per le necessità della vita, del tutto differente, e quindi non comparabile agli effetti di cui all'art. 3 della Costituzione, appare la posizione dei medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. Costoro, al pari di ogni altro lavoratore autonomo, sono sostanzialmente liberi nelle loro prestazioni professionali e possono quindi svolgere, al di fuori del rapporto di convenzione, ulteriore attività privata, come può evincersi dall'esame dell'art. 4 del d.P.R. 8 giugno 1987, n. 289 che reca le norme sull'incompatibilità inserite nell'Accordo collettivo nazionale stipulato ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

Che poi, in talune ipotesi, le prestazioni dei medici convenzionati possano essere tali da assorbire la quasi totalità della loro attività lavorativa, costituisce una circostanza inidonea a distinguere, se non in punto di mero fatto, la posizione di detti lavoratori da quella di ogni altro lavoratore autonomo che viva con i proventi della propria attività.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 545 del codice di procedura civile, sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Roma e dal Pretore di Monza con le ordinanze in epigrafe indicate.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/12/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Renato DELL'ANDRO - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 22/12/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Mauro FERRI, REDATTORE