Sentenza n. 1041 del 1988

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SENTENZA N.1041

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 128 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), e dell'art. 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa l'11 febbraio 1987 dal Pretore di Oristano nel procedimento civile vertente tra Cannea Bonacata e Pitzalis Gaetano e INPS, iscritta al n. 152 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18/prima serie speciale dell'anno 1988;

2) ordinanza emessa il 10 febbraio 1988 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Trapletti Battista e Vitali Annetta e INPS, iscritta al n. 184 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20/prima serie speciale dell'anno 1988.

Visto l'atto di costituzione dell'INPS nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 ottobre 1988 il Giudice relatore Mauro Ferri;

udito l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Pretore di Oristano solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 128 del R.D.L. 4 ottobre 1935 n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), nella parte in cui non prevede la pignorabilità parziale per causa di alimenti delle pensioni di invalidità erogate dall'INPS; la norma impugnata sarebbe in contrasto con l'art. 29 della Costituzione, in quanto esclude la tutela del diritto agli alimenti, compreso nei diritti di famiglia, e con l'art. 3 della Costituzione, in quanto stabilirebbe un trattamento ingiustificatamente più favorevole dei titolari di pensioni INPS rispetto ai titolari di pensioni corrisposte dallo Stato e dagli enti pubblici, pignorabili fino alla concorrenza di un terzo per causa di alimenti, ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180.

Il Pretore di Roma solleva a sua volta questione di legittimità costituzionale dell'art. 69 della L. 30 aprile 1969 n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), nella parte in cui esclude la pignorabilità delle pensioni erogate dall'INPS anche riguardo ai crediti alimentari : la norma impugnata sarebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., dando luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento, vantaggiosa per i titolari di pensioni erogate dall'INPS, deteriore per i creditori di alimenti nei confronti dei medesimi, in rapporto ai pensionati dello Stato e degli enti pubblici, nonché a quelli di varie Casse previdenziali per professionisti (avvocati e procuratori, geometri, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali), e dei rispettivi creditori di alimenti, poiché il d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180 prevede, nelle stesse ipotesi, la parziale pignorabilità delle pensioni. La medesima disciplina e richiamata nelle norme che regolano le Casse di previdenza sopra citate.

Le due ordinanze sospettano di in costituzionalità due distinte norme di legge: la prima l'art. 128 del R.D.L. n. 1827 del 1935, che sancisce la generale impignorabilità delle pensioni dell'INPS, con una sola eccezione in favore dei crediti di stabilimenti pubblici ospedalieri o di ricoveri per le diarie relative; la seconda l'art. 69 della L. n. 153 del 1969, che prevede un'altra eccezione in favore dei crediti dell'INPS derivanti da prestazioni indebite o da omissioni contributive. Le questioni sollevate hanno tuttavia il medesimo oggetto, e sono prospettate in gran parte in modo identico: i giudizi possono quindi essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto soltanto nel giudizio promosso dal Pretore di Oristano, ha eccepito l'inammissibilità, o comunque l'infondatezza, della questione.

A sostegno delle suddette conclusioni l'Avvocatura dello Stato ha svolto globalmente le sue argomentazioni: da esse si desume che l'inammissibilità deriverebbe sia dalla mancata precisazione, da parte del giudice a quo, della natura della pensione di invalidità soggetta al procedimento esecutivo; sia dalla natura del credito in base al quale agisce la pignorante (assegno di mantenimento attribuitole quale coniuge separata), non esattamente qualificabile quale credito alimentare. Ma il giudice remittente ha ampiamente motivato in punto di rilevanza osservando che l'assegno di mantenimento, come peraltro e ius receptum, comprende anche, nella sua maggior ampiezza, l'assegno alimentare quando - e la controversia in esame versa in tale ipotesi - il coniuge separato incolpevole si trovi in stato di bisogno e nell'impossibilità di svolgere attività lavorativa. Del tutto inconferente appare poi, ai fini dell'ammissibilità, ogni distinzione sulla natura della pensione di invalidità percepita dal debitore pignorato, dato che il giudice remittente lamenta per l'appunto la mancata previsione della parziale pignorabilità per causa di alimenti di tutte le pensioni d'invalidità erogate dall'INPS.

L'eccezione di inammissibilità deve pertanto essere disattesa.

3. - Nel merito la questione va in primo luogo esaminata sotto il profilo del contrasto con l'art. 3 della Costituzione, essendo tale riferimento comune ad ambedue le ordinanze di rimessione.

La questione é fondata.

Invero, la impignorabilità delle pensioni dell'INPS anche per causa di alimenti, sancita in via generale dall'art. 128 del R.D.L. 4 ottobre 1935 n. 1827 é ribadita dall'art. 69 della L. 30 aprile 1969 n. 153, da luogo ad una disparità di trattamento priva di qualsiasi giustificazione rispetto alle pensioni dei dipendenti pubblici, per le quali la pignorabilità é prevista fino alla concorrenza di un terzo per causa di alimenti dovuti per legge, secondo quanto dispone l'art. 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180. Dinanzi all'esigenza di tutelare i crediti alimentari, non vi é ragione di concedere ai titolari di pensioni INPS un trattamento privilegiato nei confronti di coloro che fruiscono di pensioni dello Stato o di altri enti pubblici, e tanto meno di porre in una condizione deteriore i rispettivi creditori di assegni alimentari. Tale assunto é ulteriormente rafforzato dalla constatazione che le leggi relative alle Casse di previdenza di professionisti, cui fa riferimento l'ordinanza di rimessione del Pretore di Roma - e precisamente la L. 8 gennaio 1952 n. 6 per gli avvocati e procuratori, la L. 24 ottobre 1955 n. 990 per i geometri, la L. 3 febbraio 1963 n. 100 per i dottori commercialisti, la L. 9 febbraio 1963 n. 160 per i ragionieri e periti commerciali-, dispongono espressamente che agli assegni corrisposti dalle Casse medesime si applicano, in materia di pignorabilità, le disposizioni vigenti per i dipendenti delle Amministrazioni dello Stato.

Vale la pena ancora di ricordare che, riguardo al regime previdenziale dei notai, per i quali l'art. 12 del R.D.L. 27 maggio 1923 n. 1324 non prevedeva la pignorabilità per crediti alimentari delle pensioni corrisposte dalla Cassa Nazionale, questa Corte, con sentenza n. 155 del 1987, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma anzi detta, per contrasto con l'art. 3 Cost., in raffronto alla diversa disciplina prevista per i pubblici dipendenti dall'art. 2 n. 1 del d.P.R. n. 180 del 1950.

Per quanto riguarda poi il problema della diversa natura dell'assegno di mantenimento - tale e il credito vantato dai pignoranti nei giudizi a quibus - già si é rilevato in sede di esame dell'ammissibilità, alla stregua di una dottrina e giurisprudenza concordi, che tra l'obbligo di mantenimento, una volta accertato lo stato di bisogno del beneficiario, e quello alimentare la differenza e solo quantitativa, in quanto il primo, mirando a soddisfare tutte le necessita della vita, comprende il secondo ed ha quindi contenuto maggiore. Conseguentemente la pignorabilità per causa di alimenti e applicabile alla causa di assegno di mantenimento, nei limiti in cui quest'ultimo abbia anche carattere alimentare, accertamento questo che compete al giudice del merito.

4. - Riconosciuta la fondatezza della questione con riferimento all'art. 3 Cost., potrebbe apparire superfluo prendere in esame il riferimento all'art. 29 Cost., prospettato soltanto dalla ordinanza di rimessione del Pretore di Oristano. Tuttavia, e utile verificare anche la fondatezza di tale profilo d'illegittimità costituzionale, tenuto conto che la questione sollevata dal predetto giudice concerne le pensioni INPS di invalidità.

Secondo l'Avvocatura dello Stato, la pensione di invalidità, non avendo carattere di retribuzione differita, non potrebbe essere assoggettata all'azione esecutiva volta a far valere il soddisfacimento degli obblighi dell'invalido verso la famiglia.

Tale opinione non é condivisibile.

La pensione di invalidità non esaurisce i suoi effetti nei confronti del solo assicurato, ma serve anche al sostentamento della sua famiglia, tanto che essa é soggetta al regime di reversibilità ai superstiti. Essa conserva quindi la generale ed intrinseca natura di trattamento previdenziale, ed é in forza di ciò che si é riconosciuta la ingiustificata disparità di trattamento rispetto alle pensioni dei dipendenti pubblici, indicate del resto nell'art. 2 del d.P.R. n. 180 del 1950 con una formula onnicomprensiva (<le pensioni, le indennità che tengono luogo di pensione e gli altri assegni di quiescenza corrisposti dallo Stato>...). Vale la pena comunque di osservare che questa Corte, già con sentenza n. 209 del 1984, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della L. 9 novembre 1955 n. 1122, che escludeva la pignorabilità per crediti alimentari delle pensioni corrisposte dall'Istituto di previdenza dei giornalisti, affermando che <il diritto agli alimenti trova indubbio riconoscimento costituzionale nell'art. 29 primo comma Cost. D'altronde escludere ogni possibilità di far valere sugli assegni pensionistici in genere il diritto agli alimenti equivarrebbe a sopprimere questo diritto, lasciando-in violazione dell'art. 29 Cost. -il suo titolare privo della possibilità di avere un qualche mezzo di sostenta mento, mentre, per converso, ammetterlo a far valere il diritto sugli assegni del coniuge, del genitore, del figlio ecc., significa soltanto limitare i mezzi di cui dispone quest'ultimo.> La stessa sentenza ha risolto il problema del limite entro il quale gli assegni pensionistici dell'obbligato possono essere assoggettati al pignoramento, dichiarando applicabile la disposizione dell'art. 2, n. 1 del d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, norma che <può essere considerata di carattere generale nella materia>.

Può essere altresì ricordata la sentenza n. 37 del 1985 di questa Corte la dove afferma che <la previsione delle obbligazioni alimentari, limitata agli alimenti ex lege, e diretta alla tutela dei beni essenziali della vita e della dignità del l'uomo>.

5. - Va dichiarata pertanto l'illegittimità costituzionale di entrambe le norme di legge impugnate dai giudici remittenti, in quanto ne l'art. 128 del R.D.L. n. 1827, che disciplina in via generale la impignorabilità degli assegni pensionistici corrisposti dall'INPS con la sola eccezione in favore dei crediti di stabilimenti pubblici ospedalieri o di ricoveri, né l'art. 69 della successiva legge n. 153 del 1969, che ha introdotto un'altra eccezione in favore dell'INPS stesso per crediti relativi a prestazioni indebite o ad omissioni contributive, ammettono la pignorabilità per causa di alimenti.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 128 del R.D.L. 4 ottobre 1935 n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale) e dell'art. 69 della L. 30 aprile 1969 n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), nella parte in cui non consentono, entro i limiti stabiliti dall'art. 2 n. 1 del d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, la pignorabilità per crediti alimentari delle pensioni corrisposte dall'INPS.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/11/88.

 

Francesco SAJA - Mauro FERRI

 

Depositata in cancelleria il 30/11/88.