ORDINANZA N. 147
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 11, commi 1 e 2, della delibera legislativa approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 4 maggio 2005 (disegno di legge n. 151), promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 12 maggio 2005, depositato in cancelleria il successivo 18 maggio ed iscritto al n. 59 del registro ricorsi 2005.
Udito nella camera di consiglio dell’8 marzo 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto che, con ricorso notificato il 12 maggio 2005 e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 18 maggio, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha proposto questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 4 maggio 2005 (disegno di legge n. 151), recante «Disposizioni finanziarie urgenti e per la razionalizzazione dell’attività amministrativa», censurando tanto l’art. 7, in riferimento all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, quanto l’art. 11, commi 1 e 2, in relazione, invece, agli artt. 3, 32 e 97 della Carta fondamentale;
che l’applicazione del suddetto art. 7, deduce il ricorrente, «comporta un incremento degli emolumenti, in aggiunta a quelli in atto percepiti, agli ex dipendenti Italter e Sirap», in servizio presso gli uffici regionali, emolumenti ai medesimi dovuti ai sensi dell’art. 7 della legge della Regione siciliana 10 ottobre 1994, n. 38 (Recepimento della normativa statale sul dissesto finanziario ed altri provvedimenti per gli enti locali della Sicilia) e dell’art. 48 della legge della Regione siciliana 10 febbraio 2001, n. 21 (Norme finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l’anno finanziario 2001);
che il legislatore regionale ha approntato, però, una copertura finanziaria per tali maggiori oneri finanziari facendo riferimento ai fondi statali di cui all’art. 7 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279 (Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali), convertito, con modificazioni, nella legge 11 dicembre 2000, n. 365;
che, tuttavia, tali fondi – «secondo quanto comunicato dai competenti Uffici regionali», interpellati ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 4 giugno 1969, n. 488 (Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana, integrative del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 10 maggio 1947, n. 307, concernente il commissario dello Stato) – «risultano “pressoché esauriti” e pertanto insufficienti a fornire adeguata e puntuale copertura all’onere economico derivante dalla previsione legislativa in esame, in relazione alla percentuale del 4% dei fondi medesimi che in base alla normativa nazionale può essere destinata alle spese per il personale»;
che, pertanto, l’impugnato art. 7 della delibera legislativa in esame viola l’art. 81, quarto comma, della Costituzione;
che il ricorrente, inoltre, censura – per contrasto con gli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione – anche l’art. 11 della medesima delibera legislativa;
che, difatti, esso prevede, al comma 1, la persistente applicazione nel territorio regionale del comma 7 dell’art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), aggiungendo però, nel testo del suddetto articolo, dopo le parole «o grande dimensione» quelle «oppure in possesso dei requisiti di cui al comma 3, dell’articolo 3-bis»;
che per effetto di tale intervento normativo – tale è la doglianza del ricorrente – il suddetto art. 3 del d.lgs. n. 502 del 1992 non richiede più, «quali requisiti imprescindibili per il conferimento dell’incarico di direttore sanitario» delle AUSL, «il possesso della laurea in medicina e l’aver svolto “per almeno 5 anni qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione”», giacché «introduce l’alternatività dei suddetti requisiti con quelli prescritti dall’art. 3-bis del medesimo decreto legislativo per gli aspiranti alla nomina a direttore generale», e cioè «il possesso di un generico diploma di laurea e l’esperienza “almeno quinquennale di attività di direzione tecnica o amministrativa in enti, aziende, strutture pubbliche o private, in posizione dirigenziale con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie, svolte nei dieci anni precedenti la pubblicazione dell’avviso»;
che da ciò deriverebbe, quindi, «l’apertura della titolarità nell’incarico di direttore sanitario verso professionalità che potrebbero essere totalmente estranee al settore della sanità seppure ricche di esperienza in quello manageriale», con conseguente «possibile compromissione dei livelli essenziali di erogazione del servizio sanitario», atteso che «il compito peculiare della direzione sanitaria potrebbe essere affidato nella preminente considerazione degli aspetti tecnico-gestionali dei servizi piuttosto che di quelli medici», donde l’ipotizzato contrasto tra il comma 1 dell’art. 11 e l’art. 32 della Costituzione;
che il comma 2 del medesimo art. 11 sarebbe in contrasto, invece, con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, posto che per la nomina a direttore amministrativo ammette anche gli iscritti nell’elenco regionale redatto ai sensi dell’art. 1 del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 512 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle unità sanitarie locali), convertito, con modificazioni, nella legge 17 ottobre 1994, n. 590;
che, tuttavia, prosegue il ricorrente, «tale norma eccezionale e transitoria si riferiva ai requisiti richiesti, anche in questo caso, per l’accesso alla carica di direttore generale delle AUSL» (e consistenti nel «possesso di un diploma di laurea e di specifici e documentati requisiti coerenti rispetto alle funzioni da svolgere ed attestanti qualificata formazione ed attività professionale di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture pubbliche o private, con esperienza dirigenziale acquisita per almeno cinque anni»), di talché, «in assenza di adeguate motivazioni», non appare comprensibile «il riferimento ad un elenco redatto da quasi dieci anni per professionalità diverse da quella specifica del direttore amministrativo», il quale – secondo quanto previsto dal d.lgs. n. 502 del 1992 – deve essere «un laureato in discipline giuridiche o economiche» e deve aver svolto «per almeno 5 anni una qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione»;
che anche in questo caso, dunque, la scelta di individuare «requisiti alternativi a quelli espressamente prescritti» per la nomina a direttore amministrativo «potrebbe ingenerare refluenze negative sul buon andamento delle strutture sanitarie, stante l’assenza di professionalità ed esperienza specifica nel settore sanitario» negli aspiranti alla carica, donde l’ipotizzato contrasto tra la disposizione in esame e gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Considerato che il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha proposto questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 4 maggio 2005 (disegno di legge n. 151), recante «Disposizioni finanziarie urgenti e per la razionalizzazione dell’attività amministrativa», censurando tanto l’art. 7, in riferimento all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, quanto l’art. 11, commi 1 e 2, in relazione, invece, agli artt. 3, 32 e 97 della Carta fondamentale;
che, successivamente all’impugnazione, la predetta delibera legislativa è stata promulgata e pubblicata come legge della Regione siciliana 5 maggio 2005, n. 5, con omissione di tutte le disposizioni oggetto di censura;
che l’intervenuto esaurimento del potere di promulgazione, che si esercita necessariamente in modo unitario e contestuale rispetto al testo deliberato dall’Assemblea regionale, preclude definitivamente la possibilità che le parti della legge impugnate e poi omesse acquistino o esplichino una qualche efficacia, privando così di oggetto il giudizio di legittimità costituzionale (sentenza n. 351 del 2003);
che pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (ex multis: ordinanze n. 403, n. 293 e n. 169 del 2005), deve dichiararsi cessata la materia del contendere.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 aprile 2006.
F.to:
Annibale MARINI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2006.