Sentenza n. 351/2003

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SENTENZA N.351

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                                           

- Carlo MEZZANOTTE                                             

- Fernanda CONTRI                                      

- Guido NEPPI MODONA                           

- Piero Alberto CAPOTOSTI                                     

- Annibale MARINI                                       

- Franco BILE                                     

- Francesco AMIRANTE                                           

- Romano VACCARELLA                                       

- Paolo MADDALENA                                             

- Alfio FINOCCHIARO                                           

ha pronunciato la seguente                  

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6, commi 1, 3 e 6; 23, 30, comma 6; 31, comma 3; 38, comma 1; 57, comma 34; 58, comma 2; 60, 61, 63, 85, 88, 89, 90, comma 3; 95, comma 1, e 97, della legge della Regione Siciliana, approvata il 20 aprile 2001, recante "Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2001", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 27 aprile 2001, depositato in cancelleria il 7 maggio 2001 ed iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2001.

Udito nella camera di consiglio del 18 giugno 2003 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 27 aprile 2001 il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha proposto questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, commi 1, 3 e 6; 23, 30, comma 6; 31, comma 3; 38, comma 1; 57, comma 34; 58, comma 2; 60, 61, 63, 85, 88, 89, 90, comma 3; 95, comma 1, e 97, del disegno di legge n. 1168 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2001), approvato dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta del 20 aprile 2001, in riferimento agli artt. 3, 9, 41, 51, 81, 97, 120 e 128 della Costituzione ed agli artt. 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana).

Osserva il ricorrente che il provvedimento impugnato, avente le caratteristiche di una legge finanziaria, contiene norme affette da palesi incongruità, tali da porsi in contrasto con numerosi principi costituzionali e statutari.

In particolare, il Commissario impugna:

– i commi 1, 3 e 6 dell’art. 6, i quali istituiscono un tributo ambientale di dieci lire per ogni metro cubo di gas vettoriato attraverso le condotte installate nel territorio della Regione, così, di fatto, creando un tributo che si risolve nell’istituzione di un dazio tra le Regioni. Ciò è in presunto contrasto con l’art. 120 della Costituzione, parametro applicabile anche per le Regioni a statuto speciale;

– l’art. 23, che autorizza l’assessore regionale per i beni culturali ed ambientali, in deroga alle procedure di evidenza pubblica, ad affidare una serie di attività mirate alla protezione dei beni culturali siciliani a società di cui fanno parte lavoratori privati già destinati a lavori socialmente utili. In tale previsione il ricorrente ravvisa una violazione dell’art. 97 della Costituzione perché la natura del bene oggetto di tutela richiederebbe una selezione assai più ampia;

– l’art. 30, comma 6, e l’art. 31, comma 3, limitatamente all’inciso "anche mediante scrittura privata". Dette norme, in contrasto con l’art. 97 della Costituzione e con l’art. 69, terzo comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 (Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato) consentono la cartolarizzazione dei crediti ivi previsti nei confronti della Regione anche in virtù di semplice scrittura privata, mentre dovrebbe ritenersi vincolante la previsione dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata;

– l’art. 38, comma 1, il quale – nell’autorizzare l’assessore regionale per il bilancio e le finanze a corrispondere, all’agente della riscossione, il rimborso delle anticipazioni relative a domande di inesigibilità, oggetto di definizione automatica di cui all’art. 79 della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale) – collega tale corresponsione alla finalità di riordino del servizio di riscossione, con ciò contrastando con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto la norma potrebbe generare confusione circa l’immediata e diretta applicazione della normativa statale anche in Sicilia;

– l’art. 57, comma 34, che, obbligando l’appaltatore ad utilizzare determinate categorie di lavoratori per l’esecuzione di lavori diretti alla manutenzione boschiva, di fatto violerebbe l’art. 41 della Costituzione, perché la libertà di iniziativa economica privata non tollera simili restrizioni nella scelta dei prestatori di lavoro subordinato;

– l’art. 60, il quale configura il diritto allo stesso trattamento economico previsto per il personale dell’ufficio stampa della presidenza della Regione anche in favore dei corrispondenti dipendenti comunali, senza assegnare le relative risorse né verificare le necessarie qualità professionali dei beneficiari. La norma sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 97, 81, quarto comma, e 128 della Costituzione;

– gli artt. 58, comma 2, e 61, i quali prevedono particolari trattamenti economici senza il necessario strumento della contrattazione collettiva, con ciò oltrepassando i limiti di cui all’art. 14 dello statuto speciale regionale;

– l’art. 63, che stabilisce un significativo incremento dei compensi spettanti ai tre dipendenti regionali nominati liquidatori della s.p.a. Sochimisi, poiché tale norma violerebbe gli artt. 81, quarto comma, e 97, della Costituzione, trattandosi di un aumento non supportato da adeguata copertura finanziaria e in ogni caso in contrasto col principio dell’onnicomprensività della retribuzione dei dipendenti pubblici;

– l’art. 85 che, in contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, consente – dietro l’apparenza della norma di interpretazione autentica – di assumere nei ruoli dell’amministrazione regionale i c.d. "catalogatori", benché privi dei requisiti di cui all’art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro), con ciò determinando una situazione di ingiustificato privilegio in danno degli altri disoccupati;

– l’art. 88, ritenuto in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto – nel disporre che i Comuni con popolazione inferiore ai cinquantamila abitanti possono avvalersi, per lo svolgimento delle attività ivi previste, degli uffici di segreteria delle Commissioni provinciali per la tutela ambientale (CPTA) – di fatto imporrebbe ai Comuni suddetti il ricorso a personale non dotato delle specifiche competenze tecniche richieste per i compiti degli sportelli unici per le attività produttive;

– l’art. 89, ritenuto in contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, perché concretamente permette di assumere dipendenti senza l’utilizzazione delle normali procedure concorsuali, per di più dimostrando di non tenere in considerazione la legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 (Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione Siciliana con riferimento di funzioni agli enti locali. Istituzione dello sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento), che prevede il divieto di nuove assunzioni;

– l’art. 90, comma 3, limitatamente alla parola "esecutiva", è ritenuto in contrasto con gli artt. 9 e 97 della Costituzione, atteso che l'immediata esecutività della variante agli strumenti urbanistici concernente l’insediamento di opifici nel verde agricolo priverebbe l’organo regionale delle necessarie potestà di controllo;

– gli artt. 95, comma 1, e 97, perché ritenuti in contrasto con gli artt. 14 e 17 dello Statuto della Regione Siciliana; la prima norma, infatti, estende il peculiare regime di cui all’art. 5 della legge regionale 3 novembre 1994, n. 43 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per il riequilibrio finanziario degli istituti autonomi per le case popolari – IACP), a tutti gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ivi compresi quelli finanziati dallo Stato. Il Commissario reputa che la Regione non possa arrecare un pregiudizio economico ad enti non soggetti alla sua potestà, essendo all’uopo insufficiente che la differenza del prezzo di vendita per gli immobili di proprietà dello Stato sia posta a carico dell’ente gestore.

2.– La Regione Siciliana non si è costituita.

3.– In prossimità della discussione in camera di consiglio l’Avvocatura generale dello Stato ha presentato una memoria nella quale – dopo aver dato atto dell’avvenuta pubblicazione della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2001) con omissione delle norme impugnate dal Commissario dello Stato, di talché queste ultime non possono più produrre alcun effetto – ha sollecitato l’emissione di una pronuncia di cessazione della materia del contendere, in conformità alla precedente giurisprudenza di questa Corte.

Considerato in diritto

1.– Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha sollevato, in via principale, questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, commi 1, 3 e 6; 23, 30, comma 6; 31, comma 3; 38, comma 1; 57, comma 34; 58, comma 2; 60, 61, 63, 85, 88, 89, 90, comma 3, 95, comma 1, e 97 del disegno di legge n. 1168 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2001), approvato dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta del 20 aprile 2001, in riferimento agli artt. 3, 9, 41, 51, 81, 97, 120 e 128 della Costituzione ed agli artt. 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana).

2.– Preliminarmente deve essere confermato che la disciplina delle impugnazioni dei disegni di legge approvati dall’assemblea regionale siciliana resta regolata dall’art. 28 dello statuto speciale per la Regione Siciliana e non invece secondo l’art. 127, nuovo testo, della Costituzione e ciò a dispetto della previsione contenuta nell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della Parte seconda della Costituzione), come affermato da questa Corte con la sentenza n. 314 del 2003.

Infatti il procedimento di impugnazione delle leggi siciliane si caratterizza per la sua singolarità, eccentricità e diversità (presentando natura preventiva e termini assai ristretti ed essendo inoltre promosso dal Commissario dello Stato nella Regione Siciliana residente nel capoluogo regionale), di talché non si presta ad essere graduato in base al criterio adottato dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 (sentenza n. 314 del 2003).

3.– La legge siciliana impugnata e' stata fatta oggetto di promulgazione parziale da parte del Presidente della Regione Siciliana, con omissione di tutte le disposizioni censurate (legge regionale 3 maggio 2001, n. 6, recante "Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2001", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 21 del 7 maggio 2001).

E’ da notare, inoltre, che la legge regionale pubblicata ha pure sanato l’errore di numerazione contenuto nel testo oggetto d'impugnazione da parte del Commissario ricorrente, nel quale mancava l’art. 5. A seguito di tale correzione vi è quindi una sfasatura numerica tra le norme impugnate e quelle pubblicate, ciò che non altera però la sostanza del testo omesso nella promulgazione; inoltre nell’originario art. 57, comma 34, divenuto art. 56 nel testo pubblicato, è stato eliminato il comma 29, sicché l’impugnato comma 34 è divenuto comma 33. Con ciò risulta, dunque, confermata la mancata promulgazione di tutte le disposizioni già oggetto della impugnazione.

L'intervenuto esaurimento del potere promulgativo, che si esercita necessariamente in modo unitario e contestuale rispetto al testo deliberato dall'Assemblea regionale, preclude definitivamente la possibilità che le parti della legge impugnate ed omesse in sede di promulgazione acquistino o esplichino una qualsiasi efficacia, privando di oggetto il giudizio di legittimità costituzionale (v. sentenza n. 352 del 1999).

Deve, pertanto, dichiararsi la cessazione della materia del contendere nel presente giudizio.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 novembre 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente e Redattore

Depositata in Cancelleria il 5 dicembre 2003.