Ordinanza n. 169 del 2005

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ORDINANZA N. 169

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                         Presidente

- Fernanda                     CONTRI                                  Giudice

- Guido                         NEPPI MODONA                       "

- Annibale                     MARINI                                       "

- Franco                         BILE                                             "

- Giovanni Maria           FLICK                                          "

- Francesco                    AMIRANTE                                 "

- Ugo                             DE SIERVO                                 "

- Romano                      VACCARELLA                           "

- Paolo                           MADDALENA                            "

- Alfio                           FINOCCHIARO                          "

- Alfonso                       QUARANTA                               "

- Franco                         GALLO                                        "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11, 16, commi 2 e 3, 29, comma 2, 35, 36, 37 e 38 del disegno di legge nn. 850-265-338-409-480-498-641-642-660-669-775-779, approvato dell’Assemblea regionale siciliana il 5 agosto 2004, recante “Norme per l’elezione del Presidente della Regione siciliana a suffragio universale e diretto. Nuove norme per l’elezione dell’Assemblea regionale siciliana. Disposizioni concernenti l’elezione dei consigli comunali e provinciali”, promosso dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana, con ricorso notificato il 13 agosto 2004, depositato in cancelleria il 20 successivo ed iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2004.

   Visto l’atto di costituzione della Regione siciliana;

   udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2005 il Giudice relatore Francesco Amirante;

   uditi l’avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giovanni Carapezza Figlia per la Regione siciliana.

Ritenuto che il Commissario dello Stato per la Regione siciliana, con ricorso notificato il 13 agosto 2004 e depositato il successivo 20 agosto, ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 23, 51, 81, quarto comma, 97 della Costituzione nonché agli artt. 3, 9 e 12 del r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) – questioni di legittimità costituzionale degli artt. 11, 16, 29, 35, 36, 37 e 38 del disegno di legge nn. 850-265-338-409-480-498-641-642-660-669-775-779 (Norme per l’elezione del Presidente della Regione siciliana a suffragio universale e diretto. Nuove norme per l’elezione dell’Assemblea regionale siciliana. Disposizioni concernenti l’elezione dei consigli comunali e provinciali), approvato dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta n. 226 del 5 agosto 2004 e pervenuto al Commissario stesso il successivo 9 agosto;

che il provvedimento legislativo di cui si tratta contiene una nuova disciplina del sistema elettorale regionale, modificativa e/o sostitutiva di quella contenuta nella legge regionale 20 marzo 1951, n. 29, che si caratterizza, fra l’altro, per l’introduzione di norme dirette a dare attuazione al principio costituzionale di pari opportunità tra i due sessi nonché di significative innovazioni ai procedimenti elettorali per il rinnovo degli organi delle istituzioni locali;

che il ricorso impugna innanzitutto l’art. 11 che, modificando l’art. 8, primo comma, della citata legge regionale n. 29 del 1951, introduce nuove cause di ineleggibilità e incompatibilità alla carica di deputato regionale le quali, ad avviso del ricorrente, non trovano riscontro nell’ordinamento giuridico nazionale, con conseguente violazione degli artt. 3 e 51 Cost.;

che il Commissario ravvisa poi, in riferimento all’art. 38 della delibera legislativa di cui si tratta, la violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., poiché detta norma esclude, «in sede di prima applicazione», dal nuovo, rigoroso sistema di ineleggibilità e incompatibilità i «deputati regionali che, al momento dell’entrata in vigore della presente legge, rivestano pure la carica di sindaco o assessore comunale o provinciale»;

che viene anche impugnato l’art. 29, comma 2, della delibera in argomento, che conferisce all’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali il potere di identificare e determinare, del tutto discrezionalmente, le sanzioni amministrative da irrogare ai rappresentanti legali dei movimenti e partiti politici che non abbiano rispettato l’obbligo dell’alternanza tra uomini e donne nella compilazione delle liste dei candidati per le elezioni per il rinnovo dei consigli comunali e provinciali, in tal modo ponendosi in contrasto con l’art. 23 Cost. e con l’art. 12 dello statuto speciale;

che, in relazione al medesimo principio delle pari opportunità, anche l’art. 16, commi 2 e 3 (recte: art. 16, comma 1, nella parte relativa alla sostituzione dei commi 2 e 3 dell’art. 14 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29), della delibera in questione è, ad avviso del ricorrente, da censurare per violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;

che, infatti, l’introduzione, da parte della disposizione censurata, di un sistema sanzionatorio a carico dei movimenti e partiti politici che non abbiano osservato il suddetto principio dell’alternanza tra uomini e donne nella compilazione delle liste per il rinnovo dell’Assemblea regionale, ancorché persegua un nobile intento, appare del tutto inefficace e totalmente priva di rilevanza giuridica, poiché i rimborsi per le spese elettorali sono definiti ed erogati dal Presidente della Camera dei deputati, sulla base di una procedura e di criteri di riparto puntualmente stabiliti dalla legislazione statale, non suscettibile di modificazioni da parte di organi regionali;

che vengono altresì impugnati gli arrt. 36 e 37 del provvedimento legislativo in oggetto, i quali rispettivamente introducono l’istituto della supplenza dei deputati nominati assessori regionali e dei consiglieri comunali e provinciali nominati assessori comunali o provinciali, venendo in tal modo ad incidere sulla composizione dell’Assemblea regionale che è materia riservata allo statuto, poiché le leggi regionali, nonostante la competenza esclusiva di cui la Regione è titolare in materia, non possono integrare o modificare la relativa disciplina se non in base ad una specifica previsione statutaria, nella specie assente;

che il Commissario dello Stato ravvisa, pertanto, il contrasto dell’art. 36 con gli artt. 3 e 9 dello statuto speciale e con l’art. 81, quarto comma, Cost. e dell’art. 37 con gli artt. 3, 51 e 81, quarto comma, Cost.;

che viene censurato, infine, l’art. 35 della delibera legislativa de qua che, con un contorto e oscuro tenore letterale, introduce una disciplina transitoria per l’assegnazione dei seggi che si pone in netta contraddizione rispetto alla disciplina a regime, muovendo dall’erroneo presupposto secondo cui da quest’ultima sia stabilito il numero massimo di 54 seggi attribuibili alle liste collegate al Presidente della Regione eletto;

che detta norma si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto comporta lo snaturamento della funzione e della ratio della lista regionale, trasformandola da strumento cui si può eventualmente ricorrere al solo fine di consentire al Presidente una stabile maggioranza nell’organo legislativo in un «ulteriore premio ad una maggioranza già esistente e consolidata dai risultati conseguiti nelle liste provinciali»;

che nel giudizio davanti alla Corte è intervenuta la Regione siciliana, in persona del Presidente pro tempore, chiedendo una dichiarazione di inammissibilità o, comunque, di manifesta infondatezza di tutte le prospettate questioni.

Considerato che, successivamente alla proposizione del ricorso, la legge impugnata, approvata a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri dell’Assemblea, è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Regione siciliana, ai sensi dell’art. 1 della legge regionale 23 ottobre 2001, n. 14, con omissione delle parti impugnate dal Commissario dello Stato;

che nel corso dell’udienza pubblica sia l’Avvocatura dello Stato sia la Regione siciliana hanno concordemente richiesto a questa Corte l’emissione di una pronuncia di cessazione della materia del contendere;

che tale richiesta, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte in materia di promulgazione parziale delle leggi siciliane con omissione delle parti impugnate dal Commissario dello Stato, deve essere accolta, poiché l’intervenuta pubblicazione parziale va intesa come prova certa della volontà di rinunciare alla successiva promulgazione delle parti impugnate dal Commissario dello Stato.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2005.

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 29 aprile 2005.