Ordinanza n. 350 del 2005

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ORDINANZA N. 350

 

ANNO 2005

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai Signori:

 

- Piero Alberto              CAPOTOSTI             Presidente

 

- Fernanda                    CONTRI                      Giudice

 

- Guido                         NEPPI MODONA         "

 

- Annibale                     MARINI                         "

 

- Franco                        BILE                               "

 

- Giovanni Maria          FLICK                           "

 

- Francesco                   AMIRANTE                   "

 

- Ugo                            DE SIERVO                   "

 

- Romano                      VACCARELLA             "

 

- Paolo                          MADDALENA              "

 

- Alfio                           FINOCCHIARO            "

 

- Alfonso                      QUARANTA                 "

 

- Franco                        GALLO                          "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 130 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), promossi con ordinanze del 12 maggio 2004 dal Tribunale di Catanzaro, e del 13 aprile 2004 e 5 dicembre 2003 dal Tribunale di Firenze, rispettivamente iscritte ai nn. 899, 930 e 983 del registro ordinanze 2004 e pubblicate della Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 46, 47 e 49, prima serie speciale, dell'anno 2004.

 

    Udito nella camera di consiglio del 22 giugno 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

 

    Ritenuto che il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 12 maggio 2004 (reg. ord. n. 899 del 2004), emessa sulla istanza di liquidazione di onorario di avvocato per il patrocinio a spese dello Stato in un processo civile concluso con sentenza di condanna del convenuto e compensazione delle spese di lite, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 130 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), nella parte in cui prevede che, nel caso di patrocinio a spese dello Stato, gli importi spettanti al difensore, che devono essere liquidati, ai sensi dell'art. 82 dello stesso decreto, in modo da non superare i valori medi della tariffa professionale vigente, siano ulteriormente ridotti della metà, ove si tratti di processi civili ed amministrativi;

 

    che il giudice a quo, sospeso il procedimento di liquidazione, e premesso, quanto alla propria legittimazione a proporre incidente di costituzionalità nella fase attuale, che il provvedimento sulla liquidazione delle spese è pronunciato all'esito di una fase processuale, ed è suscettibile di impugnazione ai sensi degli artt. 84 e 170 del d.P.R. n. 115 del 2002, rileva che, nel caso di specie, in cui il valore della controversia è pari  ad € 900,00, facendo applicazione dei predetti criteri, gli importi finali risulterebbero inferiori ai minimi tariffari, desumendo da ciò la irragionevolezza della disciplina censurata, in quanto il legislatore, nel prevedere l'abbattimento della metà dei compensi, già valutati secondo valori medi, non ha considerato la possibilità che in tal modo vengano violati i minimi tariffari, già giudicati inderogabili, eccettuata la ipotesi di manifesta sproporzione rispetto alla prestazione professionale;

 

    che la norma impugnata, osserva il rimettente, impone al difensore di prestare la propria opera per un compenso inferiore al minimo previsto, ciò che, in circostanze normali, costituirebbe infrazione ai doveri deontologici e fatto suscettibile di sanzione disciplinare; laddove il legislatore si sarebbe potuto limitare a prevedere che il difensore della parte ammessa al patrocino a spese dello Stato debba svolgere la propria opera professionale retribuita secondo la misura minima prevista dalle tariffe professionali;

 

    che la normativa di cui si tratta appare inoltre al giudice a quo censurabile anche sotto altro profilo, in quanto, nel prevedere la diminuzione della metà del compenso del difensore nei processi civili ed in quelli amministrativi, e non anche in quelli penali, introdurrebbe nell'ordinamento una irragionevole disparità di trattamento di situazioni identiche, non potendosi, astrattamente ed indiscriminatamente, ipotizzare una minor valenza della difesa nei processi civili ed amministrativi rispetto a quelli penali;

 

    che il Tribunale di Firenze, nel procedimento di liquidazione degli onorari di un c.t.u. medico-legale nella causa civile avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili di un matrimonio, con ordinanza del 13 aprile 2004 (reg. ord. n. 930 del 2004), ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 130 del citato decreto presidenziale, nella parte in cui prevede che gli importi spettanti all'ausiliario del giudice nominato nel corso del processo civile siano ridotti della metà;

 

    che il rimettente fa presente che, dopo che il giudice istruttore aveva provveduto, con decreto in data 20 gennaio 2003, alla liquidazione della somma di € 580,48 a titolo di onorari al c.t.u., ponendola in via provvisoria a carico delle parti solidalmente, lo stesso aveva revocato il decreto dichiarando, con provvedimento in data 10 novembre 2003, non luogo a provvedere allo stato sulla richiesta di liquidazione di detti onorari, e rinviandone l'esame all'esito del giudizio;

 

    che, quindi, con sentenza emessa nella stessa data della ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, la causa era stata decisa;

 

    che il giudice a quo rileva che il c.t.u. aveva quantificato la propria richiesta di liquidazione senza tener conto del dimezzamento imposto dall'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, e, osservato che comunque sono dovuti gli importi risultanti dall'applicazione dell'art. 21 del d.m. 30 maggio 2002 e dal dimezzamento di cui al citato art. 130, e, pertanto, liquidata la somma di € 290, 77, ritiene rilevante, con riguardo all'ulteriore importo richiesto, oltre che non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale di detta norma nella parte in cui prevede tale riduzione per il solo ausiliario nominato nel corso del processo civile, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, a causa della disparità di trattamento rispetto all'ausiliario che svolga il suo incarico nell'ambito del processo penale;

 

    che la medesima questione è stata sollevata dal Tribunale di Firenze con ordinanza emessa in data 5 dicembre 2003, pervenuta alla Corte solo il 9 novembre 2004 (reg. ord. n. 983 del 2004), nel corso del procedimento di liquidazione degli onorari di avvocato relativi ad una causa di separazione giudiziale fra coniugi.

 

    Considerato che il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 12 maggio 2004, e il Tribunale di Firenze, con due distinte ordinanze 13 aprile 2004 e 5 dicembre 2003, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 130 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), nella parte in cui stabilisce che, nei casi di patrocinio a spese dello Stato, i compensi spettanti ai difensori, ai consulenti ed agli ausiliari del giudice – che, per quanto riguarda, in particolare, i primi, non possono comunque superare, a norma dell'art. 82 dello stesso decreto, i valori medi delle tariffe professionali vigenti – siano ridotti della metà, ove si tratti di procedimenti civili ed amministrativi, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, per la disparità di trattamento rispetto alla disciplina degli stessi compensi nei processi penali, ed inoltre (profilo evidenziato dal solo Tribunale di Catanzaro), per la irragionevolezza della normativa, che, nel prevedere detto abbattimento, consente che siano violati i minimi tariffari; nonché dell'art. 24 della Costituzione (censura sollevata dal solo Tribunale di Catanzaro);

 

    che le ordinanze di rimessione sollevano questioni di legittimità costituzionale della stessa disposizione di legge con motivazioni che sono in parte identiche ed in parte analoghe, sicché i relativi giudizi devono essere riuniti per essere decisi con unico provvedimento;

 

    che la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che la garanzia costituzionale del diritto di difesa non esclude, quanto alle sue modalità, la competenza del legislatore a darvi attuazione sulla base di scelte discrezionali non irragionevoli (v., tra le altre, sentenza n. 394 del 2000; ordinanza n. 299 del 2002);

 

    che, quanto alla legittimità delle differenze nella disciplina dei diversi tipi di processo, questa Corte ha sottolineato, in linea di principio, che la intrinseca diversità dei modelli del processo civile e di quello penale non consente alcuna comparazione (v., tra le altre, ordinanze n. 317 del 2004; n. 500 del 2002; 429 del 1998);

 

    che la diversità di disciplina fra la liquidazione degli onorari e dei compensi nel processo civile e nel processo penale trova fondamento nella diversità delle situazioni comparate (da una parte gli interessi civili, dall'altra le situazioni tutelate che sorgono per effetto dell'esercizio dell'azione penale: v. sentenza n. 165 del 1993);

 

    che la circostanza dedotta secondo cui il sistema di liquidazione degli onorari civili impone al difensore di prestare la propria opera per un compenso inferiore al minimo previsto, che, normalmente, costituirebbe infrazione ai doveri deontologici e fatto suscettibile di sanzione disciplinare, è costituzionalmente irrilevante ove si tenga presente che il sistema di liquidazione è imposto da una norma di legge, che, come tale, può legittimamente derogare anche ai minimi tariffari;

 

    che le questioni, pertanto, vanno dichiarate manifestamente infondate.

 

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

    riuniti i ricorsi,

 

    dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 130 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Catanzaro, e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Firenze, con le ordinanze in epigrafe.

 

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 2005.

 

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

 

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 29 luglio 2005.