ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Fernanda CONTRI Giudice
- Guido NEPPI MODONA "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 7, del decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilità e trasporti), promosso con ricorso della Regione Veneto, notificato il 2-10 luglio 2004, depositato in Cancelleria il 9 luglio 2004 ed iscritto al n. 66 del registro ricorsi 2004.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; nonché l'atto di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia;
udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi l'avvocato Alfredo Biagini per la Regione Veneto, l'avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso ritualmente notificato alla Regione Friuli-Venezia Giulia e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri presso l'Avvocatura generale dello Stato in data 2 luglio 2004 e presso la sede della Presidenza del Consiglio dei ministri in data 10 luglio 2004, la Regione Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 7, del decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilità e trasporti), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 4 maggio 2004, in relazione all'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, nonché agli artt. 3, 5, 76, 114, 117, 118, 123 della Costituzione.
Riferisce la ricorrente che il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) ha conferito alle Regioni ed agli enti locali funzioni e compiti di programmazione e gestione in materia di trasporto pubblico locale e che lo stesso decreto legislativo, chiarendo che rientrano nella nozione di trasporto pubblico di interesse regionale e locale i servizi di trasporto di persone e merci non ricompresi tra quelli tassativamente individuati dall'art. 3, ha conferito alle Regioni e agli enti locali, con le modalità di cui agli articoli 6 e seguenti, tutti i compiti e tutte le funzioni relativi al servizio pubblico di trasporto di interesse regionale e locale, in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrale o periferica, anche tramite enti o altri soggetti pubblici, tranne quelli espressamente mantenuti allo Stato dall'art. 4.
La Regione Veneto ha dato attuazione al decreto legislativo n. 422 del 1997 con la legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25 (Disciplina ed organizzazione del trasporto pubblico locale), che detta una puntuale regolamentazione delle funzioni di cui si tratta. Quanto alle Regioni a statuto speciale (ed, in particolare, alla Regione Friuli-Venezia Giulia), l'art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 422 del 1997 ha stabilito che il conferimento delle funzioni ed il trasferimento dei relativi beni e risorse sarebbero stati disposti nel rispetto degli statuti attraverso apposite norme di attuazione. Dette norme, relativamente alla Regione Friuli-Venezia Giulia, sono state approvate con il decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111.
Quanto al settore ferroviario, le specifiche modalità di ripartizione delle linee interregionali sono state concertate, a partire dal 1998 e, dunque, prima della riforma costituzionale del 2001, nell'ambito di ripetuti incontri ed accordi tra tutti gli enti interessati. All'originaria regolamentazione dettata dal Ministero dei trasporti e da F.S. S.p.a. nel febbraio 1998 era subentrato un diverso accordo (al quale avevano concorso anche la Regione Veneto, la Regione Friuli-Venezia Giulia e le Province autonome di Trento e Bolzano) con il quale, tra l'altro, erano stati attribuiti alla Regione Veneto tutti i servizi interregionali della linea Venezia - Treviso - Udine - Trieste, mentre al Friuli-Venezia Giulia erano stati assegnati tutti i servizi interregionali della linea Venezia - Trieste.
Il richiamato decreto legislativo n. 111 del 2004, nel dettare «norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilità e trasporti» dispone altresì, con la norma contenuta nell'art. 9, comma 7, che «Dei servizi di trasporto ferroviario interregionale tra le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto sono attribuiti alla Regione Friuli-Venezia Giulia quelli individuati sulla base di un'intesa tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le citate Regioni, che tenga conto della prevalenza dei viaggiatori per chilometro sulle origini/destinazioni esclusivamente dell'utenza ferroviaria interregionale, ovvero dell'esistenza di coincidenze nel nodo di Mestre-Venezia con ulteriori treni di lunga percorrenza, per il collegamento della Regione Friuli-Venezia Giulia con il resto del territorio nazionale. Fino alla definizione della citata intesa i servizi interregionali continuano ad essere disciplinati dal contratto di servizio nazionale».
Secondo la Regione Veneto, l'art. 9, comma 7, del decreto legislativo n. 111 del 2004 presenterebbe evidenti profili di illegittimità costituzionale, e, in particolare, violerebbe l'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1; gli artt. 5, 76, 114, 117, 118, 123 della Costituzione; i principî di autonomia, di adeguatezza e di sussidiarietà, nonché di leale collaborazione tra Stato e Regioni e di ragionevolezza.
La potestà attribuita al legislatore delegato dall'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia è circoscritta alla formulazione di «norme di attuazione dello Statuto» stesso e di «quelle relative al trasferimento all'Amministrazione regionale degli uffici statali che nel Friuli-Venezia Giulia adempiono a funzioni attribuite alla Regione». In particolare, il d.lgs. n. 111 del 2004 ha ad oggetto il trasferimento delle funzioni attinenti alla «viabilità [...] di interesse locale e regionale» ai sensi dell'art. 4, comma 1, n. 9, dello statuto, riferendosi perciò a «tutte le funzioni amministrative in materia di pianificazione, di programmazione, di progettazione, di esecuzione, di manutenzione, di gestione, di nuova costruzione o di miglioramento nonché vigilanza delle reti stradali regionale e nazionale, ricadenti sul territorio regionale» (art. 1).
Secondo la Regione Veneto, non risulterebbe che nel descritto ambito di intervento normativo sia inclusa la predeterminazione delle modalità mediante le quali la Regione Friuli-Venezia Giulia e la stessa Regione Veneto dovranno ripartire le linee interregionali. D'altro canto, il decreto legislativo in argomento è stato adottato nel quadro della procedura stabilita dal citato art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia che, ai fini dell'approvazione del decreto legislativo di attuazione, richiede la previa consultazione di una Commissione paritetica composta da sei membri, di cui tre nominati dal Governo e tre dal Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia. Conseguentemente, nessun rappresentante della Regione Veneto è stato coinvolto nei lavori preparatori che hanno condotto alla promulgazione del decreto legislativo, né la stessa Regione Veneto è stata sentita al riguardo.
La norma contenuta nell'art. 9, comma 7, del d.lgs. n. 111 del 2004 sarebbe pertanto viziata per eccesso di delega, in violazione dell'art. 76 della Costituzione, e ciò in quanto l'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia non consentirebbe al legislatore statale delegato di formulare norme che non siano strettamente connesse e circoscritte all'attuazione dello statuto stesso, in conformità ai principî costituzionali che garantiscono e tutelano l'autonomia, anche statutaria, di tutti gli Enti regionali, implicitamente vietando che l'attuazione del singolo statuto possa incidere su questioni di portata ultraregionale.
Il d.lgs. n. 111 del 2004, dunque, avrebbe dovuto fare esclusivo riferimento alla viabilità ferroviaria regionale del Friuli-Venezia Giulia, senza poter in alcun modo disciplinare questioni che coinvolgono anche la confinante Regione Veneto.
L'introduzione di una norma quale quella contestata, la quale delinea speciali prescrizioni condizionanti l'organizzazione dei servizi ferroviari, che interessano il Veneto – di fatto comprimendo la rispettiva autonomia regionale – appare altresì discriminatoria perché lo Stato, inserendosi nei rapporti tra la Regione Veneto e la Regione Friuli-Venezia Giulia, ha accolto le istanze espresse da quest'ultima (appositamente sentita in proposito) senza coinvolgere attivamente la Regione Veneto e soddisfacendo, perciò, esclusivamente gli interessi della prima (attribuendole, di fatto, tutti i servizi interregionali) a detrimento di quelli della seconda, in spregio altresì al principio di ragionevolezza. Ed infatti, da una parte, il criterio di ripartizione viaggiatore/chilometro non rappresenta adeguatamente l'effettivo servizio erogato dal momento che alla maggiore lunghezza della tratta in territorio friulano non corrisponde il reale utilizzo del mezzo in termini di residenza degli utenti; dall'altra, anche il criterio delle coincidenze penalizza la Regione Veneto a tutto vantaggio della Regione Friuli-Venezia Giulia, dal momento che, proprio per garantire la massima efficienza del servizio e per corrispondere alle richieste della stessa Regione Friuli-Venezia Giulia, la Regione Veneto si è positivamente adoperata nel corso degli ultimi anni affinché la programmazione oraria dei servizi regionali e interregionali avvenisse sulla base delle coincidenze nei principali nodi con il servizio passeggeri di lunga percorrenza, sicché tutti i treni regionali, diretti e interregionali si presentano al nodo ferroviario di Mestre-Venezia in coincidenza con i treni di lunga percorrenza.
Viene poi denunciata la contestuale violazione del riparto di funzioni tra Stato e Regioni delineato dal novellato art. 117 della Costituzione, il quale, con riferimento alla materia dei trasporti, ha riservato alla potestà legislativa (concorrente) dello Stato la sola disciplina delle «grandi reti», dovendosi intendere i restanti settori inclusi nella residuale potestà legislativa esclusiva regionale, con la conseguenza che, relativamente alle «grandi reti di trasporto», l'intervento legislativo statale, riferendosi ad un ambito di legislazione concorrente, consiste, a mente del terzo comma dell'art. 117 Cost., nella «determinazione dei principî fondamentali» che orientano e delimitano la legislazione regionale. Per il resto, la materia dei trasporti – eccettuata dunque la disciplina delle grandi reti – è assoggettata alla disciplina legislativa regionale, la quale non trova altro vincolo che quello derivante dal rispetto della Costituzione, dell'ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali, con la conseguente incostituzionalità, sotto il dedotto profilo, della norma contenuta nell'art. 9, comma 7, del d.lgs. n. 111 del 2004, che vincola le Regioni interessate a seguire due criteri per regolamentare le linee ferroviarie interregionali, ovverosia, in alternativa: la prevalenza dei viaggiatori per chilometro sulle origini/destinazioni esclusivamente dell'utenza ferroviaria interregionale, ovvero l'esistenza di coincidenze nel nodo di Mestre-Venezia con ulteriori treni di lunga percorrenza. Apparirebbe infatti evidente che il legislatore statale si sia ingerito nel merito di scelte di dettaglio riservate alla potestà legislativa regionale.
Secondo la ricorrente, inoltre, i contenuti del d.lgs. n. 111 del 2004 sono stati concertati – nel quadro del particolare iter procedimentale disciplinato dall'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia – tra quest'ultima e lo Stato, senza coinvolgere in alcun modo la Regione Veneto, con violazione non solo del riparto di funzioni, ma anche del principio di sussidiarietà, secondo il quale i pubblici poteri devono essere esercitati ad un livello di governo il più prossimo possibile ai cittadini utenti, ammettendosi l'intervento dei livelli superiori di governo nei soli casi di inerzia da parte di quelli inferiori. Ed invero, lo Stato si è determinato nel senso di concordare con uno solo (Regione Friuli-Venezia Giulia) degli Enti interessati dai servizi interregionali in oggetto le concrete modalità per gestire questi ultimi, estraniando la Regione Veneto.
Sarebbe altresì violato il principio di leale collaborazione con le Regioni, che imporrebbe allo Stato, in materie caratterizzate da competenza regionale primaria, di raggiungere un'intesa con la Regione, senza neppure limitarsi alla semplice informazione o consultazione. Al contrario, il legislatore ha posto la Regione Veneto di fronte ad una scelta compiuta, che disciplina nel dettaglio le modalità di ripartizione delle linee interregionali, imponendo, in via alternativa, l'adozione dei criteri della prevalenza dei passeggeri ovvero dell'esistenza di coincidenze privando di significato e di concreta rilevanza l'«intesa tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le citate Regioni» nell'ambito della quale, secondo lo stesso art. 9, comma 7, dovrebbero essere adottate le scelte attinenti alla ripartizione dei servizi interregionali. È infatti evidente che i contenuti essenziali delle scelte da effettuare nell'ambito di tale intesa sono stati già predeterminati dalla stessa norma in commento. In altri termini, il legislatore ha già individuato i servizi di trasporto ferroviario che saranno attribuiti al Veneto, sottraendo le rispettive determinazioni alla concertazione tra gli enti direttamente interessati.
2. – Si è costituita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque infondato nel merito.
Quanto all'inammissibilità, osserva l'Avvocatura generale dello Stato che il d.lgs. 1° aprile 2004, n. 111, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 4 maggio 2004, mentre l'impugnazione proposta dalla Regione Veneto risulta notificata presso l'Avvocatura generale dello Stato in data 2 luglio 2004 e presso la Presidenza del Consiglio dei ministri solo in data 10 luglio 2004.
Altro profilo di inammissibilità deriverebbe dalla circostanza che il provvedimento legislativo impugnato costituisce norma di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, emanata all'esito di un procedimento previsto dall'art. 65 dello statuto, che richiede il previo intervento di una commissione paritetica composta da membri nominati dal Governo e dal Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia. Poiché tale procedimento è stato rispettato, il ricorso della Regione Veneto costituisce un'ingerenza di una Regione “terza” nei rapporti di natura pattizia destinati a regolare la materia. Infatti, le norme di attuazione degli statuti speciali possono integrare le norme statutarie anche aggiungendo ad esse qualcosa che non contenevano (v. sentenza n. 212 del 1984). Inoltre, la norma impugnata, non preclude alla Regione Veneto di determinarsi nell'intesa futura sul trasporto ferroviario interregionale secondo modalità distinte da quelle indicate nella normativa di attuazione dello statuto regionale del Friuli-Venezia Giulia.
Nel merito il ricorso sarebbe infondato. Appare infatti ragionevole che, in sede di attuazione dello statuto, lo Stato e la Regione si determinino nel senso di adottare, in vista di successive intese con regioni terze sul trasporto ferroviario interregionale, criteri minimi condivisi di riparto delle competenze, neppure esclusivi, che garantiscano la partecipazione della regione stessa alla funzione del trasporto ferroviario.
3. – Si è costituita in giudizio la Regione Friuli-Venezia Giulia, eccependo l'inammissibilità del ricorso perché notificato presso l'Avvocatura generale dello Stato anziché presso Palazzo Chigi, come richiesto per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
4. – Con memoria depositata nell'imminenza della udienza, la Regione Veneto deduce l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso per essere lo stesso stato notificato presso l'Avvocatura generale dello Stato, con l'intento che la Corte costituzionale voglia rivedere la precedente, consolidata posizione.
Secondo la Regione Veneto, l'art. 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato) statuisce che quando sia invocata in giudizio un'amministrazione dello Stato, l'atto introduttivo del medesimo deve essere notificato presso l'Avvocatura generale dello Stato.
A detto principio non apporta deroghe la disciplina di cui alla legge n. 87 del 1953 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).
La notificazione presso l'Avvocatura generale dello Stato costituisce regola generale ogni qualvolta l'Amministrazione sia rappresentata dall'Avvocatura (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 1 del 15 gennaio 1960).
La domiciliazione presso l'Avvocatura generale dello Stato risulta inoltre conforme al principio di ragionevolezza e di ordinato contraddittorio tra le parti: sussistendo infatti un mandato ex lege all'Avvocatura nei giudizi di natura costituzionale in cui è parte lo Stato, sembra coerente che i relativi atti vengano recapitati all'Avvocatura stessa.
5. – Con memoria depositata nell'imminenza della udienza, la Regione Friuli-Venezia Giulia ribadisce l'eccezione di inammissibilità del ricorso della Regione Veneto perché notificato oltre il termine di 60 giorni stabilito dall'art. 127 Cost.
Nel merito, la Regione Friuli-Venezia Giulia sostiene l'infondatezza della tesi di carenza di potestà legislativa statale in materia di linee ferroviarie regionali; l'infondatezza della censura di incompetenza delle norme di attuazione; l'infondatezza della censura di violazione del principio di leale collaborazione; l'inammissibilità e l'infondatezza della censura secondo la quale la norma impugnata attribuirebbe di fatto alla Regione Friuli-Venezia Giulia tutti i servizi interregionali, in spregio altresì al principio di ragionevolezza.
Considerato in diritto
1. – La Regione Veneto dubita della legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 7, del decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilità e trasporti), per violazione: a) dell'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, nonché dell'art. 123 Cost. che riconosce a ciascuna Regione il diritto a uno statuto, perché la potestà attribuita al legislatore delegato dall'art. 65 sarebbe circoscritta alla formulazione di norme di attuazione dello statuto di tale Regione, mentre la norma impugnata avrebbe ad oggetto la predeterminazione delle modalità mediante le quali la Regione Friuli-Venezia Giulia e la Regione Veneto dovranno ripartire le linee interregionali; b) dell'art. 76 della Costituzione, e ciò in quanto l'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia non consentirebbe al legislatore statale delegato di formulare norme che non siano strettamente connesse e circoscritte all'attuazione dello statuto stesso e ciò in conformità ai principî costituzionali che garantiscono e tutelano l'autonomia, anche statutaria, di tutte le Regioni, Veneto compresa; c) del principio di ragionevolezza e di non discriminazione (art. 3 Cost.), perché sarebbero dettate speciali prescrizioni condizionanti l'organizzazione dei servizi ferroviari che interessano la Regione Veneto, e perché lo Stato, inserendosi nei rapporti tra la Regione Veneto e la Regione Friuli-Venezia Giulia, avrebbe accolto le istanze espresse da quest'ultima Regione (appositamente sentita in proposito) senza coinvolgere attivamente la Regione Veneto, soddisfacendo, perciò, esclusivamente gli interessi della prima (attribuendole, di fatto, tutti i servizi interregionali) a detrimento di quelli della seconda; d) dell'art. 117 della Costituzione (nonché degli artt. 5 e 114 della Costituzione, in relazione alla lesione dell'autonomia legislativa regionale), in quanto, con riferimento alla materia dei trasporti, è riservata alla potestà legislativa concorrente dello Stato la sola disciplina delle «grandi reti», mentre la norma impugnata, vincolando le regioni interessate a seguire due criteri per regolamentare le linee ferroviarie interregionali – ovverosia, in alternativa, la prevalenza dei viaggiatori per chilometro sulle origini/destinazioni esclusivamente dell'utenza ferroviaria interregionale, ovvero l'esistenza di coincidenze nel nodo di Mestre-Venezia con ulteriori treni di lunga percorrenza – si sarebbe ingerita nel merito di scelte di dettaglio riservate alla potestà legislativa regionale; e) del principio di leale collaborazione con le Regioni, che imporrebbe allo Stato, in materie caratterizzate da competenza regionale primaria, di raggiungere un'intesa con la Regione; f) del principio di sussidiarietà e adeguatezza (art. 118 Cost.), in quanto i contenuti della norma impugnata sarebbero stati concertati – nel quadro del particolare iter procedimentale disciplinato dall'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia – tra quest'ultima e lo Stato, senza coinvolgere in alcun modo la Regione Veneto, quando invece i pubblici poteri devono essere esercitati ad un livello il più prossimo possibile ai cittadini, ammettendosi l'intervento dei livelli superiori di governo nei soli casi di inerzia da parte di quelli inferiori.
2. – Il ricorso è inammissibile.
L'art. 127 della Costituzione stabilisce che «la Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato (…) leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge».
L'art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) precisa che «la questione della legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge dello Stato può essere promossa dalla Regione che ritiene dalla legge o dall'atto invasa la sfera della competenza assegnata alla Regione stessa dalla Costituzione e da leggi costituzionali. La questione di legittimità costituzionale, previa deliberazione della Giunta regionale, anche su proposta del Consiglio delle autonomie locali, è promossa dal Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto impugnati».
Il decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 – il cui art. 9, comma 7, è oggetto di impugnazione – è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 4 maggio 2004.
Il ricorso è stato notificato al Presidente del Consiglio dei ministri presso la sede della stessa Presidenza il 10 luglio 2004, e cioè oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto legislativo impugnato nella citata Gazzetta Ufficiale, e presso l'Avvocatura generale dello Stato il 2 luglio 2004, entro detto termine.
2. 1. – Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «ai giudizi costituzionali non si applicano le norme sulla rappresentanza dello Stato in giudizio previste dall'art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260 e dalla legge 3 aprile 1979, n. 103», con la conseguenza che per la rituale proposizione del giudizio l'atto deve essere notificato presso la sede del Presidente del Consiglio dei ministri.
La richiamata giurisprudenza va confermata, non sussistendo ragioni per discostarsene, dato che la parte ricorrente non ha prospettato argomenti nuovi, anche per quanto concerne la statuizione che l'irritualità della notificazione non può essere sanata dalla costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri, per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, quando tale costituzione sia avvenuta, come nel caso di specie, proprio per eccepire la predetta inammissibilità.
Nella fattispecie in esame, quindi, non può ritenersi validamente instaurato il giudizio in forza della notificazione del ricorso al Presidente del Consiglio dei ministri, avvenuta nei termini presso l'Avvocatura generale dello Stato, ma tardivamente – per quanto precisato – presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (v. ordinanza n. 42 del 2004; sentenza n. 333 del 2000).
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso indicato in epigrafe proposto dalla Regione Veneto avverso l'art. 9, comma 7, del decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilità e trasporti), in riferimento all'art. 65 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia nonché agli artt. 3, 5, 76, 114, 117, 118, 123 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 15 luglio 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 29 luglio 2005.