ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALEcomposta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141, recante "Trasformazione dell'Ente autonomo acquedotto pugliese in società per azioni a norma dell'art. 11, comma 1, lettera b), della legge 15 marzo 1997, n. 59", promosso con ricorso della Regione Puglia, notificato il 21 giugno 1999 presso l'Avvocatura generale dello Stato ed il 28 dello stesso mese presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, depositato il 24 e 30 giugno, ed iscritto al n. 20 del registro ricorsi 1999.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 9 maggio 2000 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;
uditi gli avvocati Vincenzo Caputi Jambrenghi per la Regione Puglia e l'avvocato dello Stato Gian Paolo Polizzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. — Con ricorso notificato il 21 giugno 1999 presso l’Avvocatura generale dello Stato e il 28 dello stesso mese presso il Presidente del Consiglio dei ministri, la Regione Puglia ha promosso questione di costituzionalità, in riferimento agli articoli 5, 97 e 117 della Costituzione, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141 (Trasformazione dell’Ente autonomo acquedotto pugliese in società per azioni, a norma dell’art. 11, comma 1, lettera b) della legge 15 marzo 1997, n. 59). La ricorrente si duole del fatto che l’atto impugnato, attribuendo tutte le azioni della costituenda società al Ministero del tesoro, viola le proprie competenze costituzionali, poiché, per effetto di detta attribuzione, «il Presidente del Consiglio e i suoi Ministri eserciteranno tutte le funzioni di gestione e amministrazione della società per l’acquedotto pugliese nella totale assenza dell’Ente cui la Costituzione riserva la materia degli acquedotti».
2. — La Regione Puglia espone che il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 ha trasferito alle Regioni tutte le funzioni relative alla progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura, e che la legge 5 gennaio 1994, n. 36 ha affidato alle medesime Regioni «il compito di individuare le forme e modi di cooperazione affinché comuni e province provvedano alla gestione del servizio idrico integrato tramite convenzione». Da tali competenze deriva, secondo la ricorrente, che nella trasformazione in società per azioni di tutti gli enti acquedottistici dislocati sul territorio nazionale, trasformazione prevista dall’art. 1, comma 83, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, «non può essere in alcun modo trascurato il ruolo esercitato dalle Regioni, nella veste di titolari del potere legislativo in materia di acquedotti, gestori ex lege di tutte le opere idrauliche e promotori del servizio idrico integrato». Inoltre, prosegue la Regione Puglia, poiché l’art. 10 della legge n. 36 del 1994 prevede per gli enti gestori di acquedotti disciolti il transito obbligatorio nel soggetto gestore del servizio idrico, l’Ente per l’acquedotto pugliese «resterà ancora soggetto alla disciplina della legge n. 36 del 1994 a condizione che sia dichiarato incostituzionale il decreto legislativo impugnato».
Le competenze regionali in materia non sarebbero neppure escluse, secondo la ricorrente, dalla circostanza che l’ente acquedottistico in questione sia annoverato fra gli enti pubblici non economici c.d. parastatali ai sensi della legge 20 marzo 1975, n. 70, poiché proprio l’art. 35 della legge lascerebbe fermi «i poteri di costituzione, soppressione e fusione degli enti pubblici operanti nelle materie attribuite alla competenza delle Regioni secondo l’art. 117 della Costituzione».
La ricorrente deduce il carattere illegittimo del decreto legislativo impugnato anche laddove questo prevede che le Regioni Puglia e Basilicata siano sentite in merito all’approvazione del piano per la ristrutturazione ed il risanamento della Società «Acquedotto pugliese», che l’organo di amministrazione di detta società deve presentare al Ministro del tesoro nel corso del primo esercizio del suo mandato. A suo avviso si tratta di un procedimento di interpello «del tutto elusivo del dettato costituzionale», in quanto consentirebbe «di conoscere soltanto le linee del piano di ristrutturazione», restando «estraneo e persino ignoto qualsiasi altro aspetto concernente la gestione concreta di un acquedotto che ha sede e svolge la sua attività all’interno della Regione Puglia».
3. — Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
La difesa erariale deduce che l’intendimento perseguito dalla legge n. 549 del 1995 di trasformare radicalmente la natura degli enti acquedottistici, secondo obbiettivi di risparmio ed efficienza, non integra alcuna violazione delle competenze regionali, in quanto l’art. 117 attribuisce alle regioni potestà legislativa nell’ambito dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Sarebbe infondata, a suo avviso, la doglianza della Regione Puglia «di essere stata esautorata dal processo di trasformazione dell’Ente», in quanto questo «già dal 1997 era stato commissariato e ripetutamente finanziato dall’Amministrazione statale, sicché non può risultare anomalo che il Tesoro sia l’unico azionista della Società».
4. — In prossimità della pubblica udienza, la Regione Puglia ha depositato una memoria difensiva nella quale ha dedotto in particolare l’inidoneità del parere richiesto alla Regione Puglia in merito alla ristrutturazione della Società Acquedotto pugliese a rispettare le competenze regionali in materia. La stessa Regione sottolinea altresì che neanche vale ad incidere su dette competenze la circostanza che l’Ente autonomo per l’acquedotto pugliese abbia usufruito di finanziamenti da parte dello Stato, e ribadisce il carattere a suo dire illogico della «sottrazione alla competenza regionale di ogni ingerenza nell’erogazione di un servizio quale quello della distribuzione dell’acqua potabile che tutte le altre norme di legge vigenti affidano all’ente Regione nel quadro di competenze più vaste e non modificate dal decreto legislativo impugnato».
5. — In una memoria presentata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito la natura sovraregionale dell’ente acquedottistico in questione, ciò che escluderebbe la competenza della Regione Puglia, in quanto l’art. 117 attribuisce potestà legislativa alle Regioni in materia di «viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale». Inoltre ha sottolineato la distinzione concettuale e normativa esistente fra il profilo relativo alle modalità di gestione dell’ente ed il diverso profilo della gestione del servizio idrico, da effettuarsi ai sensi della legge n. 36 del 1994. Per quanto attiene ai modi di gestione dell’ente, la Regione, ad avviso della difesa erariale, non potrebbe vantare alcuna posizione giuridicamente protetta, poiché è soltanto nella successiva fase della gestione del servizio, che «assumeranno rilievo gli interessi regionali e locali».
La difesa dello Stato, infine, ha ribadito che, data la natura statale dell’ente interessato, «nessun vincolo costituzionale imponeva al legislatore di mantenere operante il collegamento con le comunità locali».
Considerato in diritto
1. — Il giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Regione Puglia ha ad oggetto l'intero decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141, con il quale è stata disciplinata, in attuazione dell'art. 11, comma 1, lettera b) della legge 15 marzo 1997, n. 59, la trasformazione dell'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese in società per azioni. Secondo la ricorrente il suddetto decreto, omettendo di prevedere forme di partecipazione della stessa Regione Puglia sia alla proprietà sia alla amministrazione e gestione della costituenda Società per azioni "Acquedotto pugliese", violerebbe le attribuzioni costituzionali in materia di acquedotti stabilite dall'art. 117 della Costituzione a garanzia dell'autonomia regionale, nonché violerebbe anche gli artt. 5 e 97 della Costituzione. Tali violazioni peraltro non sarebbero comunque evitate dal procedimento previsto dall'art. 1, comma 5, dello stesso decreto impugnato, secondo cui le Regioni Puglia e Basilicata debbono essere sentite in merito al piano di ristrutturazione della società "Acquedotto pugliese".
2. — Il ricorso è inammissibile.
La Regione Puglia ha promosso il presente giudizio di legittimità costituzionale mediante uno stesso ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri, una prima volta, il 21 giugno 1999 presso la sede dell'Avvocatura generale dello Stato, ed una seconda volta il 28 dello stesso mese presso la sede della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte "ai giudizi costituzionali non si applicano le norme sulla rappresentanza dello Stato in giudizio previste dall'art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260 e dalla legge 3 aprile 1979, n. 103", con la conseguenza che per la rituale proposizione del giudizio l'atto deve essere notificato presso la sede del Presidente del Consiglio dei ministri (sentenze n. 135 del 1997, n. 295 del 1993, n. 355 del 1992). Si tratta dunque di una modalità particolare di un regime processuale che tiene conto anche della speciale posizione di "rappresentanza dell'unità dell'ordinamento statale" che il Presidente del Consiglio assume quando si costituisce nei giudizi di costituzionalità in via principale (sentenze n. 194 del 1997, n. 172 del 1994).
Nella fattispecie in esame, quindi, non può ritenersi validamente instaurato il giudizio in forza della notificazione del ricorso avvenuta, nei termini, presso l'Avvocatura generale dello Stato, mentre il ricorso risulta notificato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri tardivamente, quando il termine previsto per l'impugnazione era già decorso, essendo stato pubblicato il decreto legislativo impugnato nella Gazzetta Ufficiale del 21 maggio 1999.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso indicato in epigrafe proposto dalla Regione Puglia avverso il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141 (Trasformazione dell'ente autonomo acquedotto pugliese in società per azioni, a norma dell'art. 11, comma 1, lettera b) della legge 15 marzo 1997, n. 59), in riferimento agli artt. 5, 97 e 117 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in cancelleria il 24 luglio 2000.