Ordinanza n. 123 del 2004

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ORDINANZA N.123

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

- Valerio ONIDA

- Carlo   MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

- Ugo DE SIERVO

- Romano VACCARELLA

- Alfio   FINOCCHIARO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza del 22 ottobre 2002 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania nel procedimento penale a carico di A.T. e altro, iscritta al n. 40 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2003.

    Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nella camera di consiglio del 21 gennaio 2004 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

    Ritenuto che con ordinanza del 22 ottobre 2002 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale «nella parte in cui non prevede, in mancanza di una richiesta di rito abbreviato, un obbligo di astensione del giudice per l'udienza preliminare che abbia rigettato la richiesta di applicazione della pena»;

    che il rimettente, chiamato in sede di udienza preliminare a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero nei confronti di due imputati, reputa rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., ritenendo inficiata la propria imparzialità per avere egli preliminarmente esaminato e respinto, nel corso della medesima udienza preliminare, la richiesta di applicazione di pena concordata formulata dai due imputati con il consenso del pubblico ministero;

    che, precisa il giudice a quo, dal punto di vista del pregiudizio arrecato al principio di imparzialità-terzietà del giudice, l'attività compiuta nell'esaminare la richiesta di patteggiamento comporterebbe un previo esame del merito dell'accusa da parte del giudice, essendo questi «tenuto, […] preliminarmente, a valutare se sussistano i presupposti per una sentenza ex art. 129 cod. proc. pen.»;

    che, a conforto della propria argomentazione, il rimettente rammenta come la Corte costituzionale, con sentenza n. 439 del 1993, abbia dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a svolgere la funzione di trattazione del giudizio abbreviato del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione della pena, a norma dell'art. 444 cod. proc. pen.;

    che, conclude il rimettente, la questione non potrebbe ritenersi palesemente infondata, competendogli «in mancanza di una richiesta di rito abbreviato, di decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio e, dunque, di determinare se sussistano i presupposti per disporre il rinvio a giudizio degli imputati ovvero se vada pronunciata sentenza ex art. 425 c.p.p.»;

    che nel giudizio così promosso è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

    Considerato che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania dubita, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede, «in mancanza di una richiesta di rito abbreviato», un obbligo di astensione del giudice per l'udienza preliminare che abbia in precedenza rigettato la richiesta di applicazione della pena nel corso della medesima udienza preliminare;

    che, pur formulata nel senso di un intervento additivo da parte di questa Corte sul piano delle ipotesi di astensione obbligatoria del giudice (art. 36, comma 1, lettera g, cod. proc. pen.), la questione è posta dal rimettente quale impugnazione dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., ed è diretta all'affermazione di una causa di incompatibilità alla funzione di trattazione dell'udienza preliminare del giudice che, dopo avere rigettato la richiesta di applicazione della pena su richiesta delle parti (ed in mancanza di una richiesta di rito abbreviato), sia chiamato a svolgere detta funzione nei confronti dei medesimi imputati e per gli stessi fatti;

    che, anche indipendentemente dalla impropria sovrapposizione dei due istituti dell'astensione e dell'incompatibilità del giudice – entrambi preordinati alla garanzia dell'imparzialità del giudice, ma operanti su piani diversi: la prima in concreto, caso per caso, la seconda in astratto e in via preventiva (per tutte, da ultimo, ordinanza n. 490 del 2002) –, ai fini della soluzione della presente questione di costituzionalità è decisivo il rilievo secondo cui per la ricorrenza di un'ipotesi di incompatibilità del giudice occorre che le precedenti valutazioni, anche di merito, siano state compiute in fasi diverse del procedimento e non nel corso della medesima fase (cfr. ex multis ordinanze n. 370 del 2000 e n. 232 del 1999; sentenza n. 131 del 1996), e che ciò, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, rende ininfluente il richiamo alla sentenza n. 439 del 1993 da parte del rimettente (cfr. ancora l'ordinanza n. 232 del 1999);

    che dunque la questione sollevata deve essere dichiara manifestamente infondata.

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

    per questi motivi

    LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, e 111 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania con l'ordinanza in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 aprile 2004.

    Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente e Redattore

    Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2004.