ORDINANZA N. 283
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Francesco AMIRANTE "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato, sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 26 settembre 2000, relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’onorevole Tiziana Maiolo nei confronti del dott. Mario Alberghi, promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, con ricorso depositato il 14 dicembre 2002 ed iscritto al n. 231 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 18 giugno 2003 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che con provvedimento del 16 ottobre 2000 (pervenuto a questa Corte il 14 dicembre 2002) il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera assunta dall’Assemblea in data 26 settembre 2000, in conformità a quella della Giunta per le autorizzazioni a procedere, con la quale si è stabilito che i fatti per i quali è in corso procedimento penale per il reato di calunnia a carico del deputato Tiziana Maiolo concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68 della Costituzione;
che il ricorrente premette in punto di fatto che l’onorevole Maiolo aveva presentato in data 5 novembre 1998 un esposto alla Procura della Repubblica di Perugia, chiedendo di verificare se nelle dichiarazioni rese al quotidiano “Il Corriere della sera” dal dott. Mario Almerighi, all’epoca Presidente dell’associazione nazionale magistrati, in merito al conferimento dell’incarico di Presidente del Consiglio dei ministri all’onorevole Massimo D’Alema fossero ravvisabili gli estremi del delitto di cui all’art. 414 codice penale;
che il ricorrente aggiunge che, in seguito al suddetto esposto, il dott. Almerighi smentiva le dichiarazioni di cui sopra, provvedendo a denunciare per calunnia l’onorevole Maiolo;
che, instauratosi procedimento penale nei confronti di quest’ultima, la Camera dei deputati assumeva la deliberazione di insindacabilità oggetto del presente conflitto;
che il Giudice di Perugia rileva che, a fronte della delibera di insindacabilità opposta dalla Camera di appartenenza, non esiste altro strumento che il conflitto di attribuzione davanti a questa Corte, trattandosi di un atto che va a ledere la sfera di attribuzioni che la Costituzione riserva al potere giudiziario;
che il ricorrente, dopo aver richiamato la giurisprudenza costituzionale in materia (e, in particolare, le sentenze nn. 10, 11, 56 e 58 del 2000, oltre alle sentenze n. 329 del 1999, n. 289 del 1998, n. 375 del 1997 e n. 129 del 1996), osserva che la prerogativa di cui all’art. 68 Cost. presuppone che venga individuato un nesso funzionale tra le opinioni espresse e l’esercizio delle attività parlamentari, e che tale nesso richiede una sostanziale identità di contenuti fra le dichiarazioni rese all’esterno e quelle contenute negli atti parlamentari;
che nel caso specifico, invece, l’esposto inoltrato dall’onorevole Maiolo alla Procura della Repubblica era finalizzato esclusivamente a far promuovere l’azione penale nei confronti del dott. Almerighi, senza che vi fosse alcun collegamento con l’attività parlamentare della denunciante;
che il Giudice ricorrente osserva, inoltre, che l’esame degli atti non consente di ricomprendere, in alcun modo, il contenuto dell’esposto nei confronti del dott. Almerighi nell’ambito dell’attività parlamentare, portando esso piuttosto a considerarlo una manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) riconducibile ad un contesto genericamente politico;
che, d’altra parte, la denuncia all’Autorità giudiziaria non rientra tra le attività tipiche collegate con nesso funzionale all’attività parlamentare, perché altrimenti si verrebbe a creare una palese disparità di trattamento tra semplice cittadino e parlamentare anche in ordine ad un atto che ha il solo scopo di stimolare il promovimento dell’azione penale;
che, sulla base delle suesposte considerazioni, il Giudice di Perugia conclude affermando che la delibera di insindacabilità di cui si tratta è palesemente erronea e lesiva della sfera di attribuzioni dell’Autorità giudiziaria, il che impone di sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera medesima.
Considerato che si deve, in questa fase, deliberare esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se sussistano i requisiti soggettivo ed oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, impregiudicata ogni definitiva decisione anche in ordine all'ammissibilità (art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87);
che, quanto al requisito soggettivo, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale si Perugia è legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente, per il procedimento del quale è investito, la volontà del potere cui appartiene, in ragione dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali svolte in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita;
che, parimenti, la Camera dei deputati, che ha deliberato la dichiarazione di insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro, è legittimata ad essere parte del conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta;
che, per quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto, il GIP del Tribunale di Perugia denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, in conseguenza della deliberazione della Camera dei deputati, denunciata come illegittima, che qualifica le opinioni espresse da un proprio membro come rientranti nell'esercizio delle funzioni parlamentari, sicché per esse opererebbe la garanzia di insindacabilità stabilita dall’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, nei confronti della Camera dei deputati con l'atto introduttivo indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia comunicazione della presente ordinanza al GIP del Tribunale di Perugia, ricorrente;
b) che l'atto introduttivo e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione, per essere successivamente depositati, con la prova delle eseguite notificazioni, nella cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni dalle notificazioni stesse (art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2003.