Ordinanza n. 179 del 2003

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ORDINANZA N.179

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Riccardo                          CHIEPPA                              Presidente

-      Gustavo                           ZAGREBELSKY                    Giudice

-      Valerio                             ONIDA                                         "

-      Carlo                                MEZZANOTTE                           "

-      Fernanda                         CONTRI                                       "

-      Guido                              NEPPI MODONA                       "

-      Piero Alberto                   CAPOTOSTI                                "

-      Franco                             BILE                                             "

-      Giovanni Maria               FLICK                                          "

-      Francesco                        AMIRANTE                                 "

-      Ugo                                 DE SIERVO                                 "

-      Romano                           VACCARELLA                           "

-      Alfio                                FINOCCHIARO                          "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza del 12 marzo 2002 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, sul ricorso proposto dall’ INPDAP contro Lanza Giuseppe Camillo, iscritta al n. 355 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visti gli atti di intervento di Brazzaventre  Silvestro, di Fazio Giuseppe e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 marzo 2003 il Giudice relatore Francesco Amirante.

Ritenuto che nel corso del giudizio in materia pensionistica promosso da Giuseppe Camillo Lanza – avverso il provvedimento col quale la Direzione provinciale del Tesoro di Palermo aveva disposto nei suoi confronti la revoca dell’indennità integrativa speciale e della tredicesima mensilità, erogate sul secondo trattamento pensionistico con conseguente recupero delle somme indebitamente percepite a tale titolo – la Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell’articolo 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato);

che il giudice a quo ha premesso che il ricorrente è titolare di una pensione dal 4 febbraio 1967 e di un’altra pensione dal 1° settembre 1994, entrambe corrisposte dalla Direzione provinciale del Tesoro di Palermo, e che, a seguito di accertamenti, è stato disposto il recupero nei suoi confronti della somma di lire 38.711.095, indebitamente percepita a titolo di doppia indennità integrativa speciale e di tredicesima per il periodo dal 1° marzo 1995 al 28 febbraio 1998;

che, impugnato dal Lanza il provvedimento amministrativo di ripetizione, il giudice unico di primo grado ha riconosciuto al ricorrente il diritto all’adeguamento al trattamento minimo INPS della seconda pensione ed al trattenimento delle somme indebite, in quanto percepite in buona fede;

che, chiamato a decidere sull’appello proposto dall’INPDAP avverso la sentenza di primo grado, il giudice a quo osserva che è necessario affrontare il problema del cumulo delle indennità integrative speciali nel caso di titolarità di più trattamenti pensionistici, regolato dalla norma impugnata e già oggetto di una declaratoria di illegittimità costituzionale con la sentenza n. 494 del 1993 nella quale questa Corte, nel fare salvo il diritto del pensionato all’adeguamento al trattamento minimo INPS della seconda pensione, ha peraltro mantenuto fermo il divieto di cumulo generalizzato delle indennità integrative speciali;

che anche nella successiva sentenza n. 516 del 2000, del resto, questa Corte ha chiarito che l’illegittimità costituzionale non deriva dal divieto di cumulo in sé, bensì dalla mancata fissazione di un limite di trattamento complessivo al di sotto del quale il divieto di percezione di una doppia indennità non deve operare;

che nel dispositivo di quest’ultima sentenza la Corte remittente ravvisa una diversità rispetto alla precedente sentenza n. 376 del 1994, dettata in materia sostanzialmente identica; mentre nella più lontana, infatti, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di una legge regionale siciliana nella parte in cui non prevedeva, in caso di duplicazione dell’indennità in questione su più pensioni o assegni vitalizi, la salvezza dell’importo del trattamento minimo previsto dall’INPS, la più recente sentenza n. 516 del 2000 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di un’altra legge regionale siciliana (di contenuto pressoché identico) «nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni ed assegni vitalizi, il divieto di cumulo della indennità di contingenza ed indennità similari»;

che in base a quest’ultima sentenza, dunque, al giudice a quo pare che la decurtazione dell’indennità integrativa speciale in presenza di più trattamenti pensionistici goduti da dipendenti pubblici sia da ritenere illegittima «anche quando sia salvaguardata l’integrazione al minimo INPS»;

che il remittente, pertanto, chiede che la norma impugnata venga dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni, il divieto di cumulo delle indennità integrative speciali;

che in ordine alla rilevanza, la Corte remittente osserva che l’appello può essere accolto solo se permanga nell’ordinamento la disposizione oggetto della presente questione;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata;

che davanti a questa Corte hanno spiegato intervento, pur non essendo parti nel giudizio a quo, Silvestro Brazzaventre e Giuseppe Fazio – rilevando entrambi di avere in corso un giudizio pensionistico analogo a quello del Lanza, pendente davanti alla medesima sezione giurisdizionale siciliana della Corte dei conti, sospeso in attesa della pronuncia di questa Corte nell’odierna questione – i quali hanno concluso per l’inammissibilità della questione.

Considerato che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell’articolo 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nel testo risultante dalla declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 494 del 1993, «nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni, il divieto di cumulo delle indennità integrative speciali»;

che preliminarmente deve essere dichiarato inammissibile l’intervento delle parti private Silvestro Brazzaventre e Giuseppe Fazio, siccome entrambe estranee al giudizio a quo, a nulla rilevando il fatto che le stesse abbiano in corso giudizi analoghi a quello del Lanza, sospesi in attesa della pronuncia di questa Corte, poiché «la contraria soluzione si risolverebbe nella sostanziale soppressione del carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale» (sentenza n. 470 del 2002 e ordinanza n. 26 del 2003);

che la questione è stata sollevata nel corso del giudizio di appello, promosso soltanto dall’INPDAP, dopo che il giudice di primo grado, pronunciando sulla domanda del Lanza, titolare di più pensioni, diretta ad accertare la legittimità della percezione da parte sua dell’indennità integrativa speciale relativamente ad entrambe le prestazioni previdenziali e quindi il suo diritto a trattenere le somme a tali titoli erogategli nel periodo 1° marzo 1995 – 28 febbraio 1998, aveva dichiarato il diritto del pensionato ricorrente all’adeguamento al minimo INPS, dal 1° marzo 1995, del trattamento di pensione acquisito per ultimo, oltre al diritto a trattenere la somma di lire 38.711.095 in quanto riscossa in buona fede;

che tale decisione si fonda sull’accertamento della legittimità del divieto di cumulo delle indennità integrative speciali, accertamento che, non avendo il pensionato prodotto impugnazione, è divenuto definitivo e non costituisce quindi oggetto del giudizio di appello a quo;

che l’affermazione del remittente sulla rilevanza della questione non è sorretta, quindi, da una plausibile motivazione in fatto, ma è smentita dalle circostanze processuali, come sono state esposte nella stessa ordinanza di remissione;

che, pertanto, la presente questione di legittimità costituzionale deve ritenersi manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta , il 19 maggio 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2003.