Sentenza n. 172 del 2002

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SENTENZA N.172

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI                    

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati dell’11 novembre 1999 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’onorevole Vittorio Sgarbi nei confronti del Dott. Roberto Pennisi, promosso con ricorso del Tribunale di Roma, notificato il 9 agosto 2001, depositato in cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 30 del registro conflitti 2001.

Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati, nonchè l’atto di intervento di Pennisi Roberto;

udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un procedimento penale a carico del deputato Vittorio Sgarbi per il reato di diffamazione aggravata, il Tribunale di Roma, con ricorso del 10 ottobre 2000, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla deliberazione adottata in data 11 novembre 1999, con la quale é stato dichiarato che i fatti per i quali é in corso detto procedimento riguardano opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, come tali insindacabili a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.

Il collegio ricorrente ha premesso che il deputato Vittorio Sgarbi era stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui agli artt. 595, primo e terzo comma, cod. pen. e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), "perchè, fuori dai casi di ingiuria, comunicando con più persone, offendeva la reputazione di Pennisi Roberto - sostituto procuratore della Repubblica presso la D.D.A. di Reggio Calabria, nonchè magistrato inquirente nell'indagine relativa all'omicidio Ligato - mediante le seguenti espressioni: "Pennisi, un nuovo Torquemada, un torturatore" autore di una "vera persecuzione politica (...) non si sottolinea da parte di nessuno il comportamento disumano e persecutorio di Pennisi"; espressioni diffuse tramite un comunicato stampa ANSA e pubblicate sul quotidiano Il giornale di Calabria in data 31 maggio 1994".

La Camera dei deputati aveva approvato la predetta delibera dell'11 novembre 1999, in conformità alla proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, la quale aveva osservato che "le frasi pronunziate dal collega Sgarbi erano in stretta ed immediata connessione con l'esito di un procedimento penale che, all'epoca del suo inizio, aveva gravemente leso la reputazione degli indagati, alcuni ex membri del Parlamento, sottoposti ad una lunga custodia cautelare ed esposti con grande enfasi alla pubblica berlina. Si trattava, dunque, di una critica tutta politica sulla conduzione, da parte dell'accusa, di un procedimento penale nel quale le tesi della medesima si erano rivelate del tutto infondate, non senza aver arrecato, tuttavia, un grave vulnus non solo alla reputazione degli interessati, ma anche al rapporto tra opinione pubblica e classe politica. Ciò sia pure in assenza di un collegamento specifico con atti o documenti parlamentari, che comunque deve ritenersi implicito, attesa l'ampiezza e la diffusione che ebbe a suo tempo la discussione tanto sugli organi di stampa quanto, in generale, nel dibattito politico. Inoltre, le frasi vanno inquadrate nel contesto della costante ed intensa battaglia politica che il collega Sgarbi svolge, in Parlamento e al di fuori di esso, contro l'uso distorto degli strumenti giudiziari".

Il Tribunale di Roma, con una prima ordinanza del 14 dicembre 1999, aveva sollevato conflitto di attribuzione, sostenendo che la deliberazione della Camera dei deputati sarebbe stata lesiva delle attribuzioni dell'organo giurisdizionale investito del giudizio sulla responsabilità penale del deputato Sgarbi, perchè adottata in palese carenza di specifici profili di collegamento tra l'espletamento della funzione parlamentare e le opinioni espresse da Vittorio Sgarbi mediante la divulgazione delle frasi a lui imputate. In particolare il Tribunale aveva osservato che il richiamo, operato nella riportata motivazione della proposta di insindacabilità adottata dalla Giunta, al generico inquadramento delle espressioni di cui si tratta nel contesto della battaglia politica, portata avanti dallo Sgarbi, in Parlamento ed al di fuori di esso, contro l'uso improprio degli strumenti giurisdizionali, non poteva comunque considerarsi sufficiente a ricondurre tali dichiarazioni nell'alveo dell'esercizio delle funzioni parlamentari, posto che, come evidenziato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 289 del 1998, se é vero che la funzione parlamentare non si estrinseca solo negli atti tipici, potendo ricomprendere anche quanto sia presupposto o conseguenza di questi ultimi, ciò non di meno ad essa non può essere ricollegata automaticamente l'"intera" attività politica svolta dal parlamentare, in quanto ciò comporterebbe la trasformazione della prerogativa parlamentare in privilegio personale.

2.- Nell'imminenza della data fissata per la decisione sull'ammissibilità del conflitto, aveva depositato "atto di intervento", a mezzo dei suoi difensori, il dottor Roberto Pennisi, parte civile nel procedimento penale pendente dinanzi al Tribunale di Roma, il quale aveva rivendicato la propria legittimazione ad intervenire, già nella fase di delibazione circa l'ammissibilità del conflitto sollevato dal Tribunale di Roma sulla base della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2.

3.- La Corte, con l'ordinanza n. 264 del 2000, aveva dichiarato inammissibile il ricorso per conflitto in considerazione della mancanza nell'atto introduttivo dello stesso di qualsiasi riferimento agli specifici fatti per cui si procedeva e alla loro esatta qualificazione giuridica, nonchè del difetto, sia nel dispositivo sia nella motivazione, di una domanda rivolta alla Corte.

4.- Il Tribunale di Roma, con il predetto secondo ricorso in data 10 ottobre 2000, con il quale ha provveduto ad ovviare a quelle carenze che avevano determinato la dichiarazione di inammissibilità del primo, ha quindi nuovamente sollevato il conflitto, ritenendo, per i motivi già esposti, che la delibera della Camera dei deputati di cui si tratta integri una menomazione delle attribuzioni costituzionali del potere giudiziario.

5.- Il dottor Pennisi ha depositato un nuovo atto di intervento, chiedendo alla Corte di riconoscere la sua legittimazione ad intervenire nel procedimento e, nel merito, di ritenere inammissibile il conflitto, in quanto nessuna efficacia inibente sulla prosecuzione del procedimento giurisdizionale davanti allo stesso Tribunale sarebbe da riconoscere alla deliberazione dell'11 novembre 1999 con la quale la Camera dei deputati ha affermato l'insindacabilità delle opinioni diffamatorie espresse dal deputato Sgarbi a carico dello stesso dottor Pennisi; in subordine, di ritenere illegittima, e, quindi, annullare la citata deliberazione, affermando che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare l'insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Sgarbi.

6.- La Corte, con ordinanza n. 265 del 17 luglio 2001, "impregiudicata ogni ulteriore decisione definitiva (a contraddittorio integro) anche in ordine alla ammissibilità del ricorso e dell’intervento", ha dichiarato ammissibile il ricorso, disponendone la notifica, unitamente alla predetta ordinanza, alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione, per essere depositati, presso la cancelleria della Corte, con la prova della eseguita notificazione entro il termine di 20 giorni dalla stessa, con richiamo all’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

7.- La notifica é stata effettuata al Presidente della Camera dei deputati in data 9 agosto 2001, mentre il ricorso, unitamente alla prova della stessa, é stato depositato presso la cancelleria della Corte in data 31 agosto 2001.

8.- La Camera dei deputati si é costituita nel giudizio, concludendo per la inammissibilità del conflitto, e, in subordine, per la infondatezza dello stesso.

Sotto il primo profilo nella memoria si osserva che il ricorso é stato notificato al Presidente della Camera dei deputati, e non a quest'ultima in persona del suo Presidente.

Un secondo profilo di inammissibilità viene, poi, ravvisato nella mancata identificazione degli elementi necessari ai fini della compiuta percezione delle ragioni del conflitto; ed un terzo nella riproposizione di un conflitto già dichiarato inammissibile, ciò che, ad avviso della difesa della Camera, non sarebbe consentito.

Nel merito, si sostiene la sussistenza di un nesso funzionale tra le dichiarazioni contestate al deputato Sgarbi ed il suo mandato parlamentare.

9.- Nell’imminenza della data fissata per la camera di consiglio, la difesa della Camera dei deputati ha depositato una memoria, con la quale ha dedotto la improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio, in quanto depositato in data successiva alla scadenza del termine stabilito dall’art. 26, terzo comma, delle norme integrative, insistendo, comunque, per la inammissibilità ed infondatezza del ricorso stesso. Quanto all’intervento del dott. Pennisi, nella memoria si conclude per la inammissibilità dello stesso, osservando che i rari casi in cui la Corte ha ammesso al contraddittorio soggetti diversi da quelli direttamente coinvolti nel conflitto, lo ha fatto pur sempre in considerazione della natura costituzionale delle attribuzioni che tali soggetti erano interessati a tutelare, mentre l’apertura all’intervento contenuta nella recente sentenza n. 76 del 2001 riguarda il giudizio per conflitto tra Stato e Regione, e non la differente ipotesi di conflitto interorganico, in cui la identificazione dei soggetti interessati al conflitto, che viene compiuta dalla Corte in sede di preliminare delibazione di ammissibilità, é compiuta con riferimento all’oggetto peculiare del giudizio, che risiede nella determinazione dei confini delle attribuzioni rispettive degli organi tra i quali é insorto il conflitto, ciò che renderebbe lo stesso inidoneo ad accogliere soggetti terzi, che non siano titolari di attribuzioni costituzionali. Senza considerare la diversità di fondamento dell’autonomia dei consigli regionali e della sovranità della Camera dei deputati.

Nella memoria si sottolinea, poi, la irritualità dell’intervento del dott. Pennisi, in quanto effettuato prima della ordinanza della Corte, che ha dichiarato l’ammissibilità del conflitto. Quanto al successivo intervento dello stesso dott. Pennisi, depositato in data 27 ottobre 2001, esso sarebbe comunque tardivo, si rileva nella memoria, in quanto non rispettoso del termine di venti giorni dalla pubblicazione della ordinanza di ammissibilità nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica (25 luglio 2001).

Ha depositato memoria altresì la difesa del dott. Pennisi, richiedendo un riesame della giurisprudenza costituzionale sulla inapplicabilità al processo costituzionale dell’istituto della sospensione dei termini nel periodo feriale, in considerazione dell’applicabilità di detto istituto in tutti i procedimenti giurisdizionali, ove si esercita il patrocinio di liberi professionisti, e tenuto altresì conto del fatto che la Corte costituzionale applicherebbe l’istituto in esame anche alla propria attività, quanto alla fissazione dei ruoli di udienza e agli altri adempimenti. Nella memoria si ipotizza, qualora si ritenga inapplicabile al caso in esame la legge 7 ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale), la opportunità che la Corte sollevi di ufficio questione di legittimità costituzionale relativa alla esclusione dei giudizi avanti la Corte dall’ambito di applicabilità della stessa legge.

Nella memoria si insiste, infine, per l’ammissibilità dell’intervento del dott. Pennisi e per la tempestività del relativo deposito, effettuato nel termine di dieci giorni previsto dall’art. 38 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato) nel testo modificato dall’art. 1, ultimo comma, della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa) che troverebbe applicazione nel procedimento davanti alla Corte in virtù del richiamo operato dall’art. 22 della legge n. 87 del 1953.

Considerato in diritto

1.- Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato é stato promosso con ricorso 10 ottobre 2000 dal Tribunale di Roma, nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera, da quest'ultima adottata nella seduta dell’11 novembre 1999 (atti Camera, doc. IV-quater, n. 86), che ha ritenuto che i fatti per i quali é in corso procedimento penale nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

2.- Preliminarmente - a prescindere da ogni altro profilo relativo alla reiterabilità del ricorso per conflitto di attribuzione e alla ammissibilità e ritualità dell’intervento del dottor Pennisi - deve essere esaminato il profilo di improcedibilità, eccepito dalla difesa della Camera dei deputati, relativo alla mancanza di una valida e tempestiva instaurazione del giudizio per conflitto di attribuzione.

Nella disciplina dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, l'avvio di ciascuna delle due distinte fasi procedurali, nelle quali si articola il giudizio - destinate a concludersi, la prima con la delibazione sommaria sull'ammissibilità del ricorso e la seconda con la decisione definitiva sul merito, oltre che sull'ammissibilità - é rimesso all'iniziativa della parte (potere interessato, promotore del conflitto), che, in particolare, all'esito della prima fase sommaria, ha l'onere di provvedere, nei termini previsti, sia alla notificazione del ricorso e della relativa ordinanza, sia al deposito presso la cancelleria della Corte degli atti notificati, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, ai sensi dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (sentenze n. 253 del 2001; n. 203 del 1999; n. 449 del 1997).

L'anzidetto termine di venti giorni ha carattere perentorio, perchè da esso decorre l'intera catena degli ulteriori termini stabiliti per la prosecuzione del giudizio dall'art. 26, quarto comma, delle richiamate norme integrative (v., oltre alle citate sentenze n. 253 del 2001; n. 203 del 1999 e n. 449 del 1997; sentenze n. 50 e n. 35 del 1999; n. 342 e n. 274 del 1998).

3.- Il ricorso é stato depositato nella cancelleria della Corte, con la prova delle notificazioni eseguite a norma dell’art. 37, comma quarto, della legge 31 marzo 1953, n. 87, il 31 agosto 2001, oltre il termine di venti giorni dall’ultima notificazione, avvenuta il 9 agosto 2001 (art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale 16 marzo 1956), termine peraltro espressamente richiamato nell’ordinanza di questa Corte 11 luglio 2001 n. 264, emessa nella fase preliminare del conflitto ai sensi dell’art. 37 della citata legge n. 87 del 1953.

Non può, pertanto, procedersi allo svolgimento dell'ulteriore fase del giudizio e non resta che dichiarare la improcedibilità del ricorso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara improcedibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Roma nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2002.