Sentenza n. 274/98

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SENTENZA N.274

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso del Tribunale di Pesaro, notificato il 5 novembre 1997 e depositato in cancelleria il 9 dicembre 1997, sul conflitto di attribuzione sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 5 marzo 1997, con la quale si é stabilito che le opinioni espresse dall’Onorevole Gaspare Nuccio devono considerarsi insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, ed iscritto al n. 58 del registro conflitti 1997.

Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;

udito nella camera di consiglio del 7 aprile 1998 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto in fatto

1.— Con ordinanza del 4 aprile 1997, pervenuta nella cancelleria della Corte costituzionale il 3 giugno 1997, il Tribunale di Pesaro ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati avverso la deliberazione con cui quest’ultima, in data 5 marzo 1997, aveva dichiarato che i fatti – per i quali é in corso avanti il predetto Tribunale il procedimento penale n. 291/95 R.G. a carico dell’ex deputato Gaspare Nuccio, imputato del reato di cui all’art. 326 del codice penale (rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio) – concernono opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni di parlamentare, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

L’on. Nuccio era stato rinviato a giudizio, per avere egli – pubblico ufficiale –, in concorso con ignoto, reso pubblici atti ancora coperti dal segreto istruttorio, ai sensi della legge istitutiva della "Commissione Antimafia" (artt. 25-octies, comma 3, e 25-novies della legge 7 agosto 1992, n. 356), e precisamente per aver divulgato, nel corso di un pubblico dibattito, i nomi degli iscritti a logge massoniche attive nella Provincia di Pesaro, ricavati – secondo l’accusa – dagli atti in possesso della predetta Commissione parlamentare.

All’udienza dibattimentale dell’8 novembre 1995 la difesa dell’imputato aveva ribadito la richiesta, già formulata al giudice per le indagini preliminari e da questi respinta, di trasmettere gli atti del procedimento alla Camera dei deputati per le valutazioni di sua competenza in ordine all’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione. Il Tribunale, invece, con ordinanza dell’8 novembre 1995, aveva dichiarato manifestamente infondata la questione sollevata dalla difesa ed aveva ordinato di procedersi oltre nel giudizio, disponendo la trasmissione di copia del provvedimento alla Camera, ai sensi degli artt. 3 e 5 del decreto-legge 7 settembre 1995, n. 374, allora vigente.

In seguito a ciò la Camera, su conforme proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, aveva dichiarato il 5 marzo 1997 che i fatti per i quali l’on. Nuccio é sottoposto a procedimento penale concernono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni di parlamentare.

2.— In seguito alla deliberazione della Camera dei deputati il Tribunale di Pesaro, su richiesta del pubblico ministero e delle parti civili, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, ritenendo che l’organo parlamentare sia pervenuto alla decisione "alla stregua di valutazioni prettamente di merito della vicenda processuale, ritenendo, nella sostanza, non provato l’elemento materiale del reato, in quanto gli elenchi diffusi dal Nuccio non sarebbero coincisi con quelli in possesso della Commissione Antimafia e, conseguentemente, ritenendo l’attività contestata al predetto come rientrante nell’esercizio delle attribuzioni parlamentari previste dall’art. 68 della Costituzione ... Così facendo la Camera si é attribuita un potere sostanzialmente giurisdizionale, riservato esclusivamente alla autorità giudiziaria".

3.— Nella prima sommaria delibazione in camera di consiglio, il conflitto é stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 325 del 16 ottobre 1997, depositata in cancelleria il 30 ottobre successivo, la quale ha disposto che il ricorso e l’ordinanza venissero notificati alla Camera dei deputati entro quindici giorni dalla comunicazione al ricorrente, effettuata dalla cancelleria lo stesso 30 ottobre.

Il Tribunale di Pesaro ha notificato il 5 novembre 1997 il proprio ricorso e la predetta ordinanza alla Camera dei deputati, la quale si é ritualmente costituita in giudizio con atto depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 22 novembre 1997.

Il ricorso e l’ordinanza, con la prova delle avvenute notifiche, sono stati, invece, depositati in cancelleria il 9 dicembre 1997.

Nell’atto di costituzione la Camera, richiamando le motivazioni della proposta formulata dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere ed approvata dall’Assemblea, sostiene che, "una volta ammessa che quella specifica attività, rivolta ad acclarare l’esperienza e la funzione della massoneria, possa essere ricompresa nell’ambito della funzione parlamentare" – come ammette anche il Tribunale di Pesaro –, "appare difficile pensare che sarebbe possibile raggiungere lo scopo, ossia rendere l’idea dei rapporti correnti tra la massoneria ed il tessuto economico e politico circostante, senza indicare a quali persone tali rapporti siano affidati, nonchè quale peso e quale ruolo esse abbiano nella società".

Inoltre, la Giunta e l’Assemblea non avrebbero inciso sulla fattispecie del reato contestato, ma soltanto rilevato elementi decisivi per l’applicazione dell’art. 68 della Costituzione. L’aver acquisito tali elementi e proceduto, alla luce di essi, alle valutazioni che l’art. 68 comporta "non può costituire in alcun modo invasione della potestà dell’autorità giudiziaria, perchè ... la naturale elasticità delle norme costituzionali esige una piena conoscenza dei fatti, indispensabile per poter pervenire all’applicazione di esse".

In prossimità dell’udienza, la difesa della Camera ha depositato una memoria, nella quale, ribadite le argomentazioni contenute nell’atto di costituzione, ha eccepito l’improcedibilità del conflitto per non avere la parte avversa depositato, nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione, il ricorso stesso con la prova delle notificazioni eseguite.

Considerato in diritto

1.— Il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, sollevato dal Tribunale di Pesaro, trae origine dal procedimento penale in corso avanti tale organo giudiziario nei confronti dell’on. Gaspare Nuccio, deputato nell’XI legislatura, per il reato di cui all’art. 326 del codice penale (rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio). Il reato sarebbe stato consumato divulgando, in una pubblica conferenza tenuta a Pesaro l’11 febbraio 1994, un elenco di iscritti a logge massoniche locali che – secondo l’accusa – proveniva dagli atti in possesso della "Commissione Antimafia", i quali erano stati acquisiti dalla Procura di Palmi ed erano coperti da segreto istruttorio ai sensi degli artt. 25-octies, comma 3, e 25-novies della legge n. 356 del 1992, istitutiva della Commissione.

La contestazione che il Tribunale di Pesaro muove alla Camera dei deputati é di aver esorbitato dalle sue attribuzioni avendo deliberato il 5 marzo 1997 che i fatti, per i quali l’on. Nuccio é sottoposto a procedimento penale avanti il predetto Tribunale, concernono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni di parlamentare, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Il Tribunale sostiene che l’Assemblea parlamentare é pervenuta a tale decisione "alla stregua di valutazioni prettamente di merito della vicenda processuale, ritenendo, nella sostanza, non provato l’elemento materiale del reato, in quanto gli elenchi diffusi dal Nuccio non sarebbero coincisi con quelli in possesso della Commissione Antimafia e, conseguentemente, ritenendo l’attività contestata al predetto come rientrante nell'esercizio delle attribuzioni parlamentari previste dall’art. 68 della Costituzione ... Così facendo la Camera si é attribuita un potere sostanzialmente giurisdizionale, riservato esclusivamente alla autorità giudiziaria".

2.— Il ricorso, unitamente all’ordinanza n. 325 del 1997 che lo ha dichiarato ammissibile, é stato ritualmente notificato, a cura del Tribunale di Pesaro, alla Camera dei deputati in data 5 novembre 1997.

Il ricorrente ha, quindi, provveduto ad inviare per mezzo del servizio postale il ricorso, con la prova della notificazione eseguita, per il deposito nella cancelleria della Corte, alla quale é pervenuto il 9 dicembre successivo.

3.— La Camera dei deputati, costituitasi tempestivamente in giudizio, ha eccepito l’improcedibilità del conflitto, in quanto il ricorso sarebbe stato depositato dopo la scadenza del termine prescritto. L’eccezione si fonda sugli artt. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, da cui si evince che il deposito del ricorso per conflitto di attribuzione, nella sua seconda fase, dev’essere effettuato, con la prova delle notificazioni eseguite, entro venti giorni dall’ultima di queste.

A sostegno di tale conclusione la difesa della Camera richiama le sentenze di questa Corte n. 87 del 1977 e n. 449 del 1997 e chiede che sia dichiarata l’improcedibilità del conflitto, data la perentorietà del termine sopra indicato.

4.— L’eccezione preliminare, proposta dalla Camera dei deputati, é fondata.

Il conflitto sollevato non é stato ritualmente proseguito con il deposito presso la cancelleria della Corte, nei termini previsti, del ricorso e dell’ordinanza che ne ha dichiarato l’ammissibilità, tempestivamente notificati.

Come ha rilevato la difesa della Camera, la particolare procedura che regola i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato prevede due distinte fasi, rimesse entrambe all’iniziativa della parte interessata. La prima é diretta alla delibazione preliminare e sommaria dell’ammissibilità del ricorso, che dev’essere destinato a sollevare un conflitto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, per la definizione delle rispettive sfere di attribuzioni determinate da norme costituzionali. La seconda fase, destinata alla decisione nel merito, oltre che al definitivo giudizio sulla ammissibilità del conflitto, é egualmente rimessa all’iniziativa della parte, che ha l’onere di provvedere, nei termini previsti, alla notificazione del ricorso e dell’ordinanza che lo dichiara ammissibile, ed al tempestivo deposito per il giudizio (cfr. la sentenza n. 449 del 1997).

La giurisprudenza costituzionale ha già avuto modo di affermare che, data l’autonomia delle due fasi, affinchè si apra ritualmente la seconda di esse é necessario – ai sensi dell’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale – che il ricorrente notifichi il ricorso e l’ordinanza di ammissibilità agli organi interessati, ed entro venti giorni dall’ultima notificazione depositi presso la cancelleria della Corte il ricorso stesso con la prova delle notificazioni eseguite (v. le sentenze n. 449 del 1997 e n. 87 del 1977). Nell’attuale regolamentazione si tratta di un adempimento necessario, che deve essere compiuto tempestivamente, giacchè nel termine previsto deve aver luogo la costituzione delle parti e dallo stesso termine decorre l’intera catena di ulteriori termini per la prosecuzione del giudizio (art. 26, quarto comma, delle norme integrative).

Poichè il Tribunale di Pesaro non ha provveduto a tale adempimento, non può procedersi all’ulteriore fase del giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara improcedibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Pesaro nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernando SANTOSUOSSO

Depositata in cancelleria il 17 luglio 1998.