Ordinanza n. 585/2000

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ORDINANZA N. 585

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 46 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 7 marzo 1999 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra la Multitele s.r.l. e la Saba Electronic s.r.l., iscritta al n. 257 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 2000.

 Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 29 novembre 2000 il Giudice relatore Franco Bile.

Ritenuto che il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa il 7 marzo 1999, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 46 del codice di procedura civile, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non consente l’impugnazione mediante istanza di regolamento di competenza delle sentenze del giudice di pace;

che la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata nel corso di causa civile di valore superiore a due milioni di lire, in grado di appello contro la sentenza d’incompetenza territoriale emessa dal Giudice di pace di Tivoli a favore del Giudice di pace di Frascati;

che il giudice rimettente - partendo dall’interpretazione data all’art. 46 cod. proc. civ. dalla Corte di cassazione, nel senso dell’inammissibilità dell’istanza di regolamento di competenza avverso le sentenze del giudice di pace in tema di competenza (o di sospensione del processo), e tenendo conto che il testo vigente dell’art. 353 cod. proc. civ. non prevede, in caso di riforma della sentenza del giudice di pace declinatoria della competenza, il ritorno della causa al primo giudice - dubita della legittimità costituzionale del sistema che ne risulta, per violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza e del diritto di difesa in giudizio, sotto vari profili;

che in particolare, secondo il rimettente, la scelta del giudice di pace di dichiarare la propria incompetenza comporterebbe la devoluzione al giudice di appello, in unico grado, della cognizione sul merito e quindi l’attribuzione alla vicenda di un solo grado di giurisdizione di merito, con conseguente pregiudizio del diritto di difesa;

che, inoltre, il provvedimento del giudice di pace che dichiari la sospensione del processo sarebbe assolutamente inimpugnabile, con irragionevole differenza rispetto alla disciplina dello stesso provvedimento emesso da altri giudici, impugnabile con istanza di regolamento di competenza, senza che rilevi la possibilità, addotta dalla giurisprudenza, di far valere l’illegittimità della sospensione con la sentenza che definisce il giudizio, perché intanto sarebbe divenuto irrimediabilmente privo di tutela il diritto della parte alla non sospensione;

che il ritorno al primo giudice ha invece luogo ove la sentenza del giudice di pace, se inappellabile in quanto pronunciata secondo equità, sia soggetta a ricorso per cassazione, con conseguente irragionevole anomalia;

che, infine, ove venga affermata dal giudice di pace la competenza per materia o per valore del tribunale, si verificherebbe la sovrapposizione, davanti a quest’ultimo, della controversia in grado d’appello contro la sentenza del giudice di pace, e di quella in primo grado per avvenuta riassunzione, con possibilità di decisioni difformi;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo dichiararsi l’infondatezza della questione.

Considerato che il giudice rimettente - escludendo, in conformità alla giurisprudenza della Corte di cassazione, che l’art. 46 cod. proc. civ. sia stato implicitamente abrogato a seguito dell’entrata in vigore della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace) - dubita della legittimità costituzionale del sistema processuale che, contro le sentenze di incompetenza rese dal giudice di pace in controversie di valore superiore a due milioni di lire, ammette il solo rimedio dell’appello, con impossibilità di ritorno al primo giudice in caso di accoglimento dell’impugnazione, ex art. 353 del codice di procedura civile, così negando il doppio grado di giudizio nel merito;

che - premesso il richiamo alla giurisprudenza della Corte secondo cui la duplicità dei gradi di giudizio non è coperta da garanzia costituzionale (sentenze nn. 238 del 1976, 8 e 69 del 1982, 52 del 1984, 301 del 1986, 395 del 1988) - il diritto di difesa deve ritenersi rispettato quando la causa venga effettivamente sottoposta alla cognizione dei giudici di primo e di secondo grado, restando irrilevante che l’esame del fondamento della domanda non sia compiuto dall’uno, alla stregua di situazioni processuali preclusive, ma soltanto dall’altro;

che nelle cause di valore fino a due milioni di lire - che il giudice di pace decide secondo equità (art. 113, comma secondo, del codice di procedura civile), con sentenza impugnabile solo con ricorso per cassazione (art. 339, comma secondo, del medesimo codice) - in caso di accoglimento del ricorso contro la sentenza dichiarativa di incompetenza, la cognizione del merito da parte del primo giudice discende dalla peculiare natura del giudizio di legittimità riservato alla Corte di cassazione;

che l’inconveniente lamentato dal remittente, circa una possibile sovrapposizione di giudizi in diverso grado davanti al tribunale, è rimuovibile attraverso l’applicazione dell’istituto della sospensione necessaria;

che l’ulteriore profilo, concernente l’assenza di un rimedio contro il provvedimento del giudice di pace sulla sospensione della causa, non assume rilevanza diretta nel giudizio a quo;

che, in definitiva, la disciplina risultante dal combinato disposto degli artt. 46 e 353 cod. proc. civ. - che prevede l’appello come unico mezzo di impugnazione delle sentenze di incompetenza del giudice di pace, rese in cause di valore superiore a due milioni di lire - non è irrazionale né si pone in contrasto con gli invocati principi costituzionali;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 46 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Roma, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2000.