Ordinanza n. 490 del 2000

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ORDINANZA N. 490

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI   

- Massimo VARI                     

- Cesare RUPERTO                

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco ILE                

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 135, lettera a), del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado) e dell’art. 5 del codice di procedura civile, come modificato dall’art. 2 legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), promosso con ordinanza emessa il 14 ottobre 1999 dal Tribunale di Brescia nel procedimento civile A.P.A.M. contro La Nationale Assicurazioni s.p.a. ed altri, iscritta al n. 730 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 luglio 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Giudice unico del Tribunale di Brescia - sezione stralcio, con ordinanza emessa in data 14 ottobre 1999, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 135, lettera a), del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado) e dell'art. 5 del codice di procedura civile, nella parte in cui prevedono, "da soli e nel loro combinato disposto", che nei processi civili pendenti davanti al tribunale alla data di efficacia del d.lgs. n. 51 del 1998 si applichino le disposizioni in materia di competenza anteriormente vigenti, anche quando ciò comporti la declaratoria di incompetenza a favore di uffici soppressi;

che ad avviso del rimettente entrambe le norme impugnate violerebbero l'art. 97 della Costituzione e, l'art. 135, lettera a) del d.lgs. n. 51 del 1998, anche l'art. 76 Cost.;

che il giudice a quo é investito della decisione di una causa, introdotta prima della istituzione del giudice unico di primo grado, avente ad oggetto una richiesta di risarcimento danni a titolo di responsabilità extracontrattuale, nella quale la parte convenuta ha eccepito l'incompetenza per materia del tribunale, sostenendo che la causa avrebbe dovuto essere trattata ab origine dal pretore del lavoro; eccezione che, secondo il rimettente, sarebbe fondata;

che, ad avviso del giudice a quo, dovendosi applicare l'art. 5 cod. proc. civ. (che esclude la rilevanza dello jus superveniens in tema di competenza) e l'art. 135 del d.lgs. n. 51 del 1998 (che prevede la definizione delle controversie pendenti secondo le norme anteriormente vigenti per le cause nelle quali sono state precisate le conclusioni o che sono comunque trattenute per la decisione) si dovrebbe escludere nel caso di specie l'applicabilità degli artt. 413 e 426 cod. proc. civ. e dovrebbe essere pronunciata sentenza di incompetenza a favore del soppresso ufficio del pretore;

che il rimettente rileva che l'art. 2, primo comma [recte: l'art. 1, numero 2] della legge delega 16 luglio 1997, n. 254 aveva indicato, quale criterio direttivo per le norme transitorie, che esse avrebbero dovuto tendere alla "rapida trattazione dei procedimenti pendenti", mentre l'art. 135 del d.lgs. cit. avrebbe violato tale criterio dando luogo ad una "lungaggine non giustificabile" che costringerebbe il giudicante a dichiarare la propria incompetenza e le parti a riassumere la causa davanti allo stesso tribunale, essendo nel frattempo l'ufficio del pretore venuto a cessare;

che infine il giudice a quo ritiene che le norme impugnate contrastino con l'art. 97 Cost., che, in base al principio del buon andamento della pubblica amministrazione, vieta le "inutili dispersioni di attività";

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare inammissibile o infondata la questione sollevata con l’ordinanza in esame;

che l’Avvocatura, preliminarmente, ritiene inammissibile la questione sollevata riguardo all'art. 5 cod. proc. civ., norma che sarebbe palesemente inapplicabile nel caso di specie, dal momento che il d.lgs. n. 51 del 1998 non ha solo mutato le competenze dei giudici previste dal codice di rito, ma ha modificato lo stesso ordinamento giudiziario, dettando una autonoma disciplina transitoria;

che secondo la difesa erariale il rimettente avrebbe preso le mosse da un presupposto interpretativo erroneo dal momento che, in base ad un criterio logico, il tribunale non potrebbe mai declinare la propria competenza a favore di un ufficio soppresso, con la conseguenza che una interpretazione sistematica degli artt. 133 e 135 del d.lgs cit. dovrebbe portare il tribunale a non dichiarare la propria incompetenza e ad applicare l'art. 426 cod. proc. civ. disponendo per la trasformazione del rito;

che, sempre secondo l'Avvocatura, il criterio indicato dalla legge per stabilire quali cause proseguano col vecchio rito e quali col nuovo riguarderebbe solo i processi pendenti davanti all'ufficio di pretura e non quelle già pendenti davanti al tribunale alla data di entrata in vigore della riforma, mentre del tutto inconferente sarebbe il richiamo all'art. 97 Cost., che non sarebbe applicabile alle norme sulla giurisdizione.

Considerato che il Giudice unico del Tribunale di Brescia - sezione stralcio, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 135, lettera a), del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado) e dell'art. 5 del codice di procedura civile, perchè secondo dette norme, nel caso in cui la causa avrebbe dovuto essere trattata sin dall'inizio dal pretore quale giudice del lavoro, il tribunale dovrebbe dichiarare la propria incompetenza a favore di un ufficio giudiziario soppresso con l’entrata in vigore delle norme sulla istituzione del giudice unico di primo grado;

che ad avviso del giudice rimettente le disposizioni impugnate violerebbero l’art. 97 della Costituzione perchè sarebbero contrarie al principio del buon andamento dell’amministrazione della giustizia e - il solo art. 135, lettera a) della legge cit. - anche l'art. 76 della Costituzione, dal momento che, tra i principi e criteri direttivi cui avrebbe dovuto attenersi il Governo nell’emanazione delle norme transitorie delegate, vi era anche quello di consentire la "rapida trattazione dei procedimenti pendenti";

che in ordine alla dedotta violazione dell'art. 97 Cost. questa Corte ha costantemente affermato che il principio del buon andamento e della imparzialità dell’amministrazione, pur potendo riferirsi anche agli organi dell’amministrazione della giustizia, attiene esclusivamente alle leggi concernenti l’ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l’aspetto amministrativo, mentre é del tutto estraneo all’esercizio della funzione giurisdizionale (cfr., ex plurimis, l'ordinanza n. 30 del 2000 e le sentenze n. 281 del 1995 e n. 376 del 1993);

che riguardo alla successione di leggi processuali nel tempo e, in particolare, al regime transitorio, la giurisprudenza di questa Corte é ferma nello stabilire che il legislatore ha un'ampia discrezionalità nell’operare le scelte più opportune, con l’unico limite - che nella specie non risulta in alcun modo violato - della ragionevolezza e della non arbitrarietà della relativa disciplina (cfr. l’ordinanza n. 294 del 1998 e la sentenza n. 400 del 1996);

che anche riguardo alla dedotta violazione dell’art. 76 Cost. va confermato il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale la delega legislativa non fa venire meno ogni discrezionalità del legislatore delegato, che risulta più o meno ampia a seconda del grado di specificità dei principi e criteri fissati nella legge delega (cfr. da ultimo la sentenza n. 163 del 2000);

che deve infine osservarsi che il presupposto interpretativo da cui prende le mosse il giudice rimettente non appare corretto in base a un esame sistematico delle norme transitorie del d.lgs. n. 51 del 1998, disposizioni che sono improntate, come emerge dalla relazione al decreto delegato, dall’intento di limitare la sopravvivenza dell’ufficio pretorile al solo fine dell’esaurimento del contenzioso pendente; ciò che esclude che il tribunale previamente adito possa declinare la propria competenza a favore dell'ufficio, ormai soppresso, del pretore, ben potendo il giudice unico di primo grado trattenere la causa in decisione, previa, quando occorra, pronuncia di provvedimento ai sensi dell’art. 426 cod. proc. civ.;

che perciò la questione é manifestamente infondata sotto ogni profilo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 135, lettera a), del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado) e dell'art. 5 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Brescia con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 14 novembre 2000.