Ordinanza n. 398/2000

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ORDINANZA N. 398

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI  

- Massimo VARI   

- Cesare RUPERTO  

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA  

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI  

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI  

- Annibale MARINI  

- Franco BILE   

- Giovanni Maria FLICK   

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 22, primo comma, e 35, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa l’8 novembre 1999 dal Tribunale di Fermo nel procedimento civile tra Botticelli Roberto e la Direzione provinciale del lavoro di Ascoli Piceno, iscritta al n. 754 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2000.

 Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 5 luglio 2000 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

 Ritenuto che nel corso di un giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione, il Giudice del lavoro del Tribunale di Fermo, sull’eccezione d’incompetenza del ricorrente, ha sollevato, in riferimento agli artt. 97, 24 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 22, primo comma, e 35, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale);

 che, stando a quanto osserva il giudice a quo, il ricorrente ha ricevuto, per gli stessi fatti, due ordinanze sanzionatorie: una, oggetto del suo giudizio, pronunciata dalla Direzione provinciale del lavoro; l’altra, dall’INPS, per omissione contributiva;

 che l’opposizione alla prima ordinanza-ingiunzione è stata proposta, ai sensi dell’art. 413 del codice di procedura civile (a cui fa rinvio l’art. 32, primo comma, della legge n. 689 del 1981), davanti al giudice del luogo in cui si trova l’azienda; e quella alla seconda ordinanza è stata proposta dinanzi al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’ente previdenziale, ai sensi dell’art. 444, terzo comma, del codice di procedura civile (a cui fa rinvio l’art. 35, quarto comma, della citata legge n. 689);

 che, alla luce del diritto vivente, non potrebbe verificarsi la riunione dei giudizi per connessione tra le due cause, in ragione del principio di accessorietà (art. 40 del codice di procedura civile), in quanto gli inderogabili criteri di competenza funzionale non permetterebbero neppure la sospensione necessaria di uno dei due giudizi, ai sensi dell’art. 295 del codice di rito civile, in ragione della diversità dei soggetti opposti;

 che, quindi, dovrebbero svolgersi, necessariamente, due distinti processi, con conseguente raddoppio degli oneri e dei costi per le parti e per l’amministrazione giudiziaria, e possibilità di contrasto tra i giudicati;

 che, ad avviso del rimettente, questa ingiustificata duplicazione dei processi si porrebbe in contrasto sia con il principio di buon andamento dell’amministrazione giudiziaria, perché produrrebbe un raddoppio degli oneri per la pubblica amministrazione e per gli utenti del servizio pubblico; sia con l’art. 24 della Costituzione, atteso che la difesa in giudizio si renderebbe più difficile e più onerosa; sia infine con l’art. 3 della Costituzione, perché tale disciplina determinerebbe una discriminazione in danno dei ricorrenti colpiti da un duplice ordine di sanzioni, rispetto a quelli che lo sono da una soltanto;

 che il Giudice del lavoro ha, pertanto, sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 22, primo comma, e 35, quarto comma, della legge n. 689 del 1981, in riferimento agli artt. 97, 24 e 3 della Costituzione, “laddove attribuiscono a due giudici diversi la competenza a giudicare sugli stessi fatti per i quali più autorità amministrative abbiano erogato diverse sanzioni amministrative”, senza prevedere “l’applicabilità del criterio della competenza territoriale desumibile dall’istituto della connessione, così come regolato dall’art. 40 del codice di procedura civile”;

 che la questione sarebbe rilevante, poiché da essa dipenderebbe la decisione in ordine alla competenza territoriale quale deve essere decisa a seguito di domanda del ricorrente;

 che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza, secondo quanto già ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 433 del 1990 e con l’ordinanza n. 136 del 1993.

 Considerato che questa Corte, con sentenza n. 433 del 1990 e successiva ordinanza n. 136 del 1993, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35 della legge n. 689 del 1981, perché il diverso regime processuale dell'opposizione all'ordinanza-ingiunzione è razionalmente giustificato dalla diversa natura dell'illecito nei due generi di violazioni;

 che solo l'opposizione alle ordinanze-ingiunzioni irrogate per l'omesso pagamento di contributi dà luogo a una controversia previdenziale, ai sensi dell’art. 442 ss. del codice di procedura civile, per la quale dev'essere mantenuto il doppio grado del giudizio di merito;

 che, al contrario, per le altre violazioni di carattere formale, appare più conveniente all'economia dei giudizi l'applicazione della più agile procedura regolata dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689;

 che non sussiste la possibilità di giudicati contraddittori, essendo diverso l'oggetto dei due tipi di giudizio;

 che, peraltro, questa Corte ha più volte affermato che l’art. 24 della Costituzione non eleva a regola costituzionale il simultaneus processus, il quale costituisce solo un mero espediente processuale, non sempre conveniente o attuabile (sentenze nn. 433 del 1997, 60 del 1996, 295 del 1995, 308 del 1991, 73 del 1980);

 che, con riferimento all’art. 97 della Costituzione invocato come ulteriore parametro, questa Corte non può che ricordare la sua estraneità al processo;

 che la questione, pertanto, va dichiarata manifestamente infondata.

 Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 22, primo comma, e 35, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento agli artt. 97, 24 e 3 della Costituzione, dal Tribunale di Fermo, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 28 luglio 2000.