Ordinanza n. 247/2000

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ORDINANZA N. 247

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 30 settembre 1999 dal Vice Pretore di Sondrio, sezione distaccata di Morbegno, nel procedimento penale a carico di Curtoni Rosa ed altro, iscritta al n. 661 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 maggio 2000 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale per violazioni edilizie, il Vice Pretore di Sondrio, sezione distaccata di Morbegno, con ordinanza emessa in data 30 settembre 1999 (R.O. n. 661 del 1999), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in cui non prevede la estensione della durata della sospensione dell’azione penale fino alla definizione dell’eventuale procedimento giurisdizionale originato dal ricorso avverso il diniego di rilascio della concessione edilizia;

che, ad avviso del giudice a quo, la norma denunciata si porrebbe in contrasto anzitutto con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della irrazionalità e della ingiustificata discriminazione che determinerebbe tra chi ottenga la concessione edilizia in sanatoria al termine dell’iter amministrativo - in favore del quale opera la sospensione dell'azione penale per tutta la durata di tale iter - e chi la ottenga, invece, all’esito del giudizio conseguente a ricorso al tribunale amministrativo regionale avverso il provvedimento di diniego; sarebbe, altresì, violato il diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione, nei confronti di un atto amministrativo concernente il rifiuto della concessione edilizia in sanatoria, il quale non sarebbe assistito da nessuna certezza di legittimità;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza della questione.

Considerato che la questione è già stata dichiarata, con ordinanza n. 309 del 1998, manifestamente infondata (con richiamo anche alla sentenza n. 85 del 1998) in riferimento ai medesimi parametri costituzionali (artt. 3 e 24 della Costituzione), con l'affermazione che sul piano costituzionale non si pone per il legislatore, come soluzione obbligata, la sospensione del procedimento penale, quando sia pendente dinanzi ad un altro giudice una controversia che debba risolvere una questione su un atto pregiudiziale alla definizione del primo processo;

che è stato altresì rilevato (sentenza n. 85 del 1998 e ordinanza n. 309 del 1998) che la mancata previsione della sospensione dell'azione penale non comporta l'obbligo per il giudice penale di procedere in ogni caso, giungendo alla condanna dell'imputato anche in pendenza davanti al giudice amministrativo di giudizi sul diniego di rilascio di concessione edilizia in sanatoria;

che, invero, il giudice penale può esercitare tutti i poteri processuali relativi alla scansione del procedimento, anche in ordine alle verifiche istruttorie, fino alla eventuale applicazione, ove ne sussistano i presupposti, della sospensione del dibattimento ex art. 479 cod. proc. pen., con effetti sospensivi del decorso della prescrizione;

che le medesime considerazioni valgono non solo rispetto ai rischi di divergenze tra giudice penale ed amministrativo, ma anche sotto il profilo della pretesa discriminazione tra soggetti che ottengano la sanatoria al termine dell’iter amministrativo della concessione e coloro che la ottengano all’esito del giudizio relativo all'impugnazione del rifiuto amministrativo, essendo ragionevole il meccanismo dei rapporti tra giudizio penale e procedimento amministrativo, in presenza dei delineati poteri del giudice penale; ciò anche a prescindere dalle possibili interpretazioni estensive della norma denunciata, come del resto accennato dalla stessa difesa svolta dall’Avvocatura generale dello Stato con richiamo anche alla sentenza n. 270 del 1996;

che pertanto la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Vice Pretore di Sondrio, sezione distaccata di Morbegno, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 26 giugno 2000.